CICISBEO e Cicisbeismo
Questa parola, di origine incerta, probabilmente onomatopeica, comincia a ricorrere con frequenza negli scrittori del primo Settecento, per esempio nel Forteguerri, che, nel secondo de' suoi capitoli, considera il cicisbeismo come nuovo male. Il Muratori (che nel cap. VIII della Filosofia morale chiama il cicisbeato "lacrimevole invenzione di questi ultimi tempi") ne parla negli Annali all'anno 1707, come di un funesta eredità della dominazione francese. Questo il punto di partenza per chi voglia studiare il cicisbeismo, senza risalire al platonismo, alla cavalleria, alla galanteria spagnola, prodotti di circostanze storiche diverse.
Secondo lady Mary Wortley Montague (lettera del 28 agosto 1718), l'usanza era radicata in Genova nel 1718. Da Genova, dove cominciò, il costume si diffuse in tutta Italia.
Il Richard (per citare uno dei tanti viaggiatori stranieri) nel primo volume della sua Description historique et critique de l'Italie (Parigi 1766) ci offre molti particolari sul cicisbeismo. In casa il marito sta poco: i negozî, gli uffici, il servir dama lo tengono lontano; mentre vi è assiduo il cicisbeo, la scelta del quale è un affar di famiglia. Stipulandosi il contratto matrimoniale d'una giovine nobile, si pensa, d'accordo col marito, a sceglierle un cicisbeo (ma talvolta se ne scelgono fin quattro!). Il cicisbeo deve aiutar la dama ad abbigliarsi, accompagnarla da per tutto, alla messa, alla passeggiata, al pranzo, alle conversazioni, al teatro, al giuoco: egli è sempre vicino alla dama. Si arriva dunque alla legalizzazione per contratto del cicisbeismo. Questo il fatto novissimo, cui accennano, fra gli altri, G. A. Costantini nelle Lettere critiche, il Parini in notissimi versi del Mattino, il Foscolo nel Gazzettino del bel mondo, Vittorio Alfieri nella commedia Il divorzio, del 1803.
Però, anche senza ripetere le difese che Vittorio Imbriani fece dell'"ultimogenito della fantasia erotica italiana", si potrebbe, senza taccia di paradosso, sostenere che, rispetto alla corruzione secentesca coperta dal manto dell'ipocrisia, il cicisbeismo fu, in certo senso, un progresso morale: se non altro, generò nei migliori il desiderio della ricostituzione della famiglia.
Bibl.: A. Neri, I cicisbei a Genova, in Costumanze e sollazzi, Genova 1883; A. Salza, I cicisbei nella vita e nella letteratura del Settecento, in Riv. d'Italia, Roma, agosto 1910; E. Rodocanachi, La femme italienne à l'époque de la Renaissance, Parigi 1907, pp. 322-327; G. Natali, Il cicisbeismo a Genova, in Idee, costumi, uomini del Settecento, 2ª ed., Torino 1926; L. Valmaggi, I cicisbei (opera postuma), Torino 1927.