Jones, Chuck (propr. Charles Martin)
Regista e produttore statunitense del cinema d'animazione, nato a Spokane (Washington) il 21 settembre 1912 e morto a Corona del Mar (California) il 22 febbraio 2002. Autore di più di trecento cortometraggi e lungometraggi, J. fu il più prolifico e autorevole rappresentante del dipartimento dei cartoons della Warner Bros. e contribuì in maniera fondamentale alla definizione di molti suoi personaggi, autentiche icone della cultura statunitense, quali Bugs Bunny, Daffy Duck, Porky Pig e soprattutto Wile E. Coyote, nonché del carattere tipicamente 'anarchico' della sua produzione, in diretta contrapposizione con l'ideologia conciliatoria del cinema di Walt Disney. La sua filmografia è costellata di pietre miliari della storia del cinema d'animazione, come Duck amuck (1953), One froggy evening (1955) e What's opera, doc? (1957). I film da lui diretti ottennero tre Oscar e nove nominations; nel 1995 gli fu inoltre attribuito un Oscar alla carriera.
Trasferitosi in California con i genitori all'età di sei mesi, dal 1927 al 1931 studiò pittura e disegno al Chouinard Art Institute di Los Angeles (poi California Institute of the Arts). Entrò subito dopo nel mondo dell'animazione, come assistente di Ub Iwerks e, in seguito, di Walter Lantz e di Charles Mintz. Nel 1933 venne assunto come animatore dalla Leon Schlesinger Productions, che forniva cartoons alla Warner Brothers. Lavorò con registi di valore come Friz Freleng, Robert McKimson, Ben Hardaway e Jack King, ma soprattutto ebbe la fortuna di fare parte (insieme, tra gli altri, a Bob Clampett e Bob Cannon) del famoso dipartimento diretto a partire dal 1935 da Tex Avery, chiamato Termite Terrace dal soprannome dell'edificio degli studi Warner dove aveva sede. Esso in pochi anni avviò un'autentica rivoluzione nei canoni del cartoon hollywoodiano (a quel tempo dominato dall'animazione disneyana), caratterizzata da tempi comici sempre più accelerati. Promosso nel 1938 al rango di regista con The night watchman, J., dopo alcune prove ancora di stampo disneyano (come il suo primo film con Daffy Duck, Duffy Duck and the dinosaur, 1939) e dopo il passaggio di Avery (1941) alla Metro Goldwyn Mayer, aderì in maniera più consapevole alle nuove norme iconografiche create da quest'ultimo. Dopo un esperimento di stilizzazione del suo lavoro nel 1942, The Dover boys (considerato il suo primo 'classico'), il carattere inconfondibile del suo cinema iniziò a definirsi a partire da The draft horse e Case of the missing hare, il suo primo film con Bugs Bunny, proseguendo nel 1943-44 con i cortometraggi di propaganda per le forze armate (la serie del soldato semplice Snafu). Benché fosse divenuto nel 1944 dipendente della Warner, in seguito all'acquisto da parte di quest'ultima dello studio di Schlesinger, J. riuscì a mantenere una sostanziale autonomia artistica, e continuò sulla stessa strada, realizzando cartoons ormai pienamente maturi come Hair-raising hare (1946), con Bugs Bunny. Nel 1950 ricevettero l'Oscar ben due suoi film, For scentimental reasons, con un altro dei suoi personaggi, la puzzola Pepé Le Pew, e So much for so little, opera propagandistica sull'igiene pubblica. In pochi anni J., con la collaborazione dello sceneggiatore Michael Maltese e del disegnatore di sfondi (e in seguito regista) Maurice Noble, s'inserì nel vuoto lasciato da Avery e divenne la figura centrale dello studio. Senz'altro il cineasta più intellettuale mai apparso nel mondo dell'animazione hollywoodiana, J. ebbe il merito di fornire ai cartoons Warner una maggiore caratterizzazione dei personaggi, concentrandosi, grazie alle sue doti di disegnatore, sulla definizione dei tratti espressivi di ogni sua singola creatura. Ne derivò una paradossale 'commedia umana' zoomorfa, o meglio ancora una 'commedia della reazione', erede della comicità di Buster Keaton e del travestitismo anarchico dei fratelli Marx, nella quale l'umanità dei personaggi si misura non nella dimensione dell'apparenza, ma in quella del 'fare', nelle modalità attraverso cui ogni singolo individuo si scontra con un contesto che cerca in tutti i modi di annientarlo. Questo tenore 'paranoico', in piena sintonia con il cinema americano del tempo, si espresse in una serie di capolavori: Rabbit of Seville (1950) e What's opera, doc?, riletture delle opere di G. Rossini e R. Wagner, dall'inarrestabile vena parodistica; The scarlet pumpernickel (1950) e Duck Dodgers in the 24¹/₂th century (1953), ironiche rivisitazioni del cinema di cappa e spada e di quello fantascientifico; la cosiddetta trilogia sulla caccia (Rabbit fire, 1951; Rabbit seasoning, 1952; Duck! Rabbit, duck!, 1953), vera e propria guerra senza esclusione di colpi tra i vari personaggi; One froggy evenig, il film preferito da J., sorta di apologo allucinato e schizofrenico sulla società dello spettacolo, con una rana canterina come protagonista; Duck amuck, metalinguistica lotta contro lo stesso sistema di rappresentazione dei cartoons, e capolavoro insieme keatoniano e beckettiano, nel quale il papero Daffy Duck si vede perseguitato dal pennello di un ignoto animatore. Ma l'impossibile integrazione del soggetto nel mondo si evidenziò soprattutto nell'infinita coazione a ripetere dei numerosi film con Wile E. Coyote e lo struzzo Road Runner, una serie partita nel 1949 (con Fast and furryous) come parodia dei chase cartoons, i cartoni animati basati sugli inseguimenti, e diventata poi paradigma per eccellenza dell'ossessione e dell'umiliazione.
Chiuso nel 1962 il reparto animazione della Warner, l'anno successivo J. fondò con Les Goldman una propria compagnia, la Sib-Tower 12 Productions (dal 1967 Chuck Jones Enterprises, e dal 1990 Chuck Jones Film Productions), che si associò alla MGM. Per conto di quest'ultima J. diresse e produsse sino al 1996 oltre sessanta film, tra i quali vanno menzionati: diversi cortometraggi (1963-1967) appartenenti alla serie di Tom e Jerry, della quale riuscì a rinnovare in parte il linguaggio, ormai stereotipato; il cortometraggio The dot and the line (1965), diretto con Noble, che ricevette un Oscar; il mediometraggio televisivo How the grinch stole Christmas!, diretto insieme a Ben Washam; il suo unico lungometraggio, The phantom Tollbooth (1970), diretto insieme a Abe Levitow e Dave Monahan, commistione di animazione e di riprese con attori in carne e ossa, che per molti versi anticipa le pratiche di contaminazione del cinema hollywoodiano degli anni Novanta.
A partire dal 1959 lavorò spesso insieme ad altri registi, soprattutto veterani come Freleng, McKimson, Noble, Levitow, Phil Monroe.Pubblicò due libri a carattere autobiografico, Chuck amuk: the life and times of an animated cartoonist (1989) e Chuck reducks: drawings from the funny side of life (1996).
R. Benayoun, Le mimiracle (cinq jours avec Chuck Jones), in "Positif", 1963, 54-55, pp. 41-51.
R. Benayoun, Animation: the phoenix and the road runner, in "Film quarterly", 1964, 17, pp. 30-35.
M. Harrington Hall, The fantasy makers: a conversation with Ray Bradbury and Chuck Jones, in "Psychology today", April 1968.
R. Thompson, Duck Amuck, in "Film comment", May-June 1976,pp. 65-74.
H. Kenner, Chuck Jones: a flurry of drawings, Berkeley 1994.
Il cinema di Chuck Jones, a cura di M. Fadda, F. Liberti, Milano 2001.