CIESZYN (X, p. 234; XXXIII, p. 660)
Nella crisi europea per la cosiddetta questione dei Sudeti, nel settembre 1938, tornò a farsi avanti anche la questione di Cieszyn (Tĕšín), cioè la pretesa polacca di rivendicare anche quella parte della città e del territorio, oltre l'Olza, che la Conferenza degli ambasciatori del 20 luglio 1920 aveva assegnato alla Cecoslovacchia. Il 30 settembre la Polonia chiedeva alla Cecoslovacchia la cessione della "Slesia di oltre Olza" (in polacco Ślask Zaolziański). Il governo cecoslovacco, che già aveva dovuto accettare le decisioni prese a Monaco da Hitler, Mussolini, Daladier e Chamberlain, non poté opporsi a questa richiesta. Il 2 ottobre le truppe polacche varcarono l'Olza, penetrando nella parte cèca di Cieszyn. Passarono così sotto la sovranità polacca la parte cèca del distretto di Cieszyn ed il distretto di Frysztat, con una superficie complessiva di circa 800 kmq. ed una popolazione di circa 240.000 ab. Scoppiata la guerra contro la Polonia (settembre 1939), la "questione di Cieszyn" venne risolta nuovamente dalla diplomazia nazista, ma questa volta con l'annessione (12 ottobre 1939) di tutto il territorio al terzo Reich. Alla fine della seconda Guerra mondiale (maggio 1945), il confine polacco-ceco venne provvisoriamente ristabilito, nella zona di Cieszyn, secondo le decisioni di Parigi del luglio 1920. Nel quadro generale della nuova comune politica dei paesi dell'Oriente europeo, i governi di Varsavia e di Praga decisero di affrontare il problema di Cieszyn in uno spirito di amichevole collaborazione. In occasione del trattato cèco-polacco di collaborazione (10 marzo 1947), è stato deciso poi di rinviare la soluzione di due anni; un accordo dovrà essere raggiunto entro il 1949. Le ultime importanti ragioni di dissenso furono eliminate nel marzo 1948 dal governo Gottwald, il quale riconobbe alla minoranza polacca della parte di Cieszyn, tuttora in territorio cèco, la piena parità dei diritti. Nella parte cèca della città di Cieszyn, una ordinanza del governo Gottwald stabilì la riconsegna alla minoranza polacca di cinque grandi complessi di edifici, tra cui il "Dom Polski" (Casa di Polonia), che hanno ora assunto il nome di "Slavia".