ROSONI, Ciclo dei
Con questo nome è stato recentemente designato il filone più omogeneo e statisticamente rilevante della produzione vascolare etrusco-corinzia a rosette piene (VI sec. a. C.), frutto dell'attività di botteghe e pittori diversi, uniti tra loro dal vincolo di una tradizione comune.
I vasi sinora attribuiti assommano a 239 e comprendono, quali forme predilette e maggiormente caratteristiche: l'òlpe a rotelle decorata con tre o quattro zone figurate; la kölix a vasca profonda ed orlo svasato, decorato con rettangoli bianchi e neri tra due file di puntolini, di origine ionico-laconica; la tazza configurata anteriormente a maschera umana, assunta dal repertorio del bucchero; la coppetta su piede. Frequenti anche il cratere a colonnette, l'oinochòe a bocca trilobata ed il piatto. Rari sono invece la pisside, il vaso ad anello, il calice, i vasi plastici, la phiàle, il piattello su piede, l'aröballos e l'alàbastron.
La decorazione, tutta di evidente imitazione corinzia, è piuttosto monotona, consistendo in fregi policromi, in cui si alternano animali incedenti per lo più in senso univoco - in primo luogo l'uccello d'acqua, e poi la pantera, il leone, il cervo, ecc. - con rosoni di grande formato attorniati da riempitivi minori a macchia, che invadono a tappeto gli spazi di risulta, quasi soffocando le figure. In un solo caso è fatto posto a temi mitologici, con figurazioni relative al mito di Eracle (cratere Louvre E 631). Il disegno a graffito, usato per delineare molti particolari, ha costituito il punto di partenza, specialmente nel caso degli uccelli, per la ricognizione delle mani e dei gruppi: sicché oggi possiamo distinguere un maestro iniziatore (Pittore dei Rosoni), un suo allievo (Pittore dei Crateri), un collega (Pittore delle Code Annodate) e numerosi epigoni (Pittore delle Macchie Bianche; Gruppo di Poggio Buco; Gruppo delle Pissidi; Gruppo a Maschera Umana; Scuola del Gruppo a Maschera Umana).
La cronologia del ciclo può essere determinata con riferimento a quella dei suoi modelli, che sembrano doversi ascrivere in prevalenza al Corinzio Medio (v. corinzi, vasi), e tenendo conto dei dati di associazione, invero piuttosto limitati. La datazione più probabile è il periodo 580-550 a. C., ma per le manifestazioni finali, terribilmente degenerate (Gruppo a Maschera Umana e sua scuola), occorre scendere nella seconda metà del secolo. L'area di distribuzione geografica comprende l'Etruria meridionale, Orvieto, Chiusi, il territorio falisco, il Lazio e - ramificazione significativa - Cartagine. Poiché il massimo addensamento dei reperti si ha a Vulci e nel territorio limitrofo, è stato proposto di attribuirne il centro di produzione a quella città, ove pure va localizzata la maggioranza delle più antiche fabbriche vascolari etrusco-corinzie.
Il valore artistico del ciclo è complessivamente modesto, se si eccettua qualche felice realizzazione del Pittore dei Rosoni, come il già citato cratere mitologico. Il suo interesse risiede piuttosto nella documentazione di una solida tradizione di pittura vascolare, che sta a mezza strada fra le poche opere di maggiore livello qualitativo, dovute a maestri isolati e malnoti, e le nutrite classi di vasi a decorazione ornamentale, valevoli pressocché esclusivamente per lo studio dell'eccezionale sviluppo industriale e commerciale, di cui beneficiarono le città etrusche dell'epoca. Alludiamo alle ceramiche un tempo riunite sotto l'erronea etichetta di "vasi eolici" (Boehlau), solo in parte ad esso cronologicamente avvicinabili (Gruppo a Palmette Fenicie; Gruppo ad Archetti Intrecciati; Gruppo a Fiori di Loto). La cultura artistica, di cui il Ciclo dei R. è espressione, trae la sua linfa dall' insegnamento della pittura corinzia, giustapponendosi vigorosamente alle stanche derivazioni dello stile "transizionale", venate di ascendenze greco-orientali ed orientalizzanti, che tenevano il campo in Etruria negli anni intorno al 6oo a. C., sulle orme segnate dal Pittore della Sfinge Barbuta (v.) e dai suoi contemporanei. Il Pittore dei Rosoni si qualifica in questa prospettiva come uno dei massimi rappresentanti, nel settore ceramografico, del rinnovamento culturale, che pose termine alla tardiva fioritura dell'Orientalizzante Recente.
Bibl.: W. Llewellyn Brown, The Etruscan Lion, Oxford 1960, p. 55 s.; G. Colonna, in Bull. Com., LXXVII, 1959-60, pp. 125-143, tavv. I-VIII; id., in St. Etr., XXIX, 1961, pp. 47-88, tavv. XII-XXIV; id., in Arch. Class., XIII, 1961, pp. 16 s.; 25, tav. VI.