CILE.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Architettura. Letteratura. Bibliografia. Cinema
Demografia e geografia economica di Anna Bordoni. – Stato dell’America Meridionale. La dinamica demografica del Paese è caratterizzata da una sempre più modesta crescita (meno dell’1% annuo); secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economicand Social Affairs) del 2014 gli abitanti risultavano 17.772.871, l’87% dei quali concentrato nelle aree urbane. L’agglomerazione che fa capo alla capitale, Santiago, ospita oltre 7 milioni di ab., pari al 40% dell’intera popolazione cilena. Il C. si colloca ai vertici delle graduatorie dei Paesi latino-americani in molti campi, tuttavia non mancano disuguaglianze sociali, anche se il buon andamento economico e le politiche attuate dal governo hanno attenuato molte differenze. Così la percentuale di coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà si è ridotta notevolmente e si è attestata intorno al 14%. Anche il settore dell’educazione registra progressi e il Paese gode livelli di istruzione tra i più alti dell’intero subcontinente. Grazie ai progressi compiuti, il C. si pone al 41° posto (su 187 Paesi) nella graduatoria dell’Indice di sviluppo umano del World economic forum. Nel gennaio del 2014 la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha pronunciato una sentenza sulla frontiera marittima tra C. e Perù, mettendo fine a un’antica querelle: il primo conserva una larga parte della sua zona di pesca, mentre per il secondo l’eventuale sfruttamento minerario dei fondi marini perduti potrebbe rivelarsi molto vantaggioso nel breve o nel lungo periodo.
Condizioni economiche. – Dopo anni in cui l’andamento dell’economia ha registrato risultati più che positivi, in seguito alla crisi finanziaria mondiale il ritmo di crescita ha subito un lieve rallentamento, tuttavia, con una progressione del 4,1% nel 2013 e del 2% nel 2014, il C. si poneva percentualmente sempre al di sopra della media dei Paesi latino-americani. Alla base di tale successo vi sono stati numerosi fattori, tra i quali spiccano la legittimità dei governi, il consenso nazionale per una politica di disciplina fiscale e di stabilità macroeconomica e gli effetti di un modello economico liberista che fa di quella cilena una delle economie più aperte al mondo, in larga parte basata sul commercio estero e su accordi di libero scambio con i maggiori partner internazionali, soprattutto Stati Uniti e Cina. Con Pechino, in particolare, nel 2012 Santiago ha siglato un accordo di associazione per sostenere la crescita del commercio e degli investimenti.
Ha contribuito a rendere dinamica l’economia del C. l’aumento della domanda interna (+3,4%), che ha bilanciato in qualche modo la stagnazione degli investimenti. Resta fondamentale l’apporto del settore minerario (+6,1% nel 2013), mentre l’industria, negli ultimi anni, non ha registrato grandi progressi e il settore agroalimentare è cresciuto soltanto del 4,7%. Per quanto riguarda gli scambi con l’estero sono aumentate le esportazioni di beni e servizi (contribuiscono per circa un terzo alla formazione del PIL), ma anche il valore delle importazioni (+2,2%): ciononostante, la bilancia commerciale resta positiva. Diversa è la situazione della bilancia dei pagamenti, che ha segnato un deficit pari al 3,4% del PIL.
Nel settore primario i comparti più importanti rimangono l’ortofrutticolo e il vitivinicolo, con produzioni di qualità sempre più elevata. La zootecnia è praticata in forme estensive, mentre per la pesca il C., con 4,5 milioni di t di pescato nel 2012, si colloca ai primi posti nella graduatoria mondiale. Il settore secondario continua a essere dominato dal rame (5,37 milioni di t nel 2012) e gli elevati prezzi del minerale sui mercati internazionali hanno contribuito in modo consistente alla crescita del Paese. Sotto il profilo energetico, il C. è potenzialmente più vulnerabile: all’aumento della domanda interna di energia non è corri-sposta un’uguale valorizzazione delle fonti, di cui il Paese è poco fornito (salvo che per l’idroelettrico e per le fonti rinnovabili); ciò ha determinato una forte dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas naturale.
Storia di Paola Salvatori. – Consolidamento della democrazia e crescita economica hanno caratterizzato le vicende interne del C. durante il mandato di presidenza di Michelle Bachelet (2006-10), esponente del centrosinistra sostenuta dalla Concertación de partidos por la democracia (CPD). Il governo, impegnato in una politica di risanamento finanziario, ha registrato un avvio molto faticoso contrassegnato dalla ripresa delle lotte sindacali, dalla contestazione studentesca e dalle proteste seguite all’introduzione della riforma dei trasporti pubblici, progettata dalla precedente amministrazione e rivelatasi del tutto inadeguata. Per fronteggiare la situazione Bachelet ha operato diversi rimpasti di governo e ha cercato di andare incontro alle richieste dei lavoratori. Particolarmente apprezzata è stata la capacità dell’esecutivo di gestire la crisi economico-finanziaria internazionale scoppiata nel 2008. Il surplus economico proveniente dagli ingenti profitti derivanti dall’esportazione del rame è stato investito in programmi sociali, in stimoli alla produzione e al lavoro e nella riforma presidenziale, e questo ha permesso di salvaguardare gli standard di vita del ceto medio e delle fasce più povere della popolazione. Sono stati fatti investimenti anche nell’istruzione, ma il sistema scolastico pubblico è rimasto sottodimensionato e poco qualificato ed è proseguita la protesta del movimento studentesco.
Nel 2010 il nuovo candidato della CPD Eduardo Frei Ruiz-Tagle (già presidente dal 1994 al 2000) non è riuscito a battere il suo avversario, Sebastián Piñera (rispetti vamente 48,4% e 51,6% dei voti), e così, dopo vent’anni, il Paese è passato nelle mani di un governo di centrodestra. Appena assunto l’incarico il nuovo presidente si è trovato a fronteggiare due difficilissime emergenze: le conseguenze del terremoto di magnitudo 8,8 della scala Richter e dello tsunami immediatamente successivo che hanno colpito il C. nel febbraio 2010, provocando oltre 500 morti e ingentissimi danni materiali; e, ad agosto, l’incidente alla miniera di rame Copiapó, che ha visto intrappolati a 700 m di profondità 33 lavoratori, estratti poi tutti vivi tra il 13 e il 14 ottobre. L’efficienza nel gestire le crisi ha fatto guadagnare consensi all’esecutivo, ma nel corso del 2011 e del 2012 la protesta sociale è tornata ad acutizzarsi, e il Paese è stato teatro di un susseguirsi di scioperi contro le politiche governative in materia di sanità, lavoro, retribuzioni. Si è riaccesa anche la protesta del movimento degli indigeni di etnia Mapuche, che rivendica il diritto alla terra, e del movimento studentesco che chiede la riforma del sistema scolastico e la riforma della Costituzione per superare il testo in vigore risalente al periodo di Augusto Pinochet. Falliti i tentativi di dialogo, il governo ha messo in atto una dura repressione con il conseguente inasprirsi della tensione sociale.
Nel 2013 le nuove elezioni presidenziali sono state vinte al secondo turno (67% dei voti) da Bachelet, che è tornata così alla guida del Paese sostenuta da una vasta coalizione (Nueva Mayoria) comprendente socialisti, democristiani e comunisti, questi ultimi espressione del movimento studentesco. Il nuovo esecutivo, insediatosi nel marzo 2014, ha posto tra le sue priorità la riforma del sistema tributario, l’istruzione gratuita, la ripresa del dialogo con le popolazioni indigene e la riforma della Costituzione tesa ad accrescere i poteri del Parlamento e a limitare quello delle forze armate. Problemi contingenti hanno però imposto la loro priorità: un nuovo terremoto di magnitudo 8,2 nel Pacifico, al largo del Cile settentrionale (apr. 2014), e i ripetuti attentati di matrice anarchica verificatisi nella seconda metà dell’anno. In politica estera il C. ha mantenuto in questi anni buoni rapporti regionali e ha cercato di superare i contrasti decennali riguardo alla delimitazione dei confini sia con il Perù sia con la Bolivia.
Bibliografia: P. Navia, Chile’s middle class flexes its muscles, «Current history», 2012, 112, 742, pp. 75-76; G. Delamaza, Enhancing democracy: public policies and citizen participation in Chile, New York 2014.
Architettura di Livio Sacchi. – Nei primi decenni del 21° sec. la scena architettonica cilena è stata probabilmente la più interessante e vivace dell’intera America Latina: per l’elevata qualità delle realizzazioni, la visibilità internazionale di alcuni fra i suoi protagonisti e il gran numero di professionisti che vi operano (oltre 20.000). La condizione cilena appare inoltre connotata da almeno due peculiarità che la distinguono da quella di altri Paesi sudamericani: la forte componente paesaggistica, segnata dalla presenza dell’oceano, di spettacolari catene montuose e grandi deserti, che si accompagna a una rinnovata attenzione per i dissesti idrogeologici, i terremoti, gli tsunami e così via, e la maturità culturale dei suoi progettisti, in generale poco inclini a stravaganze e seriamente radicati all’interno di un controllato neomodernismo.
La formazione degli architetti migliori deriva per lo più dalla Pontificia Universidad católica de Chile a Santiago, ma è anche esposta alle influenze straniere più qualificate, dall’Europa al Giappone. Significativa appare inoltre la committenza privata, soprattutto residenziale e alberghiera, ma anche universitaria, a fronte di una debole committenza pubblica. All’interno dello sperimentale ambito delle case unifamiliari si segnalano la Casa V a San Felipe de Aconcagua (2007) di Eduardo Castillo, la Deck House di Felipe Assadi e Francisca Pulido a Maitecillo (2007) e La Reserva (2006) di Sebastián Irarrázaval alla periferia di Santiago, caratterizzata da un interessante impianto cruciforme. Fra gli alberghi si ricorda l’Hotel Remota di German del Sol a Puerto Natales (2006), nell’estremo Sud del Paese, che ricorre a tecnologie molto interessanti per difendere l’edificio dalle intemperie, e l’Hotel Awasi Patagonia a Torres del Paine (2011-14), opera di Assadi e Pulido. Alejandro Aravena, insieme a Mathias Klotz fra gli architetti maggiormente in vista in C., si è infine personalmente segnalato per un’impegnativa azione sociale volta a migliorare le precarie condizioni abitative della popolazione più povera. Si ricorda ancora José Cruz Ovalle, progettista molto noto per l’uso del legno, che nel 2008 è stato insignito del premio finlandese Spirit of nature wood architecture award.
Letteratura di Edoardo Balletta. – Immediatamente dopo il black-out culturale determinato dalla dittatura di Augusto Pinochet (1973-90), le lettere cilene hanno vissuto un momento di grande fermento, libertà e sperimentazione che si può leggere nelle opere di Pedro Lemebel (1952-2015), Roberto Bolaño (1953-2003), Diamela Eltit (n. 1949), Marcela Serrano (n. 1951), Jaime Collyer (n. 1955), Gonzalo Contreras (n. 1958). Un punto importante per comprendere gli sviluppi della narrativa cilena del nuovo millennio è offerto da un’antologia che due giovani scrittori (Alberto Fuguet, n. 1964, e Sergio Gómez, n. 1962) hanno curato nel 1996 e che, già dal titolo (McOndo), rivendica per la letteratura cilena l’esistenza di una pluralità di modi e forme non più corrispondenti all’esotismo cui il realismo magico aveva abituato il lettore europeo e statunitense. In questo variegato contesto trovano spazio la sensibilità e la raffinatezza di Alejandro Zambra (n. 1975), Lina Meruane (n. 1970) e Alejandra Costamagna (n. 1970), l’immaginario norteño di Diego Zuñiga (n. 1987), le atmosfere asfissianti di Cristián Barros (n. 1975), i romanzi metastorici di Nona Fernández (n. 1971), la letteratura di genere, con il poliziesco (Ramón Díaz Eterovic, n. 1956, Roberto Ampuero, n. 1953) e la fantascienza(Jorge Baradit, n. 1969, Sergio Meir, 1965-2009, Álvaro Bisama, n. 1975), le cronache, ispirate al giornalismo gonzostatunitense (che all’asciuttezza e all’oggettività preferisce uno stile personale e spesso ipersoggettivo), di Gonzalo León (n. 1968), la sperimentazione con i nuovi media (Felipe Ossandón, n. 1972, Claudia Apablaza, n. 1978).
Per quanto riguarda la poesia, nel nuovo millennio si sono affermate alcune delle voci più importanti rivelatesi negli anni Novanta (Germán Carrasco, n. 1971, Javier Bello, n. 1972, Zambra, Verónica Jiménez, n. 1964) e, contemporaneamente, si sono imposte nuove istanze, già affacciatesi nel decennio precedente, ma arrivate a piena maturazione estetica solo nel nuovo secolo. Il campo comune entro cui si muove la nuova poesia diventa quello della rivendicazione di una voce per la marginalità etnica (la poesia nelle lingue indigene) e di genere. La poesia mapuche, dopo l’affermazione delle sue prime grandi figure, si concentra oggi non più tanto sul recupero nostalgico della cultura tradizionale (Elicura Chihuailaf, n. 1952, Leonel Lienlaf, n. 1969) o sulla dolorosa riflessione su un meticciato culturale imposto (Jaime Huenún, n. 1967, Bernardo Colipán, n. 1967), quanto sulla rivendicazione di una nuova identità mapuche urbana, in cui al patrimonio culturale indigeno si mischiano richiami alle culture giovanili (punk, heavy metal) delle metropoli occidentali (David Aniñir, n. 1971, Rayen Tala, n. 1988). Nell’ambito delle culture giovanili si muove anche la produzione della generazione – forse affrettatamente – definita della disco in cui, attraverso l’immaginario pop e una massiccia esposizione del corpo e dell’erotismo, si cerca di dare voce alle minoranze sessuali e alla marginalità urbana (Pablo Paredes, n. 1982, Paula Ilabaca, n. 1979, Diego Ramírez, n. 1982, Héctor Hernández Montesinos, n. 1979, Gladys González, n. 1981).
Bibliografia: R. Zurita, Cantares. Nuevas voces de la poesia chilena, Santiago 2004; Lenguas. Dieciocho jóvenes cuentistas chilenos, a cura di C. Labbé, Santiago 2005; Montaña Rusa. Muestra de narrativa joven, a cura di S. Lehuedé, Santiago 2006; Alucinaciones.TXT, a cura di L. Saavedra, Valparaíso 2007; P. Espinosa, Panorama narrativo chileno siglo XXI, «Revista 2010», 2008, pp. 142-49; M. Meléndez, Muestra de poesía chilena joven, «Casa del tiempo», 2008, 11-12, http://www.uam.mx/difusion/casadeltiempo/11_12_iv_sep_oct_2008/casa_del_tiempo_eIV_num1 1_12_49_56.pdf (21 marzo 2015); R. Carreño Bolívar, Memorias del nuevo siglo. Jóvenes, trabajadores y artistas en la novela chilena reciente, Santiago 2009; M. Areco Morales, Cartografía de la novela chilena reciente, «Anales de literatura chilena», 2011, 15, pp. 179-86; M. Sepúlveda, Ciudad Quiltra. Poesía chilena (1973-2013), Santiago 2013.
Cinema di Daniele Dottorini. – Nella prima decade degli anni Duemila, passato il difficile momento della transizione del Paese dalla dittatura militare alla democrazia, il C. ha conosciuto un rapido sviluppo economico che ha coinvolto anche la sua cinematografia, rinata dopo l’esodo di molti registi cileni all’estero e il controllo politico del cinema da parte della dittatura militare di Augusto Pinochet (1973-90). Il ritorno in patria di alcuni registi esuli – uno su tutti, Raoul Ruiz, che è tornato in C. per la prima volta nel 2004 per girare Días de campo (2004), un film intimo e personale sulla memoria perduta – ha segnato l’inizio di una nuova stagione per il cinema cileno; stagione caratterizzata anzitutto dall’attenzione per il passato e la storia recente del Paese da parte delle vecchie e nuove generazioni di registi. La rilettura politica della storia e la restituzione della memoria di un Paese per decenni vittima di una dittatura militare sono i termini chiave di questo nuovo cinema. Un maestro indiscusso del cinema dell’esilio come Patricio Guzmán, con Salvador Allende (2004) e Nostalgía de la luz (2010), ha realizzato due opere sul tempo e la memoria, sulla storia politica di un Paese e su un progetto politico (il primo) e sul senso stesso della riscoperta della memoria e del passato (il secondo); Miguel Littín, regista esiliato all’estero per lungo tempo, è ritornato nei primi anni Duemila per realizzare La última luna (2005) e Dawson isla 10 (2009; Isola 10), sul campo di detenzione per prigionieri politici nella Terra del fuoco. Anche registi appartenenti alle nuove generazioni hanno lavorato in questi anni a un cinema della memoria: lo ha fatto Pablo Larraín, che dal 2008 al 2012 ha diretto una trilogia sul golpe cileno – Toni Manero (2008), Post mortem (2010), No (2012; No-I giorni dell’arcobaleno); e lo ha fatto anche Andrés Wood, con Machuca (2004) e Violeta se fue a los cielos (2011, noto con il titolo Violeta Parra went to heaven, 2011), tutti film in cui il passato ritorna sotto forma di narrazione e di immagine, e in cui autori e registi appartenenti a generazioni diverse – ma accomunati dalla volontà di non far passare sotto silenzio gli anni della dittatura – raccontano quegli eventi, in modi e forme diversi, ma con una medesima urgenza.