CINA (X, p. 257; App. I, p. 417)
Dati statistici, censimenti (p. 269). - Nel 1928 il Ministero degli interni cinese promulgava una serie di regolamenti destinati a rilevare il censimento della popolazione: a causa, però, della occupazione giapponese delle provincie settentrionali, l'area in cui tali operazioni preliminari di censimento vennero eseguite fu necessariamente limitata ad alcune provincie soltanto. Il sistema seguito fu quello del conteggio per famiglie (pao chia); con la fine della guerra contro il Giappone le operazioni non poterono esser riprese, a causa delle ostilità tra nazionalisti e comunisti. Nel gennaio 1946 venne emanata la legge sul censimento e nel febbraio 1947 fu approvato dallo Yuan legislativo il provvedimento che stabiliva il censimento generale per tutta la Cina, da tenersi nel 1950.
Le più recenti statistiche pubblicate dal dipartimento del censo del Ministero degli interni sono necessariamente approssimative e limitate a solo due terzi del territorio cinese. Per il 1947 vennero pubblicate due statistiche che differiscono fra loro notevolmente: secondo la prima (febbraio 1947), la popolazione cinese ammonterebbe a 455.900.648 ab., mentre secondo gli ultimi dati pubblicati nella seconda metà del 1947 ammonterebbe a 462.798.093 ab. Questi dati comprendono, oltre la Cina propriamente detta, la Manciuria, il Liao-tung, Formosa, il Jehol e il Tibet. Questa popolazione è formata da quasi tutti Cinesi, con una esigua minoranza di altri popoli. I Cinesi all'estero nel 1936 erano 8,7 milioni, di cui 2,5 nella Tailandia, 2,3 nella Malesia, 1,3 nelle Indie Olandesi.
Nuovi territorî. - In esito alla seconda Guerra mondiale, il Giappone in base alle intese del Cairo e di Jalta dovrà cedere alla Cina la Manciuria, Formosa con le isole Pescadores e la penisola di Liao-tung: in attesa del trattato di pace, tutti questi territorî sono già passati sotto l'amministrazione cinese.
Statistiche economiche. - Al sud, più caldo e umido, la coltura prevalente è il riso (con 18 milioni di ha. e 470 milioni di q. nel 1940-41), di cui è vietata l'esportazione; al nord, invece, domina il frumento (17-20 milioni di ha. e 150-200 mlioni di q. l'anno). Diffusi al sud sono pure il tè (4-500 milioni di kg. l'anno), il tabacco (5-550.000 di ha. e 5-7 milioni di q.) e il cotone (8-12 milioni di q. di fibra e 15-20 di seme). Altre colture minori, ma redditizie, sono il mais (4-5 milioni di ha. e 60-80 milioni di q. l'anno), il sesamo, l'arachide, la canna da zucchero, il ramiè. Allevamento (cifre approssimate in milioni di capi): suini, 62,5; bovini, 22,5; caprini, 22,0; ovini, 21,0; bufali, 12,0; volatili domestici, oltre 300. Importante, ma non quanto potrebbe esserlo, la bachicoltura (80-85 milioni di kg. di bozzoli annui). Per i prodotti del sottosuolo, le seguenti cifre sono stime ufficiali per il 1947: carbone, 7,4 milioni di t.; nafta, 10 milioni di galloni; tungsteno (minerale), 7.500 t.: antimonio, 5.000 t.; rame, 2.300 t.; stagno, 26.000 t.; piombo, 660 t.; alluminio, 4.200 t.; oro, 390,6 kg.; argento, 3.125 kg.
Le industrie sono state in Cina sempre inadeguate ai bisogni del paese e alle risorse esistenti. Prima della guerra le industrie erano concentrate ad est, particolarmente nella Manciuria meridionale, nell'Ho-pei e nel Shan-tung. Sotto la pressione dell'invasione giapnese, il governo nazionale cercò di trasferire in massa verso l'ovest i macchinarî di 150 fabbriche con l'aiuto di trasporti primitivi, perfino con carri trainati da buoi. Altre nuove fabbriche sorsero, soprattutto nei dintorni di Ch'ung-k'ing, con che si poté provvedere nelle condizioni più difficili a produrre armi leggere, prodotti tessili, chimici, ecc. col concorso di cooperative industriali. Dopo la guerra l'attività industriale cinese presenta una scarsa ripresa e richiede larghi sviluppi per soddisfare al fabbisogno nazionale, utilizzando le immense ricchezze del sottosuolo e le vastissime disponibilità della manodopera. Si calcola infatti che le riserve di carbone oltrepassino i 10 miliardi di t., quelle dei minerali di ferro il miliardo, mentre sono in attività solamente una trentina di altiforni.
Il cotonificio ha circa 5,6 milioni di fusi e 58.000 telai, per metà, circa, nella sola Shanghai, il resto in gran parte a Tsing-tao; la siderurgia produsse 99.000 t. di ghisa grezza e 106.000 t. di acciaio nel 1947 (stime ufficiali). Altre stime ufficiali per la produzione industriale nel 1947: cemento, 340.000 t.; soda caustica, 31.000 t.; zucchero, 100.000 t.; carta, 27.000 t.; fertilizzanti, 57.000 t.
Gli scambî con l'estero nel 1946 furono di 1.501.165 milioni di dollari cinesi alle importazioni e 412.111 alle esportazioni.
Ferrovie (1938): circa 19.000 km. nella sola Cina propria, dove è in attuazione un vasto piano di incremento della rete.
La nuova costituzione. - La nuova costituzione della repubblica cinese è stata approvata dalla assemblea nazionale (Kuo Min Ta Hui) il 25 dicembre 1946 e promulgata dal governo nazionale di Nanchino il 1° gennaio 1947, divenendo effettiva il 25 dicembre 1947 in attesa di esserlo realmente non appena le condizioni politiche della Cina lo permetteranno.
I precedenti della costituzione devono farsi risalire al periodo di tutela politica, come venne designato il periodo che seguì la campagna di repressione dei War Lords del 1926-28 e, più precisamente, alla "Costituzione provvisoria del periodo di tutela politica", in 8 capitoli ed 81 articoli, promulgata il 1° giugno 1931 a Nanchino. Ad essa fecero seguito i varî progetti per una costituzione definitiva: il "Progetto di John Wu" dell'8 giugno 1931; il "Progetto preliminare della costituzione della repubblica cinese" del 1° marzo 1934, modificato, successivamente, il 9 luglio ed il 16 ottobre dello stesso anno. Nel 1937, in data 17 ottobre, durante una sua riunione, il comitato esecutivo centrale del Kuomintang raccomandava ai redattori della costituzione di tener presenti i principî del "triplice demismo" di Sun Yat-sen; di evitare eccessive limitazioni al potere esecutivo; di non particolareggiare troppo i rapporti tra govemi provinciali e governo centrale; di contenere al minimo il numero degli articoli. Ai sopraddetti principî si ispirarono il "Secondo progetto preliminare" ed il "Terzo progetto preliminare" pubblicati, rispettivamente, il 25 ottobre 1935 ed il 5 maggio 1936; quest'ultimo, il più noto, venne poi detto "Il progetto del doppio cinque" dalla data della sua pubblicazione. La situazione politica rese però impossibile l'approvazione di una costituzione permanente: la guerra con il Giappone impedì la convocazione dell'assemblea nazionale che doveva aver luogo il 19-20 agosto 1940, e fu solo tra il 6 ed il 13 settembre 1943 che il comitato esecutivo centrale del Kuomintang in Ch'ung-K'ing approvò una risoluzione per la quale l'assemblea nazionale avrebbe dovuto esser riunita entro un anno dalla fine della guerra. Finita la guerra, Ch'ang Kai-shek invitò il capo del Partito comunista cinese, Mao Tse-tung, a Ch'ung-K'ing per discutere di argomenti di interesse nazionale: in tale occasione, il 10 ottobre 1945, vennero fatte dichiarazioni nelle quali si accennava alla comune intenzione, da parte nazionalista e da parte comunista, di portare dinanzi al Consiglio politico del popolo la decisione di tutte le questioni e critiche intorno al progetto del 5 maggio 1936. Dal 5 gennaio al 31 dicembre 1946 si riunì a Ch'ung-K'ing il Consiglio politico del popolo con la partecipazione dei membri dei varî partiti: fu nominato un comitato che iniziò i suoi lavori il 14 febbraio 1946; ma, mentre esso era ancora intento allo studio dei varî problemi, durante la 2ª sessione plenaria del comitato esecutivo centrale del Kuomintang, durata dal 1° al 17 marzo 1946, vennero approvati altri principî che dai comunisti non vennero accettati, perché ritenuti contrarî allo spirito dei precedenti accordi. In tal modo il 15 novembre 1946, in occasione della apertura dell'assemblea nazionale, il Partito comunista e la Lega democratica non mandarono i loro rappresentanti: l'assemhlea si aprì, così, con una partecipazione di 1400 membri dei 2050 che avrebbe dovuto avere. All'assemblea venne presentato il progetto di costituzione il quale, attraverso successive modifiche, venne approvato il 25 dicembre 1946 con la decisione di farla entrare in vigore il 25 dicemhre 1947: fino a tale data il governo nazionale avrebbe dovuto conservare i suoi poteri con l'impegno, però, che sarebbero state abrogate tutte quelle leggi che fossero risultate in contrasto con lo spirito animatore della nuova costituzione.
La presente costituzione consta di un preambolo e di 175 articoli divisi in 14 capitoli. Nel preambolo è detto che la costituzione è stata adottata dall'assemblea nazionale "in virtù del mandato ricevuto dal popolo e d'accordo con la dottrina di Sun Yat-sen". L'art. 1 afferma che la repubblica cinese, fondata sul San Min Chu I (tre principî del popolo) è una repubblica democratica del popolo, per il popolo e governata dal popolo; l'art. 5 afferma la eguaglianza di tutte le razze della repubblica. L'art. 7 afferma la eguaglianza di fronte alla legge di ogni cittadino, senza riguardo di sesso, di religione, di razza, di classe sociale o di partito; l'art. 24 stabilisce che il cittadino ha capacità di azione verso lo stato per la rifusione dei danni subìti in seguito a violazione della sua libertà e dei suoi diritti. Le libertà personali, esposte negli altri articoli, sono stabilite in senso assoluto, senza clausole limitative.
L'assemblea nazionale (articoli 25-34) è il supremo organo del popolo cinese: i suoi membri sono eletti su una base territoriale e professionale e restano in carica per un periodo di 6 anni. Le funzioni della assemblea sono: la elezione e la revoca del presidente e del vicepresidente; le modifiche alla costituzione; la ratifica delle modifiche alla costituzione proposte dallo Yüan legislativo.
Il presidente (articoli 35-52) resta in carica per 6 anni, salvo ad essere rieletto e viene sostituito dal vicepresidente in caso di vacanza o di impossibilità di attendere ai suoi doveri. Nel caso di vacanza delle cariche di presidente e di vicepresidente, subentra nelle funzioni il presidente dello Yüan esecutivo. I capitoli quinto, sesto, settimo, ottavo e nono (articoli 53-106) si occupano della organizzazione dei cinque Yüan o commissioni: esecutivo, legislativo, giudiziale, degli esami e del controllo. Dalla posizione di parità nella quale dovevano restare, secondo il programma di Sun Yat-sen, essi hanno assunto un aspetto che li fa somigliare, secondo gli schemi occidentali, l'esecutivo ad un gabinetto, il legislativo ad un parlamento, quello degli esami ad un comitato permanente per la sorveglianza degli esami e dei concorsi statali, e quello del controllo ad un qualcosa tra la camera alta e la corte dei conti. Il presidente dello Yüan esecutivo ha una posizione che ricorda quella di un premier occidentale; egli è responsabile di fronte allo Yüan legislativo e deve, secondo l'art. 55, ottenere la fiducia dello stesso Yüan.
Il capitolo decimo (articoli 107-111) stabilisce i poteri del governo centrale e dei varî governi locali; il capitolo undecimo (articoli 12-136) si occupa del sistema dei governi locali stabilendo la distinzione tra provincia e Hsien (la più piccola unità annministrativa cinese), i quali due organismi avranno una figura autonoma.
Il capitolo tredicesimo si occupa dei fondamenti della politica nazionale (articoli 137-169): secondo l'art. 141 la politica estera cinese dovrà, in uno spirito di indipendenza e di iniziativa e sulla base dei principî di eguaglianza e di reciprocità, coltivare rapporti di buona vicinanza con le altre nazioni, rispettare i trattati e la carta delle Nazioni Unite allo scopo di proteggere i diritti e gli interessi dei Cinesi all'estero, promuovere la cooperazione internazionale, far progredire la giustizia internazionale ed assicurare la pace mondiale. Gli articoli 168-169 sono dedicati ai problemi delle regioni di frontiera per le quali lo stato dovrà garantire adeguata protezione, onde permettere la formazione di un autogoverno e promuovere l'educazione, la cultura, la salute pubblica e le altre iniziative economiche e sociali dei varî gruppi razziali.
Finanze (X, p. 287 e App. I, p. 418). - La situazione finanziaria cinese è stata caratterizzata in questi ultimi anni da molteplici aspetti negativi: bilancia commerciale fortemente passiva, disavanzo crescente nel bilancio dello stato, disordine in tutta la vita economica del paese. Il disavanzo del bilancio statale, coperto sempre più estesamente con l'emissione di biglietti, è dipeso da motivi diversi, di cui i più importanti sono senza dubbio la disorganizzazione del sistema fiscale e le ingenti spese per il proseguimento della guerra civile. Può essere indicativo il raffronto tra un bilancio prebellico e quello del 1947 (in miliardi di dollari cinesi o yüan):
Per i primi sei mesi del 1948 (l'esercizio è da quest'anno semestrale), sono state preventivate entrate per 58.000 miliardi e spese per 96.000 miliardi.
Durante il periodo che va dal 1939 a oggi, la regolamentazione dei cambî ha subìto una serie di modifiche, mentre il dollaro cinese è stato più volte svalutato. Il cambio ufficiale, rispetto al dollaro, fu elevato a 12.000 yüan il 17 febbraio 1947 quando il monopolio del commercio dell'oro e delle divise estere fu affiddato alla Banca nazionale; l'unico cambio riconosciuto fu quello ufficiale. Di fronte però al peggiorare vertiginoso della situazione - i corsi di mercato nero erano saliti a 44.500 - e nella speranza di stabilizzare lo yüan a un cambio più realistico, il 17 agosto 1997 fu riammesso, accanto al cambio ufficiale, quello di mercato aperto e fu creato un Fondo di stabilizzazione dei cambî.
Mentre il cambio ufficiale restava invariato, quello di mercato aperto era salito, a 474.000 yüan per dollaro S. U. il 3 giugno 1948, quando fu introdotto il sistema per cui agli esportatori, oltre all'ammontare in dollari cinesi corrispondente alle divise cedute al cambio di mercato aperto, veniva consegnato un "certificato di ammontare" pari alla valuta estera versata, certificato liberamente negoziabile, che doveva essere acquistato dagl'importatori per poter ottenere la licenza d'importazione. Il cambio effettivo risultava quindi formato dal cambio aperto più quello dei certificati. Alla fine di luglio 1948 il cambio di mercato aperto con il dollaro era rimasto invariato a 474.000 yüan, quello dei certificati aveva raggiunto i 3,8 milioni di yüan. Il cambio di mercato nero alla stessa data era di 7,8 milioni di yiian per dollaro. La circolazione monetaria da 2,3 miliardi di yüan nel 1938 si stimava fosse salita nel maggio 1948 a 130 trilioni. Il 19 agosto 1948, accompagnata da una serie di misure economiche e finanziarie, è stata decisa la riforma monetaria. La nuova moneta, lo yüan-oro, verrà cambiata al tasso di 3 milioni di yüan vecchi per uno nuovo; il cambio con il dollaro S. U. è stato fissato a 4 yüan-oro per dollaro. La circolazione, che per il momento non dovrà superare i 2 miliardi, avrà una copertura del 40 per cento in oro e divise. La legge prevede il ritiro dei vecchi biglietti entro il 20 novembre 1948.
Dal luglio 1942 il monopolio esclusivo dell'emissione di biglietti è attribuito alla Banca centrale di Cina. Con la legge bancaria del 17 aprile 1946 è stato introdotto un sistema di stretto controllo sulle banche; la concessione di crediti e l'assunzione di partecipazioni sono subordinate a norme restrittive.
Educazione ed istruzione pubblica. - Il periodo che va dal 1927 al 1937 fu caratterizzato dal notevole sviluppo raggiunto dal movimento per la modernizzazione dell'istruzione cinese: in quel periodo vennero, infatti, costituite le maggiori università e i due principali centri di ricerche scientifiche, l'Accademia sinica (1927) e l'Accademia nazionale (1929), la prima con sede a Nanchino e la seconda con sede a Pechino. Nel 1936 le università cinesi erano 42, di cui 16 nazionali, 7 provinciali e 19 private. La guerra col Giappone portò un notevole colpo al sistema educativo in quanto gran parte degli istituti superiori dovettero venir trasferiti nell'interno e molto materiale, specie librario, andò forzatamente perduto. Tale spostamento ebbe però come conseguenza un certo miglioramento del già molto basso livello culturale delle regioni dell'interno. Con la fine della guerra si è verificato il movimento inverso e le principali università sono già da tempo ritornate alle loro sedi originarie.
Alla fine del 1945 la situazione degli istituti di istruzione superiore esistenti in Cina era la seguente: 22 università nazionali; 20 università private; 16 collegi indipendenti nazionali; 12 collegi indipendenti provinciali; 22 collegi privati; 16 scuole tecniche nazionali; 18 scuole tecniche provinciali; 15 scuole tecniche private.
Le università più conosciute sono: a Nanchino, l'università centrale, l'università di Nanchino, il Collegio Ginling; a Pechino, l'università Ts'ing Hua, l'università cattolica (Fu jen), l'università Yenching, l'università di Pechino; a Shanghai, l'università St. John, l'università Tung Chi, l'università Aurora (Chen Tan); a Canton, l'università Chung Shan.
Le due principali biblioteche nazionali sono quella Nazionale di Pechino (1931) e quella Centrale di Nanchino (1940) presso cui è stato costituito l'Ufficio per lo scambio internazionale di pubblicazioni.
Storia (X, p. 289 e App. I, p. 419).
Durante le fasi del conflitto col Giappone, si sono svolti in Cina avvenimenti politici interni aventi anche riflessi internazionali di grande portata, avvenimenti che possono riassumersi nella creazione del Governo nazionale della repubblica cinese di Nanchino e nella entrata della Cina nazionale nel campo delle Nazioni Unite, che la sostennero nella lotta con ogni mezzo.
Il governo della repubblica cinese sorse a Nanchino il 30 marzo 1940 ad opera di personalità filo-giapponesi dissidenti dal Kuomintang, ed estese la sua giurisdizione su tutte le provincie occupate dall'Impero del Sol Levante. Detto governo si costituì mediante la fusione del "Governo provvisorio di Pechino" e del "Governo riformato di Nanchino", che i Giapponesi avevano promosso rispettivamente il 13 dicembre 1937 e il 28 marzo 1938. Sotto la presidenza di Wang Ching-wei, già vicepresidente destituito del Kuomintang, il nuovo regime di Nanchino mirava a preparare la formazione di un governo centrale nettamente anticomunista, da sostituire a quello di Ch'ang Kai-shek a Ch'ung-K'ing e a fare la pace col Giappone, collaborando con esso nella fondazione dell'"Ordine nuovo" in Estremo Oriente e nella emancipazione dei popoli asiatici. Così Wang Ching-wei finì per mettersi apertamente a lato del Giappone, con cui il 30 novembre 1940 sottoscrisse un trattato di alleanza militare e politica, i cui termini ricordavano molto da vicino quelli delle 21 domande del 1915, dando a Tōkyō l'illusione formale di avere realizzata la premessa continentale per la marcia verso sud.
Frattanto il governo nazionale di Ch'ung-K'ing, che si era assicurato sin dal 18 agosto 1937 la neutralità della Russia con un trattato di non aggressione, cercò di stringere rapporti sempre più amichevoli con le democrazie occidentali, che appoggiarono le sue proteste in ripetute occasioni: a Ginevra, nel settembre 1937, a proposito della protesta cinese contro l'impiego di gas asfissianti da parte di Tōkyō; a Bruxelles, nell'ottobre, durante la conferenza convocata per risolvere la controversia cino-giapponese; il 31 dicembre del 1938, col respingere la dichiarazione del ministro degli Esteri nipponico Arita, che affemmava l'influenza esclusiva dell'Impero del Sol Levante in Cina e nell'intera Asia orientale. Seguirono altri importanti atti diplomatici, miranti a sostenere le finanze cinesi e ad elevare il prestigio del governo nazionale: come le stipulazioni del 25 settembre 1940 e del 7 febbraio 1942 per ingenti prestiti americani, l'accordo del 26 aprile 1941 per la cooperazione economica e commerciale con gli Stati Uniti, i trattati dell'11 gennaio 1943 conclusi con Washington e Londra per l'abolizione delle concessioni di extraterritorialità, ecc.
Il 26 novembre 1943 il generalissimo Ch'ang Kai-shek, succeduto nel settembre, dopo la morte di Lin Sen, alla presidenza del governo nazionale, fu inviato al Cairo per confermare, unitamente a Roosevelt e Churchill, la determinazione di proseguire la guerra sino alla vittoria finale e fu poi associato all'ultimatum di Potsdam del 26 luglio 1945.
Governo nazionale e lotta civile. - Durante la guerra contro il Giappone, la lotta tra le classi al potere e i comunisti si attenuò determinandosi alla superficie un fronte unico democratico e nazionale, che in alcune regioni tentò di promuovere varie riforme economiche e sociali, miranti a rendere più solidali i varî strati della popolazione lavoratrice nella resistenza e nella riscossa. Tra le riforme più importanti vi fu quella agraria, che si propose di fare sparire il feudalismo nella campagna e di realizzare così un'aspirazione secolare. Terminata la guerra Ch'ang Kai-shek, nel tentativo d'impedire il riaccendersi del contrasto con i comunisti, escogitò un accomodamento secondo il quale si concordavano concessioni reciproche, e soprattutto l'abolizione della dittatura del Kuomintang, accusato di fare una politica conservatrice e di sfruttamento. Il Kuomintang più che un partito, si presenta come una riunione di tendenze diverse, liberali, socialiste, agrarie, militari, conservatrici e plutocratiche, che dominano la politica del governo nazionale. Si prevedeva inoltre la costituzione di un consiglio politico consultivo, ove tutti i partiti potessero collaborare per la ricostruzione nazionale, la convocazione di una costituente per approvare una nuova costituzione e infine la riduzione degli effettivi dell'armata rossa. Ma ben presto il compromesso venne rotto ed i comunisti, non contenti del dominio che tenevano al nord del fiume Giallo, tentarono di penetrare nelle regioni sgomberate dai Giapponesi. Ne derivarono scontri sanguinosi fra l'armata rossa e quella nazionale, scontri che si smorzarono temporaneamente dopo l'accordo di Mosca del 14 agosto 1945, in base al quale l'URSS si disinteressava ufficialmente dei comunisti cinesi, ma dovevano poi riprendere con rinnovata intensità. Al fine di trovare una base di intesa più stabile, gli Stati Uniti d'America inviarono in Cina il gen. H. Marshall, il quale all'inizio del 1946 riuscì ad ottenere una sospensione delle ostilità e qualche mutamento nell'indirizzo del governo nazionale, che nel maggio 1946 fece ritorno nella sede di Nanchino. Sulla base di un piano di collaborazione concordato nell'agosto 1946 con Mao Tse Tung, capo dei comunisti, il Consiglio politico consultivo decise di organizzare un governo di coalizione di tutti i partiti e la costituzione di un consiglio di stato comprendente 20 rappresentanti del Kuomintang e 20 degli altri partiti (v. anche il § dedicato alla nuova costituzione e alla sua storia). Si propose inoltre la fusione delle armate governative e comuniste in un'armata nazionale alle dipendenze del Ministero della difesa. Ma il conflitto non tardò a risorgere, avendo i comunisti profittato del ritiro delle truppe sovietiche dalla Manciuria per sostituirsi ad esse nel controllo delle città. Di qui la ripresa delle ostilità su amplissima scala e con alterne vicende, sebbene colla prevalenza locale dei comunisti. Il gen. Marshall, scoraggiato, fece allora ritorno a Washington ove, in un primo tempo, propugnò una politica di minori interventi basata prevalentemente sul nuovo trattato di amicizia, stabilimento, commercio e navigazione appena concluso tra la Cina e gli Stati Uniti. L'acuirsi del contrasto tra Mosca e Washington ed i crescenti successi dell'armata rossa indussero tuttavia, un anno dopo, il Congresso degli Stati Uniti ad approvare nuovi aiuti al governo di Ch'ang Kai-shek.
Così, la lotta civile tra le due grandi fazioni ha ripreso a divampare in tutta la sua intensità e, complicata dal gioco degli interventi esterni, impedisce ogni libero progresso del paese.
Tra gli atti diplomatici più importanti della Cina nazionale dopo la guerra, si segnalano i trattati di commercio dell'aprile e maggio 1946 con la Svezia e l'Olanda, la partecipazione alle conferenze di San Francisco, di Londra e di Parigi, ed i già citati trattati di alleanza e amicizia del 4 agosto 1945 con l'URSS (per cui Port Arthur diviene per 30 anni base navale cino-sovietica, Dairen porto franco e la Russia riprende gran parte dei diritti ferroviarî posseduti in Manciuria prima del 1905) e l'accordo del 15 dicembre 1946 con gli Stati Uniti.
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Le operazioni militari in cina durante la seconda guerra mondiale.
Le operazioni militari del Giappone in Cina durante la seconda Guerra mondiale si riallacciano senza soluzione di continuità al conflitto cino-giapponese scoppiato nel luglio del 1937 (per il quale v. cino-giapponese, guerra, in App. I, p. 433 e in questa App.).
L'entrata in guerra del Giappone contro le potenze occidentali ebbe come conseguenza immediata, l'allargamento del già vasto teatro d'operazioni cinese. Fino allora le operazioni si erano svolte nelle provincie centro-orientali e, in parte, sulle coste meridionali. L'8 dicembre 1941, i Nipponici occuparono la concessione internazionale di Shanghai e quella cinese di T'ien-Tsin; l'11 disarmarono il presidio americano di Pechino, il 12 occuparono l'isoletta di Ko-long-su, davanti al porto di Amoy, iniziando contemporaneamente le operazioni per la conquista di Hong-kong, che capitolò il 26, e quelle per l'invasione della Tailandia e della Birmania. Il che faceva presagire l'apertura, a breve scadenza, di due nuovi scacchieri operativi, poiché non poteva sussistere alcun dubbio sulle intenzioni dei Giapponesi di servirsi di quegli stati come territorî di transito e basi di operazioni per colpire al cuore la Cina nazionale. In compenso, Ch'ang Kai-shek cominciò a ricevere in misura ancora più cospicua l'aiuto degli Stati Uniti d'America e il 10 marzo 1942 assunse, quale suo capo di stato maggiore, il generale americano I. W. Stilwell. Questi organizzò, anzitutto, una serie di campi d'aviazione nelle provincie del Kwang-si, del Kiang-si, dell'Hu-nan, del Fu-kien, del Che-kiang, in modo da creare un'ampia rete di comunicazioni aeree attraverso tutto il territorio meridionale della Cina.
I rifornimenti si erano andati intanto intensificando attraverso le nuove vie dell'Indocina francese, della "strada rossa" (una pista automobilistica sistemata con l'impiego di centinaia di migliaia di terrazzieri e congiungente le stazioni di Sergiopol e Iljisk sulla ferrovia sovietica del Kazakistan) e della Birmania.
Il 14 maggio 1942 i Giapponesi sferrarono un'offensiva nel Chekiang, ne conquistarono l'importante città di Kin-hwa, si avvicinarono alla base aerea americana di Chü-chow e, ai primi di luglio, penetrati nel Kiang-si, si congiunsero con un'altra colonna, partita da Nan-chang. Il 13 luglio s'impadronirono del porto marittimo di Wenchow, mentre riuscivano a controllare l'intero percorso della linea ferroviaria Han-k'ow, Nan-chang, Hang-chow. Il successo non fu però duraturo, poiché a fine agosto le forze cinesi, potenziate con mezzi moderni americani e appoggiate da possenti formazioni aeree, ebbero un energico ritorno offensivo che obbligò i Giapponesi a sgomberare le zone di Fu-chow, Wen-chow e la ferrovia T'sin-sien, Chü-chow.
A fine settembre la spinta cinese era stata assorbita, ma Ch'ang Kai-shek riusciva a ristabilire la situazione quasi com'era prima della offensiva giapponese, assicurandosi nuovamente l'uso di alcuni porti sul Mar Giallo meridionale, e i Giapponesi avevano perduto pressoché interamente le conquiste realizzate nello Che-kiang con la loro offensiva del maggio-luglio.
Le operazioni subirono una sosta di qualche mese ed anche gli sconfinamenti effettuati dai Nipponici nell'Yün-nan, sia a cavallo della strada della Birmania, sia dalla frontiera tonkinese, furono di modesta portata. Nel dicembre i Giapponesi intrapresero una vasta offensiva verso nord, a cavallo del confine fra l'Hu-peh e l'An-hwei, e riuscirono ad occupare Sin-yang a nord di Han-k'ow. Scopo principale delle operazioni era quello di proteggere il traffico fluviale della zona, che notevoli forze della guerriglia cinese disturbavano seriamente; in complesso furono vaste azioni di rastrellamento che non portarono sensibili ampliamenti nell'occupazione territoriale. Questa, alla fine del 1942, era limitata ad una fascia costiera nel Kwang-tung, fra Canton e Amoy, e alle provincie dell'Hu-peh, dell'An-hwei orientale, del Kiang-su e del Che-kiang settentrionale. Nella Cina settentrionale i Giapponesi tenevano sempre lo Shan-si, l'Ho-pei e lo Shan-tung.
L'estensione della guerra nel Pacifico, la molteplicità dei teatri d'operazione, il crescente potere di resistenza assicurato a Ch'ang Kai-shek dagli aiuti americani, contribuirono fortemente ad impedire ai Giapponesi di regolare definitivamente l'"incidente cinese" e li tennero impegnati in una lotta snervante entro uno spazio praticamente sconfinato. Nel maggio 1943, dopo aver inflitto una seria sconfitta alla 5ª armata cinese nell'Hu-peh ed aver costretto alla resa il suo comandante, gen. Pong Ping-shun, sei divisioni e due brigate giapponesi, articolate in tre colonne, mossero su larga fronte verso occidente, risalendo la valle del Fiume Azzurro. La battaglia si chiamò, per quanto non ufficialmente, di Ch'ung-k'ing, obbiettivo ultimo che i Giapponesi si ripromettevano di raggiungere. Essi giunsero a circa 400 km. dalla capitale cinese, ma per varie cause l'offensiva fu dovuta interrompere e, in giugno, il comando giapponese richiamò le truppe sulle posizioni di partenza. Né migliore esito ebbe, nel novembre, un'azione a sudovest del Lago Tung-ting, tendente a tagliare dal resto della Cina le vaste risaie delle provincie sud-orientali. I Giapponesi riuscirono il 3 dicembre ad occupare Chang-teh e a spingersi su C'hang-sha, ma un'immediata controffensiva cinese ristabilì, alla fine dello stesso mese, la situazione.
Nel 1944 i Giapponesi videro declinare la supremazia che si erano assicurata sugli oceani e nell'aria, e decisero di realizzare, a qualunque costo, la continuità territoriale fra la Cina settentrionale e la Malesia. A metà aprile lanciarono due offensive nell'Hu-nan, una per conquistare la ferrovia di Lo-yang e l'altra per riprendere il controllo della ferrovia di Han-k'ow a nord di tale città. Raggiunti questi due obbiettivi, a fine maggio iniziarono la spinta verso sud-ovest: superato il lago T'ung ting, conquistarono il 17 giugno C'hang-sha, già obbiettivo di cinque precedenti infruttuosi tentativi, raggiunsero Heng Yang e, invece di puntare su Canton, come gli Alleati s'attendevano, si buttarono decisamente in direzione di Kwei-lin e Nan-ning e, il 7 dicembre 1944, si congiunsero con truppe provenienti dall'Indocina.
Successivamente allargarono il lungo corridoio che erano riusciti a stabilire attraverso la Cina, spingendosi verso sud fino a collegarsi, nel gennaio 1945, a Kukong con le truppe di Canton e sommergendo, quasi completamente, il Kwang-si, cosicché restarono tagliate dal resto della Cina le armate cinesi del Fu-kien e del Kiang-si.
I Giapponesi si illusero di aver creato la "fortezza asiatica" che sfruttava, come spina dorsale delle comunicazioni, la strada Singapore-Pechino lunga 5.000 km., servita da ferrovia lungo l'intero percorso, tranne un'interruzione di circa 350 km. Ma le sconfitte patite nelle isole e nel Pacifico non potevano non ripercuotersi nel continente, dove Lord Mountbatten era riuscito a riconquistare quasi integralmente la Birmania. I Giapponesi dovettero restringere la loro occupazione e abbandonarono la Cina meridionale, lasciando guarnigioni solo nei principali porti: Canton, Amoy, Swa-tow (vedasi l'analogia con quanto praticato dai Tedeschi nei porti atlantici francesi) e si ritirarono lentamente verso lo Yang-tze, per raccogliersi a nord del suo corso.
Il 15 agosto 1945 essi tenevano ancora la linea ferroviaria Han-k' ow-Canton, mentre le forze del Kwang-si ripiegavano, in parte lungo il Si kiang su Canton, e in parte da Kwei-lin verso C'hang-sha.
Annunciata il 10 agosto la capitolazione incondizionata del Giappone, il generalissimo Ch'ang Kai-shek trasmise alle sue truppe e a tutta la Cina il messaggio della vittoria e invitò il gen. Yasutsugu Okamura, comandante delle forze del Tenno in Cina, ad inviare una missione per prendere le istruzioni della resa. Il 9 settembre si celebrò a Nanchino la cerimoma della fine della guerra nello auditorio dell'Accademia militare, ove il gen. Okamura e il gen. Ho Yingclun, comandante dell'esercito cinese, firmarono il documento della resa. Così oltre un milione e 300.000 soldati giapponesi, che si trovavano in Cina, deponevano le armi. Le perdite cinesi si fanno ascendere a 3.178.063 unità, di cui 1.310.224 morti, 115.248 dispersi e 1.752.591 feriti.
La resistenza interna. - La guerriglia condotta dai Cinesi contro le forze d'occupazione giapponesi in Cina fu soprattutto opera di partigiani, i quali, mentre le truppe regolari dell'esercito nazionalista combattevano lungo il fronte, avevano il compito di molestare le retrovie nemiche. A quest'attività di guerriglia diedero un contributo le truppe comuniste cinesi che furono riunite, durante la guerra, in due principali armate costituite come forza regolare e che in seguito all'accordo del 1937 operarono, sia pur nominalmente, alle dipendenze del comando supremo di Ch'ung-K'ing: la "8ª armata rossa", inizialmente composta di tre divisioni comuniste (115, 120, 129), con una forza di 45.000 uomini al momento della costituzione e la "4ª nuova armata rossa", con una forza iniziale di 12.000 uomini. Queste due armate, i cui effettivi nel corso della guerra vennero di molto aumentati, rappresentarono, insieme alle bande minori degli irregolari, circa un quinto delle forze combattenti contro il Giappone. La guerriglia partigiana s'iniziò dopo la caduta di Canton e di Han-k'ow, nell'ottobre 1938, e raggiunse la sua massima intensità, per le azioni di repressione condotte dai Giapponesi, nel 1941 e 1942. La guerriglia si svolse soprattutto nella Cina settentrionale e centrale, ed, in parte, in quella meridionale: il terreno delle operazioni venne diviso in zone di lotta antigiapponese. Nel nord della Cina si ebbero le zone: Shan-si e Sui-yüan; Shan-si, Chahar, Ho-pei; Shan-si, Ho-pei, Ho-nan; Ho-pei, Shan-tung, Ho-nan; Shan-tung. Queste zone coprirono una superficie di 370.000 miglia quadrate con una popolazione di oltre 80 milioni di ab.; in esse operò la "8ª armata rossa". Nella Cina centrale si ebbero le seguenti zone: Kiang-su centrale; Che-kiang orientale; Kiang-su settentrionale; Hwai-nan (a sud del fiume Hwai); Hwai-pei (a nord del fiume Hwai); Kiang-su meridionale; An-hwei centrale; regione confinante con lo Hu-peh, Hu-nan, An-hwei. Queste zone coprirono una superficie di circa 135.000 miglia quadrate con una popolazione di oltre 60 milioni di ab.: in esse operò la "4ª nuova armata rossa". Nella Cina del sud si ebbero le zone dell'isola di Hai-nan e delle vicinanze di Canton: in quest'ultima l'attività della guerriglia fu soprattutto rivolta contro la ferrovia Kow-loon, Canton.
Benché nominalmente dipendenti dal comando nazionalista, tuttavia le truppe comuniste ebbero una posizione autonoma nel quadro della guerra contro il Giappone e non mancarono incidenti fra le due paiti, comunista e nazionalista, come quello dell'An-hwei, nel gennaio 1941, allorché, essendosi la "4ª nuova armata rossa" rifiutata di eseguire un ordine del governo, questo ne ordinò lo scioglimento. L'improvvisa fine della guerra contro il Giappone vide le truppe comuniste padrone del territorio che esse avevano occupato durante la guerra ed in questo territorio e su quello della Manciuria si iniziarono gli scontri che dovevano condurre alla guerra civile.
Letteratura moderna (p. 306).
Gli ultimi cinquant'anni sono uno dei periodi più importanti di tutta la letteratura cinese, non tanto per il valore delle opere o per la rinomanza degli autori, quanto per il carattere rivoluzionario ed innovatore che, nei confronti dell'antica, la nuova letteratura seppe avere. Questa, infatti, vide il trionfo della lingua parlata (pai hua) assurta a dignità di lingua letteraria; generò un mutamento del gusto, in quanto venne data maggior importanza al romanzo ed al dramma; vide, per la prima volta, sorgere un teatro di prosa sul modello di quelli occidentali; si adeguò alla vita sociale e politica del paese; subì, molto più di un tempo, l'influenza delle letterature straniere. A differenza di quanto era avvenuto nel sec. XIX e in quelli precedenti, nei quali, se traduzioni di libri stranieri vi erano state, queste si eran limitate a far conoscere solo opere tecniche, i primi anni del sec. XX videro una fioritura di traduzioni di testi letterarî e filosofici destinate a far conoscere i capolavori dell'arte e del pensiero europei ed americani. Per soddisfare all'esigenza di poter esprimere le nuove idee venute dall'occidente, la trasformazione della lingua cinese si rendeva necessaria e fra i promotori di tale rinnovamento sono da ricordare i nomi di Liang Chi-chao (1873-1929) e di Tsai Yuan-pei (1867-1940). La vera rivoluzione letteraria ebbe inizio nel 1917 con i manifesti di Hu Shih e di Cheng Tu-hsiu (n. 1880) pubblicati sulla rivista Hsing Tsing Nien (Nuova gioventù) del 1° gennaio e 1° febbraio dello stesso anno.
Nel primo, Hu Shih propugnava l'avvento in letteratura di un sano realismo, da lui proclamato in otto punti: 1) non più classicismo; 2) non più frasi fatte; 3) non più ritmo; 4) non avere più il timore di adoperare espressioni della lingua popolare; 5) maggior cura nella costruzione grammaticale della frase; 6) non più vane esclamazioni sentimentali; 7) non imitare più gli antichi, ma cercare di avere uno stile personale; 8) scrivere per dire qualcosa. Le critiche che tali 8 punti sollevarono invitarono Hu Shih a condensare il suo programma in quattro punti e cioè: 1) scrivere quando si ha qualcosa da dire; 2) scrivere quel che si deve dire e nella maniera in cui ordinariamente si dice; 3) scrivere secondo la propria maniera di scrivere e non secondo quella degli altri; 4) scrivere sempre la lingua del proprio tempo.
La riforma di Hu Shih, benché criticata, pur essendo troppo radicale, e sterile - per quanto riguarda Hu Shih stesso - di grandi opere, lasciò però i suoi frutti. Gli scrittori cominciarono a riunirsi in scuole, in società; si formarono le prime correnti letterarie: la nuova letteratura era sorta. Fra le varie società letterarie son da citare la Wen Hsüeh Yen Chu Hui (Società di studî letterarî) fondata nel 1919 a Pechino e che radunò scrittori di tendenze soprattutto liberali, fra cui il più noto è Mao Tun (pseudonimo di Chen Yen-ping, nato nel 1896), autore di romanzi sentimentali a carattere essenzialmente realista come la trilogia Shih (Eclissi) composta tra il 1925 e il 1927. La Ch'uang Tsao Shih (Società della creazione) a carattere comunisteggiante, fondata nel 1922 a Pechino, radunò scrittori come Kuo Mo-jo (n. 1891 a Chia Ting nello Szech'wan) autore di drammi, di novelle, di romanzi, traduttore di classici stranieri, soprattutto dal tedesco, storico e saggista; come Yu Ta-fu (n. 1896), il più pessimista fra i moderni scrittori. Alla società Yu Ssu, fondata nel 1924, appartennero scrittori a carattere politicamente neutrale, di cui i più noti sono Lin Yu-tang e Lu Hsün (per ambedue v. in questa App.).
La guerra contro il Giappone vide il diffondersi di opere di propaganda patriottica le quali assorbirono l'attività della maggioranza degli scrittori cinesi: romanzi e novelle vennero scritti per esaltare l'eroismo dei guerriglieri cinesi, per eccitare lo spirito militare del popolo. Sono sorti nuovi scrittori e, fra questi, Lao She (nato nel 1898) comincia ad essere noto anche in occidente. Il dopoguerra ha visto un lento ma costante orientamento degli scrittori verso ideali di sinistra. Quanto al teatro l'avvento della prosa ha segnato anch'esso una rivoluzione rispetto al vecchio teatro cantato che, tuttavia, resta ancora dominante. I primi drammi furono soprattutto adattamenti di drammi occidentali e risentirono degli schemi tipici del dramma cinese, quali, p. es., i lunghi discorsi di presentazione fatti dai personaggi; successivamente il nuovo teatro assunse una fisionomia più distinta soprattutto ad opera di Tien Han (nato nel 1899), Ou-Yang Yu-tsien, Hsiung Fu-hsi (nato nel 1900). Durante la guerra contro il Giappone i drammi a carattere politico ebbero la prevalenza.
Bibl.: Cheng Ping-k'un, Tsui Chin San Shih Nien Chung Kuo Wen Hsüeh Shih (Storia della letteratura cinese degli ultimi trent'anni), Shanghai 1931; Kuo Chan-po, Chin Wu Shih Nien Chung Kuo Ssu Hsiang Shih (Storia del pensiero cinese degli ultimi cinquant'anni), pechino 1936; H. V. Boven, Histoire de la littérature chinoise moderne, Pechino 1946; Li Tchang-chan, Les écrivains contemporains chinois, Pechino 1933; Hu Shih, The chinese renaissance, Chicago 1934; D. L. Phelps, Letters and Arts in the War Years in Cina, University of California Press, 1946. Per recenti traduzioni di novelle cinesi, v. E. Snow, Living China, modern chinese short stories, New York 1937; Lau Shaw (Lao Seh), Ricksha Boy, tradotto da Evan King, New York 1945; T'ien Chun, Village in August, New York 1942.
Arte.
L'influenza della civiltà occidentale su quella cinese si è fatta sentire - se pur non così profondamente come sulla letteratura - anche sull'arte moderna. Gli studenti cinesi, che negli ultimi trenta anni sempre più numerosi sono venuti in Europa, soprattutto in Francia, a studiare l'arte europea, sono stati, al loro ritorno in patria, i propagandisti del nuovo stile di pittura tanto diverso da quello tradizionale cinese. Una fusione fra i due stili non è ancora avvenuta e mentre la vecchia scuola pittorica cinese - che pure ha avuto buoni nomi, quali Wu Ch'ang-shih (1844-1927) - non è riuscita a superare gli schemi tradizionali, non può ancora dirsi che i giovani pittori, seguaci della pittura occidentale, abbian saputo apportare ad essa un loro contributo.
La pittura moderna cinese, come anche la scultura, si trova ora di fronte al dilemma di essere o rivoluzionaria (cioè occidentalizzante), e quindi fuori della scia tradizionale cinese, o tradizionale, ma non ancora innovatrice. Un superamento di queste due posizioni potrà forse aversi nei prossimi anni. La guerra contro il Giappone ha dato lavoro agli artisti che sono stati occupati in attività soprattutto di propaganda patriottica: le varie "società artistiche per la resistenza al nemico", che nei primi anni della guerra vennero costituite, diressero soprattutto l'attività dei pittori alla creazione di manifesti murali e di cartelloni propagandistici. Durante la guerra, nell'aprile 1938, venne aperta a Ye-nan, centro dei comunisti cinesi, la Lu Hsun Hsueh Yuan (scuola d'arte intitolata a Lu Hsun) che seppe produrre buone incisioni di scene di guerra o dedicate a problemi sociali.
Fra i moderni pittori cinesi il più conosciuto è Hsu Pei-hung (Ju Péon), insegnante all'Accademia artistica di Pechino. Nato nel 1894 a I Shing nel Kiang-su, si recò a studiare in Francia nel 1918, dove rimase circa otto anni: tenne esposizioni a Bruxelles nel 1930, a Milano nel 1934. Come pittore si fece notare per alcuni grandi quadri ad olio, di soggetto storico, fra cui il più noto è T'ien Heng e i suoi cinquecento seguaci, illustrazione di un episodio dell'antica storia cinese: successivamente tornò di nuovo a dipingere alla maniera cinese. Altro pittore abbastanza noto è Liu Fen-mien, nato nel 1898 a Mei Hsien, nel Kwan-tung, e anch'esso formatosi in Francia.
Fra gli scultori basterà citare Li Ching-fa e Chang Chung-len.
I principali centri di studî artistici sono attualmente a Nanchino, presso l'Università centrale, ad Hang-chow, presso l'Accademia di belle arti, e a Pechino.
Quanto all'architettura moderna cinese, essa ha tentato una rinascita delle forme tradizionali servendosi della moderna tecnica occidentale: tale tentativo di rinascita, soprattutto dovuto all'iniziativa d'istituti culturali missionarî, si limitò, in un primo tempo, alla sovrapposizione del tipico tetto cinese sul corpo dell'edificio.
Fra gli esempî di questo primo tipo può essere citata la Nanking University (1910) di Nanchino, la St. John University di Shanghai. Un nuovo stile facente più largo posto ad elementi cinesi, quali il tipico tetto ad angoli rialzati, la terrazza di marmo circondante il basamento, i vivaci colori della decorazione, venne consacrato dalla costruzione, avvenuta verso il 1920, del Ginling College di Nanchino e della Yenching University di Pechino: esso trovò la sua migliore espressione nella costruzione del Municipio di Shanghai (1930) e della Biblioteca di Pechino. Il trasferimento della capitale a Nanchino (1929) avrebbe dovuto, secondo le intenzioni degli architetti autori del piano regolatore della città, avere come conseguenza la costruzione di un grande complesso di edifici, per uso amministrativo, in stile cinese, da far sorgere ai piedi della Montagna di Porpora, attorno al Mausoleo di Sun Yat-sen. Gli avvenimenti politici fecero abbandonare il progetto, cosicché i nuovi edifici della capitale vennero costruiti senza coordinazione e con disparità di stili: fra i migliori esempî di stile cinese può citarsi l'attuale sede dello Yüan esecutivo. Gli anni di guerra non hanno visto nuove costruzioni degne di nota: nel dopoguerra, invece, si è avuta una modesta ripresa dell'attività edilizia, finora contenuta in termini di economia. Notevole la ricostruzione di Nanchino in cui non vi sono, però, esempî di stile neo-cinese.
Nel campo dell'architettura monumentale devono essere ricordati il citato Mausoleo di Sun Yat-sen (1929), opera dell'architetto Lu Yen-chih, in cui, però, si nota un'ibrida mescolanza di stili, ed il monumento commemorativo di Sun Yat-sen, progettato dallo stesso architetto, a Canton.
Danni arrecati al patrimonio artistico e culturale cinese durante la guerra. - Secondo recenti statistiche del governo, durante l'ultima guerra contro il Giappone la Cina avrebbe perduto per distruzione, per asportazione da parte delle truppe giapponesi o per cessione al Giappone da parte del governo collaborazionista di Wang Ching-wei, oltre 1870 casse di libri e di oggetti d'arte. Distruzioni abbastanza notevoli a causa di bombardamenti aerei giapponesi si sono avute in antiche città quali Ch'ung-K'ing, Yen-an, C'hang-sha ed altre ancora: non gravi i danni subiti da Nanchino e da Pechino. Durante la guerra il governo cinese curò il salvataggio delle opere d'arte trasportando buona parte degli oggetti esistenti nel palazzo imperiale di Pechino nelle provincie del Kwei-chow e del Sze-ch'wan.
L'azione svolta dal governo cinese per la restituzione delle opere d'arte mira a comprendere anche quelle opere che andarono perdute fin dal 1894-95, epoca della prima guerra cino-giapponese.
L'opera di restituzione è stata fruttifera, soprattutto per i libri portati in Giappone durante l'ultima guerra: la Royal Asiatic Society, la Central Library di Nanchino, l'università di Sun Yat-sen in Canton e l'università Nankai in T'ien-tsin hanno potuto ricostituire le loro biblioteche.
L'attuale guerra civile tra i comunisti e i nazionalisti causa notevoli danni ai monumenti dell'interno: la distruzione delle missioni cattoliche e di antichi templi e conventi è stata più volte rimproverata dai nazionalisti ai comunisti, i quali, nell'ultimo anno, secondo informazioni governative, avrebbero distrutto i famosi templi buddisti della montagna di Wu Tai Shan, l'antichissimo tempio di Confucio a Chefoo, alcune lamaserie della Manciuria orientale, l'antica missione cattolica di Siwang tze a Chungli ed altre ancora. La mancanza però di un'efficace amministrazione per la tutela dei monumenti, fa sì che anche in zone non direttamente teatro di guerra, l'incuria prevalente sia soprattutto la principale causa della rovina dei monumenti cinesi.
Bibl.: Hu Man, Chung Kuo Mei Shu Shih (Storia dell'arte cinese), Shanghai 1947, pp. 179-216; Cheng Chang, Chung Kuo Hua Hsüeh Chuen Shih (Storia della pittura cinese), Shanghai; K. Killam Murphy, An Architectural Renaissance in China, in Asia, XXVIII (1928), pp. 468-475; id., Architecture in China, Berkeley, Cal., 1946, pp. 363-371; D. G. Mirams, A brief History of Chinese Architecture, Shanghai 1940; Chang Yee, Art in China, Berkeley, Cal. 1946, pp. 359-362.