CICLOPI (Κύκλωπες, Ciclüpes)
Nella più antica tradizione letteraria (Esiodo), i C. sono considerati figli di Urano e di Ghe, artefici del fulmine di Zeus e del tuono, ed hanno un unico grande occhio sulla fronte (Theog., vv. 139, 144, 502 ss.). Nell'Odissea invece i C. conducono una vita pastorale (i, 69; ix, 383, 387 ss. e passim) e una descrizione vivace ci è conservata di uno di essi, Polifemo (ix, passim). Nel dramma satiresco di Euripide, Il Ciclope, la loro sede è situata sull'Etna (vv. 297, 328), in Callimaco è invece nelle isole Lipari (Hymn. in Dianam, 46); in Virgilio (Aen., viii, 418 ss.) nell'isola di Vulcano, ed essi sono considerati compagni del dio Efesto nella sua officina. Da un frammento di Ellanico (frg. 176, Schol. apud. Hes., Theog., v. 139) apprendiamo che gli antichi distinguevano tre tipi di C.; quelli, cioè, che avevano costruito Micene (dèmoni della tempesta), quelli considerati figli di Urano e di Ghe, e quelli che stavano nei vulcani come Polifemo. Nella tradizione figurata, tuttavia, questa distinzione non ha conseguenze iconografiche, e d'altro canto si dovrà notare che, sia come dèmoni della tempesta che come dèmoni vulcanici, i C. sono sempre personificazione delle forze primitive della natura. Nella tradizione figurata, in sostanza, la rappresentazione dei C. si riferisce o a quelli omerici, ovvero a quelli che sono compagni di Efesto nella sua officina. Quindi, per dare una idea delle rappresentazioni figurate dei C. ci rivolgeremo principalmente a quelle di Polifemo (v.).
I C. hanno solitamente (ad esempio nel tipo di Polifemo) aspetto selvaggio e primitivo, non deforme; ma sotto l'influenza dell'ellenismo assumono un aspetto addirittura benigno, specialmente nelle scene dove essi compaiono come fabbri nell'officina di Efesto. Qui i caratteri pastorali prevalgono su quelli mostruosi.
Nelle pitture pompeiane della Casa di Sirico, in altre della Regione ix (5, 2; 1, 7) e soprattutto in quella degli Amorini dorati, i C. sono rappresentati come esseri umani dai volti lievemente silenici, con chiome abbondanti ed arruffate; tale è il loro aspetto sul sarcofago di Prometeo del Museo Capitolino, in un mosaico di Thugga, che raffigura anche l'officina di Efesto, in una miniatura del "Virgilio Vaticano" (Biblioteca Vaticana, Cod. Vat. Lat. 3225), dove dalla caverna-officina esce uno sciame di api, illustrazione letterale del paragone virgiliano tra il rumore dell'alveare e quello della fucina.
In sostanza, il C. resta, nella iconografia più antica, come una rappresentazione legata alla tradizione dei mostri di aspetto umano e di forme inusitate, come gli avversarî di Teseo - ad esempio Cicno, Sinis - ed ha, quale segno distintivo, il terzo occhio, che tuttavia non compare nelle figurazioni arcaiche; nella iconografia ellenistica i caratteri pastorali prevalgono su quelli mostruosi.
Monumenti considerati. - Matrice di terra sigillata di Berlino: E Sellers, in Journ. Hell. Stud., x, 1892-93, p. 35; lucerne romane: P. Perdrizet, in Rev. Arch., xxxi, 1897, p. 35: pitture di Pompei, Reg. ix, 1, 7; 5, 2 della Casa di Sirico e di quella degli Amorini dorati: S. Reinach, Rép. Peint., p. 19: L. Curtius, Wandmalerei Pompejis, Lipsia 1929. figg. 130-134; mosaico di Thugga: P. Gauckler, Invent. des mos. de Tunisie, n. 558; S. Reinach, Rép. Peint., ii, p. 172, 1.
Bibl.: W. H. Roscher, in Roscher, II, s. v. Kyklopen; Eitrem, in Pauly-Wissowa, XI, 1922, cc. 2328-2347, s. v. Kyklopen.