Cinema
Rivista cinematografica italiana quindicinale, fondata a Roma il 10 luglio 1936, edita da Ulrico Hoepli (Milano), con un comitato direttivo composto da Luciano De Feo, direttore responsabile, Giacomo Paulucci di Calboli (presidente dell'Istituto Luce), Luigi Freddi (direttore generale per la cinematografia) e Lando Ferretti (direttore della rivista "Lo Schermo"). Negli anni che costituirono la sua prima serie (luglio 1936-dic. 1943) fu sede del più ampio e articolato dibattito sul cinema, avviando l'avvento di una nuova estetica e di una nuova forma, che avrebbero trovato sbocco nella stagione del Neorealismo.
Modellata sulla rivista di divulgazione scientifica e culturale "Sapere", che lo stesso editore stava stampando con ampio successo, C. intese collegarsi anche alla costituzione, a opera di De Feo, di un Istituto internazionale per la cinematografia educativa, affiliato alla Società delle nazioni; attraverso di esso De Feo stava promuovendo una monumentale Enciclopedia del cinema, diretta da Rudolf Arnheim e realizzata dall'Istituto, all'interno del quale era stata fondata, nel 1929, la "Rivista internazionale del cinema educatore", che nel 1935 divenne "Intercine" e i cui fascicoli costituirono il prototipo dell'Enciclopedia. Ma la fine del rapporto con la Società delle nazioni, determinato dai riflessi internazionali dell'impresa italiana in Etiopia, causò anche la chiusura dell'Istituto e di "Intercine", facendo confluire in C. il gruppo redazionale dell'Enciclopedia, che non venne mai terminata, composto dal critico teatrale Corrado Pavolini (redattore capo), da Gianni Puccini, Francesco Pasinetti e Domenico Meccoli.
D'altra parte, sul connotato enciclopedico del cinema De Feo volle porre l'accento già nell'editoriale di presentazione, definendo tale forma espressiva "un'enorme enciclopedia scritta per immagini mobili"; da qui la necessità di parlarne al pubblico attraverso una rivista che ne rivelasse la più ampia rete di aspetti e prospettive. Nel primo numero si condensarono parte dei caratteri più tipici e ricorrenti della rivista, dall'attenzione per la tecnica (dall'articolo Da quattro mura a un cinema sonoro, che tratta la creazione di un'adeguata sala cinematografica ed è firmato da un grande scenografo, Virgilio Marchi, al testo di F. Berti, Il carrello, a Bizzarrie sonore e trucchi ottici, firmato Ciak) e per lo sviluppo dell'industria cinematografica italiana (La Città del cinema, ovvero Cinecittà, di Paulucci di Calboli), all'interesse, in anni successivi, per la televisione, alle vivaci e acute note critico-teoriche firmate da Alberto Consiglio e Giacomo Debenedetti. Del resto, il ruolo della te-cnica cinematografica e lo sviluppo dell'industria erano correlati anche con la strategia del regime fascista, tesa a realizzare una più robusta macchina produttiva. Questo disegno si espresse con la creazione di Cinecittà e, in seguito, del Centro sperimentale di cinematografia, sulla cui costituzione intervenne, nel secondo numero (25 luglio 1936), Luigi Chiarini. Nello stesso tempo si affacciarono motivi propagandistici (I popoli africani dinanzi allo schermo, articolo di M. Rava sul cinema come notevole strumento di propaganda e civilizzazione degli indigeni, nei Paesi governati dall'Italia) e moralistici (Enciclica e cinematografo, articolo di padre Agostino Gemelli). E dal nr. 56 (25 ottobre 1938) la direzione passò al giovane figlio di Benito Mussolini, Vittorio, amante del cinema muto e di quello spettacolare americano, che complessivamente non impedì ai numerosi collaboratori di esprimere opinioni personali.L'ampiezza degli argomenti trattati e la qualità di molti collaboratori fecero delle prime annate della rivista un vero prontuario di estetica cinematografica. Vanno ricordate le recensioni, tra il 1937 e il 1938, di Debenedetti (la rubrica In questi giorni, che spazia tra film italiani e stranieri di vario genere), nelle quali egli, di volta in volta, segnala che il principale artefice del film può essere ora il regista o l'attore, ora lo sceneggiatore o il direttore della fotografia o il produttore; la serie di articoli di F. Pasinetti e G. Puccini sulla figura del regista; e anche Lucio d'Ambra che racconta i suoi primi passi nel cinema negli anni Dieci; l'ampia ricognizione effettuata da Emilio Ceretti sulla prima critica cinemato-grafica italiana nelle riviste dell'epoca del muto; Walter Ruttmann e Arnheim ‒ figura tra le più attive nei primi anni della rivista ‒ che si occupano del film a colori; Mario Alicata e Giuseppe De Santis (che dal 1940 fu il titolare della rubrica di recensioni, succedendo con autorevolezza a Giuseppe Isani) su G. Verga e il cinema italiano (nr. 127, 10 ott. 1941) o De Santis sul paesaggio nel cinema italiano; i ricorrenti contributi di un pittore quale Domenico Purificato. Regia e montaggio, sceneggiatura e fotografia, recitazione, sonoro, trucco e scenografia, analisi del film e ricognizioni sulla storia del cinema si susseguirono negli oltre centosettanta numeri usciti sino alla fine del 1943, trovando talora autori sporadici ma autorevoli quali Ennio Flaiano e Mario Soldati, Emilio Cecchi e Corrado Alvaro, Giuseppe Ungaretti, Alfredo Casella, anglisti come Mario Praz e Gabriele Baldini, futuri registi come Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni, Antonio Pietrangeli e Carlo Lizzani, uno storico e teorico del cinema come Umberto Barbaro, Bruno Barilli, Roberto Paolella, un filosofo come Galvano Della Volpe, che in futuro più volte sarebbe tornato sull'estetica del film. Giovani critici ‒ Ugo Casiraghi, Aldo Scagnetti, Glauco Viazzi ‒ che collaboravano ai periodici dei Gruppi universitari fascisti (GUF), dal 1941 iniziarono a sviluppare le loro future attitudini sulle pagine della rivista.
Fu in particolare nel biennio 1941-1943 che C. avviò un più serrato dibattito sulla necessità di pensare e realizzare un nuovo cinema, più attento alla complessità della dimensione umana e ambientale (un articolo di Alicata s'intitolò Ambiente e società) e a temi di maggiore impegno intellettuale. Lo fece soprattutto attraverso gli articoli e le critiche di De Santis e grazie all'incontro di Visconti con lo stesso De Santis, con Gianni e Dario Puccini e con Massimo Mida, Pietro Ingrao e Barbaro. Due articoli, entrambi firmati da Visconti, Cadaveri (uscito sul nr. 119, 10 giugno 1941) e soprattutto Cinema antropomorfico (uscito sul nr. doppio 173-174, 25 sett.-25 ott. 1943), nonché i citati interventi su G. Verga e il cinema, prepararono o ‒ è il caso del secondo articolo ‒ seguirono la lavorazione di Ossessione (1943), primo grande film di Visconti e atto di nascita di una nuova stagione del cinema italiano.Cessate le pubblicazioni a causa della guerra, C. avviò la seconda serie il 25 ottobre 1948, edita da Ottavia Vitagliano, diretta da Adriano Baracco e con Guido Aristarco che ne curò la rubrica di critica e nel 1952 ne divenne redattore capo. Nell'insieme l'impostazione non differì molto dalla prima serie, così come ritornarono alcuni collaboratori, quali Pasinetti e G. Viazzi, Meccoli e Chiarini, ai quali si aggiunsero Mario Verdone, Virgilio Tosi, Mario Gromo, Fernaldo Di Giammatteo, Giulio Cesare Castello (che dal 1952 avrebbe ereditato la rubrica di critica), Pietro Bianchi, Renzo Renzi e Callisto Cosulich. Tuttavia si attenuò la carica militante dell'ultima fase della prima serie, mentre si continuava a seguire con attenzione l'evoluzione anche tecnica del cinema (significativo, tra gli altri, un articolo di Gregg Toland sul rapporto tra regista e operatore), nonché la dimensione divulgativa e informativa. Nel corso del 1952 Aristarco abbandonò la rivista per fondare "Cinema nuovo" e dal nr. 136 del 25 giugno 1954 fu avviata, ancora in veste di quindicinale, la terza e ultima serie, che proseguì fino al 1956, diretta prima da Egidio Ariosto poi da Castello, con Davide Turconi redattore capo. Altri critici di futura popolarità, Morando Morandini e Riccardo Redi, Filippo Maria De Sanctis e Ettore Zocaro, si aggiunsero, anche se non pochi collaboratori di C. seguirono l'avventura di "Cinema nuovo", destinata a lunga, anche se alterna, fortuna.
"Cinema" 1936-1943. Prima del Neorealismo, a cura di O. Caldiron, Roma 2002.