CINA (X, p. 257; App. I, p. 417; II, 1, p. 585)
Dati statistici, censimenti. - La superficie della Cina è calcolata in 9.598.029 km2; di questi, 9.561.000 km2 costituiscono il territorio controllato dal governo della Repubblica Popolare Cinese, con capitale Pechino; 36.000 km2 costituiscono il territorio controllato dal governo della Repubblica Nazionalista Cinese, con capitale T'aipei. La colonia britannica di Hongkong occupa una superficie di 1031 km2; quella portoghese di Macao di soli 16 km2.
Il 30 giugno 1953 fu tenuto in tutta la C. controllata dal governo della Repubblica Popolare il censimento della popolazione, che diede un totale di 601.939.035 abitanti. In questa cifra vennero però compresi gli abitanti dell'isola di Formosa, sotto il controllo del governo della Repubblica Nazionalista e per i quali conosciamo l'ammontare nel 1951 (7.591.298) e nel 1956 (9.390.381); e i Cinesi residenti all'estero, anche se cittadini di altri stati, calcolati in 11.743.320 individui. Pertanto l'ammontare totale della popolazione residente nel territorio della Repubblica Popolare Cinese dovrebbe essere stato, a quella data, non troppo superiore ai 580.000.000 di abitanti. Da allora la popolazione ha continuato ad aumentare con ritmo molto celere, come risulta dai seguenti dati:
Risulta difficile poter calcolare il tasso di natalità, ma si può valutarlo dal 42 al 45 per mille; ciò è in rapporto sia coll'età giovanile delle spose (18-21 anni), sia col desiderio delle famiglie di aver molti figli. L'indice di mortalità è stato calcolato intorno al 21 per mille. La lotta contro le malattie (specie vaiolo, peste, colera) e la diffusione di norme igieniche tendono ad abbassare ancor più questa cifra; in forte regresso è anche la mortalità infantile. Lo sviluppo dell'istruzione ha contribuito in maniera decisiva a metter da parte moltissimi usi primitivi e ad accostare anche le regioni periferiche alla civiltà moderna.
La densità media s'aggira sui 60 ab. per km2, ma la ripartizione risulta estremamente irregolare e in parte riflette le diversità ambientali. Le distese che collegano la C. al cuore del continente asiatico sono poco popolate (appena 1 ab. per km2 nel Tibet e 2,7 nel Hsin-chiang), mentre le province orientali, che comprendono anche le pianure che si intercalano tra i rilievi montagnosi, raggiungóno nel Chiangsu 380 ab. per km2. Valori ancora più alti (che possono giungere a 660 ab. nelle colline rosse attorno a Ch'engtu) si registrano nel Szuch'uan. Ben popolato è anche il delta del Fiume Azzurro (con densità da 300 a 550 ab.) e il suo bacino centrale; meno ben popolata, ma di gran lunga più estesa, è la grande pianura della C. settentrionale.
Queste alte densità agricole sono possibili perché il livello medio d'esistenza risulta ancora molto basso e fondato quasi esclusivamente su una dieta vegetale. Sensibili sono stati in questi ultimi anni gli spostamenti di contadini dalle regioni interne più povere (p. es. dallo Hopei) verso nord e verso ovest; anche la Manciuria continua ad esercitare notevole attrazione.
La popolazione è relativamente omogenea, dato che soltanto 35 milioni di abitanti circa (il 6% del totale) appartengono a gruppi razziali diversi da quello principale, conosciuto col nome di Han o cinese. Nella tabella nell'alto di questa pagina è indicata la distribuzione regionale della popolazione cinese secondo i varî gruppi razziali e relativa consistenza numerica.
Il 19 giugno 1954 il governo della Repubblica Popolare fissò il numero delle province in 27. Questo numero è stato successivamente ridotto in seguito alla fusione di province o alla creaziorie di regioni autonome. Così nel 1955 il numero delle province era sceso a 25 e attualmente (novembre 1960) risulta di 22, come è indicato nella tabella seguente:
La popolazione delle principali città, secondo le risultanze del censimento del 1953 e stime relative alla fine del 1957, è la seguente:
Seguono 26 città con oltre mezzo milione di ab. Nel 1958 esistevano 98 mila comuni e 3500 località con statuto particolare. Si calcola che appena il 13,8% della popolazione viva in centri di oltre 100 mila ab., ma si nota un progressivo aumento che va di pari passo collo sviluppo delle industrie.
La bandiera dello stato. - La bandiera della Repubblica Popolare Cinese è rossa, con cinque stelle giallo-oro (una grande e quattro piccole) a sinistra, in alto. Quella della Repubblica Nazionalista è stata descritta in App. I, p. 417.
Condizioni economiche. - Nel 1949, quando i comunisti hanno preso nelle loro mani le redini del governo, il paese si presentava sottosviluppato e rovinato da un lungo periodo di guerra. Sottosviluppato perché le tecniche tradizionali di produzione erano arretrate; l'industria, ancora agli inizî, esisteva soltanto nelle regioni costiere di NE ed era per la massima parte nelle mani di stranieri; inoltre il paese era fornito di mediocri vie di comunicazione. L'immensa C. presentava, in rapporto con le diversità fisiche (e soprattutto climatiche), condizioni molto diverse da parte a parte, ma vi prevalevano sistemi economici e sociali primitivi, semicoloniali e semicapitalisti. Non bisogna poi dimenticare che la C. va di frequente soggetta a catastrofi naturali. Le terribili inondazioni dell'agosto 1954 e le gelate eccezionali del gennaio 1955 hanno reso necessario per un certo tempo il razionamento dei viveri. Anche nel 1957 i principali fiumi hanno rotto in più luoghi le dighe sommergendo 150.000 km2 e causando 15 milioni di senzatetto.
L'opera di ricostruzione intrapresa dal governo comunista fu caratterizzata dallo smantellamento progressivo e parziale delle strutture "feudali" della società cinese, rappresentate dai modi antiquati di produzione agricola e dalla mancanza di industrializzazione.
Questo smantellamento ebbe inizio con la legge per la riforma agraria, promulgata il 30 giugno 1950, cui seguirono le leggi sui sindacati e quella sulle assicurazioni sul lavoro; l'industria pesante passò interamente alle dipendenze dello stato, mentre nel settore dell'industria leggera fu permessa la sopravvivenza di imprese private e miste (statali e private). Come effetto di queste misure, il valore della produzione agricola tornò al livello prebellico (48 miliardi e mezzo di yuan) nel 1952, e nello stesso anno la produzione industriale superò il livello prebellico, soprattutto relativamente al settore siderurgico, decuplicato rispetto al 1949; buoni progressi furono realizzati anche nel settore dei trasporti e nell'organizzazione statistica.
Il primo piano quinquennale, la cui attuazione ebbe inizio tra il 1952 e il 1953, segnò il passaggio dalla fase transitoria del periodo di ricostruzione all'instaurazione della vera e propria economia socialista, imperniata sullo sforzo per l'industrializzazione del paese. Furono intensificate le misure fiscali contro la proprietà privata, e le imprese statali e miste finirono con l'assorbire quasi tutte le imprese private, sia nell'industria che nel commercio, mentre in agricoltura si veniva generalizzando il sistema delle cooperative collettivizzate. Particolare cura fu dedicata dal piano alla preparazione di operai specializzati e si previde che entro il quinquennio venissero specializzati un milione di lavoratori.
Gli obiettivi sociali fissati dal piano furono pienamente raggiunti nel 1956, mentre i risultati economici, alla fine del 1957, superarono ampiamente, secondo i dati ufficiali, le previsioni. In particolare, il valore della produzione industriale raggiunse i 69 miliardi di yuan (con un aumento del 132% sul 1952) e quello della produzione agricola i 64,5 miliardi (con un aumento del 25% sul 1952). I maggiori successi furono ottenuti nella produzione del carbone, dell'acciaio, dell'energia elettrica, mentre inferiori alle previsioni furono i risultati raggiunti nei settori dei cotoni e delle cotonate. Il primo piano ha avuto il merito di gettare le basi dell'industrializzazione del paese; le incertezze e le sfasature attraverso le quali esso si è svolto, e il relativo insuccesso nel settore agricolo, hanno tuttavia spinto le autorità cinesi a un riesame della situazione economica. In base a tale riesame è stato approntato il secondo piano quinquennale, attualmente in fase di realizzazione.
Il secondo piano quinquennale, approvato il 27 settembre 1956, prevedeva, fra l'altro, per il periodo 1958-62: l'aumento del 50% del reddito nazionale; la destinazione del 60-70% delle entrate statali a investimenti produttivi; il raggiungimento dei seguenti volumi produttivi: 40-43 miliardi di kWh di energia elettrica, 200 milioni di tonnellate di carbone, 11-12 milioni di tonnellate di acciaio, 250 milioni di tonnellate di cereali, ecc. Considerazioni in parte politiche e in parte economiche spinsero tuttavia le autorità, nella seconda metà del 1957, a lanciare una campagna per effettuare un cosiddetto "balzo in avanti" allo scopo di accelerare al massimo il raggiungimento degli obiettivi.
Nell'agosto del 1958 furono attuati grandi cambiamenti nell'organizzazione dell'agricoltura, con la fusione delle cooperative agricole in oltre 26 mila "comuni del popolo", ognuno dei quali comprendente circa 5 mila famiglie. Il principale obiettivo che si vuole raggiungere con i comuni è la mobilitazione delle risorse nel quadro del "super effort" da applicare nel periodo 1958-60 per espandere l'economia in misura adeguata a mantenere un costante sviluppo. Diamo qui di seguito notizie particolari sullo sviluppo dell'agricoltura, dell'estrazione dei minerali e dell'industria.
Agricoltura. - Anche in Cina, come nell'URSS, la maggioranza della popolazione è costituita da contadini (si calcola infatti che l'87% degli ab. traggano le loro risorse dal lavoro agricolo), ma in questo paese monsonico, dove la coltura dei campi viene praticata fin dalle epoche più antiche, la cellula familiare risulta molto più salda. D'altra parte i poderi sono di piccole dimensioni e non era possibile cambiare la struttura agricola facendo uso di macchine, tanto più che la coltura del riso, che nelle regioni meridionali assume la forma del giardinaggio, non si prestava all'impiego di esse. Ma anche qui non mancavano le ineguaglianze sociali, sia per quanto riguarda l'estensione della proprietà che il lavoro dei campi; era possibile infatti riconoscere l'esistenza di braccianti, di contadini con piccole proprietà del tutto insufficienti a nutrire la famiglia, di fittavoli spesso indebitati, di piccoli proprietarî che gestivano direttamente il fondo, di grandi proprietarî che vivevano nelle città. La riforma agraria ha avuto qui caratteri particolari ed ha cercato in primo luogo che la produzione agricola non diminuisse, per cui non si è avuta un'applicazione troppo stretta dei principî comunisti; vennero colpiti i proprietarî che affittavano le terre o le coltivavano da lontano attraverso salariati, come pure i capitalisti che prendevano in affitto dei terreni che facevano coltivare da altri, mentre i contadini benestanti che coltivavano direttamente le terre (sia pure con l'aiuto di braccianti) ne rimasero proprietarî. Vennero ridistribuiti tra 300 milioni di contadini 47 milioni di ha (pari a circa metà della superficie allora coltivata), dando in media 15,7 are a testa. Con l'istituzione delle cooperative (che possono essere di lavoro o di produzione) 111 milioni di famiglie agricole risultavano (1956) riunite in mezzo milione di cooperative (raggruppanti da 200 a 250 famiglie). Da queste cooperative (che appaiono molto diverse dai kolchoz) il contadino riceve oltre che un salario anche un affitto per la terra messa in comune, per cui il legame con la terra resta abbastanza stretto; si tratta del resto di piccole entità (ogni cooperativa ha in media 20 ha), nelle quali tutti hanno lo stesso compenso e nelle quali limitato è l'uso di macchine agricole. Nelle regioni settentrionali si tende a sostituire le piccole con grandi cooperative, abolendo l'affitto dato ai contadini e in cambio usando su più vasta scala le macchine (specie dove si coltiva il grano). Esistono anche cooperative di credito che permettono di eliminare l'usura e vengono sovvenzionate dallo stato, mentre tutta una serie di stazioni sperimentali forniscono consigli e istruzioni ai contadini. Sono state create anche molte fattorie statali. Poi dall'estate 1958 sono sorti i "comuni popolari", che hanno lo scopo di facilitare gli scambî, di trovare occupazione alla manodopera e di creare piccole industrie che producano per il consumo locale.
Grandiosi lavori irrigui hanno trasformato profondamente le condizioni di vaste zone soprattutto nella valle del F. Giallo (dove è stato studiato un piano di più vasta portata che dovrebbe cambiare profondamente l'andamento del medio e basso corso del fiume); anche nel bacino del F. Azzurro sono stati creati serbatoi, canali, dighe. Nel 1953 è stato ultimato il "Canale della Vittoria Popolare" (84 km), che reca una parte delle acque di piena del F. Giallo al suo affluente Weiho nello Shenhsi. L'eccedenza delle portate del F. Azzurro, non essendo sufficiente a smaltirle il lago Tungt'ing, possono ora esser riversate nel bacino del Chingchiang. Si calcola siano stati scavati (dal 1949 al 1954) 900 mila pozzi nell'Honan, Shantung ed Hopei, installate 600 mila ruote idrauliche e pompe a vapore, creati 15 mila piccoli bacini nel solo Szuch'uan, facendo passare l'area irrigua da 19 milioni a 32 milioni di ha. Si è anche cercato di contrastare il disboscamento e l'erosione accelerata del suolo (assai frequente nel löss), mediante impianto di molti alberi, secondo un piano organico. Durante il primo piano quinquennale (1953-57) sono stati piantati ad alberi 4,4 milioni di ha e 1,5 milioni di ha a siepi (per contrastare la violenza del vento) e spostati per lavori 1,3 miliardi di m2 di terreno. Nell'alto corso dei fiumi si stanno costruendo dighe e serbatoi che ostacolano le inondazioni e permettono di produrre una maggiore quantità di energia elettrica. Nuove regioni sono state popolate, specie a N, nelle terre nere dell'Heilungchiang, nel Kansu, nella pianura del F. Giallo e soprattutto nelle zone aride e semiaride del Hsinchiang.
La superficie coltivata, che nel 1949 era scesa a 97 milioni di ha, è stata notevolmente accresciuta. Per quanto riguarda le principali colture si nota un discreto aumento, anche se si prescinde dai dati del 1958, annata agricola particolarmente favorevole. Così per il riso la produzione è passata da 485-500 milioni di q (1949-50) a 860 milioni (1957); ciò è da mettere in rapporto sia con la maggiore estensione delle aree irrigue, sia col fatto che la coltura si è estesa verso NE; per di più il doppio raccolto, caratteristico della Cina merid., si è andato diffondendo anche nella valle del F. Azzurro. Assai minore è lo sviluppo della coltura del frumento, che è stato seminato in file più strette e si è esteso anche in regioni più meridionali, in terreni che erano un tempo lasciati a riposo; da 210 milioni di q il raccolto è passato a 230-240 milioni. In progresso sono la coltura della canna da zucchero (specie nel Kuangtung) e quella della barbabietola (a NE, nell'Heilungchiang). Il cotone, che in passato era coltivato soprattutto nell'Hopei e nel Shanhsi, si è diffuso anche nel bacino del Turfan e la produzione è passata da 500 mila t a 1,5 milioni di t. Inferiore a quella dell'anteguerra è invece la produzione del tè.
Risorse minerarie. - Durante il primo piano quinquennale (1952-57) ricerche effettuate in tutto il territorio cinese permisero di accertare l'esistenza di vaste risorse minerarie il cui ammontare sarebbe di molto superiore a quello calcolato prima del 1949. Secondo dati statistici comunicati dal governo della Repubblica Popolare, la Cina avrebbe giacimenti di carbone di oltre 1.000 miliardi di t (valutaz. anteriore al 1949: 260 miliardi), concentrati soprattutto a nord del fiume Huai, nelle province dello Shanhsi e dello Shenhsi e nella Regione Autonoma della Mongolia Interna. I giacimenti di minerale di ferro ammonterebbero a oltre 12 miliardi di t (valutaz. anteriore al 1949: 3 miliardi) concentrati intorno ad Anshan, nello Hupei, nella Mongolia Interna e nello Szuch'uan. Giacimenti di petrolio sarebbero stati accertati nel Hsinchiang, Kansu, Ch'inghai, Szuch'uan. Assai ricchi i giacimenti di minerali non ferrosi, soprattutto il molibdeno e lo stagno.
Si registra un considerevole aumento della produzione di carbone, che deriva dallo sfruttamento d'un grande numero di distretti minerarî, dei quali ve ne sono 31 che producono oltre un milione di t. La produzione complessiva da 68,5 milioni di t nel 1949 è passata a 128,5 milioni nel 1957 e a 270 milioni nel 1958; le miniere principali sono quelle di Kailan (9,6 milioni), Fushun (11 milioni) e Fusin (11 milioni) in Manciuria, in attività già da tempo, e quelle aperte di recente ad Huainan (6,8) nell'Anhuei settentr., e a Tatung (6,3) nello Shanhsi settentr. Invece l'estrazione di petrolio è ancora modesta (3,7 milioni di t nel 1959, compreso quello sintetico, ricavato a Fushun in Manciuria dal carbone) e deriva soprattutto dai pozzi di Yümen nel Kansu. La C. mantiene il primato per il volframio ed ha una considerevole produzione di tungsteno, antimonio, molibdeno, stagno. In forte aumento risulta la produzione di energia elettrica, passata da 7,2 miliardi di kWh nel 1949 a 27,5 miliardi nel 1958 e 41,5 nel 1959 (di cui circa tre quarti prodotti mediante carbone, il resto da impianti idrici, di cui il principale è quello sul F. Sungari a monte di Chilin; sul F. Giallo sono in costruzione le centrali di Sanmenhsia e di Liuchia). Anche la produz. di acciaio è molto progredita, essendo passata da 1,3 milioni di t nel 1949 a 8,3 milioni nel 1958 e 13,3 nel 1959, con centri principali di produz. in Manciuria (Anshan).
Industrie. - Gli impianti erano nel passato mal distribuiti e le principali industrie si erano sviluppate per iniziativa di capitalisti stranieri. Così a Shanghai aveva sede un terzo di tutta l'industria leggera cinese (macchine di precisione, macchine elettriche, tessili, motori, ecc.); anche Mukden e T'ienchin avevano visto sorgere molti impianti. Nella Manciuria e nelle città costiere (Canton, ecc.) v'era l'80% dell'industria metallurgica, il 90% di quella tessile, mentre solo l'8% si trovava nello Szuch'uan.
Il piano quinquennale (1953-7) ha previsto la creazione di nuove regioni industriali nelle province interne; le officine sono state create soprattutto nei luoghi dove le materie prime (cotone, carbone, ecc.) sono copiose o dove esistono importanti mercati di consumo, in modo da avere una distribuzione più equilibrata. Non sempre però il denaro è stato speso per gli impianti (si cita infatti il caso di molti edifici sontuosi costruiti per uffici, i quali accolgono un personale eccessivamente numeroso) e in molti casi la produzione (per es. di ghisa) è stata di qualità mediocre. Dal 20 gennaio 1956 le officine e le imprese commerciali costituiscono delle proprietà miste, nelle quali i privati sono associati allo stato; e da allora vi è la tendenza a raggruppare le industrie in organismi sempre più efficienti. Anche il commercio privato viene ora controllato dallo stato. Naturalmente in qualche caso lo sviluppo industriale lede gli interessi degli agricoltori (dato che le macchine sostituiscono il lavoro umano) e degli artigiani. Nondimeno questi ultimi sono pur sempre numerosi: nel secondo semestre del 1958 nel corso della "battaglia per l'acciaio" gran numero di piccole officine ne hanno prodotto 3,1 milioni di tonn. Per le industrie pesanti, che verranno potenziate sempre più, il centro principale di produzione è attorno ad Anshan nel Liaoning, dove si è formato un distretto industriale nel quale hanno avuto sviluppo anche gli stabilimenti chimici, tessili e di prodotti alimentari. A Lüta (presso Dairen) è sorto un nuovo cantiere navale. A Ch'angch'un è stata prodotta (1956) la prima automobile di fabbricazione cinese. Per la produzione dell'acciaio due nuovi centri si trovano a Wuhan (Hank'ou) nell'Hupei (che utilizza il ferro delle miniere di Tayeh) ed a Paot'ou nella Mongolia Interna (presso le miniere di Paiyünpo). Presso Chungch'ing si sta costruendo una centrale elettrica, che darà vita a una grande fabbrica di cemento (prod. totale 11 milioni di tonn. nel 1958) e ad una di concimi (specie solfato e nitrato d'ammonio). Tre grandi zuccherifici sono sorti nel Szuch'uan (prod. 1958: 900 mila t). Anche tUrumchi e Kashgar hanno visto ravvivare le loro industrie artigiane. Per l'industria tessile i maggiori impianti si trovano entro il triangolo Shanghai-Nanchino-Hangchou, ma i Cinesi cercano di trasferire gli impianti tessili in vicinanza del cotone, per evitare costosi trasporti; nuovi opifici sono sorti nello Shanhsi e nello Shenhsi.
Vie di comunicazione. - La C. era finora assai mal dotata di ferrovie; ciò ostacolava gli scambî e stimolava le tendenze autarchiche, favoriva il regionalismo politico e rendeva difficile contrastare le carestie, che di tanto in tanto colpiscono le regioni interne del paese. Soltanto la Manciuria aveva una rete abbastanza efficiente (11.500 km, su un totale di 31.000 km alla fine del 1958, di cui appena 2970 a doppio binario). Fino al 1950 la rete cinese si articolava su tre arterie con direzione meridiana: la Pechino-Wuhan-Canton (2345 km), la Pechino-Shanghai (1506 km) e la Pechino-Harbin (1800), con due diramazioni principali verso Vladivostok e Čita. Finora la prima di queste linee subiva un'interruzione in corrispondenza del F. Azzurro: nell'ottobre 1957 è stato inaugurato a Wuhan un grande ponte ferroviario (1760 m), il quale ha anche un'importanza simbolica, dato che costituisce il principale collegamento tra la Cina del Nord e la Cina del Sud.
Una delle prime ferrovie ad essere aperte (novembre 1951) è stata nel Kuanghsi la linea (420 km) di collegamento col Vietnam (Laipin-Munankuan). Poi nel 1955 Litang (sempre nel Kuanghsi) è stata collegata con un tronco (318 km) al porto di Tsamkong (o Chanchiang). Nella Cina centrale (Szuch'uan) nel luglio 1952 è stata aperta la Chungch'ing-Ch'engtu (505 km). Poi nel 1956 è stato inaugurato il tronco Ch'engtu-Paoch'i (678 km) con cui il bacino rosso dello Szuch'uan è stato collegato alla rete cinese; per superare il rilievo di Tsinling è stato necessario costruire 41 gallerie su un tratto di soli 40 km. Paoch'i è da allora diventato un nodo di grande importanza, che permette le comunicazioni tra lo Szuch'uan e la linea del Hsinchiang. Presto lo Szuch'uan potrà comunicare anche con le regioni di SO, essendo in costruzione la linea Neichiang (a O di Chungch'ing)-K'unming. Nella Cina di NO nell'ottobre 1952 è stata aperta la T'ienshui-Lanchou (342 km). Lungo il F. Giallo nel 1958 è stata aperta la linea Lanchou-Paot'ou (1100 km), alla costruzione della quale sono stati addetti 30 mila operai; questa linea (che supera con gallerie e ponti la valle del Chialing) costituirà un importante collegamento tra la ferrovia del Hsinchiang e quella della Mongolia. Si tratta di due linee della massima importanza per i rapporti con l'URSS, la prima ancora in costruzione, la seconda da poco ultimata. L'8 aprile 1955 è stata inaugurata la ferrovia Transmongolica. Essa si stacca dalla Transiberiana a Ulan Ude, tocca la capitale della Mongolia (Ulan Bator), poi percorre il Gobi, traversa la Mongolia Interna e si ricollega a Chining alla rete delle ferrovie cinesi. Pechino è avvicinata con questa linea all'Europa di 1150 km. Dal 1953 è poi in costruzione la ferrovia del Hsinchiang (2350 km) che ricalca l'antica via della seta. Il suo andamento è da est a ovest. Parte dal Mar Giallo, tocca K'aifeng e Hsian e dopo 1765 km giunge a Lanchou, da dove è in corso il prolungamento verso Urumchi (in cin. Tihwa), capoluogo del Hsinchiang, da dove si ricollegherà con Aktogai, stazione del Turksib. Questa nuova linea costituirà un nuovo collegamento, assai importante, tra la Cina e l'Unione Sovietica e la principale via di comunicazione interna tra l'Europa e il Pacifico.
Anche la rete stradale è stata migliorata, sia allo scopo di agevolare le comunicazioni coi paesi vicini, sia per mettere in valore le ricchezze delle province più lontane, allargando l'orizzonte di milioni di uomini, che ora possono più agevolmente scambiare i loro prodotti. Nel 1954 sono state aperte due autostrade che collegano la Cina col Tibet, una proveniente da Ch'engtu, l'altra da Hsining; esse convergono a Lasha e sono messe in rapporto tra loro da un'altra autostrada che partendo da Hsining giunge a E di Chamdo. Per ora molto limitato è il numero delle automobili, che per metà appartengono allo stato.
Notevole sviluppo ha avuto in questi ultimi anni il nuovo avamporto di T'ienchin-Tangku, come pure Whampoa, avamporto di Canton. In progresso è anche Amoy, da quando (1957) è stato aperto il tronco ferroviario (698 km) che lo collega alla stazione di Yingtan colla linea Hangchou-Nanch'ang.
Le linee aeree civili sono passate da 11.000 a 33.000 km. Nel settore delle poste e telecomunicazioni vi erano, a fine 1958, 60.000 uffici contro 20.000 nel 1949.
Bibl.: Sui risultati del censimento e i dati demografici vedi: Kuan-yü ch'üankuo jen-ko tiao-ch'a teng-chi, chieh-kuo ti kung-pao (Comunicato sui risultati della popolazione e di tutto il paese), Pechino, Ufficio statale di statistica, I, nov. 1954; Chung Lin e Hsiao Lu, I-chiu-wu-san nien ch'üan-kuo jen-kou tiao-ch'a (Il censimento del 1953 di tutta la popolazione), in Tung-chi kung-tso t'ung-hsin (Informazioni di lavori statistici), Pechino, n. 10, 1955; S. Chandrasekhar, China's population - census and vital statistics, Hongkong 1959. Confronta inoltre: N. S. Ginsburg, China's changing political geography, in Geogr. Review., XLII (1952), pp. 103-17; F. O. Jones, Tukianggyen: China's ancient irrigation system, in Georgr. Review, XLIV (1954), pp. 543-59; J. Dresch , Population et resources de la Chine nouvelle, in Annales de géographie, XLIV (1955), pp. 177-201; G. B. Cressey, Changing the map of China, in Economic Geography, XXXI (1955), pp. 1-16; M. Erselçuk, The iron and steel industry of China, in Economic Geography, XXXII (1956), pp. 347-71; R. Dumont, Révolution dans les campagnes chinoises, Parigi 1957; T. Shabad, Chinas neues Gesicht, Berlino 1957; G.W. Trewartha, New maps of China population, in Geogr. Review, XLVII (1957), pp. 234-39; Wang Chun Heng, A simple geography of China, Pechino 1958; P. Halpap, Die Entwicklung der Industrie der Volksrepublik China, in Zeitsch. für Erdkundeunterricht, X (1958), pp. 97-106; L. A. Orleans, The recent growth of China's urban population, in Geogr. Review, IL (1959), pp. 43-57; L. Mitchison, I campi petroliferi di Yumen, in Le Vie del Mondo, XXI (1959), pp. 63-70; T. Shabad, The population of China's cities, in Geogr. Review, IL (1959), pp. 32-42; B. Skibbe, China, Eine Landeskunde, Heidelberg-Monaco 1959.
Storia e ordinamento.
La guerra civile. - La guerra civile tra Nazionalisti e Comunisti giunse a conclusione nel continente cinese durante l'anno 1949. Di fronte alla superiore organizzazione e disciplina delle truppe comuniste, quelle nazionaliste, minate nel morale dall'abile propaganda avversaria, mal guidate da capi incapaci, poco sostenute dal fronte interno, sconvolto dalla grave crisi economica prodotta dalla inflazione crescente, non poterono opporre una valida resistenza.
La guerra contro il Giappone aveva offerto ai comunisti l'occasione di estendere considerevolmente la loro influenza: alla fine del 1945 circa un milione di km2 con 100 milioni di abitanti e circa due milioni di soldati della milizia popolare obbedivano a Mao. Pertanto Chiang Kai-shek dopo la capitolazione del Giappone (15 agosto 1945), per prima cosa si era preoccupato di eliminare al più presto lo stato comunista di Yenan. Il periodo agosto 1945-giugno 1946 rappresentò tuttavia un regime di semitregua, cui seguì nel 1946 la guerra aperta fra i comunisti e il governo di Chungch'ing. Con l'aiuto degli S.U.A., Chiang si preparò ad attuare la millenaria strategia cinese del piano "verticale"; con l'appoggio dell'URSS, Mao Tse-tung rispose col tentativo di realizzare il piano "orizzontale", anch'esso millenario, della strategia cinese (fin dalle origini, in Cina, i regni che avevano per base lo Shenhsi hanno sempre tentato di espandersi dall'ovest all'est, lungo il Fiume Giallo: piano "orizzontale"; mentre i regni del Sud hanno sempre cercato di applicare il piano "verticale", cioè di procedere nel senso dei meridiani per frustrare l'avanzata dei rivali nel senso dei paralleli e rigettarli nell'inospite occidente).
La guerra civile si scatenò apertamente e massicciamente nel luglio 1946; forte dell'aiuto americano (ammontante complessivamente, nel luglio 1946-luglio 1947, a due miliardi e 252 milioni di dollari in armi, munizioni e rifornimenti bellici e parabellici), Chiang mirò ad un successo risolutivo. Senonché la corruzione e l'incapacità della Cina nazionalista, l'impegno e l'intelligente strategia logoratrice del comando di Yenan frustravano sostanzialmente l'enorme sforzo degli avversarî. Alla fine del 1946 e per tutto il 1947 le forze in presenza ammontarono per i nazionalisti a 2.600.000 uomini e per i comunisti a 1.100.000; dal punto di vista delle armi leggere (fucili e mitragliatrici), la superiorità dei nazionalisti era ancora di 3-4 contro 1. Chiang cercò di sfruttare strategicamente la sua superiorità per assicurarsi il controllo, nella Cina del Nord, delle ferrovie Pechino-Hank'ou, Ch'inan-P'uk'ou, Ch'inan-Chiaochou, al fine di separare le forze dei comunisti e battere prima quelle dislocate nelle province litoranee, quindi quelle nelle province dell'interno. Contemporaneamente, in Manciuria, Chiang mirava a un'offensiva su Harbin, mentre cercava di consolidarsi nella regione di Mukden e insieme di liberare le sue retrovie nel Liaoning e nel Jehol dalle molestie esercitate dai comunisti. I nazionalisti ottennero dei successi, ma di limitata entità, anche per la tattica adottata dai comunisti mirante, di fronte alla superiorità delle forze nemiche, più alla guerriglia che ad una battaglia in aperta campagna.
Nonostante tutto la superiorità decisiva si situava sempre sul piano morale: fin dai primi scontri in grande, apparve chiara la mancanza di combattività delle truppe nazionaliste, scoraggiate e passive, e quindi prive di una vera arma efficace contro un nemico risoluto e inafferrabile. Gli aiuti americani che quelle truppe ricevevano di continuo non riuscivano a galvanizzarle, e spesso passavano ai comunisti, anche al primo combattimento. Nonostante l'appariscente successo dei nazionalisti, che il 19 marzo 1947 erano entrati a Yenan, già durante questa prima campagna, per l'accorta difesa dei comunisti, le operazioni nello Shantung, Hopei, Shanhsi, Manciuria si erano concluse, nel luglio 1947, con lo scacco delle finalità strategiche di annientamento dello S.M. del Kuo Min Tang.
Dal luglio al settembre 1947, l'esercito popolare poi passava addirittura all'offensiva su scala nazionale, perché ormai forte della sua aggressiva volontà di liberazione, del suo addestramento, del suo riarmo fatto a spese degli avversarî. In effetti, il nono principio militare di Mao era stato fatto radicalmente proprio dall'armata rossa: "Corroborare le nostre forze con la cattura di tutte le armi nemiche e della maggior parte degli effettivi nemici. La sorgente principale dei nostri equipaggiamenti e dei nostri effettivi è al fronte". (I soldati nazionalisti fatti prigionieri, dopo essere stati addottrinati e politicamente istruiti, si trasformavano in combattenti entusiasti e aggressivi). Nel corso del 1948 il rapporto delle forze fra i due contendenti si trovò singolarmente trasformato; a fine giugno i nazionalisti disponevano di 2.180.000 uomini, dei quali però solo 980.000 armati, e di 21.000 cannoni; i comunisti di 1.560.000 uomini regolari e armati, assistiti da 700.000 guerriglieri, e di 22.800 cannoni.
Dal settembre-ottobre 1947 la condotta di guerra di Mao e del suo generalissimo Chu Teh segnò l'inizio di una profonda evoluzione in Manciuria e nella Cina del Nord; non si temettero più le azioni di assedio e si cominciarono ad affrontare i grandi impegni in aperta campagna. Le operazioni dei comunisti mano a mano si fecero più coordinate e più precise nei loro scopi, più avvedute nella scelta degli obiettivi. Inoltre, mentre nel luglio 1946-luglio 1947 le operazioni comuniste si svolsero principalmente al nord, in Manciuria e nello Shantung, dopo il luglio 1947 i comunisti operanti nella Cina centrale si erano quintuplicati, raggiungendo al 10 luglio 1948 la metà dei proprî effettivi.
La battaglia di Ich'ang del 29 febbraio-10 marzo 1948 liberava Yenan e lo Shenhsi dalla presenza dei nazionalisti; la battaglia di Loyang del 12 marzo-7 aprile 1948 congiungeva lo Shanhsi comunista alla Cina centrale; nonostante che il successo dei nazionalisti nella seconda battaglia di K'aifeng del 25 giugno-8 luglio 1948 avesse in parte annullato i vantaggi della prima battaglia di K'aifeng del 30 maggio-15 giugno 1948, pure i comunisti erano rimasti saldamente insediati nella Cina centrale per via dei vantaggi tattici e psicologici notevoli guadagnati anche nella seconda battaglia di K'aifeng. Ad aggravare la situazione generale di Chiang sopravvennero nella seconda metà del 1948 i disastri di Manciuria, dove, dopo la battaglia di Chinchou del 25 settembre-17 ottobre e del Liaoning del 27-30 ottobre, non c'era che da ritirare al più presto le armate battute, giusta i consigli che da tempo aveva dato invano il generale americano Barr, capo del J.U.S.M.A.G. (Joint U.S. Military Advisory Group), cioè del gruppo dei consiglieri statunitensi distaccati presso il quartier generale del Kuo Min Tang.
Nonostante che la perdita della Manciuria fosse costata ai nazionalisti 400.000 uomini, più tutto il loro armamento (per un terzo americano), pure quella perdita presentava il notevole vantaggio di alleviare i governativi di un fardello formidabile (per la perifericità del teatro mancese e la difficoltà delle comunicazioni), consentendo loro di concentrare gli sforzi a sud della Grande Muraglia. Era una possibilità strategica di ripresa offertasi a Chiang; sennonché la progressiva superiorità morale e tattica dei comunisti presto frustrò ogni ragionevole speranza di recupero da parte dei nazionalisti. Infatti, il secondo semestre del 1948 accentuò il ritmo rovinoso delle operazioni per i governativi, che, con la battaglia di Ch'inan del 15-25 settembre, perdettero al completo il controllo dello Shantung, e con la battaglia di Hsüchou del 5 novembre 1948-10 gennaio 1949, consegnarono tutta la Cina centrale (oltre la settentrionale) ai comunisti. Questi, avendo inflitto ai nemici a Hsüchou, la massima battaglia di tutta la guerra civile, una perdita di 600.000 uomini, si portarono agevolmente sulla sinistra dello Yangtze: il passaggio dello storico fiume diveniva ormai possibile e, per ciò stesso, l'ultima possibilità del Kuo Min Tang era perduta.
Il presidente degli S.U.A., H. Truman, visto che ai nazionalisti soprattutto mancava la volontà di difendersi, il 10 dicembre 1948 rifiutò ogni invio di materiali, destinati in realtà al rifornimento dei comunisti; il 21 dicembre, la Casa Bianca annunciava ufficialmente "la sospensione del programma di aiuti alla ricostruzione della Cina". Il periodo compreso fra il 10 gennaio 1949 (fine della battaglia di Hsüchou) e il 20 aprile (inizio dell'offensiva di risoluzione dei rossi) vide il consolidamento del governo e delle truppe di Mao, la preparazione di queste ultime per il cimento conclusivo, la resa del gen. Fu Tso-yi del Kuo Min Tang, che pure nell'Hopei e nel Chahar meridionale aveva opposto valida resistenza ai comunisti. Ma dopo la battaglia di Hsüchou, i giorni di Fu, circondato per ogni parte dai nemici, erano contati; le operazioni condotte contro di lui da Lin Piao si conclusero il 23 gennaio 1949 con "compromesso" che, al di là delle sottigliezze formali, costituì un'autentica capitolazione.
Le conseguenze risultarono più che gravi per i nazionalisti: le vie di comunicazione Pechino-Mukden, Pechino-Kalgan, Pechino-T'ienchin si aprirono ai comunieti, che le riorganizzarono; per di più il nucleo ferroviario ricordato venne utilizzato come base per il rifornimento delle armate lungo la sinistra dello Yangtze, in quanto che da quel nucleo si snodano i due più importanti assi ferroviarî longitudinali della Cina, Pechino-Nanchino e Pechino-Hangchou. Dopo la capitolazione di Fu, e al precipitare degli avvenimenti Chiang Kai-shek lasciò il governo il 21 gennaio 1949 e fu sostituito dal vicepresidente Li Tsung-jen il quale iniziò trattative di pace. In realtà i negoziati svoltisi dal febbraio all'aprile del 1949 non furono che uno schermo trasparente, per consentire alle due parti di riorganizzare le loro forze. Quando i comunisti ebbero portata a termine la loro preparazione offensiva, il 2 aprile, a Pechino, fecero trovare gli inviati del Kuo Min Tang dinnanzi a un preciso ultimatum. Alla data del 12 aprile, il governo di Pechino doveva dichiarare che "in pace o in guerra" consentiva il passaggio delle armate popolari a sud dello Yangtze; i nazionalisti chiesero una proroga per i termini dell'ultimatum, differiti dai comunisti al 20 aprile. Dopo essersi appellato ancora una volta invano agli S.U.A., il 20 aprile, Chiang respingeva l'ultimatum, ma domandava un armistizio per continuare le trattative. Gli avversarî, però, erano ormai pronti, sì che per tutta risposta le armate popolari, su ordine di Mao e di Chu Teh, attraversarono lo Yangtze. Vista subito l'impossibilità di resistere, gli eserciti governativi presero la via di Canton, mentre Chiang raggiungeva in volo Formosa.
Alla vigilia dell'ultima fase della guerra le forze in presenza erano le seguenti: da parte dei nazionalisti, 1.400.000 u., di cui 500.000 di truppe di servizî, da parte dei comunisti circa 1.625.000 tutti combattenti, e circa 1.000.000 di guerriglieri. I rapporti di forze erano radicalmente mutati; all'inizio del 1948 i nazionalisti godevano di una superiorità di 3 a 1, ora i comunisti di 3 a 2. Quanto ai materiali, il grosso era passato dal campo di Chiang a quello di Mao, che dal 1° luglio 1946 al 31 gennaio 1949 aveva catturato 1.700.000 fucili, 193.000 mitragliatrici e armi automatiche, 37.000 cannoni e mortai, 1.900.000 granate a mano, 513 carri armati; questo materiale, in gran parte americano, assicurava una larga superiorità ai comunisti che, ormai sicuri della vittoria, avevano sospinto innanzi con vigore i preparativi in contrasto col marasma che regnava presso gli avversarî, ai quali non fu possibile prendere misure costruttive di difesa.
Meno qualche successo guadagnato per conto dei nazionalisti dal capo dei musulmani del Kansu, da per tutto i governativi subirono rovesci: alla fine del maggio 1949, il fronte d'attacco comunista si era portato oltre Nanchino, Shanghai, Ningpo, Nanch'ang, Hank'ou; a metà luglio, l'avanzata era giunta presso Fuchou, Ch'angsha e Ank'ang (basso Shenhsi); all'8 settembre, tutta la Cina era occupata all'infuori delle quattro province storiche del Kuangtung, Kuanghsi, Yünnan, Szuch'uan. Ma il 15 ottobre capitolava Canton, il 17 i due porti di Swatow, nel Kuangtung, e di Amoy, nel Fuchien; con questo la costa cinese era caduta sotto il controllo completo dei comunisti. I quali, dopo la liquidazione della Cina del sudest, fecero fronte all'ovest per distruggervi gli ultimi avanzi delle forze nazionaliste: fu una vera passeggiata militare. Il 30 novembre cadeva l'inaccessibile Chungch'ing, che i Giapponesi non avevano mai potuto neanche minacciare in otto anni di guerra; l'11 dicembre, la provincia dello Yünnan solidarizzava con Mao; il 15 prendeva analoga iniziativa il governatore del Hsik'ang (nel Far West cinese); il 27, Ch'engtu, l'ultima grande città dell'estremo occidente della Cina propria, si arrendeva qualche ora dopo la partenza in aereo per Formosa degli ultimi ministri nazionalisti. Della Cina del Kuo Min Tang non rimanevano nel continente che gruppi di guerriglieri nello Yünnan e nel Hsik'ang. Dal luglio 1946 alla fine del dicembre 1949, i comunisti avevano annientato 6.500.000 uomini circa e catturato ai nazionalisti tutti i materiali.
Storia e organizzazione della Cina nazionalista. - Trasferitosi il governo a Formosa (T'aiwan), il 1° marzo 1950 Chiang Kai-shek riassunse il potere. La capitale fu stabilita a T'aipei.
Ai primi del 1950, i nazionalisti occupavano ancora, oltre a Formosa, anche l'isola di Hainan, l'arcipelago delle isole di Chusan, l'arcipelago delle Tachen, alcune isole lungo la costa del Fuchien (Quemoy o Chinmen, Matsu, ecc.). Nel continente numerosi gruppi di sbandati conducevano ancora una fiacca resistenza, favoriti dalla vastità del territorio e dalla mancanza di vie di comunicazione. Nel maggio 1950 i comunisti attaccarono ed occuparono Hainan e l'arcipelago di Chusan. Nel corso del 1951 le ultime sacche di resistenza nazionaliste nel continente vennero ripulite dai comunisti che si potevano vantare di aver liquidato in una sola provincia, quella del Kuanghsi, ben 242.000 ribelli nazionalisti. Restarono dei focolai di resistenza nelle regioni più impervie dello Yünnan, dove un generale nazionalista, Li Mi, si mantenne per qualche tempo provocando complicazioni e incidenti di confine con la Birmania; ma anch'egli alla fine dovette abbandonare la partita e far ritorno a Formosa. Nel 1955 i nazionalisti dovettero evacuare le isole Tachen, ma da allora, nonostante i violenti attacchi condotti dai comunisti contro le altre isole costiere, essi riuscirono a mantenere le rimanenti posizioni. Questa maggiore capacità di resistenza è stata conseguenza della riorganizzazione dello stato nazionalista, del ridimensionamento delle sue forze armate, del migliore impiego degli aiuti statunitensi e della minore presa della propaganda comunista tra i cinesi di Formosa.
Il governo della Cina nazionalista (Repubblica nazionalista cinese, in cinese Chung-hua Min-kuo) ha dovuto risolvere il problema del notevolissimo aumento della popolazione di Formosa, dovuto non solo a cause naturali (quoziente di natal; tà: circa 4,3 per cento), ma anche all'aflusso di profughi dal continente. La popolazione è salita da 6.497.734 abitanti nel 1947 a 9.390.381 nel 1956. Da un lato questo afflusso di immigranti ha alterato la composizione etnica dell'isola a favore dell'elemento cinese, mentre gli aborigeni vengono fatalmente sinizzati; dall'altro, esso ha imposto il mantenimento di una burocrazia e di un esercito numerosi al fine di dare un'occupazione ai profughi. Pertanto, attualmente a Formosa sussistono due amministrazioni: quella provinciale, limitata ai soli territorî effettivamente controllati dai nazionalisti; e quella nazionale, per quanto ridotta di quadri, tranne alcuni ministeri, come gli Esteri, la Difesa, ecc. Il Governo Provinciale si compone di un Consiglio, a capo del quale è un governatore. Tra i membri del Consiglio sono scelti i capi dei dipartimenti, corrispondenti ai nostri ministeri: finanze, agricoltura, comunicazioni, affari sociali, polizia, igiene, informazioni, contabilità e statistica, personale, alimentazione, rifornimenti, educazione, ricostruzione, affari sociali. A fianco del Consiglio si trova l'Assemblea Provinciale Provvisoria, composta di 66 membri eletti ogni tre anni.
Al di sopra di questa amministrazione provinciale, abbastanza efficiente e scelta con criterî relativamente democratici, grava l'organizzazione burocratica di un governo che un tempo doveva amministrare 600 milioni di persone e che ora ne amministra soltanto dieci. La forma di governo è ancora quella escogitata da Sun Wen (Sun Yat-sen): un misto di sistema presidenziale e di sistema di gabinetto (v. App. II, 1, p. 586). A causa degli avvenimenti non sono state più tenute le elezioni per l'Assemblea Nazionale, la cui composizione è rimasta inalterata dal 1946. Nonostante il disposto dell'art. 46 della Costituzione, che prevede che il presidente resti in carica per sei anni e possa essere rieletto soltanto una seconda volta, Chiang Kai-shek ha avuto confermato per la terza volta il mandato presidenziale (1948, 1954, 1960).
L'esercito nazionalista, che nel 1950 contava circa 600.000 uomini, è stato di recente riorganizzato, grazie agli aiuti concessi dagli Stati Uniti, ed è stato ridotto di numero, pur aumentandone la potenza di fuoco. Nella difesa contro gli attacchi comunisti nella primavera-estate del 1958 è stato assistito dalla presenza delle unità della VII flotta statunitense nelle acque di Formosa.
Nel campo della politica estera il governo nazionalista è stato tenace assertore della sua esistenza, cercando di rafforzare le relazioni con quegli stati che non hanno ancora riconosciuto Pechino, ma che, d'altra parte, non mantengono rappresentanze diplomatiche a T'aipei. Particolarmente stretti sono stati i rapporti con quegli stati più dichiaratamente anticomunisti, come la Corea, il Giappone, la Thailandia, la Spagna e, naturalmente, gli Stati Uniti. Alle N.U., il posto riservato al rappresentante della Cina è tutt'ora occupato dal delegato nazionalista.
Finanze. - L'economia della C. nazionalista, quella cioè dell'isola di Formosa (T'aiwan), è basata in buona parte sull'agricoltura, il cui reddito copre il 30% del prodotto nazionale lordo; il settore industriale, comprese le miniere e le fonti di energia, vi contribuisce per il 25% e il settore del commercio per poco meno del 20%. L'isola ha un'economia mista, pubblica e privata; la partecipazione delle imprese statali è valutata in circa due quinti di tutte le attività economiche. Il reddito nazionale è salito da 6 miliardi di N.T. dollari nel 1950 a 33 miliardi nel 1958; il prodotto nazionale lordo è passato da 11 miliardi nel 1951 a 42 miliardi nel 1958. Sempre fra il 1951 e il 1958, i consumi privati sono passati da 7 a 29 miliardi, gl'investimenti da 1,6 a 6 miliardi. Il bilancio statale presenta normalmente un disavanzo, che nel 1957 è stato di 711 milioni di N.T. dollari.
La moneta in corso è il nuovo dollaro di T'aiwan (New T'aiwan Dollar), introdotto dal governo cinese nel 1949, e agganciato al dollaro degli Stati Uniti; il cambio, nel 1959, è oscillato fra i 36,08 e i 39,75 N.T. dollari per un dollaro U.S.A. Dal 10 agosto 1959 è stato istituito un nuovo sistema di cambî, in base al quale gli esportatori possono ricevere a scelta o moneta al cambio ufficiale di 36,08 N.T. dollari per un dollaro U.S.A., o certificati commerciabili per l'intero importo (circa 40 dollari per 1 dollaro U.S.A.). La massa circolante, comprendente anche i depositi bancarî, è salita da 629 milioni di N.T. dollari nel 1950 a 5.981 milioni nel 1958; il risparmio bancario è salito, nello stesso periodo, da 32 a 3.476 milioni di N.T. dollari.
Oltre alla Banca di T'aiwan, istituto di emissione e banca centrale esistono nell'isola altri cinque istituti controllati dal governo, e precisamente tre banche commerciali (la First Commercial Bank, la Hua Nan Commercial Bank e la Chang Hua Commercial Bank), e due banche agricole (la Land Bank e la Cooperative Bank). Esiste inoltre un istituto speciale (Central Trust of China) che ha il compito di finanziare il governo e le imprese di stato nelle esportazioni e negli altri rapporti con l'estero.
Il governo cinese ha attuato, tra il 1952 e il 1956, un primo piano quadriennale di sviluppo, avente lo scopo principale di potenziare la produzione di fertilizzanti e di fonti di energia, di migliorare i redditi agricoli, di aumentare le esportazioni, di incoraggiare gli investimenti privati, di diminuire il deficit di bilancio. Il secondo piano quadriennale, iniziato nel 1957, prevede incrementi produttivi di alcuni settori fino al 42%, nonché un aumento delle esportazioni del 41%. Verranno particolarmente favoriti gli investimenti privati, soprattutto nel settore industriale. Un ruolo di primo piano, nell'espansione dell'economia cinese, ha avuto l'assistenza statunitense, fin dal 1950. I programmi di aiuti sono sostanzialmente quelli previsti dal Mutual Security Act, amministrato dall'International Cooperation Administration (ICA), dal Development Loan Fund e dall'Agricultural Trade Development and Assistance Act. Questi tre programmi comportano un finanziamento complessivo medio di 120-140 milioni di dollari U.S.A. che l'America fornisce annualmente al governo cinese dell'isola di Formosa per il suo sviluppo economico. Dall'inizio al 1957 gli aiuti americani hanno superato i 600 milioni di dollari U.S.A.
Storia e organizzazione della Cina comunista. - Durante il decennio 1949-59, il nuovo governo della Repubblica Popolare Cinese (in cinese Chung-hua Jen-min Kung-ho-kuo), costituito a Pechino il 1° ottobre 1949 sotto la presidenza di Mao Tse-tung, ha affrontato il compito grandioso di ricostruire lo stato cinese che decennî di guerre civili, di aggressioni straniere, di carenza di un potere centrale, di amministrazione inefficiente, avevano ridotto agli estremi. Il compito ha richiesto la mobilitazione di tutta l'immensa massa della popolazione cinese; ma pur non essendo terminata l'opera di industrializzazione del paese, voluta con spietata energia dal governo, i risultati fino ad ora ottenuti, e specialmente il prestigio conseguito nel campo internazionale, sono tali da rendere ormai sbiadito il ricordo della Cina di mezzo secolo fa, paese vastissimo ma debole, vera "manciata di sabbia, senza forma", secondo la definizione datane da Sun Wen (Sun Yat-sen).
L'organizzazione dello Stato. - La "Conferenza Politica Consultiva", riunitasi a Pechino dal 21 al 30 settembre 1949, approvò la "Legge Organica del Governo Centrale del Popolo" ed il "Programma Comune"; designò Pechino come capitale ed elesse Mao Tse-tung presidente della Repubblica. Chou En-lai fu nominato primo ministro e ministro degli Affari Esteri. Il potere venne diviso tra il Consiglio Amministrativo dello Stato, istituzione a carattere permanente, ed il Consiglio Rivoluzionario del Popolo, a carattere provvisorio. Da esso dipendevano le commissioni politico-militari che controllavano le sei grandi unità amministrative nelle quali era stata divisa la Cina.
Questo stato di cose non poteva durare e il 13 gennaio 1953 il Consiglio amministrativo dello Stato nominò un comitato, presieduto da Mao, con il compito di elaborare un progetto di Costituzione ed incaricò un'altra commissione, presieduta da Chou En-lai, di preparare un progetto di legge elettorale. Quest'ultima fu promulgata il 1° marzo 1953. Poco dopo, il 30 giugno 1953, venne effettuato un censimento generale della popolazione, condizione essenziale per poter procedere alle elezioni dei rappresentanti all'Assemblea Nazionale. Questa fu riunita per la prima volta a Pechino il 15 settembre 1954 con la partecipazione di 1.226 deputati (12% donne; 14% appartenenti a minoranze etniche).
Il 20 settembre 1954 l'Assemblea Nazionale approvò il progetto di Costituzione che si ispira alla costituzione dell'URSS del 1936. Il potere legislativo risiede nell'Assemblea Nazionale, la quale elegge il presidente ed il vicepresidente della Repubblica, approva la scelta del presidente del Consiglio, fatta dal presidente della Repubblica, e si riunisce una volta all'anno. Organo più ristretto, che agisce in vece dell'Assemblea quando questa non è convocata, è il Comitato Permanente della Assemblea Nazionale del Popolo: esso, insieme al presidente della Repubblica, cumula le funzioni ed i poteri assegnati al Capo dello Stato. Il potere esecutivo spetta al Consiglio di Stato, composto da un presidente, varî vicepresidenti ed un segretario generale: da esso dipendono i numerosi ministeri, le commissioni e varî altri enti statali. La Costituzione considera inoltre l'esistenza del Consiglio Nazionale di Difesa, presieduto dal presidente della Repubblica, al quale spetta, in tal modo, il comando delle forze armate; e della Corte Suprema del Popolo, massimo organo giudiziario dello Stato.
Riforme sociali: la riforma agraria e l'industrializzazione. - La prima iniziativa del nuovo regime nel campo della riforma dei costumi fu la legge sul matrimonio, promulgata il 13 aprile 1950. Essa rivoluzionò i costumi ancestrali, come i matrimonî decisi dai genitori, la poligamia, il concubinato; proclamò l'uguaglianza dei sessi; legalizzò il divorzio per mutuo consenso. In breve sanzionò l'emancipazione della donna. Fu proibita la prostituzione e un rigido puritanesimo venne imposto a tutta la società cinese.
Le maggiori riforme si sono avute nel campo agricolo. Il successo dei comunisti nella guerra civile era stato infatti dovuto al fatto che essi si presentarono, a simiglianza di tutti i rivoluzionarî della millenaria storia cinese, come dei "riformatori agrarî" e che, nelle regioni che cadevano sotto il loro controllo, essí applicavano i loro principî togliendo le terre ai latifondisti e ridistribuendole ai contadini. Una volta al potere, la loro politica agraria si svolse secondo tre diversi stadî: quello della ridistribuzione delle terre, dal 1949 al 1954 incluso; quello della costituzione delle cooperative agricole, dal 1955 alla prima metà del 1958; quello della costituzione dei comuni, dalla seconda metà del 1958 fino ad oggi.
La prima fase, quella della ridistribuzione delle terre, ebbe inizio ufficialmente per tutta la Cina il 30 giugno 1950, quando fu promulgata la legge agraria. Questa prevedeva una minuziosa classificazione dei contadini in varie categorie: signorotti locali; proprietarî feudali; contadini ricchi; contadini medio-ricchi; contadini medio-poveri; contadini poveri; braccianti agricoli. Gli appartenenti alle categorie più elevate vennero di regola eliminati nel corso di processi spettacolari e le loro terre ridistribuite tra gli appartenenti alle altre classi. Quasi contemporaneamente alla fine della campagna per la ridistribuzione delle terre, ebbe inizio il movimento per la creazione delle cooperative agricole, le quali - secondo la relazione sullo sviluppo delle cooperative del 16 dicembre 1953 - dovevano avere carattere volontario. Le autorità governative ammettevano però che sarebbe stata necessaria un'opera di persuasione per vincere le resistenze dei contadini a rinunciare alle proprietà da così poco tempo acquisite. Alla fine del 1954, il 7% delle famiglie contadine erano riunite in cooperative per un totale di 400.000 unità. Nel 1955 Mao Tse-tung rese nota l'intenzione del governo di procedere alla creazione delle cooperative con maggiore risolutezza: fu la fine dei piccoli coltivatori indipendenti. La stampa cinese si lasciò andare a previsioni fantastiche sul numero futuro delle cooperative: nel 1956 esse avrebbero dovuto arrivare alla rilevante cifra di 1.300.000 unità.
Di pari passo con la riforma agraria procedeva l'opera d'industrializzazione del paese. I primi tre anni dopo la costituzione della Repubblica Popolare furono impegnati nella ricostruzione degli impianti industriali esistenti prima della guerra cino-giapponese e che la scomparsa dei tecnici giapponesi, le distruzioni causate dalla guerra civile e le asportazioni di materiali, effettuate dai Russi in Manciuria, avevano resi inservibili. Il primo piano quinquennale fu lanciato nel 1953, contemporaneamente al movimento per la creazione delle cooperative agricole e con l'assistenza dell'URSS che, nel settembre del 1953, si impegnò a contribuire allo sviluppo industriale della Cina. L'enorme sforzo per raggiungere i risultati preventivati dal piano richiese la mobilitazione della popolazione ed a tal fine il governo lanciò una serie di "campagne" contro la corruzione, lo spreco ed il burocraticismo (San-fan: 1952); contro i cinque vizî della borghesia industriale e commerciale: mance, frodi ed evasioni fiscali, impiego illecito di beni statali, sabotaggio e impiego di materiali scadenti nell'esecuzione di contratti per conto dello stato, sfruttamento dei segreti industriali di appartenenza statale (Wu-fan: 1952); contro il deviazionismo tra gli alti ranghi del partito (epurazione di Kao Kang e Jao Shu-shih: 1955). Queste "campagne" servirono a rafforzare il controllo del governo sulla popolazione; a galvanizzare lo spirito delle masse; a creare una mistica del lavoro. Una campagna per il controllo delle nascite, lanciata nel 1956, ebbe poi lo scopo di ridurre il quoziente di accrescimento della popolazione cinese nella considerazione che esso, per essere eccessivamente elevato, avrebbe reso vani gli sforzi del governo di migliorare il tenore di vita della popolazione mediante un aumento della produzione di beni di consumo.
Nel 1958, completati con successo il primo piano quinquennale ed il movimento per la costituzione delle cooperative agricole, si effettua un nuovo passo sulla via della collettivizzazione delle terre e dell'irreggimentazione della popolazione: sono creati i Comuni del popolo (Jen-min kung-she). Il loro "lancio" ufficiale (29 agosto 1958) coincide con l'inizio del secondo piano quinquennale (1958-1962). Essi vengono definiti dai portavoce governativi come "una trasformazione sociale che condurrà dalla società socialista a quella comunista"; essi ci superano il carattere agricolo delle cooperative per diventare delle unità sociali basilari composte di operai, di contadini, di commercianti, di studenti e di militi"; essi sono "le unità basilari della futura società comunista", ecc. Un mese dopo l'annunzio ufficiale della costituzione dei Comuni, dati statistici di fonte governativa rendono noto che sono stati costituiti ben 26.425 Comuni del popolo che irreggimentano il 98,2% dei contadini. Una simile trasformazione della società cinese avrà per conseguenza un enorme aumento delle forze produttive. Benché la propaganda governativa affermi che grazie ai Comuni le donne saranno liberate dalla schiavitù millenaria dei lavori domestici (sono previste infatti cucine collettive, asili d'infanzia, dormitorî per i due sessi, sartorie collettive, ecc.), in pratica esse andranno ad ingrossare le file dei lavoratori industriali o agricoli. La mistica del lavoro viene portata al parossismo, mediante la ripetizione di slogan che esaltano la produzione: "Raggiungiamo la produzione industriale dell'Inghilterra!" "produciamo di più, più in fretta, a minor costo, meglio"; "compiamo un grande salto in avanti!"; "completiamo il secondo piano quinquennale prima della sua scadenza!". In contrasto con i precedenti esperimenti anticoncezionisti si esalta ora la capacità di accrescimento della razza cinese: "non esiste un problema di sovrappopolazione in Cina" - afferma il testo della risoluzione di Wuhan del 10 dicembre 1958 - "esiste solo il problema della penuria della mano d'opera". È il trionfo del principio che "numero è potenza".
Naturalmente queste misure, che sconvolgono la vita di tutta la popolazione cinese, incontrano resistenze passive, determinano malcontento, cosicché le autorità governative sono indotte a temperare alquanto la rigidità dei loro programmi. Sul finire del 1958 si afferma che i beni mobili dei membri del Comune (vestiti, mobili, piccoli strumenti, animali domestici, depositi in banca, ecc.) restano di proprietà dei singoli, i quali possono anche dedicarsi ad attività domestiche a condizione che ciò non interferisca con i lavori comuni. Ma è una ritirata strategica che alcuni osservatori occidentali interpretano inesattamente come una sconfessione del programma di creazione dei Comuni. La decisione di Mao Tse-tung di non presentarsi per la terza volta come candidato alla presidenza della Repubblica (18 dicembre 1958) viene considarata come una conferma di questa tesi, come se Mao fosse caduto in disgrazia a causa del fallimento dell'esperimento comunale. Ma nel 1959 il movimento per la costituzione dei Comuni riprende con rinnovata energia. Il 1° ottobre 1959, in occasione del X anniversario della fondazione della Repubblica, la creazione dei Comuni viene esaltata come il principale fattore di successo nella lotta per l'industrializzazione del paese. Dai Comuni del popolo "rurali" a quelli "urbani" il passo è breve: è quanto avviene, infatti, durante quest'anno ed è tutt'ora in corso di attuazione nelle principali città della Cina.
Il Partito comunista cinese e i partiti minori. - Oltre a quello comunista, sussistono in Cina altri partiti minori: il Comitato rivoluzionario del Kuo Min Tang; la Lega democratica cinese; l'Associazione per la costruzione nazionale democratica; l'Associazione cinese per il promovimento della democrazia; il Partito democratico dei contadini e degli operai cinesi; il Partito Chih-kung; la Associazione Chiu-san; la Lega democratica per l'autogoverno di Formosa. Il loro peso sulla politica interna della Cina è scarso.
Il Partito comunista, fondato nel 1921, tenne, dopo la fondazione della Repubblica, il suo VIII congresso nazionale nel settembre 1956. In quell'occasione venne approvata la nuova Costituzione del partito; fu eletto il nuovo comitato centrale con 97 membri effettivi e 73 supplenti e venne reso noto il numero totale degli iscritti: 10.730.000. Mao Tse-tung fu eletto presidente del comitato. L'VIII congresso fu influenzato dalla campagna antistalinista condotta in Russia e la nuova Costituzione del partito risente infatti del desiderio di "rispettare la democrazia interna"; di opporsi "al comandismo, al settarismo, al burocraticismo". In quella occasione Mikoyan, capo della delegazione sovietica, notò che "i compagni cinesi sanno trovare forme e metodi che ben convengono alle necessità della Cina, alcuni dei quali non sono stati ancora impiegati da altri paesi pur avendo già dato in Cina eccellenti risultati". Egli definì "immensi" i contributi del P.C.C. e di Mao alla dottrina marxista. Poco prima del congresso aveva avuto inizio, infatti, un interessante esperimento di liberalizzazione della vita politica e artistica cinese: quello definito come "Movimento dei Cento Fiori". Sotto questa formula poetica, che risale all'epoca dei Regni Combattenti (5°-3° sec. a. C.), fu annunciata una politica che il portavoce del partito definì in questo modo: "Il P.C.C. è favorevole allo sviluppo di tutti i fiori della letteratura e delle arti e al rivaleggiare delle diverse scuole nel campo scientifico... La lotta tra il materialismo e l'idealismo sarà lunga e solo nel corso di liberi dibattiti potrà il materialismo trionfare del suo avversario...". Questo improvviso rallentamento dei freni che avevano fino allora ristretto la libertà di espressione degli intellettuali cinesi portò a conseguenze che gli stessi dirigenti del partito non avevano previste: non solo nel campo artistico ma anche in quello politico furono formulate aperte critiche all'operato del partito. Questo volle in un primo tempo giustificare tali critiche e il 27 febbraio 1957 Mao Tse-tung formulò la sua famosa teoria delle "contraddizioni interne": contrasti cioè inevitabili, fatali, che esistono tra le masse popolari ed i loro capi; contrasti però che fanno capo a interessi comuni e quindi non sono dannosi, mentre invece dannosi sono i contrasti esistenti tra le masse popolari ed i loro nemici reazionarî, perché dovuti a fondamentali divergenze di interessi. Successivamente, però, continuando le critiche che si rivolgevano ormai non più ai piccoli dirigenti locali ma colpivano anche gli altissimi capi del partito, l'atteggiamento tollerante di questi cambiò. Il 9 giugno 1957 fu fatta distinzione tra le critiche costruttive (bene intenzionate) e quelle non costruttive (in mala fede), destinate a minare l'autorità del partito; dopo di ché ebbe inizio una campagna contro coloro che si erano maggiormente compromessi. Per evitare la facile critica di essere stati alquanto ingenui, non avendo previsto quel che sarebbe avvenuto una volta liberalizzata la vita politica del paese, i dirigenti cinesi preferirono autoaccusarsi di machiavellismo affermando che tutto il Movimento dei Cento Fiori era stato una manovra politica per individuare i nemici del popolo, i critici male intenzionati, i reazionarî. Numerosi intellettuali vennero così epurati dalle cariche che ricoprivano nel partito: principale, fra tanti, Ting Ling, una scrittrice iscritta al partito da 26 anni, amica intima di Lu Hsün e di Mao Tse-tung, vedova di uno scrittore fucilato dal Kuo Min Tang e premio Stalin nel 1951. Altri provvedimenti furono presi nei confronti di dirigenti dei partiti minori: Chang Po-chün, Lo Lung-chi e Chang Nai-chi. Da allora il P.C.C. è tornato alla linea dura, riaffermando maggiormente il suo controllo sugli intellettuali. Nel 1958 l'Accademia delle Scienze fu posta sotto il diretto controllo del Consiglio di Stato e nel corso dello stesso anno si insistette sulla necessità di dare al Partito la direzione del lavoro scientifico.
Superata la crisi, il P.C.C. si preparò al cambio della guardia nelle supreme gerarchie dello stato. Dal 18 al 28 aprile 1959, l'Assemblea Nazionale venne convocata a Pechino. Il 27 aprile venne annunciata l'elezione di Liu Shao-chi, vicepresidente del Comitato centrale del P.C.C., a presidente della Repubblica; di Tung Pi-wu e di Sung (Soong) Ching-ling a vicepresidenti; di Chu Teh a presidente del Comitato Permanente dell'Assemblea Nazionale. Chou En-lai venne riconfermato nella carica di primo ministro. Quanto a Mao Tse-tung, egli mantiene la carica di presidente del comitato centrale del Partito Comunista, carica cui viene dato un prestigio mai visto al fine di convincere l'opinione pubblica sia interna che estera che egli resta il capo supremo della Cina.
Politica estera. - Appena costituito, il governo della Repubblica Popolare Cinese espresse il desiderio di stabilire relazioni diplomatiche "sulla base dell'uguaglianza, del mutuo beneficio e del mutuo rispetto della sovranità nazionale" con i governi stranieri a condizione che essi rompessero le relazioni con il governo nazionalista e adottassero un atteggiamento amichevole nei confronti della Cina Popolare. L'URSS fu il primo paese che riconobbe il nuovo governo (3 ottobre), seguito da tutte le altre democrazie popolari e da alcuni paesi asiatici neutrali, come l'India (1° aprile 1950). Anche l'Inghilterra, seguita dalla Svezia, dalla Danimarca, dalla Svizzera, dalla Finlandia, dalla Norvegia e dall'Olanda, riconobbe il nuovo governo; ma mentre per i paesi comunisti riconoscimento e stabilimento delle relazioni diplomatiche con Pechino furono due atti pressoché contemporanei, il riconoscimento da parte dell'Inghilterra e dei suddetti paesi europei non fu seguito dallo scambio di rappresentanti diplomatici. Basti pensare che il riconoscimento inglese ebbe luogo il 6 gennaio 1950 ma l'accordo per lo scambio di rappresentanti diplomatici del rango di incaricati d'affari fu raggiunto solo il 17 giugno 1954, dopo lunghe e faticose trattative. D'altra parte il governo della Repubblica Popolare si propose il programma di liquidare le vestigia del passato semicoloniale: pertanto nel corso del 1950 e del 1951 espropriazioni, confische ed espulsioni portarono alla chiusura di grosse compagnie europee e americane operanti da tempo in Cina e alla partenza della quasi totalità degli appartenenti alle comunità occidentali. Ciò nondimeno lo statuto della colonia britannica di Hongkong e Kowloon e quello della colonia portoghese di Macao non sono stati fino ad ora messi in discussione. Nei confronti degli S.U.A., invece, l'atteggiamento cinese fu improntato a manifesta ostilità, a causa dell'assistenza che questi ultimi avevano dato e continuavano a dare al regime nazionalista, sia ponendo Formosa sotto la protezione della VII flotta (giugno 1950), sia rifiutandosi di riconoscere il nuovo governo e di permettere che il posto di delegato cinese alle N.U. fosse occupato da un rappresentante di Pechino. Il conflitto in Corea (v.) portò questa ostilità al parossismo; poi, dopo un periodo di stasi, essa riprese con maggiore violenza nel luglio 1958 allorché Pechino effettuò un notevole sforzo per occupare le isole di Quemoy e di Matsu, roccaforti nazionaliste lungo la costa del Fuchien. Anche in quella occasione la VII flotta americana si tenne pronta ad intervenire contro gli attaccanti ove ciò fosse reso necessario per salvaguardare la sicurezza di Formosa.
Con l'URSS, il governo di Pechino concluse il 14 febbraio 1950 un trattato di amicizia, di alleanza e di mutua assistenza. In quell'occasione Mao Tse-tung, che non aveva mai lasciato il suo paese, si recò a Mosca. Il trattato prevedeva che nel caso di attacco a uno dei due contraenti da parte del Giappone o di un suo alleato, l'altro contraente sarebbe intervenuto in suo aiuto; prevedeva il ritiro delle truppe russe da Port-Arthur non oltre il 1952, la restituzione alla Cina delle installazioni portuali di Dairen, l'assistenza tecnica e finanziaria da parte della Russia. Il 12 ottobre 1954 furono conclusi altri importanti accordi tra i due paesi: fra l'altro l'URSS concesse alla Cina un prestito di 520.000.000 di rubli e s'impegnò a costruire, complessivamente, ben 156 impianti industriali. All'epoca dei fatti d'Ungheria l'atteggiamento cinese fu improntato ad un fedele allineamento con l'URSS. Nel 1957 Mao Tse-tung effettuò una seconda visita a Mosca per partecipare alle celebrazioni del 40° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre. La crisi nello stretto di Formosa del luglio 1958 e il timore che da parte cinese venissero prese iniziative alquanto compromettenti provocò l'improvvisa visita di Chruščëv a Pechino (31 luglio 1958). Da allora l'accordo monolitico tra i due grandi del comunismo mondiale sembra presentare qualche incrinatura: come le aperte critiche russe alle istituzioni dei Comuni Popolari, come la mancata solidarietà russa in occasione degli incidenti tra la Cina e l'India, come il diverso atteggiamento dei due paesi nei confronti della "guerra fredda" (ispirato ai principî della coesistenza, quello russo; duro e rigido, quello cinese), ecc.
Nei confronti degli altri paesi asiatici, il prestigio della Cina non fu mai così elevato come in occasione della Conferenza di Bandung (18-24 aprile 1955) in Indonesia. In quell'occasione Chou En-lai si fece apostolo dei Cinque Principî della Coesistenza, già formulati d'accordo con Nehru. Una serie di visite e di accordi commerciali servirono a rinsaldare i rapporti tra la Cina e i suoi confinanti. Nello stesso tempo Pechino dimostrò un sempre crescente interesse nei confronti dei paesi africani e durante la crisi di Suez (1956) si schierò dalla parte di Nasser. Il 22 settembre 1958, prima ancora dell'URSS, Pechino riconobbe il Governo Provvisorio della Repubblica Algerina. La rivolta del Tibet nel marzo 1959 e la decisa repressione cinese segnano una svolta nei rapporti tra la Cina ed i paesi dell'Asia del Sud-Est, come l'India, l'Indonesia, la Birmania. L'amicizia sino-indiana, che aveva toccato il culmine il 29 aprile 1954, allorché era stato firmato il trattato tra i due paesi, venne messa a dura prova dalla repressione cinese nel Tibet e dalla diffusione data da Pechino a carte geografiche della Cina nei cui confini erano comprese larghe zone sulle quali l'India rivendica la propria sovranità. Il contrasto fra i due paesi si acuì quando sconfinamenti da ambo le parti causarono incidenti e vittime tra le truppe di frontiera. Un accordo tra i due paesi (1960) portò ad una soluzione di compromesso ed alla nomina di una commissione mista di esperti per la delimitazione del confine. Analoghi accordi vennero conclusi con la Birmania ed il Nepal mentre con l'Indonesia continuano le trattative per la soluzione del problema dei Cinesi residenti in quelle isole.
Politica religiosa. - Nei confronti delle religioni tradizionali cinesi, l'atteggiamento del governo di Pechino è stato diverso per il buddhismo e il taoismo. Mentre il taoismo, religione nazionale cinese che non è mai uscita fuori dei confini della Cina, è stato perseguitato, con relativa chiusura dei templi e dei conventi, imprigionamento e "rieducazione" dei monaci, soppressione delle società segrete taoiste, ecc., il primo, come anche l'islamismo, è stato trattato con maggior tolleranza, per evitare di offendere le suscettibilità dei numerosi visitatori asiatici o africani provenienti da paesi buddhisti o maomettani. Per ognuna delle tre religioni sono state create delle associazioni che dipendono dal ministero degli Interni: buddhista 11 maggio 1953; islamica 3 giugno 1953 taoista dicembre 1957.
Dei 5.441 missionarî cattolici stranieri che si trovavano in Cina nel 1948 ben pochi sono rimasti. L'internunzio, mons. Riberi, fu espulso nel 1951. Un'Associazione "cattolica patriottica" cinese, presieduta dal vescovo di Mukden P'i Shuh-shih, si occupa di amministrare e dirigere per conto del governo quel che resta di proprietà e di sacerdoti cinesi cattolici; ma questa associazione non è stata riconosciuta dalla Santa Sede, ché anzi i suoi dirigenti sono stati scomunicati.
Finanze. - ll generale movimento espansionistico dell'economia cinese ha potuto svolgersi in un regime di prezzi interni pressoché stazionarî grazie al continuo aumento dell'offerta, alla politica di pareggio del bilancio e a quella creditizia. Secondo le previsioni aggiornate per il 1958 il bilancio statale, comprendente anche quelli degli enti locali, risultava in pareggio. Da rilevare, peraltro, che il 17 dicembre 1958 è stata presentata una nota di variazione secondo la quale le entrate, per l'esercizio 1958, avrebbero superato di 14 miliardi le previsioni; conseguentemente, le spese per investimenti a carattere produttivo sarebbero salite a 23,5 miliardi di yuan, dai 14 previsti, di cui il 66% nel settore industriale e il 12% in quello agricolo. Dal 1950 al 1958 l'andamento del bilancio dello stato risulta dalla tabellina che segue.
Tra le entrate sono inclusi gli aiuti internazionali e i prestiti russi (300 milioni di dollari statunitensi concessi in base all'accordo del febbraio 1950 e 520 milioni di rubli in base all'accordo di Pechino del 12 ottobre 1954 al tasso dell'1%, più un aiuto addizionale valutato in 400 milioni di rubli). Negli ultimi due esercizî, l'onere per il servizio dei prestiti si misura in 0,8 e 1,0 miliardi di yuan rispettivamente. Per quanto riguarda il 1957, le entrate sono dovute per 2,9 miliardi a imposte gravanti sull'agricoltura, per 10,7 miliardi a imposte sull'industria e il commercio, per 13,7 miliardi a redditi di imprese statali e per 620 milioni a redditi varî (prestiti e crediti). Mentre l'incidenza percentuale delle due prime fonti di entrate (rispettivamente 10% e 40%) è rimasta pressoché invariata nel periodo 1953-57, la percentuale dei redditi varî presenta una costante diminuzione bilanciata dal corrispondente aumento di quella relativa ai redditi delle imprese statali. Sempre nel 1957, la spesa pubblica era così ripartita: 13,7 miliardi di yuan per investimenti, 4,8 miliardi per spese sociali e culturali, 8 per la difesa, 1,6 per il rimborso dei prestiti.
La moneta della C. comunista è il "Jen Min Piao" o Dollaro della Banca del Popolo, meglio conosciuto come yuan, diviso in 10 "chiao" e 100 "fen". La nuova moneta è stata emessa il 1° marzo del 1955, al cambio di 1 nuovo yuan per 10.000 yuan vecchi; da tale data il cambio ufficiale è stabilito in 6,893 yuan per 1 sterlina e in 2,4 yuan per 1 dollaro U.S.A. Per quanto riguarda il cambio yuan-rublo, è da ritenersi che esso sia alla pari; infatti, le statistiche sovietiche e quelle cinesi sul valore del commercio fra i due paesi indicano cifre d'ammontare pressoché uguali.
La moneta viene emessa, secondo le necessità della produzione, dalla Banca del Popolo di Cina, che funziona da banca centrale e da banca dello stato. Tale banca, che ha filiali in tutto il paese, esercita anche le seguenti principali funzioni: concede prestiti a imprese industriali, agricole e commerciali per il perseguimento dei fini loro assegnati dai piani statali; riceve depositi da organizzazioni e imprese statali, da cooperative e da privati; compie operazioni in valuta estera e provvede ai pagamenti internazionali; esercita la politica del credito e il controllo sulle banche.
Il sistema bancario del paese si articola per mezzo dei seguenti principali istituti: a) la Banca del popolo per la costruzione, istituto speciale che, sotto la direzione del ministero delle Finanze, opera i pagamenti per investimenti e concede prestiti a breve a aziende di stato; b) la Banca cinese dell'agricoltura, altro istituto speciale, controllato dalla banca centrale, che concede crediti a lungo e a breve a fattorie statali, a cooperative di produttori agricoli, assiste le cooperative di credito rurale e raccoglie depositi a risparmio in zone rurali; c) l'Istituto speciale per gli investimenti statali in imprese semistatali, sotto il controllo del ministero delle Finanze; d) la Banca di Cina, banca in parte privata e in parte dello stato, cui è stata demandata dalla banca centrale l'esecuzione delle operazioni in valuta estera. Tale banca ha anche filiali all'estero; e) la Banca a capitale misto, privato e statale, risultante dalla fusione di oltre 60 banche private, nelle quali, accanto ai vecchi proprietarî, sono occupati elementi dell'amministrazione pubblica. Un terzo del comitato direttivo è costituito da rappresentanti dello stato. Completano il sistema bancario cinese le cooperative di credito agricolo che vengono assistite e finanziate dalla banca centrale.
Riforma della scrittura. - Conscio delle enormi difficoltà rappresentate dalla scrittura ideografica, che costituisce un indiscutibile ostacolo alla diffusione della cultura, il governo di Pechino ha deciso di semplificare alcuni degli ideogrammi più frequentemente usati e di sostituire alla scrittura ideografica quella alfabetica. Il 28 gennaio 1956 il Consiglio di Stato approvò un provvedimento relativo alla semplificazione degli ideogrammi, mentre il 9 febbraio dello stesso anno pubblicò un progetto di alfabeto basato sulla scrittura latina. Il nuovo alfabeto si compone di 30 lettere (6 vocali e 24 consonanti), delle quali 5 sono di nuova creazione. Successivamente queste cinque sono state abolite, portandosi il numero delle lettere a 25. Benché la scrittura ideografica resti ancora l'unico sistema di scrittura della Cina, pure, nei programmi dei governanti cinesi, essa dovrà essere sostituita presto o tardi dal nuovo alfabeto. Per adesso sono scritti in caratteri latini i nomi delle strade, i titoli dei giornali, ecc.
Bibl.: Constitution of the people's Republic of China, Pechino 1954; Chao Kuo-chün, Agrarian policies of Mainland China (1949-1956), Harvard 1957; Handbook on people's China, Pechino 1957; Choh-ming Li, Economic development of communist China, Berkeley 1959; J. Guillermaz, La Chine Populaire, Parigi 1959; P. S. H. Tang, Communist China today, 2 voll., New York 1957; T.J. Hughes e D. E. T. Luard, The economic development of communist China 1949-1958, Oxford 1959; La Cina d'oggi, numero speciale del Ponte, Firenze 1956; E. Collotti Pischel, Le origini ideologiche della rivoluzione cinese, Torino 1958. Sui Comuni del Popolo v. E. Rech, Le "Comuni" del popolo, in Cina, Roma 1959 (con ampia bibliografia). Sulla riforma della lingua scritta v. G. Bertuccioli, L'alfabeto latino in Cina, Roma 1956. Sulla guerra civile in particolare: circa la fase iniziale: F. C. Jones, Hugh Borton, B.R. Pear, The Far East 1942-1946, in Survey Internat. Affairs, Oxford 1955, pp. 183-220; circa gli sviluppi, v. P. Calvocoressi, in Survey Inter. Affairs 1947-48, Oxford 1952, pp. 274-311; L.-M. Chassin, La conquête de la Chine par Mao Tse-tung, Parigi 1952; P. Calvocoressi, in Survey Inter. Aff. 1949-50, Oxford 1953, pp. 316-54; per i principî strategici e tattici che hanno presieduto alla condotta di guerra del comando comunista, v. Mao Tse-tung, Strategic problems of China revolutionary war, traduz. ital., Milano 1949; circa gli aiuti americani alla Cina del Kuo Min Tang, v. F. Utley, The China story, Chicago 1951, pp. 30-48; United States relations with China, Washington 1949.
Letteratura e Arte.
La letteratura della Cina popolare è ancora ispirata ai principî stabiliti in occasione della Conferenza di Yenan del 1942 allorché venne disposto che "gli scrittori devono scrivere per il popolo.... devono servire le quattro classi sociali (operai, contadini, soldati, piccoli borghesi), scrivendo della loro vita e delle loro lotte; esprimendo i loro pensieri e le loro emozioni; cercando di educarle e di dar loro maggior forza nella lotta per la vita". Ne è derivata quindi una letteratura di propaganda: drammi e romanzi che hanno per soggetto la vita degli operai nelle fabbriche, dei contadini nelle cooperative e nei Comuni, delle minoranze nazionali, dei soldati e nei quali gli autori si propongono il lodevole compito di illustrare lo sforzo di ricostruzione, ma con risultati artistici alquanto discutibili. Queste limitazioni sono state messe in luce in occasione della parentesi di liberalizzazione della vita culturale cinese, avutasi nel 1956 (Movimento dei Cento Fiori), ma la successiva reazione non ha permesso agli scrittori di abbandonare i soliti schemi propagandistici. Le migliori voci poetiche si sono avute, quindi, nei primissimi anni del conflitto cino-giapponese: T'ien Chien (n. 1914) e Ai Ch'ing (n. 1910) scrissero allora poesie piene di sentimento. Fra i novellieri Chao Shu-li (n. 1905) acquistò fama per qualche novella dallo stile semplice e ingenuo con la quale descrisse la vita dei contadini dello Shanhsi. La scena culturale della Repubblica Popolare continua ad esser dominata dalle grandi personalità, ormai assurte a posizioni ufficiali, come Kuo Mo-jo, Mao Tun, Lao She, Pa Chin.
Il teatro musicale (il cosiddetto melodramma cinese nelle sue suddivisioni di Teatro di Pechino, di Canton, ecc.) è stato molto assistito dal governo, che ha concesso agli attori un migliore status giuridico e non ha risparmiato sovvenzioni e aiuti alle compagnie. In cambio, però, il repertorio è stato modificato: i melodrammi attualmente rappresentati esaltano il valore, le lotte del popolo contro gli oppressori feudali, l'emancipazione della donna, combattono le superstizioni, mentre assai raramente vengono rappresentati i melodrammi a sfondo erotico o sentimentali e quelli che possono offendere la sensibilità dei gruppi delle minoranze razziali. Il teatro musicale è stato un potente strumento di propaganda per il governo di Pechino. Compagnie teatrali cinesi effettuarono applauditissime tournées nelle principali città europee (e italiane).
Per il teatro di prosa valgono invece le stesse considerazioni fatte per il romanzo e la poesia. Essendo poi straniero alla cultura cinese, perché introdotto dall'Occidente solo una quarantina d'anni fa, esso non si è ancora elevato al di sopra del modesto livello di un teatro di filodrammatici. Fra i drammaturghi si distingue Ts'ao Yu (n. 1905).
Nella pittura si è acuito il contrasto fra i partigiani della pittura in stile classico cinese (acquerello) e di quella in istile europeo. Le autorità non lesinano però incoraggiamenti ai migliori rappresentanti delle due scuole, benché la tendenza, soprattutto dei secondi, sia verso un accademismo verista di marcata influenza sovietica. I maggiori rappresentanti della pittura cinese tradizionale sono, oltre a Chi Pai-shih e a Ju Péon, defunti da poco tempo, Fu Pao-shih, Chang Ta-ch'ien e Pu Ju. Ma mentre il primo, Fu, insegna a Nanchino, gli altri due vivono fuori del territorio della Cina popolare: Chang Ta-ch'ien, ormai vecchio, è in Brasile, mentre Pu Ju è a Formosa. In architettura continua la tendenza a cercare di accoppiare i due stili, cinese (per il tetto) e occidentale (colonne e archi). Si sono avuti quindi alcuni ibridi di cattivo gusto, come il grande palazzo del popolo a Chungch'ing. Dopo il 1949 la fisionomia di Pechino è stata modificata per farne la capitale della nuova Cina. Ciò ha importato disgraziatamente la parziale demolizione delle sue mura che da sole costituiscono un mirabile monumento di architettura militare. In compenso palazzi e alberghi stanno dando alla città un aspetto moderno. Vedi tav. f. t.
Bibl.: Autori varî, The people's new literature, Pechino 1950; Chou Yang, A great debate on the literary front, Pechino 1958; R. Payne, Contemporary Chinese poetry, Londra 1947; G. Bertuccioli, Poeti cinesi contemporanei: Ai Ch'ing, in Cina, Roma 1956; M. Sullivan, Chinese art in the twentieth century, Berkeley 1959.