CIBORIO (ciborium, κιβώριον; in testi tardi anche tegurium, tiburium)
Nelle chiese cristiane è una costruzione costituita da quattro sostegni, in genere colonne, raccordati da archi od architravi e terminante a piramide o con una volticina e cupoletta, destinato allo stesso tempo a proteggere e a sottolineare l'altare. La seconda funzione prevale sulla prima e in questo senso il c. rientra in quelle architetture destinate a tradurre figurativamente concetti astratti.
Ciò giustifica la ricerca delle sue origini nei baldacchini cosmici dei troni delle antiche monarchie orientali, come quello in un rilievo del dio Shamash ora al British Museum di Londra o l'altro del palazzo reale di Persepoli.
Era usato in certi culti misterici pagani; per esempio le rituali ierogamie avvenivano sotto baldacchini; alcune deità sono rappresentate sotto un'edicola a baldacchino (naìskos), alcune tombe e are sono protette da un tegurio. Nel rituale giudaico si parla del tabernacolo (Esodo, x, 15-17), il quale perciò deve avere un'origine tipicamente orientale, in quanto serve, oltre a proteggere dalle intemperie, a occultare l'individuo regale, la personalità sacra dalla vista dei profani. A volte il baldacchino assume un significato simbolico: rappresenta un tratto della vòlta solida celeste, sostenuta, secondo gli antichi, da quattro colonne.
Nell'architettura ellenistica e romana alcune edicole isolate, testimoniateci specialmente da monete (Laodicea, Sagalasso, Alessandria, Tiro) possono ricordar la forma del c., pur avendo funzione diversa.
Nel cristianesimo primitivo, peraltro, non è traccia di questa suppellettile mobile o fissa. Solo nel culto funerario si può osservare che l'arcosolio riprende un po' l'idea della rappresentazione convenzionale della vòlta celeste (alcuni arcosoli hanno anche figurazioni stellari). Nelle catacombe di Malta e di Sicilia, si è posto sugli avelli un vero baldacchino.
Ma donde sorga il tegurio usato per l'altare delle basiliche cristiane dal sec. IV in poi, non si saprebbe affermare con sicurezza. L'altare, essendo da principio mobile, non richiese agli inizi un c. e, con ogni probabilità, la adozione del c. nella basilica si deve mettere in rapporto con una duplice azione del baldacchino imperiale, che aveva ripreso, nel mutato concetto dell'impero, un significato affine a quello cosmico avuto nelle monarchie orientali e del culto dei martiri sempre in maggiore sviluppo a partire dal sec. V. Il c. corrispose probabilmente alla necessità di occultare la celebrazione del rito eucaristico alla grande massa di fedeli. Questo baldacchino fisso, in marmo, aveva infatti delle tende (vela o anche tetravela in alcuni testi, alludendosi al loro numero di quattro per le quattro fronti) che si chiudevano nel momento più delicato del rito.
Il più antico tegurio di cui abbiamo notizia è quello della basilica lateranense che, a detta del Liber Pontificalis romano, sarebbe stato eretto per munificenza dell'imperatore Costantino (Vita Silvestri, i, 172), dato che la parola fastigium debba intendersi "ciborio".
Vi sono iconografie dei secc. IV e V che riproducono questi ciborî, sia pure in modo rudimentale; specialmente nelle medaglie di devozione. Il De Rossi ne dedusse che la forma dei teguri fosse piana e non a cupola, o di altra forma culminante. Ma, come osserva il Grossi Gondi, degli esempî addotti solo uno può far supporre che la copertura fosse in piano, mentre in altri sono visibilissimi due archi, né si scorge alcuna copertura. Che fossero già in uso forme rotonde o cuspidate appare dal bassorilievo pagano degli Haterî (Museo Lateranense) o dal cippo di Monasterolo.
Il grazioso titolo di Adeodata, del sec. IV (già nelle catacombe di Ciriaca e ora nel Museo Lateranense), reca l'esaltazione della croce sotto un tegurio a vòlta semisferica. Così pure nella medaglia di Successa (sec. IV-V), ov'è una rappresentazione dell'altare della basilica di S. Lorenzo, si scorge molto bene la vòlta curvilinea impostata su architravi in piano sorretti da colonne tortili che ricordano quelle della pergula costantiniana dell'antica S. Pietro.
I resti più antichi d'un c. son quelli della primitiva basilica di S. Clemente in Roma. Del c., donato da un prete Mercurio diventato poi papa col nome di Giovanni II, restano una colonna e un frammento di architrave con iscrizione che ci permette di datare il monumento dal pontificato di Ormisda (514-523).
La catacomba di S. Alessandro a Roma offre un esempio quasi unico di c. con i quattro sostegni posati sulla mensa e non sorgenti da terra come in un organismo indipendente; nella basilica di Cimitile i sostegni sono pilastri invece di colonne. Il senso della massa si andò progressivamente accentuando negli esemplari successivi di Perugia e di Ravenna. Se apparteneva al c. il frammento di colonna istoriata con il martirio di S. Achilleo, od avevano l'attuale funzione le due colonne del c. di S. Marco a Venezia, ritenute (però non concordemente) più antiche, una nota di vivace pittoricismo era introdotta (in tali anni) dall'essere i fusti istoriati. Spesso anche le vasche battesimali avevano teguri non diversi da quelli degli altari come quello di Dura Europos simile ad un arcosolio, e, più tardi, negli esempî conservati di Cividale e di Cittanova d'Istria; quello di Henshir Deheb in Africa ha la particolarità delle colonnette scanalate e tortili.
Bibl.: H. Leclercq, in Dictionnaire d'arch. chrét. et de lit., s. v. Cyborium; Atti del IV Congresso Int. d'Arch. cristiana, Roma 1940; H. P. L'Orange, Studies on the Iconography of the Cosmic Kingship in the Ancient World, Oslo 1953; E. Baldwin Smith, The Dome, Princeton 1950, p. 81 e ss.; E. Baldwin Smith, Architectural Symbolism of Imperial Rome and the E. Middle Age, Princeton 1956, p. 177 e ss.
(C. Cecchelli - G. Matthiae)