cinque
. Il numerale compare tredici volte nella Commedia, cinque volte nel Convivio, due nella Vita Nuova e due nel Fiore.
È spesso in unione con ‛ volte ', per indicare, ad esempio, il passare di c. mesi, in If XXVI 130 Cinque volte racceso e tante casso / lo lume era di sotto da la luna; o per significare, con una moltiplicazione, il numero trentacinque, in Pd XVIII 88 cinque volte sette / vocali e consonanti; oppure, per precisare che lo diametro del corpo del sole è cinque volte quanto quello de la terra (Cv IV VIII 7).
È in unione con parti, nei passi in cui si suddividono le canzoni o i sonetti della Vita Nuova (Vn XV 8 si divide questa seconda parte in cinque, secondo cinque diverse narrazioni; XLI 2 Lo sonetto... ha in sé cinque parti). Talvolta è unito a sostantivi come ‛ ora ', ‛ anno ', ed è usato quindi in determinazioni di tempo (If XXI 112, Pg XXIII 78); o a sostantivi come ‛ alla ', per indicare una misura, come nel caso di If XXXI 113, ove è detto che Anteo... ben cinque alle, / sanza la testa, uscia fuor de la grotta (e cinque alle corrispondono, circa, a dieci braccia fiorentine).
Il numerale si trova a indicare anche le dita ne la mano (Cv I VII 9) e le vocali, che sono anima e legame d'ogni parole (IV VI 3). Inoltre, in altri luoghi, esso determina quante siano, ad esempio, le cagioni da cui deriva la mossa di coloro che commendano lo volgare altrui (e che sono abominevoli, Cv I XI 1), o quali siano le cose che paiono, e sono, necessarie a la nostra perfezione (cioè, che la nostra natura sia temperata, forte, ubidente, soave e vergognosa, IV XXVI 2); o quante siano le piaghe che D. deve ancora cancellare, con l'umiltà, dalla sua fronte, arrivato alla terza cornice del Purgatorio (Pg XV 80); esso serve anche a precisare, proverbialmente, che c. spade, se sono discordi, tagliano meno e peggio di un'unica spada (Pd XVI 72); in quest'ultimo caso, naturalmente, c. sta per un numero qualunque: più spade tagliano peggio..., ecc.
Infine nel Fiore indica il numero delle saette con cui Amore colpisce il poeta (e che sono Beltà, Angelicanza, Cortesia, Compagnia, Buona Speranza, I 8) o dei colombi che Venere fe' trare / ... d'un su' colombiere, per aggiogarli al suo carro (CCXVII 11). Riferito a persone, i c. ladron (cittadini di Firenze, in If XXVI 4) sono Agnolo, Cianfa, Buoso, Puccio Sciancato e Francesco il Guercio; i cinque che... fan cerchio per ciglio all'aquila (Pd XX 43) sono le luci sante (v. 69) di Traiano, Ezechia, Costantino, Guglielmo, Rifeo; in Pg IX 12 i c. che seggono sul prato della valletta dei principi sono, con D. e Virgilio, Sordello, Nino e Corrado.
L'espressione di Pd VI 138 li assegnò sette e cinque per diece, equivale ad " aumentò il suo patrimonio del venti per cento " ma, come nota il Momigliano, mentre " i versi di Dante rimpiangono energicamente quella generosità mal compensata... la parafrasi, quasi inevitabilmente, li deforma e li spegne in una frase da computista ". In Pd XV 57 il termine, sostantivato, indica " il numero c. ", che raia / da l'un, cioè emana dal concetto di unità come tutti gli altri numeri.
Infine, per il cinquecento diece e cinque / messo di Dio (Pg XXXIII 43), v. CINQUECENTO DIECE E CINQUE.