CID (pron. sid)
Sotto questo nome, che non è se non la parola araba sayyid "signore" (in arabo stesso contratto spesso in sīd), è famoso il castigliano Ruy o Rodrigo Díaz di Bivar, eroe leggendario della riconquista spagnola sugli Arabi.
Documenti latini della Spagna e narrazioni arabe di contemporanei ne confermano l'esistenza storica, che era stata posta in dubbio. Rodrigo, che aveva servito Sancio II di Castiglia nella guerra con suo fratello Alfonso VI di León e gli aveva dato la vittoria di Golpejares, pare dovesse il nome di Campeador "guerriero" a un duello con un cavaliere navarrese: ucciso Sancio sotto Zamora, per un inganno ordito dalla sorella Urraca e dal fratello, che allora stava a Toledo, Rodrigo obbligò il successore Alfonso a un terribile giuramento d'innocenza, del quale pare che rimanesse il rancore nell'animo suo; e per accuse dei cortigiani, di essersi appropriato dei doni mandati dal re di Granata, da lui battuto, al re Alfonso, questi lo mise al bando; e cominciarono allora le gesta del guerriero, che pervenne ad insignorirsi di Saragozza e, qualche anno dopo, di Valenza nel 1094; allora al sommo della sua potenza egli disse che se un Rodrigo aveva perduto la Spagna dandola ai Musulmani, un altro l'avrebbe recuperata; ma nel 1099 egli morì di dolore dopo una disfatta; e la signoria di Valenza non poté essere conservata dalla vedova donna Ximena, che era una cugina di Alfonso VI. Il suo corpo fu trasportato al monastero di San Pietro di Cardeña e ivi seppellito, non lontano da Burgos, e vi ebbe quasi culto di santo. Non deve far meraviglia se, bandito, il Cid si diede alle avventure guerresche con una mano di seguaci, e assalì castelli arabi e si mise perfino a servizio di principi arabi in contesa fra loro; perché questo facevano allora altri nobili castigliani; la differenza dagli altri consiste nel sentimento di nazionalità e di patria che egli ebbe chiarissimo e col quale trionfò sui nemici e ottenne un vero culto fra i contemporanei e più ancora fra i posteri.
Una parte della Crónica general di Alfonso X il Savio e cioè la IV, continuata dal suo successore, narra le sue gesta; il poemetto latino per la presa di Almeria nel 1148 dice del Cid: Ipse Rodericus mio Cid semper vocatur - De quo contatur quod ab hostibus haud superatur, - Qui domuit Mauros, comites domuit quoque nostros... Morte Roderici Valentia plangit amici - Nec valuit Christi famulis ea plus retinere". Vi è pure un poema latino frammentario composto poco dopo la morte dell'eroe, poetico nella forma, storico nella sostanza. Il poema Cantar de Mio Cid, di 3735 versi, è la più insigne opera composta in sua gloria; seguono però altre di carattere più popolare, cioè la Crónica rimada, frammento di 1226 versi, chiamato anche El Rodrigo, o Las Mocedades del Cid.
Ma nel sec. XV cominciano ben presto i romances, e finiscono a comporre il Romancero del Cid, che è la parte maggiore e più bella, dove è veramente tutta la storia poetica dell'eroe castigliano, con una mirabile unità nel carattere del personaggio, anche se i romances siano di autori e di tempi diversi.
Il poema o cantare è ritenuto generalmente del sec. XII; ma è da dubitare; ne rimane un sol manoscritto, che porta la data del 1307 e il nome di Per Abat, da alcuni creduto l'amanuense; ma più probabilmente da altri l'autore, un giullare della più schietta razza. Oltre al foglio al principio, ne manca un altro nel mezzo. Si narra la storia del Cid da quando lasciò Burgos per il bando: nei pochissimi giorni accordatigli prima del destierro, provvede alla famiglia, donna Ximena e due figlie, nel monastero di Burgos, aduna un centinaio di volenterosi, e si fornisce, con un inganno, d'una scorta di denaro per i bisogni della sua gente. Egli s'incammina verso la parte orientale, e riesce a far molte prede con sorprese e assalti a piccole città, tanto che la sua truppa diventa sempre più numerosa. Ma tralasciando di dare un sommario del poema, importa principalmente dar rilievo a certe parti che ne formano il vero interesse. Questo bandito il quale avrebbe dovuto nutrire propositi di vendetta e atteggiarsi a ribelle verso il re di Castiglia, è invece sempre pieno di attenzioni per lui, e gli manda notizie e prove delle sue imprese, le quali sono fatte in gloria di Gesù e in onore della Castiglia e del suo re. Qui sta la vera grandezza dell'uomo, e il sentimento profondo di questo giullare che ritrae splendidamente l'anima nazionale. Le sue gesta famose, le ricchezze adunate nell'opulenta e fertile Valenza fanno sorgere in due giovani conti di Carrion, una delle più grandi case di Castiglia, il proposito di chiedergli la mano delle due figliole, che qui si chiamano donna Elvira e donna Sol; e il Cid consente, e si celebrano con grande fasto le doppie nozze. Ma qui appare la profonda differenza tra questi hidalgos cacciatori di dote, materiali e codardi, e la magnanimità dell'eroe. I Carrion, che in varie occasioni in Valenza dimostrarono la loro viltà, tra l'altro quando un leone che il Cid teneva nel palazzo uscì dalla gabbia di ferro, ben presto vollero ricondurre le loro mogli al loro paese; e ottenuto dal Cid il consenso, quando si furono allontanati e pervennero in un bosco, el Robredo de Corpes, le percossero a sangue e le abbandonarono. La vendetta che ne prese Rodrigo è veramente la parte più bella e grandiosa; non già una vendetta di violenza, ma con tutte le forme della procedura giudiziaria, con dibattimento innanzi alle Cortes, e alla presenza del re, mentre pure l'esercito del Cid era in armi poco lontano. Il dibattito ha qualche cosa di così vivo e possente, che non si conosce niente di simile neanche nell'epopea francese, che pur vanta quello del processo a Gano il traditore in Aquisgrana. Peraltro, nelle azioni militari si ha sempre il carattere del brigantaggio più che della guerriglia; pare che le idee morali vengano appena formandosi nella lotta per l'esistenza e nell'esercizio della forza. Il Cid è buon marito e buon padre; e la tenerezza che gli spreme le lagrime gli conferisce qualche cosa di patriarcale. Egli mantiene sempre le promesse. Bellissime sono le figure secondarie, Alvar Fanez, Martin Antolinez, Bermudez e Felez Munoz, devoti e nobili, tanto che se ne riflette nuova grandezza sull'eroe principale, che appare dotato di quel senso misterioso degli uomini superiori a scegliere i collaboratori. Nelle donne, assenza di passione; ma solo devozione e ubbidienza. Molto primitiva è l'arte di questo giullare, e irregolare il metro, irriducibile a una stessa misura, nonostante i diversi tentativi filologici.
Quanto alle sorti della leggenda epica del Cid nella letteratura drammatica, basta ricordare Guglielmo De Castro e Pietro Corneille; nel campo delle indagini critiche, essa forma oggetto di innumerevoli studî in tutti i paesi colti. Intanto si può asserire che solo dopo la vittoria finale della Spagna sull'islamismo, la leggenda del Cid assunse il suo ammirevole significato morale e nazionale, così da trasformare l'eroe in un simbolo pari a Rolando, sebbene ristretto entro i confini della Spagna.
Bibl.: Th. Sánchez, Poesías anteriores al siglo XV, Madrid 1779; V. A. Huber, Geschichte des Cid, Brema 1829; E. Du Méril, Poésies populaires latines, Parigi 1847; M. Menéndez y Pelayo, Tratado de los romances viejos, Madrid 1903; R. Dozy, Le Cid, textes et résultats nouveaux, Parigi 1881; A. Restori, Le gesta del Cid raccolte e ordinate, Milano 1890; K. Vollmöller, Poema del Cid, Halle 1879; R. Menéndez Pidal, Cantar de Mio Cid, Madrid 1908 (ultima ed. 1913); G. Baist, Die Spanische Litteratur, in Grundriss di Gröber, III, p. 383; M. Pelaez, Brani scelti dal poema del Cid, Roma 1910; F. D'Ovidio, Glossario del poema del Cid, Roma 1911; N. Zingarelli, Per la genesi del poema del Cid: alcuni raffronti con la Crónica General, in Rend. Ist. Lomb., 1925; R. Menéndez Pidal, La España del Cid, Madrid 1929, voll. 2. Una traduzione italiana è dovuta a G. Bertoni, Il Cantare del Cid, Bari 1912. Per i romances del Cid, v. la prima raccolta di I. de Escobar, Alcalá 1612; Menéndez y Pelayo, Antología de poetas líricos castellanos, Madrid 1903; C. de Michaëlis, Romancero del Cid, Lipsia 1870; M. Milá y Fontanals, Barcellona 1884.