Ciclismo
Disciplina olimpica sin dalla prima edizione delle Olimpiadi moderne, svoltasi nel 1896, il ciclismo è sport maschile e femminile, praticato con biciclette da competizione. Le numerose specialità possono essere raggruppate in base al luogo in cui si effettuano le gare: si distinguono così il ciclismo su strada, su pista e in sala.
Con l'ausilio di metodi cinematografici ad alta velocità è possibile analizzare il movimento degli arti di un soggetto mentre pedala e calcolare quindi gli angoli articolari e le velocità angolari e lineari dei segmenti d'arto durante un intero ciclo di pedalata. Inoltre, contemporaneamente, possono essere determinate l'attività e la sequenza di reclutamento dei muscoli coinvolti, registrando la loro attività mioelettrica di superficie.
Analisi di questo tipo hanno evidenziato che, pedalando seduti su una bicicletta da corsa tradizionale, la coscia descrive un arco di 42° passando dal punto morto superiore (PMS, pedivella verticale in alto) al punto morto inferiore (PMI, pedivella verticale in basso). Nel primo punto, la coscia dista dal piano orizzontale 20°, mentre nel secondo punto si discosta dalla verticale di 28°. Nel corso della pedalata il tronco mantiene una posizione fissa a un angolo di circa 35° rispetto al piano orizzontale; quindi, la coscia non si estende praticamente mai. Lo spostamento angolare medio dell'articolazione del ginocchio ammonta a 74°: al PMS è flesso di 111° rispetto alla coscia; al PMI l'angolo di flessione è di 37°. Il ginocchio, quindi, rimane in una posizione di sostanziale flessione anche al PMI, ovvero nella posizione in cui tutto l'arto inferiore si trova alla massima estensione raggiungibile dal ciclista. Le escursioni angolari che sono state riscontrate risultano molto simili in tutti i soggetti che pedalano seduti su questo tipo di telaio e la variabilità tra di essi è praticamente trascurabile.
I muscoli estensori uniarticolari del ginocchio, il vasto mediale e il vasto laterale del muscolo quadricipite del femore, iniziano ad aumentare la loro attività in un ciclo completo di pedalata dal PMS e raggiungono l'attività massima quando le pedivelle si trovano orizzontali. Dopodiché, la loro attivazione decade velocemente per annullarsi in corrispondenza del PMI. Gli estensori plantari del piede (gastrocnemio mediale e laterale, biarticolari, soleo, uniarticolare) aumentano la loro attività immediatamente dopo gli estensori del ginocchio: il picco di attività del gastrocnemio mediale e del soleo corrisponde a un angolo della pedivella di circa 90° rispetto alla verticale; quello del gastrocnemio laterale raggiunge il massimo poco dopo il PMI.
Quest'ultimo, data la sua natura biarticolare, agisce quindi anche come flessore della gamba durante la fase di recupero. Il grande gluteo e il gluteo medio, estensori uniarticolari della coscia, sono anch'essi attivi nella prima metà del ciclo. Durante la fase di recupero, sono soprattutto attivi il tibiale anteriore (dorsiflessore uniarticolare del piede), i flessori mediali della gamba (flessori biarticolari) e il retto femorale (flessore biarticolare della coscia). Varie condizioni sono in grado di modificare il grado di attivazione e la sequenza temporale con cui i diversi muscoli sono reclutati. L'incremento della potenza sviluppata e, a potenza costante, della frequenza di pedalata inducono un aumento dell'attività mioelettrica di tutti i muscoli impegnati. Ciò è diretta conseguenza del reclutamento di nuove unità motorie dei muscoli coinvolti. Un aumento dell'altezza della sella induce un incremento dell'attività dei glutei, dei flessori mediali della gamba e, in misura maggiore, del gastrocnemio mediale e del soleo. In generale, quindi, un aumento dell'altezza della sella sembra indurre prevalentemente modificazioni dell'attività dei flessori plantari del piede. La riduzione dell'altezza della sella porta, invece, all'accrescimento dell'attività del retto femorale. La pedalata effettuata con le punte dei piedi, posizione tipica dei ciclisti corridori, causa l'aumento dell'attività del soleo e la riduzione di quella dei muscoli gluteo medio e retto femorale. Infine, l'adozione dei puntapiedi induce l'incremento di attività dei muscoli retto femorale e flessori della gamba e del tibiale anteriore, mentre porta alla riduzione di quella dei muscoli vasto laterale e mediale e del soleo.
Per mantenere la velocità costante, nel punto di contatto tra battistrada della ruota posteriore e suolo deve essere applicata una forza F₁ di verso contrario, ma di direzione e modulo identici, alla resistenza totale Rt incontrata durante il moto. F₁ può essere ricavata conoscendo il vettore forza perpendicolare alle pedivelle F₂. Il valore di F₁, però, dipende dalle lunghezze dei bracci di applicazione dei momenti presenti nel sistema di trasmissione, ovvero dalla lunghezza delle pedivelle (L₁), dal raggio della corona (L₂) e del mozzo (L₃) e dal raggio della ruota posteriore (L₄): F₁ = F₂ · L₁ · L₃ / (L₂ · L₄).
È facile verificare che, sostituendo ai simboli delle quattro dimensioni lineari i valori riscontrati nelle biciclette da corsa per queste grandezze, F₁ è sempre una frazione di F₂ (10-30%, in funzione dei possibili rapporti tra il raggio della corona e quello del mozzo). Da ciò consegue che le forze orizzontali applicate all'interfaccia tra suolo e battistrada posteriore non sono mai molto grandi: per es. se F₂ è uguale a 200 N (corrispondente al peso di una massa di circa 20 kg), F₁ sarà solo 22 N (circa 2,2 kg). Così si spiega la possibilità, dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche, di sviluppare ruote e battistrada molto leggeri senza per questo compromettere l'affidabilità complessiva del mezzo.
Ciò premesso, riveste particolare importanza lo studio del modo in cui, durante una pedalata, F₂ sia prodotta dalla forza contrattile dei muscoli del ciclista. F₂, ovvero la forza perpendicolare alle pedivelle, non è la forza esercitata direttamente sui pedali, ma dipende da quest'ultima e dagli angoli esistenti, istante per istante, nel corso di un intero ciclo di pedalata, tra pedivella e piano verticale, tra asse del pedale e piano verticale e tra la direzione del vettore forza applicata sul pedale e il piano del pedale. A ogni modo, qualora questi angoli siano misurati nel corso di un intero ciclo, è facile descrivere l'andamento istantaneo di F₂ in funzione dell'angolo descritto dalla pedivella. Poiché F₂ è la componente della forza applicata sul pedale perpendicolare alla pedivella, essa viene anche definita forza efficace (Fe), in quanto è la sola utile per calcolare F₁. La differenza tra i valori assoluti della forza direttamente applicata sui pedali e Fe fornisce anche il valore di forza (Fi) non utilizzata per contrastare la resistenza totale.
È ovvio, infine, che la forza totale F₂, utile per vincere la resistenza totale all'avanzamento, è in realtà la somma delle forze generate nell'arco di un intero ciclo dai due arti inferiori. La Fe prodotta da un singolo arto inizia ad aumentare dal PMS e raggiunge il massimo a un angolo di 90°; in seguito decade rapidamente per annullarsi poco dopo il PMI e diventa addirittura negativa, seppure di poco, tra i 210 e i 300°. Fi invece assume valori positivi tra i 90 e i 270°. Da ciò consegue che le forze applicate dal ciclista tra 60° e 120° costituiscono circa il 60% dell'impulso propulsivo totale, quest'ultimo calcolato integrando Fe nel tempo. Ciò è in perfetto accordo con la sequenza temporale di attivazione dei muscoli estensori della coscia e della gamba descritta con metodiche elettromiografiche (v. sopra). In secondo luogo, si può dimostrare che la forza totale F₁ applicata alla ruota non rimane costante nel corso della pedalata, ma segue l'andamento di Fe scalato secondo i fattori di moltiplicazione introdotti dai rapporti della trasmissione. F₁, infatti, oscilla mediamente tra valori di 45 e 8 N (4,5 e 0,8 kg) nell'arco di un intero ciclo, anche se un ciclista, pedalando in piano a velocità moderata, solitamente non è in grado di avvertire le oscillazioni di velocità che ne possono conseguire. Si può anche dimostrare che nella fase di recupero i ciclisti non sviluppano forze dirette verso l'alto in grado di aiutare il ritorno al PMS della pedivella: in realtà, la maggioranza dei soggetti sembra limitarsi a esercitare forze sufficienti ad annullare la forza peso e la forza inerziale dell'arto inferiore durante questa fase. In generale, infine, si assiste a un grado molto variabile di asimmetria tra i due arti per quanto concerne lo sviluppo di Fe. Non è raro, infatti, riscontrare atleti di élite in cui la Fe prodotta da un arto è inferiore del 30% rispetto a quella dell'arto controlaterale.
La resistenza totale Rt incontrata da un ciclista durante la progressione a velocità costante è la somma di tre diversi termini, l'attrito volvente, Rv, la resistenza dell'aria, Ra, e la forza gravitazionale (solo nel caso di terreno inclinato), Rg: Rt = Rv + Ra + Rg.
Rv è indipendente dalla velocità ed è funzione della massa totale (Mt) in movimento (soggetto più telaio), di un coefficiente adimensionale di attrito (cv) e dell'inclinazione del terreno (i, metri guadagnati in altezza per unità di distanza lineare percorsa): Rv = cv · cos [arctan (i)] · Mt · g, dove g rappresenta l'accelerazione di gravità (9,81 m s-2, in media). L'espressione cos [arctan (i)] rappresenta numericamente la componente normalizzata della forza peso normale applicata al terreno ed è uguale a 1 nel caso di progressione in piano; cv è un coefficiente che dipende dagli attriti della catena di trasmissione, dalla superficie del terreno, dalla conformazione del battistrada, dalla pressione di gonfiatura dei pneumatici e dalla loro area di appoggio. In particolare, è stato riscontrato che il cv delle ruote scolpite è 5-6 volte maggiore di quello dei pneumatici da strada o da pista. Risulta quindi antieconomico utilizzare su strada ruote scolpite, progettate per avanzare in sicurezza sul terreno accidentato. Inoltre, la resistenza dovuta agli attriti della trasmissione è solitamente trascurabile.
La resistenza dell'aria è proporzionale al quadrato della velocità di avanzamento rispetto all'aria v: Ra = k · v2. È bene ricordare che v è uguale alla velocità rispetto al suolo (vs) solo in assenza di vento; in tutti gli altri casi v deve essere ricavata dalla differenza vettoriale tra vs e la velocità del vento. La costante k è a sua volta funzione dell'area proiettata sul piano frontale Ap, della densità dell'aria ρ e di un coefficiente adimensionale (coefficiente di drag, Cx): k = (Ap · ρ · Cx) / 2. Ap dipende dalle dimensioni corporee del ciclista, essendo correlata alla taglia del soggetto, ma dipende anche dalla conformazione del telaio utilizzato: i telai recentemente sviluppati per le competizioni contro il tempo, dotati di appendici aerodinamiche al manubrio e di ruote anteriori da 26" hanno portato alla riduzione di Ap contribuendo ad abbattere Ra. Se trascuriamo il contributo dovuto alla pressione esercitata dal vapore d'acqua nell'aria ambiente, ρ può essere ritenuta direttamente proporzionale alla pressione barometrica PB e inversamente proporzionale alla temperatura assoluta dell'aria T: ρ = ρ₀ · (PB /760) · (273/T), dove ρ₀ è la densità dell'aria (1,27 kg m-3) a 760 mmHg e a 0 °C (273 K). Poiché PB si riduce in modo esponenziale con l'aumentare dell'altitudine sul livello del mare (PB si dimezza a un'altitudine di circa 5500 m s. l. m.), ne consegue che anche Ra diminuisce in funzione dell'altitudine. Inoltre, pedalare in alta quota si traduce in una sostanziale riduzione della resistenza totale rispetto alla condizione a livello del mare, visto che durante la progressione in piano Ra costituisce la frazione prevalente della resistenza totale Rt. Il coefficiente di drag (Cx) dipende dalla forma e dal tipo del telaio e ne riassume, descrivendole quantitativamente, le caratteristiche aerodinamiche; esso può essere ritenuto costante nell'ambito delle velocità raggiunte solitamente nel ciclismo.
L'introduzione dei telai aerodinamici, per es., ha consentito di diminuire il Cx portandolo a valori vicini all'80% di quello delle biciclette da corsa tradizionali. Questo risultato, associato al fatto che Ap nei telai aerodinamici è minore rispetto ai telai tradizionali, ha portato a una cospicua riduzione di Ra.
La resistenza aerodinamica può anche essere ridotta durante la corsa accodandosi a un altro ciclista. L'entità della diminuzione di Ra dipende dalla distanza tra i due ciclisti e sono stati proposti dei coefficienti empirici con i quali si può quantificare la percentuale di diminuzione di Ra, in funzione della distanza esistente tra i due atleti. In generale, si può affermare che la riduzione di Ra ottenuta seguendo perfettamente un ciclista è cospicua: fino al 34% per una distanza di 1 m e addirittura 40% per una distanza di 0,5 m.Le relazioni tra Ra e Rg hanno risvolti particolarmente interessanti nel contesto dei rapporti tra caratteristiche antropometriche dei ciclisti e specializzazione agonistica. I soggetti di taglia più grande sono caratterizzati da un rapporto tra Ap e massa corporea minore dei soggetti di piccole dimensioni. Ne segue che, a una data velocità in piano, essi devono impiegare meno energia meccanica per unità di peso contro la resistenza dell'aria. Ne segue anche che, fra due soggetti in grado di produrre la stessa potenza meccanica per unità di peso w·, quello di maggiore taglia otterrà la migliore prestazione. Nel ciclismo in salita, invece, la resistenza dovuta al campo gravitazionale, Rg = Mt · g · sin [arctan (i)],è di gran lunga prevalente su Ra, poiché le velocità sono molto ridotte. Di conseguenza, a parità di potenza per chilogrammo di peso, la taglia maggiore non costituisce più un vantaggio. Ciò spiega il fatto che i 'passisti' siano di solito soggetti di maggiore taglia rispetto agli 'scalatori' di élite.
Poiché la potenza meccanica totale w·t, dissipata alla velocità v, è uguale al prodotto di Rt per la velocità, ne consegue che la potenza dissipata contro l'attrito e contro le forze gravitazionali siano una funzione lineare della velocità, mentre la potenza necessaria per vincere la resistenza dell'aria aumenta con il cubo della velocità e può essere descritta, in assenza di vento, da: w·t = Rt · v = Rv · v + k · v3 + Rg · v. Ciò ribadisce il fatto che, alle velocità solitamente raggiunte in piano su strada o durante le competizioni su pista, la maggior parte della potenza sviluppata dal ciclista è utilizzata per vincere Ra.
Rt può anche essere definito come il lavoro meccanico svolto per unità di distanza per avanzare a una data velocità. Il rapporto tra il lavoro meccanico compiuto e la corrispondente quantità di energia metabolica spesa per compierlo è definito rendimento meccanico (η). Quindi, il rapporto tra Rt ed η consente di ottenere la quantità di energia metabolica spesa dal soggetto per unità di distanza alla velocità v. Questa grandezza, denominata costo energetico del ciclismo Cc, è facile da determinare sperimentalmente e descrive in modo quantitativo l'economicità di progressione del ciclista. Per un soggetto di taglia normale (70 kg e 175 cm) che pedali in piano a livello del mare su una bicicletta da corsa tradizionale, Cc, in J m-1, è dato dalla relazione: 270 + 0,72 · v2. Ovviamente, Cc dipende dagli stessi fattori che condizionano Rt (v. sopra); dipende anche, però, dal valore di η, un parametro che descrive quantitativamente la capacità del soggetto di trasformare l'energia metabolica prodotta dai muscoli in lavoro meccanico esterno utile alla progressione. Le variazioni di η nel ciclismo sono piuttosto limitate, aggirandosi su valori pari allo 0,22-0,25. In realtà, η dimostra una chiara, seppur lieve, dipendenza dalla potenza sviluppata e dalla cadenza di pedalata. In generale, si può affermare che la frequenza di pedalata più redditizia, ovvero quella in cui si riscontra il rendimento più alto, aumenta con la potenza espressa dal ciclista e varia da 42 pedalate al minuto in corrispondenza di una potenza di 41 W, a una cadenza di 62 pedalate al minuto a una potenza di 330 W. Il fatto che η nel ciclismo sia straordinariamente simile a quella che si incontra nel corso della trasformazione dell'energia chimica in energia meccanica nel muscolo sta a indicare che in questo tipo di esercizio, a differenza di altre forme di locomozione (v. corsa), non vi è alcun recupero di energia elastica. D'altra parte, la dipendenza esistente tra η, potenza espressa e cadenza di pedalata, può essere spiegata come segue. Innanzitutto, anche nel ciclismo una frazione dell'energia spesa dal soggetto è utilizzata per compiere cosiddetto lavoro interno (wi): wi è la quantità di lavoro compiuto durante la locomozione che non viene dissipata contro forze esterne (per es. resistenza dell'aria) e che non conduce a cambiamenti della posizione del baricentro corporeo. L'ammontare di energia metabolica spesa nell'unità di tempo per compiere questo lavoro dipende dalla massa degli arti inferiori del soggetto e dalla cadenza di pedalata, ma con l'aumentare della potenza meccanica richiesta, diventa anche una frazione sempre più piccola della potenza metabolica epressa dal soggetto. Inoltre, una certa aliquota di energia metabolica deve essere sempre spesa per consentire di compiere lavoro meccanico al cuore e ai muscoli respiratori. Questa quantità di lavoro meccanico varia in funzione dell'intensità dell'esercizio, ma non contribuisce ad aumentare il rendimento meccanico del ciclismo. Infine, anche il reclutamento sequenziale delle diverse unità motorie in funzione delle diverse cadenze di pedalata e potenze richieste può influenzare η. Alle potenze di esercizio moderate o medie, infatti, solo le unità motorie costituite da fibre muscolari ossidative sono selettivamente reclutate. All'aumentare della potenza richiesta, nuove unità motorie, costituite da fibre glicolitiche, sono progressivamente reclutate. Le prime fibre muscolari, di tipo I, sono caratterizzate da valori di rendimento meccanico superiore a quelle glicolitiche, o di tipo II. Anche questo fenomeno contribuisce all'instaurarsi della dipendenza tra η, potenza e cadenza di pedalata.
La massima potenza metabolica (E·max) che un ciclista riesce a mantenere a un livello costante lungo tutto l'arco della prova è una funzione decrescente e nota del tempo di esercizio (v. oltre). Superato questo limite, chiamato anche tempo di esaurimento (te), la potenza diminuisce sino al punto in cui il soggetto deve fermarsi per l'instaurarsi della fatica. In funzione dei diversi eventi agonistici che si compiono nell'arco di tempi assai differenti, E·max può essere sostenuta da un diverso grado di coinvolgimento delle tre vie metaboliche di produzione energetica: anaerobica lattacida, anaerobica alattacida e aerobica. Con l'aumentare della distanza, e quindi dei tempi di percorrenza, la potenza disponibile diminuisce e lo sforzo può essere sostenuto impegnando prevalentemente il metabolismo aerobico. Giova ricordare, infatti, che la massima potenza anaerobica lattacida è, nel soggetto normale, circa due volte e mezzo più grande della massima potenza aerobica, mentre massima potenza anaerobica lattacida e aerobica sono grosso modo equivalenti. D'altra parte, mentre la massima potenza aerobica può essere sostenuta per alcuni minuti e livelli di potenza pari a frazioni di essa addirittura per ore, la massima potenza proveniente dalle fonti anaerobiche può essere sfruttata solo nell'ambito di alcuni secondi (anaerobica alattacida) o di alcune decine di secondi (anaerobica lattacida). Si dice, quindi, che il sistema aerobico è dotato di una capacità (quantità di energia disponibile) praticamente illimitata (o limitata solo dalla disponibilità dei substrati energetici muscolari), mentre la capacità dei due sistemi anaerobici è limitata nel tempo.
La potenza metabolica necessaria per progredire a una determinata velocità nel ciclismo (E·c) è uguale al prodotto del costo energetico totale per la velocità di progressione: E·c = Cc · v. Poiché in ogni gara su pista la distanza d è nota a priori, v è data dal rapporto tra d, una costante in ogni gara, e il tempo t necessario a percorrerla: v = d/t. E·c può essere quindi espressa anche in funzione del tempo necessario a percorrere una data distanza: E·c = Cc · d/t. L'equazione ci indica che E·c è una funzione decrescente del tempo t: esiste una relazione inversa tra tempo di percorrenza e potenza richiesta per coprire un data distanza. Inoltre ci indica che, qualora noi fossimo in grado di descrivere la relazione individuale tra Cc e v, saremmo in grado di ottenere la corrispondente relazione individuale tra E·c e t necessario per coprire d. Peraltro, ciò è praticamente possibile sulla base di semplici misure sperimentali e conoscendo alcune caratteristiche antropometriche del soggetto. Infine, poiché le gare su pista si disputano di solito con la partenza da fermo, Cc può essere corretto aggiungendo la quantità di energia per unità di distanza spesa per accelerare la massa totale da zero sino alla velocità finale. A sua volta, questa correzione ci consente di ottenere una stima più accurata di E·c.Come abbiamo già accennato, anche la massima potenza metabolica che può essere mantenuta a un livello costante per tutta la durata dell'esercizio (E·max) è una funzione decrescente e nota del tempo di esaurimento te e può essere descritta matematicamente in ogni individuo, a patto di conoscere la sua massima potenza aerobica (MPA), proporzionale al suo massimo consumo di ossigeno (V·o₂max) e la sua capacità anaerobica totale (CAn), ovvero la quantità totale di energia in kJ ottenibile dallo sfruttamento completo delle fonti energetiche anaerobiche. Poiché queste due variabili fisiologiche possono essere determinate sperimentalmente, è possibile anche descrivere matematicamente l'andamento decrescente nel tempo di E·max individuale. I valore di t in corrispondenza del quale la potenza richiesta (E·c) e quella massima effettivamente a disposizione (E·max) sono identiche fornisce il tempo record del soggetto sulla distanza prescelta d. Tale valore può essere facilmente individuato con l'ausilio di procedure numeriche computerizzate. Approcci simili a questo sono stati utilizzati da svariati gruppi di ricercatori per calcolare i tempi record su varie distanze in pista o su strada. I tempi teorici hanno dimostrato un buon accordo con quelli fatti registrare realmente dagli stessi soggetti in identiche condizioni. Ciò conferma che le nostre conoscenze di fisiologia dell'esercizio muscolare e di bioenergetica applicata al ciclismo convergono nel dare una descrizione coerente della realtà. Infine, il modello appena riassunto consente al tecnico e all'atleta di quantificare il ruolo dei singoli fattori determinanti E·c ed E·max sul miglioramento della prestazione e possono quindi orientare lo sviluppo tecnologico delle biciclette e guidare l'allenamento mirato di un atleta.
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