GALLERANI, Ciampolo
Figlio di Iacomo di Sigherio, mercante e banchiere senese, e di Raba di Bandinello, nacque intorno al 1260. I più antichi ricordi dell'operato del G. si riferiscono alla sua partecipazione alla vita politica cittadina: risale infatti al luglio del 1282 la prima attestazione di quella che sarà una presenza quarantennale tra i membri del Consiglio della Campana. Secondo l'erudito cinquecentesco G. Tommasi, nel 1289 il G. avrebbe scortato - per ordine del Comune - re Carlo II d'Angiò in partenza da Siena. Nei primi mesi del 1292 venne inviato come ambasciatore presso il pontefice Niccolò IV, mentre nel giugno del 1294 lo troviamo, designato col titolo di dominus, presenziare alla ratifica dei capitoli di sottomissione di Montepulciano.
Nel corso dell'ultimo decennio del XIII secolo ebbe luogo un completo ricambio generazionale tra i discendenti di Sigherio di Gianni Gallerani. Bindo di Sigherio morì prima del 29 dic. 1290, lasciando eredi i fratelli Iacomo e Picciolo - morto entro il 1296 -, e Fazio Gallerani e il G., suoi nipoti. Questi ultimi furono emancipati verosimilmente intorno alla metà degli anni '90 dai rispettivi genitori, che proseguirono così una tradizione familiare inaugurata trent'anni prima da Sigherio di Gianni: il tenore degli atti stipulati in Siena il 30 marzo 1295 - comprendenti tra l'altro l'impegno del G. a non prestare fideiussioni e a non alienare beni senza il consenso paterno - ricorda quello dei documenti del 1261 contestuali all'emancipazione di Iacomo di Sigherio e di suo fratello Bindo. È legittimo pensare che nelle carte redatte nella primavera del 1295 fossero contenute le garanzie che Iacomo si riservava concedendo autonomia patrimoniale al Gallerani. Sebbene questi avesse affiancato il padre nella compagnia mercantile-bancaria di famiglia almeno dal 1299, sostituendolo alla sua morte e divenendo il primo degli associati a partire dal 1303, la sua presenza all'estero sembra essere stata tutt'altro che assidua.
Secondo un costume abbastanza diffuso tra i mercanti-banchieri senesi di questo periodo, infatti, le operazioni svolte dalla Societas Galleranorum in Francia, Paesi Bassi, Inghilterra o presso la corte pontificia venivano condotte da fattori o da associati "minori". I partners della compagnia, nelle attività svolte lontano dalla madrepatria tra la fine del XIII e i primi anni del XIV secolo, risultano numerosi: fra loro spiccano i fiorentini Frescobaldi, Bardi e Peruzzi, rappresentati in Fiandra da Giovanni Villani, la società lucchese dei Bellardi e quella dei pistoiesi Chiarenti.
Negli anni a cavallo del 1300 il G. fu impegnato soprattutto nella gestione e nell'ampliamento del proprio patrimonio immobiliare, nello svolgimento di attività creditizia a titolo personale e nell'adempimento di incarichi pubblici. Membro del Consiglio della Campana quasi senza interruzione tra il 1282 e il 1312 - più saltuariamente tra il 1313 e il 1320 - nel 1301 fu inviato a Firenze in qualità di ambasciatore; nello stesso anno ricoprì la carica di podestà a Montalcino, mentre nel 1302 venne scelto per lo stesso incarico a Montepulciano. Il suo coinvolgimento - al pari di molti altri esponenti di famiglie mercantili cittadine - nella vita dei più grandi centri del territorio senese appare frequentemente collegato alla sua attività di operatore finanziario. Nell'aprile del 1303 troviamo il G. insieme con Sozzo di Benuccio Salimbeni in qualità di garante della restituzione di un prestito di 1200 fiorini d'oro contratto dal Comune di Montepulciano con alcuni banchieri senesi. Tra il 1307 e il 1308 fu impegnato sia in qualità di prestatore sia in quella di garante, insieme con esponenti delle famiglie Salimbeni, Bonsignori, Squarcialupi, Accarigi e Piccolomini, in analoghe operazioni effettuate dal Comune di Massa Marittima.
Nello stesso periodo il G. si occupò anche della gestione del proprio patrimonio immobiliare. Questo comprendeva un gran numero di fabbricati urbani - uno dei quali venne ceduto nel 1309 per edificarvi la nuova sede della Mercanzia - e una cospicua concentrazione fondiaria, ampliata ulteriormente mediante la progressiva acquisizione di allodi contadini associata all'esercizio di attività creditizie al dettaglio. Analogamente a quanto andava facendo suo cugino Fazio di Picciolo a San Gimignanello, egli intensificò la propria presenza patrimoniale nel territorio dei castelli di Castiglione d'Ombrone, Camigliano e Vignoni, sui quali giunse a esercitare una sorta di signoria.
La linea di condotta seguita dal G. nei primi anni del Trecento prevedeva quindi un impegno differenziato tra l'esercizio della mercatura e la costituzione di un articolato dominio signorile posto ai margini del contado senese. Si inquadrano in questa tendenza le alleanze matrimoniali concluse tramite i propri figli Antonio e Binduccia, sposati rispettivamente a Cionella di Bindo signore di Cinigiano e a Bonsignore Bonsignori, figlio del celebre mercante-banchiere Orlando, i cui familiari erano titolari di signorie castrensi situate a poca distanza da quelle del G., tra il basso corso dell'Orcia e la media valle dell'Ombrone.
Il periodo centrale della sua vita si colloca tra l'apogeo delle fortune dei Gallerani e l'inizio di una decadenza piuttosto repentina. Intorno al 1309-10 si situa una cesura nella nostra documentazione, al di là della quale è attestata una lunga serie di debiti insoluti, di liti giudiziarie e di alienazioni di beni fondiari seguite probabilmente al tracollo della compagnia Gallerani, del quale peraltro non abbiamo alcuna notizia diretta. Le attestazioni riguardanti le attività oltramontane della Societas Galleranorum, alle quali il G. prese parte da Siena almeno sino al maggio 1308, si esauriscono verso la fine del primo decennio del Trecento. Le cause di questa crisi progressiva non sono note: sebbene le sorti della compagnia Gallerani non fossero direttamente collegate a quelle dei Bonsignori, il G. avrebbe finito per condividerne il declino economico e il disastro politico-militare seguito alla loro adesione al coordinamento "neoghibellino" creatosi attorno all'imperatore Enrico VII dopo il 1310. A coinvolgere nella ribellione una famiglia tradizionalmente guelfa, quale quella dei Gallerani, fu probabilmente l'insofferenza verso il governo popolare cittadino, colpevole forse, agli occhi del G. e degli altri membri del lignaggio, di non aver sostenuto a sufficienza le case bancarie in difficoltà. Dopo la morte dell'imperatore nel settembre del 1313, il G. intese proseguire la lotta guidando verso Pisa una parte delle milizie già fedeli a Enrico, insieme con Ranieri del Porrina da Casole e Filippo di Niccolò Bonsignori. Di fatto il progetto dei ribelli fallì miseramente e il G. dovette patire, oltre al bando da Siena, la distruzione della dimora cittadina e dei suoi capisaldi fortificati nel contado. Erano quasi cinquant'anni - dai tempi dell'adesione dei Gallerani alla parte guelfa in lotta contro il Comune ghibellino - che esponenti della famiglia non subivano l'esilio dalla città. Ben presto, in considerazione "del grande animo e seguito" avuti dal G. e soprattutto di come oramai "non era più ricetto di far male" (Cronaca senese, p. 338), i governanti senesi decisero di richiamare in patria il G., il cui ritorno non fu certo trionfale come quello dei suoi antenati nel 1270. A Siena dovette condurre per conto del Comune le trattative di pace con Ranieri del Porrina e riprendere il suo posto nel Consiglio della Campana, abbandonato nel 1312; ma ad attenderlo vi era inoltre tutta una serie di debiti insoluti e di cause giudiziarie.
Nonostante si fosse già innescata la crisi che avrebbe portato di lì a pochi decenni al ridimensionamento del ruolo della famiglia Gallerani, le alienazioni di beni fondiari - rese necessarie a partire dal maggio 1317 a causa della difficile situazione finanziaria - non avevano ancora intaccato in misura sensibile il patrimonio del Gallerani. La situazione documentata intorno al 1318 dalla "Tavola delle possessioni" risulta apparentemente florida: la concentrazione immobiliare del G., valutata quasi 70.000 lire, era infatti ancora una delle più cospicue di tutta Siena.
In città egli possedeva, tra l'altro, i resti del proprio palazzo posto nel "popolo" di S. Cristoforo e una parte dei beni consortili di famiglia: le antiche torri edificate a partire dal XII secolo e le platee poste nel popolo di S. Pellegrino, che avevano costituito l'antico patrimonio immobiliare dei suoi antenati. Il patrimonio fondiario era concentrato prevalentemente attorno ai castelli di Vignoni, Castiglione d'Ombrone e Camigliano, sui quali il G. manteneva una serie di diritti signorili, nelle zone di Asciano e Badia Ardenga - ove possedeva alcuni mulini e numerosi "poderi" - e comprendeva anche un certo numero di "petie de terra" sparse in Val d'Orcia e nelle Crete.
Negli anni successivi il G. riprese probabilmente il proprio posto nella vita pubblica senese: già alla fine del 1313, infatti, era tornato a prendere parte alle sedute del Consiglio della Campana e nel 1319 fu di nuovo podestà di Montalcino. Nei primi anni Venti fu coinvolto nell'organizzazione dello Studio cittadino, vivificato dalla migrazione di studenti bolognesi del 1321. Alcuni corsi vennero tenuti in una casa di sua proprietà posta nella piazza S. Cristoforo, per la quale nel giugno del 1324 ricevette dal Comune la pigione annuale di 70 lire. Una conferma indiretta del suo pieno reinserimento nella compagine sociale senese viene dal fatto che nel dicembre 1326 il G. fu tra i principali invitati alla grande festa o "corte bandita" organizzata in occasione dell'assunzione della dignità cavalleresca da parte di Francesco di messer Sozzo Bandinelli, alla quale intervenne gran parte dell'élite cittadina.
In questo periodo il G. tentò di riorganizzare il proprio patrimonio fondiario, procedendo all'alienazione di immobili rurali posti in aree marginali rispetto alla zona di Camigliano e Castiglione d'Ombrone, dove invece portò avanti sino agli ultimi anni della sua vita il processo di erosione della proprietà contadina. La difficile situazione finanziaria del G. - colpito da bando per insolvenza nel settembre del 1320, dietro richiesta di Tolomeo Mignanelli - e le pressioni esercitate dalle vivaci Comunità locali finirono tuttavia per compromettere le basi stesse dei suoi domini. Come apprendiamo da un atto del giugno 1323, il G. fu costretto a cedere al Mignanelli il censo che gli era dovuto dal Comune e dagli uomini di Camigliano e che verosimilmente non riusciva più a esigere. Un arbitrato dell'agosto 1334, che in via di principio avrebbe dovuto reintegrare il G. e suo figlio Antonio nei loro diritti, attesta invece come i Gallerani non riuscissero più a riscuotere il censo loro spettante neanche dagli uomini di Castiglione d'Ombrone. Tra il febbraio 1334 e l'ottobre 1338, per soddisfare i propri creditori, il G. cedette infine a membri della famiglia Salimbeni i diritti signorili e un certo numero di beni allodiali posseduti nel castello di Vignoni.
È questa l'ultima attestazione in vita del G., che morì sicuramente prima del giugno 1348. Lasciò una numerosa discendenza: oltre ai già ricordati Antonio e Binduccia si ha infatti notizia di Raba e Giovanni, attestati a partire dal gennaio del 1315, e di Pietro, attestato dal dicembre del 1318.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Diplomatico, Arch. generale dei contratti, 1295 marzo 30 (6 pergg.), 1296 maggio 26, 1298 (= 1299) febbr. 18, 1299 (= 1300) genn. 18, 1302 giugno 12, 1303 ag. 17, 1303 nov. 18, 1307 (= 1308) febbr. 5, 1308 (= 1309) febbr. 26, 1311 giugno 8, 1314 (= 1315) genn. 14 (per Raba), 1314 (= 1315) genn. 16 (per Binda), 1314 (= 1315) febbr. 15, 1315 maggio 31, 1315 dic. 4, 1315 (= 1316) febbr. 23, 1315 (= 1316) febbr. 28, 1315 (= 1316) marzo 2, 1316 maggio 25 (per Binda), 1316 (= 1317) febbr. 10, 1316 (= 1317) marzo 29, 1317 maggio 17 (per Giovanni), 1318 (= 1319) febbr. 28, 1318 (= 1319) marzo 7, 1318 (= 1319) marzo 22 (per Binda), 1319 nov. 6, 1319 dic. 15 (per Antonio, Giovanni e Pietro), 1320 sett. 13, 1321 nov. 26, 1322 apr. 10 (per Binda),1323 giugno 6, 1329 febbr. 21, 1331 (= 1332) genn. 11, 1334 maggio 26, 1338 ott. 18, 1344 (ma 1319) dic. 24, 1348 giugno 26, 1349 luglio 2 (3 pergg.); Ibid., Patrimonio dei resti ecclesiastici (S. Domenico), 1295 marzo 30; Ibid., Famiglia Tolomei, 1301 apr. 8, 1313 ott. 26; Ibid., Comune di Montalcino, 1301 maggio 22, 1319 giugno 16; Ibid., Università, 1301 giugno 19, 1309 maggio 27; Ibid., Regio Acquisto Bigazzi, 1302 nov. 22; Ibid., Arch. delle Riformagioni, 1303 marzo 28 (2 pergg.), 1307 nov. 6, 1307 (= 1308) febbr. 24, 1314 ott. 28, 1316 giugno 21, 1317 giugno 24; Ibid., Certosa di Pontignano, 1304 ott. 16; Ibid., Arch. delle Riformagioni (Massa), 1307 (= 1308) genn. 10, 1307 (= 1308) febbr. 20; Ibid., Quaderni, 1316 dic. 2; Ibid., Spedale di S. Maria della Scala, 1318 (= 1319) marzo 12; Ibid., Conservatorio del Refugio, 1319 dic. 11 e dic. 18 (per Antonio, Giovanni e Pietro), 1320 ott. 23, 1327 (= 1328) febbr. 4 (per Antonio); Ibid., Bichi Borghesi, 1333 (= 1334) febbr. 12; Ibid., Regio Acquisto Cerretani, 1334 ag. 7 (per Antonio); Consiglio generale, 26, c. 5r; 27, c. 49r; 31, c. 4r; 33, cc. 89r, 104r; 35, c. 117r; 37, c. 113r; 39, c. 84r; 40, c. 7r; 41, c. 121r; 44, c. 95r; 45, c. 124v; 46, c. 18r; 47, c. 13r; 48, c. 5r; 49, c. 6r; 50, c. 5r; 52, c. 4r; 53, c. 5r; 54, c. 48r; 55, c. 5r; 56, c. 7r; 57, c. 7r; 58, c. 7r; 59, c. 7r; 60, c. 7r; 61, cc. 5r, 14rv, 118r; 62, c. 6r; 64, c. 4v; 65, c. 9v; 66, c. 12v; 67, c. 11r; 68, c. 12v; 69, c. 11r; 70, c. 11v; 71, cc. 11v, 16r; 72, c. 11v; 73, c. 11v; 74, cc. 10r, 103v; 75, c. 10r; 76, c. 10r; 77, c. 11v; 78, c. 10v; 79, c. 10v; 80, c. 13v; 83, c. 10r; 89, c. 22v; 90, c. 22r; 91, cc. 19r, 24r; 92, c. 20r (per Giovanni); 93, c. 20r; Estimo, 130, cc. 116rv, 133r-168v; Conventi, 162, cc. 391rv, 416v-417v; Ospedale, 64, f. VI; Patrimonio dei resti ecclesiastici, 3540: A. Pizzetti, Spoglio XX dei testamenti, contratti e memorie della soppressa Certosa di Pontignano, p. 178; Mss., A.11: A. Sestigiani, Compendio istorico di sanesi nobili…, c. 261v; Mss., A.127: Imbasciatori e commissarii inviati in diversi tempi dalla Repubblica e città di Siena, pp. 156, 168; Mss., B.27: Spoglio dell'archivio di Massa…, c. 133r; Mss., B.55: A. Sestigiani, Spoglio de' contratti sciolti in cartapecora che si conservano nel convento… di S. Domenico, p. 217; Mss., B.87: G. Faluschi, Registro D delle cartepecore dell'Archivio generale dall'anno 1299 all'anno 1307, pp. 568 s.; Siena, Arch. arcivescovile, 3395, c. 16r; Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico, Comune di Montepulciano, 1303 apr. 13, Convento di S. Agostino di Montalcino, 1339 giugno 29; Montalcino, Arch. comunale, Diplomatico, 1303 (= 1304) genn. 25 (2 pergg.), 1303 (= 1304) genn. 26 - febbr. 11, 1319 ag. 3; Frammento di cronaca senese di anonimo (1313-1320), a cura di A. Lisini - F. Iacometti, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XV, 6, pp. 165 s.; Cronaca senese attribuita ad Agnolo di Tura del Grasso, ibid., pp. 303, 338 s., 361, 444, 448; Acta Imperii Angliae et Franciae ab a. 1267 ad a. 1313, a cura di F. Kern, Tübingen 1911, p. 271; Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, III, a cura di G. Cecchini, Siena 1940, n. 992; IV, a cura di M. Ascheri - A. Forzini - C. Santini, ibid. 1984, n. 1061; Chartularium Studii Senensis, I, 1240-1357, a cura di G. Cecchini - G. Prunai, Siena 1942, pp. 233, 260-262, 312; Les livres des comptes des Gallerani, a cura di G. Bigwood - A. Grunzweig, II, Bruxelles 1962, pp. 38, 40-48, 59, 64 s., 73 s., 79-82, 86, 88-91, 103, 214, 222, 232; G. Tommasi, Dell'historie di Siena, Venezia 1625, l. 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