DEL DUCA, Cino (Pacifico)
Nacque a Montedinove (Ascoli Piceno) il 25 luglio 1899 da Giosuè - piccolo imprenditore, combattente in Francia nel '70 con la Legione garibaldina - e Celsa Traini, primo di quattro fratelli. Nel 1912 rovesci finanziari spinsero il padre a trasferirsi ad Ancona; il D. frequentò fino alla terza classe dell'istituto commerciale, quindi, per aiutare la famiglia, si impiegò come fattorino e, nel contempo, come piazzista porta a porta di romanzi popolari a dispense per un'editrice olandese, la Hiermann.
Nel 1917 venne richiamato alle armi e partecipò al conflitto guadagnandosi una croce di guerra. Rientrato ad Ancona, fu assunto quale frenatore in prova presso le Ferrovie dello Stato, e riprese anche l'attività di piazzista di romanzi. Iscritto al partito socialista, s'impegnò nella vita politica sia nel comitato direttivo dell'Unione mutua impiegati, sia come segretario della sezione giovanile "Carlo Liebknecht", svolgendo propaganda nelle Marche, a Iesi, Chiaravalle, Fermo. Queste attività lo segnalarono all'attenzione delle autorità di polizia: fu schedato come comunista e possibile sovversivo, trasferito nel settembre 1921 ad Agropoli (Salerno), quindi, nel 1923, licenziato dalle Ferrovie; nel 1924 avrebbe inoltre trascorso quattro mesi in carcere a Vallo di Lucania, anche se nel fascicolo del casellario giudiziario a lui intestato non c'è traccia di questo periodo di detenzione.
Sempre nel 1924 si trasferì a Pavia, quindi, con tutta la famiglia, a Milano, dove riprese a fare il piazzista di libri, questa volta per la casa editrice Michele Vecchi per cui lavorò fino al 1928. L'anno seguente, il 1929, grazie ad un piccolo prestito e con l'aiuto dei fratelli Alceo e Domenico, aprì, in uno scantinato di corso Genova, una piccolissima casa editrice, la Moderna, specializzata in romanzi popolari a dispense.
Il D., piazzista per se stesso, rastrellò i suoi autori tramite annunci sui giornali in cui si offriva la pubblicazione a giovani "abilissimi scrittori". Fu così che entrò in rapporto con Luciana Peverelli, futura celebre autrice di romanzi "rosa" e sua collaboratrice per tutta la vita; alla Peverelli si deve il primo successo editoriale, il romanzo Cuore garibaldino (Milano).
Con i capitali raccolti il D. impiantò nel 1931 una tipografia che, nel 1934, contava già quaranta operai. Accanto ai romanzi a dispense d'amore e d'avventura, la casa editrice prese a pubblicare, dal 1933, un giornalino per ragazzi Il Monello (diretto dalla Peverelli), cui si aggiunse, due anni dopo, l'Intrepido. Nati, insieme con altri simili, sull'esempio di modelli più raffinati, quali Jumbo e il Corriere dei piccoli, le pubblicazioni del D. si distinguevano per l'impiego di autori e di modelli esclusivamente italiani (Salgari, per es.), e per l'uso, l'Intrepido soprattutto, di toni romantici e patriottici, ispirati al feuilleton.
Il D. tuttavia, insofferente delle pastoie e delle costrizioni che imponeva il regime, aspirava ad allargare le proprie attività anche all'estero e, fin dal 1930, aveva presentato richiesta di passaporto per la Francia. Ottenutolo nel 1932, esordì in Francia, riproponendo le formule e gli indirizzi editoriali già sperimentati in patria: romanzi d'amore a dispense, giornalini per ragazzi (Hurrah !, Aventurex). Nel '37 a Parigi la piccola editrice assunse, come società a responsabilità limitata, il nome di Les éditions mondiales, mentre il D. faceva la spola con l'Italia dove però, anche a cagione dell'ostilità del regime, nel '38 la tipografia di Milano fallì; a questa data e fino al '41, il D. visse stabilmente a Parigi. Ritornò a Milano in quell'anno e, nello stesso periodo, entrò a far parte della Resistenza francese ("reseau" Alliance) come corriere col nome di battaglia di Robert; in Francia fu anche animatore di una nuova Legione garibaldina e dell'Associazione combattenti volontari italiani dell'esercito francese (per la sua partecipazione alla Resistenza fu insignito nel 1950 della croce di guerra francese 1939-45 con stella di bronzo e della "medaille de la reconnaissance"). Dal '41 al '43 compì numerosi viaggi a Roma, Milano, Firenze, quindi, nel '43, si unì alla Resistenza italiana.
Conclusa la parentesi bellica, nel '47 il D. si sposò con una francese di famiglia agiata, Simone Nirouet, che, l'anno seguente, divenne sua socia in affari, partecipando poi sempre alle imprese del marito. Ripresa a pieno ritmo l'attività editoriale, in Francia come in Italia, riapparvero le testate classiche dei giornalini per ragazzi (Intrepido, Albi dell'Intrepido, Il Monello in Italia, Mireille, Intrépide, Hurrah ! in Francia), che raggiunsero subito ottimi livelli di vendita. Una svolta invece si andava verificando nel campo della stampa "femminile" dove, superata la formula del romanzo d'appendice a dispense, nel 1947 erano apparsi a Roma e Milano i primi settimanali "a figure", i fotoromanzi. Il D. intuì immediatamente le enormi possibilità di questo genere in rapporto al suo pubblico abituale, e del resto l'Intrepido poteva essere per certi versi considerato, negli argomenti e nelle forme, un antesignano in Italia dei fumetti veri e propri.
Apparvero dunque in quel periodo per i tipi della sua casa editrice Nous deux in Francia e Grand Hôtel in Italia, cui un certo pubblico prevalentemente femminile, in parte semianalfabeta e avido di evasione, rispose con entusiasmo; i due settimanali raggiunsero immediatamente tirature da capogiro. Il D., ben consapevole dei gusti e degli interessi del suo pubblico, affiancò a queste due testate una costellazione di prodotti analoghi e complementari: il giornale di "confessioni" e "storie vere", quello di pettegolezzi su personaggi famosi e gente del cinema, quello di maglia e ricette; nacquero così in Italia Intimità, Confessioni, Stop (diretto dalla fedele Peverelli), e in Francia Intimité, Vie en fleur, Ciné-révélation. Nei primi anni Cinquanta i due capolista del gruppo, Nous deux e Grand Hôtel, tiravano su 1.200.000 copie circa l'uno.
Il D. era ormai indicato come il re o l'imperatore della presse de cæur, il "magnate delle storie d'amore"; sulla base della solidissima posizione finanziaria così raggiunta si sentì in grado di tentare strade più difficili ma più gratificanti e culturalmente prestigiose. Nel '52 fu istituita, sotto la presidenza dell'accademico di Francia André Maurois, la Fondazione Del Duca, con borse annuali destinate ad autori di lingua francese perché realizzassero le loro opere nelle migliori condizioni; primo vincitore fu in quell'anno F. Marceau.Nel 1953 il D. decise di dedicarsi anche al cinema e fondò la Del Duca film, che produsse fra l'altro titoli degni di nota quali Touchez pas au grisbi di J. Becker (1954), Le ballon rouge di A. Lamorisse (1956), L'avventura di M. Antonioni (1959). Sempre nel '53 venne nominato cavaliere della Legion d'onore. La casa editrice Les Editions mondiales, oltre a produrre la famigerata presse de coeur, intraprese anche rigorose operazioni culturali come la traduzione in francese di autori quali Pirandello, Leopardi, Caldwell e Steinbeck. Ma il campo in cui il D. aspirava principalmente a cimentarsi era quello della stampa quotidiana con l'intendimento di produrre un giornale moderno, ad ampia diffusione, culturalmente qualificato ma popolare. Il suo primo tentativo in questa direzione il D. lo realizzò in Italia dove il presidente dell'Ente nazionale idrocarburi (ENI), Enrico Mattei, intenzionato a dar vita ad un nuovo quotidiano che fosse d'appoggio alla linea politica ed economica da lui caldeggiata, era già in contatto, a questo scopo, con il giornalista Gaetano Baldacci e, nel contempo, alla ricerca di un'adeguata copertura finanziaria e di facciata.
In questo quadro il corrispondente del Corriere della sera a Parigi, Leonida Campolonghi, fece il nome del D., anch'egli interessato alla stampa quotidiana, marchigiano come Mattei, ex partigiano, su posizioni politiche almeno teoricamente compatibili. Campolonghi mise in contatto Baldacci con il D. che consentì ad entrare nell'affare offrendo L. 500.000.000; ma la sua partecipazione al progetto subì una battuta d'arresto perché Mattei pretendeva il 51% delle azioni e quindi il controllo della testata. Il D. fu però nuovamente contattato quando ci si rese conto che la presenza di un nuovo socio nella persona dell'uomo d'affari milanese Oreste Cacciabue non era sufficiente a garantire un capitale adeguato; con i buoni uffici dell'ambasciatore d'Italia a Parigi P. Quaroni si giunse, tra il novembre e il dicembre '55, alla costituzione della Società editrice lombarda, con il D. socio di minoranza.
Il 21 apr. 1956 uscì in edicola il primo numero del Giorno; Baldacci aveva concepito un modulo giornalistico molto moderno e inedito in Italia, con la prima pagina a vetrina, fogli dedicati alle notizie economiche e agli spettacoli, ai fumetti e ai giochi, l'abolizione della terza pagina, un supplemento in rotocalco; e tuttavia anche la partecipazione del D., che firmò con il direttore la Situazione del primo numero, ebbe un notevole peso nell'impostazione generale imponendo una certa diversificazione rispetto al giornale strettamente politico finanziario concepito in prima istanza da Baldacci, in direzione di un quotidiano a larga diffusione popolare, con la doppia edizione giornaliera, l'impiego del rotocalco e un grosso lancio pubblicitario. Ma la presenza del D. al Giorno, per quanto significativa, si rivelò anche effimera, in quanto si determinò quasi subito un complesso e prevedibile scontro con Mattei per l'effettivo controllo del giornale. Il D., ai primi segni di un cedimento nelle vendite, propose di ridimensionare l'impresa e, alla ricerca di un altro finanziatore, si rivolse a A. Pesenti, ma fu infine Mattei ad averla vinta acquistando, il 31 ag. '56, Il Giorno attraverso E. Cefis e l'Istituto bancario romano.
Nel 1957, dopo aver ottenuto la cittadinanza francese, il D. volle ritentare l'impresa, questa volta nella sua patria d'adozione; invece di fondare un nuovo foglio, la sua attenzione si rivolse ad un quotidiano già esistente da diversi anni Franc-Tireur, nato come foglio clandestino a Lione nel 1941, di indirizzo laico e socialista ma non di partito, in crisi ormai da anni, con una tiratura di 70.000 copie, pochi fondi, una redazione divisa da contrasti ideologici.
L'approccio del D. fu analogo a quello tentato e subito interrotto al Giorno:un foglio di centrosinistra, con una linea culturale abbastanza sofisticata, venne completamente trasformato dalla sua logica imprenditoriale e dalla sua ottica da stampa "popolare". Una volta acquistato Franc-Tireur - che finanziava parzialmente già da tempo - si ingerì pesantemente nella gestione modificandone sostanzialmente lo stile. Volle una prima tiratura di 325.000 copie, due concorsi a premi fra i lettori, feuilletons e fumetti, inserendo così il giornale nella linea dei quotidiani popolari quali l'Aurore e il Parisien liberé.Nel giro di due anni, nel tentativo di farlo decollare, il foglio cambiò nome due volte e vide succedersi diverse redazioni: fu prima Paris-journal quindi definitivamente Paris-jour (24 sett. 1959), in formato tabloid - fra i primissimi in Francia se non il primo - titoli ad effetto, abbondanza di fotografie, fumetti, pettegolezzi, concorsi a premi. Con questa formula, che influenzò notevolmente i quotidiani francesi di questo tipo, il D., se non raggiunse un successo pieno e completo, tuttavia ottenne una progressiva crescita delle vendite (dalle 96.154 copie del '59 alle 252.887 del '67) e un'altrettanto costante e progressiva diminuzione delle perdite nelle spese di gestione.
Il D. continuò comunque a fondare la sua solidità finanziaria sulla presse de coeur e sui giornali per ragazzi, né si lasciò sfuggire le notevoli possibilità che il nuovo mass-medium, la televisione, offriva anche al mondo della carta stampata. Dopo alcuni tentativi non del tutto riusciti, che datano ai primi anni Sessanta, di settimanali interamente dedicati alla televisione, ai suoi programmi e ai suoi protagonisti (Télé-jeunes, Téléciné-revelations, T.V. France), nel gennaio 1965 lanciò Télé-poche che nel giro di soli quattro numeri raggiunse il milione di esemplari a settimana.
Negli anni Sessanta il D. procedette anche ad una generale riorganizzazione delle sue numerose imprese, diffuse oltreché in Francia e in Italia anche in altri paesi europei; scomparvero in Francia alcune testate, come Vie en fleurs e Secrets de femmes, uscì Modes de Paris.In Italia lanciò il Club degli anni verdi e la rivista Historia, e inquadrò le sue proprietà in due società per azioni con sede a Milano, le Industrie grafiche Cino del Duca (con capitale iniziale di L. 300.000.000), e le Edizioni mondiali (capitale iniziale di L. 50.000.000 incorporato nel '66 alle Industrie grafiche).
Dal '64 era amministratore delegato delle Editions Robert Laffont; nel '67 aveva preso da poco il controllo della rivista Vie des métiers ed era azionista minoritario con Hachette di Femmes d'aujourd'hui. Una grande tipografia a Bresso e ben tre in Francia, a Biarritz, Maison-Alfort e Blois (le ultime due costruite dal D. e dotate delle attrezzature più moderne) completavano il quadro delle sue attività industriali.
Il D. morì improvvisamente a Milano il 24 maggio 1967.
Fonti e Bibl.: Necr. in Corriere della sera, 24 maggio 1967; Le Monde, 25 maggio 1967; Roma, Archivio centr. dello Stato, Ministero dell'Interno, Direz. gen. di Pubbl. Sicurezza Casellario politico centr., b. 1673, f. 6980; F. Antonioni, L'imperatore dei fumetti ha costruito sui sogni la sua fortuna, in Il Messaggero, 26 apr.
1953; Un quotidiano scritto con sei zampe, in Il Borghese, 16 genn. 1958, pp. 119-22; R. Balbi, La magia dei fotoromanzi, in Nord e Sud, n.s., X (1963), 38, pp. 57 ss.; P. Murialdi, La stampa ital. del dopoguerra 1943-1972, Roma-Bari 1974, ad Indicem; Histoire générale de la presse française, IV, 1940-1958, Paris 1975; V, De 1958 à nos jours, ibid. 1976, ad Indices; G. Genovesi, La stampa periodica per ragazzi, in Storia della stampa italiana, a cura di V. Castronovo-N. Tranfaglia, V, La stampa ital. del neocapitalismo, Roma-Bari 1976, ad Indicem; Who's Who in France 1955-56, s. v.; Repert. delle società italiane per azioni 1967, ad Indicem; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, II, sub voce.