CIPPER (Cipri, Zipper), Giacomo Francesco, detto il Todeschini
Le diverse varianti della firma di questo pittore, nato molto probabilmente nell'ottavo decennio del sec. XVII e documentato dal 1705 al 1736, nonché la qualifica di "tedesco" aggiunta al suo nome, fanno ritenere che egli abbia lavorato parecchio tempo in Italia come straniero.
In base ad argomentazioni stilistiche e alla tradizione orale relativa ad alcuni quadri, presenti come del "Todeschini" in collezioni di Bergamo e di Brescia (Geiger, 1916), si considera come ambito della sua attività la Lombardia, benché né nelle fonti scritte relative a questi luoghi né in opere di carattere biografico sia stato finora trovato il suo nome. Ma questo fatto si può spiegare con la scarsa considerazione in cui, da parte degli studiosi orientati per lo più in senso accademico, erano in genere tenuti i pittori dell'"arte inferiore" alla quale il C. esclusivamente si limitò. I numerosi suoi quadri conservati, dei quali esistono anche repliche dovute in parte a suoi deboli imitatori, testimoniano il favore da lui goduto presso i committenti.
Il fatto che un gran numero di quadri del C., alcuni dei quali importanti, si trovino in Austria, in Ungheria e nell'Unione Sovietica ha indotto alcuni studiosi a supporre che il pittore abbia operato per qualche tempo nel territorio della "monarchia danubiana" (Libman, 1962; Pigler, 1967; Mojzer, com. scritta, 1974; Haraszti Takács, com. scritta, 1974); ma non è stato possibile, finora, poter collocare cronologicamente nell'arco della sua carriera questa ipotesi. Con questa peraltro sarebbe da porre in rapporto la supposta derivazione del nome Zipper dal territorio di Zips (in ungherese Szepes, oggi Spiš, Cecoslovacchia), colonizzato dai Tedeschi. Addirittura Pigler suppone che il C. possa essere figlio del pittore Jakob Ziper, morto a Vienna nel 1701 all'età di cinquantaquattro anni.
La prima notizia scritta che fino ad oggi si conosca sul C. è data da una nota anonima uscita sulla Gazette des BeauxArts nel 1859 che descrive quattro scene di genere di grande formato, firmate "Giacomo Francesco Cipper, tedesco", esistenti presso il mercante d'arte T. Walesby a Londra e provenienti dalla collezione di Stowe House. Di questi quadri, dati finora per dispersi, due sono da identificare con i dipinti firmati venduti all'asta da Sotheby a Londra il 24 febbr. 1971 con i titoli Scene di mercato e Lezione di musica (nn. 133 s. del catal. con ill.). Già nel 1859 essi venivano messi in relazione con quattro tele nelle collezioni reali inglesi a Hampton Court: tre scene di contadini e Il pittore nel suo studio descritti poi da Law nel 1898 come tutti firmati "Gia.mo Francesco Cipper, 1736". Nel 1911 W. Suida attribuisce al C. L'arrotino e la zingara delMuseo Joanneum di Graz sulla base di considerazioni stilistiche e della coincidenza di particolari tematici con tre quadri tutti della stessa mano venduti all'asta il 5 apr. 1911 presso l'Österreichischer Kunstverein a Vienna, uno dei quali recava la firma "Giacomo Francesco Cipper Tedesco 1707".
Spetta a Geiger (1916) il merito di aver messo in relazione questi Cipper con la tradizione orale, esistente a Brescia e a Bergamo, del nome "Todeschini" per un gruppo stilisticamente molto coerente di quadri vicini a fra' Vittore Ghislandi e Antonio Cifrondi: egli diede così l'avvio agli studi e all'ampliamento dell'opera del C. che da allora sono andati sempre intensificandosi, anche se alcune delle sue attribuzioni non sono oggi più accettabili. Ciò vale anche per i contributi di A. L. Mayer (1918 e 1928), il quale vede nel C. affinità soprattutto con gli spagnoli attorno al 1620, Cioè il primo Velázquez, Murillo e Francisco Herrera il Vecchio.
Già alla Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento del 1922 a palazzo Pitti (catal., nn. 1008-1012), vennero esposte cinque opere del C. (tre delle quali ancor oggi gli vengono attribuite), e in particolare quella che è il più antico punto fermo della sua attività: la Scena contadinesca (allora di proprietà Chiesa, poi Geri, Milano, venduta all'asta il 29 apr. 1930 nella villa Geri a Settignano), che reca la firma "G.mo Francesco Cipri tedesco pinxit, 1705" (fig. 1 in Arslan, 1933).
Gli stretti rapporti con Giacomo Ceruti, finora non ben chiariti, sono stati riscontrati soprattutto da Delogu (1931). Nel 1934 Jamot e specialmente Porcella hanno pubblicato numerose nuove attribuzioni di quadri conservati per lo più in collezioni francesi, che prima erano stati riferiti alla cerchia dei Le Nain. Nello stesso tempo Porcella riconosceva in quei quadri affinità con Ceruti e Amorosi, dall'opera del quale solo nel 1938 Longhi avrebbe cominciato a separare le cose di Eberhard Keil detto Monsù Bernardo. Da allora ha preso solida consistenza l'influsso di Keil nella caratterizzazione dell'arte del Cipper. L'importante esposizione della pittura bergamasca del Settecento tenutasi a Bergamo nel 1955 rivelò alcuni dipinti significativi che si trovano ancora nella sala della villa di Montesolaro (Como) per cui furono dipinti (oggi coll. Radice-Fossati).
Nel 1956 Mojzer dedicò al C. uno studio approfondito, allargando a circa ottanta l'elenco delle opere e tentando una periodizzazione della sua attività. Con il crescente interesse per i "pittori della realtà", studiosi sovietici vennero ad occuparsi del C. o in più ampia connessione con questi pittori di genere (Vartanova, 1959; Libinan, 1962; Vipper, 1966) o in trattazione monografica (Sčerbačeva, 1960). Infine Blažiček (1965) ha allargato l'opera fin allora nota del C. di più di dieci quadri conservati in collezioni cecoslovacche e nello stesso tempo ha intrapreso una sistemazioile cronologica. Attualmente si conoscono circa centoquaranta quadri, ma è pressoché insolubile la questione dell'autografia per dipinti che in parte sono accessibili ancora solo attraverso cattive riproduzioni. Resta inoltre una certa fluttuazione fra nuovi rinvenimenti ed espunzioni.
Finora non sono venuti alla luce disegni del C.; l'attribuzione di un Cacciatore con cane (disegno a penna nel Civico Museo Correr di Venezia. coll. R. Musatti) è definita problematica dallo stesso Pignatti che l'ha formulata (in Boll. dei Musei civici veneziani, XVI [1971], p. 10).
I cosiddetti autoritratti del C. non offrono un'indicazione univoca sulla sua fisionomia. Dei più antichi ritratti, affini fra di loro uno di proprietà privata, riprodotto da Geiger, rappresenta un pittore con una veste cenciosa nel suo atelier davanti alla tela, mentre dipinge la testa di una vecchia; alla parete pendono tre modelli: due maschere di gesso e una gamba. L'altro (ill. in Mayer, 1918; già nella coll. Leifmann a Düsseldorf, venduto all'asta a Monaco, Helbing, il 21 nov. 1932) rappresenta la stessa scena in ovale, ma in esso il pittore ha sulla tela, quasi in un vis-à-vis, una raffigurazione grottescamente deformata di se stesso. Un secondo tipo di autoritratto, che appartiene al periodo mediano dell'attività del C., è rappresentato dal quadro della coll. Axentowicz a Cracovia (una replica quasi identica è stata venduta all'asta da Christie's il 27 giugno 1969): raffigura un uomo di circa quarant'anni, la veste malamente rattoppata, con maschere di gesso appese alla parete corrispondenti a quelle dei due quadri più antichi.
I modelli in gesso ritornano nell'Artista nel suo studio di Hampton Court, firmato e datato 1736. Il pittore, raffigurato davanti alla sua tela in veste da casa e turbante, in un ambiente familiare (due ragazzi che disegnano e uno che mescola i colori, oltre a una giovane donna con fuso, un motivo daro al C.), mentre dipinge una vecchia con una gruccia, non è necessariamente da identificare con i personaggi degli'"autoritratti" sopra citati, anche a tener conto del divario cronologico. Il quadro indicato come autoritratto e rappresentante un Pittore che ha in mano una trappola (motivo spesso raffigurato dal C.) ed ha accanto a sé attrezzi per dipingere (Ponce, Portorico, Museo de Arte) mostra peraltro un tipo adottato come "maestro", quale si trova nel Maestro di scuola datato 1715 (esposizione Relarte, Dipinti di due secoli..., Milano 1961, tav. 2) e nel quadro dello stesso titolo della collezione Radice Fossati (fig. 40 in Tognoli, 1976).
È estremamente difficile dare una sistemazione cronologica alle opere attorno alle date conosciute 1705, 1715, 1736: sono di ostacolo le grandi oscillazioni qualitative che solo in parte sono riconducibili all'opera di bottega o ad imitatori. Inoltre l'opera del C. è contrassegnata, lungo tutto l'arco di tempo della sua produzione, da una ripetizione di temi e di tipi singoli come anche di interi raggruppamenti di figure. Cosi, per esempio, lo scolaro seduto davanti a destra nel Maestro di scuola del 1715 si ritrova con varianti minime nel quadro dello stesso soggetto già nella collezione Vecchi a Bologna (Arslan, 1931, fig. 4), che è datato alla fine del periodo mediano, nel Maestro di scuola e merlettaia dellacoll. Vitetti a Roma (esposto a Parigi nel 1960-61), nella Lezione dell'asta Finarte del 10-13 maggio 1966 a Roma (n. 95), e infine, leggermente mutato, nell'Artista nel suo studio di Hanipton Court del 1736. Alla mostra della Relarte del 1963 (tav. 3 del catal.) è stato esposto un quadro inedito rappresentante una Giovane coppia di contadini che giocano a morra; davanti ad essi, sul tavolo, una splendida natura morta di cibarie. La stessa coppia compare in una composizione più grande, il Mercato di pesci (Londra, coll. W. Korda: Delogu, 1962, fig. 5), occupata in primo piano da un mucchio di animali marini di grande effetto. Queste continue ripetizioni sono una caratteristica del pittore, ed è naturale che esse consentano il facile gioco degli imitatori.
L'opera del C., per quello che finora si sa, consiste esclusivamente di scene di genere con un repertorio tematico limitatissimo. Per lo più sono di grande formato., spesso con personaggi a grandezza naturale a mezza figura o a tre quarti. Sono trascurati l'ambiente e lo sfondo, e non sono chiare le relazioni spaziali frá persone e oggetti, che per lo più sono costretti in uno spazio piatto. L'esagerata caratterizzazione delle figure e la mancanza sia di una connessione logica sia di effetti spaziali sono eredità di Keil e contraddistinguono anche altri "pittori della realtà", come G. Bonito e G. Traversi. Per lo più vengono raffigurati tipi popolari. Fra le occupazioni prevalgono il mangiare e il bere (da soli, in due o in gruppi di più persone), ma vi si accompagnano anche altri elementi tematici (musicanti, spesso suonatori di flauto, giocatori di carte o di morra, litiganti, mendicanti, madre con bambino, e così via): spesso senza riguardo a una qualsiasi plausibile connessione. Inoltre vengono frequentemente rappresentate faccende domestiche, come il bucato, il cucito, la filatura. Un altro motivo ricorrente è il maestro con scolari, sia nell'atto di insegnare a leggere sia in quello dì insegnare musi ca. Infine, si trova un quarto importante gruppo: singole figure di venditori ambulanti o diverse scene di artigianato e di mercato, che spesso possono essere un'occasione per esibire splendide composizioni di nature morte.
Le figure, che si, presentano all'osservatore come su un palcoscenico con le loro, vesti misere e rattoppate, non vogliono provocare la compassione per la loro desolata condizione, vogliono bensi divertire. Ciò si manifesta soprattutto con l'espressione ghignante, contratta o scaltra. Fortissimo è il contrasto con le figure del Ceruti che quasi sempre emanano una certa melanconia. Il pittore non persegue un approfondimento psicologico. Nello stile del C. predominano elementi nordici: accanto al filone olandese (Frans Hals, Leonard Bramer, Adriaen Brouwer, Pseudo van de Venne), mediato probabilmente da Keil, alcuni giovani studiosi riscontrano richiami a pittori tedeschi come Christopher Paudiss, Matthias Scheits (B. R. Vipper, 1966), Gottfried Libalt e Salomon Adler attivo anche in Italia (Mojzer, com. scritta, 1974).
A parte la tematica (inconsueti per l'Italia sono idilli familiari e scene di società con musicanti), sono da considerare elementi nordici la rappresentazione di interni (seppure vagamente definiti) e il grado di realismo dei tipi fisionomici, costumi e nature morte. Manca tuttavia il rapporto autentico con la realtà; la concezione accademica del Meridione è tradita dal realismo "derivato" che opera con modelli (maschere di gesso) e con elementi di scena precostituiti, non vuole rinunciare a idealizzare e si manifesta in quadri artificiosamente composti, come si può osservare già nella Scena zingaresca del 1705 della collezione Geri (Arslan, 1933).
Le opere del primo periodo raggruppabili attorno a questo quadro hanno colori vivaci con chiaroscuro accentuato. L'influsso nordico è qui ancora particolarmente evidente nei quadri con ragazzi che ridono (Ragazzo con pernici, Budapest, Museo di Belle Arti; Ragazzo con colomba, già Monaco, coll. Schrenk-Notzmg; Giovane contadino con pappagallo e gatto, asta Finarte, Milano, 29 ott. 1964), che ricordano Frans Hals; o nei quadri di Reims (Musée de la Ville: La rissa, Partita a carte) nei quali i volti contorti e l'interno rovinoso e indistinto fanno pensate allo Pseudo van de Venne.
A questo gruppo appartengono i primi Autoritratti e i quadri scoperti da Blažiček nel castello di Rájec nad Svitavou (Dentista tzigano e Chirurgo) che ben si accordano con il Medicastro della collezione E. Boross (Larchmond, N. Y.) pubblicato da Mayer nel 1918.
Le opere del periodo mediano, a partire all'incirca dal Maestro di scuola datato 1715, comparso sul mercato londinese nel 1956 (esposizione Relarte, Milano 1963) e dal suo pendant, La lezione di musica (ambedue riprodotti in Weltkunst, XXXI [1961], 10, p. 58) hanno colorito più chiaro e variato, plasticità attenuata e un disegno preciso, quasi asciutto, che va verosimilmente giustificato con l'influsso di P. Bellotti. Le composizioni si fanno più ricche e complicate, gruppi per lo più a figura intera sono collocati in uno spazio piuttosto esteso che peraltro è come una scenografia indeterminata, né interno né paesaggio, permettendo così al pittore di evitare la rappresentazione prospettica. Lo stile più levigato e d'effetto è segno dell'influssei di Antonio Amorosi. Blažiček pensa a un'attività di bottega già nel terzo decennio e riconosce la mano del maestro solo in commissioni più importanti. Numerose coppie o serie di quadri testimoniano il notevole successo riscosso dai quadri di genere del Cipper.
Fra i principali esempi vanno ricordati L'arrotino e la zingara chiromante del Joanneum di Graz; il Concerto zingaresco, con molte figure, della collezione Peloso a Novi Ligure (firmato "Jacob Frances Zipper pinxit"), dove il direttore d'orchestra presenta un atteggiamento spesso ricorrente nei quadri dei C.; la Scena di genere dell'Ermitage di Leningrado, nella quale la donna che sventra il pesce e la splendida natura morta di frutti di mare ricordano il quadro nel Museo di Auxerre (attribuzione dì R. Longhi), come pure il Mercato di pesci della collezione Korda a Londra, anch'esso certamente del periodo di mezzo. Nella Scena d'osteria della collezione van der Bey (una variante è stata venduta all'asta da Christie's a Londra il 7 luglio 1972) l'ambientazione è più ampia; in un intemo in cattivo ttato con un camino sulla sinistra (che ricorda certi interni olandesi del sec. XVII) sono raffigurate, otto persone in diverse occupazioni tipiche del Cipper. Vanno infine classificati in questo periodo: quattro quadri assegnati dal Delogu (1949), a questa "gustosissima figura di pittore" (La trappola per topi e Ibari, ora nella Galleria nazionale di Praga; due Scene familiari della collezione Lattes, oggi a Treviso, Museo civico); i due pendants (Calzolaio e Filatrice)dell'Ermitage di Leningrado; la Scena di bevitori nel Museo civico di Soletta; tre quadri nella Galleria comunale Campori di Modena (pubblicati nel 1924 da Malaguzzi Valeri); i Musicanti del Museo Puškin di Mosca; la Lavandaia e la Filatrice e giocatori di carte della collezione Treccani a Milano (A. Morassi, in Dedalo, XI [1930-31], p. 1034); la Scena rustica del Musée des Beaux-Arts di Liegi (pubbl. da Longhi, 1938; i due pendants con Giocatori di carte e Giocatori di morra, già attribuiti al Piazzetta, di coll. private di Budapest (Mojzer, 1956, ill. 3 s.); la Allegra compagnia (coppia male assortita, con musicanti) e il suo pendant con Giocatori di filetto (forse da identificare con il, quadro della vendita Glückselig a Vienna del 1929, pubblicato da Mojzer, fig. 10), nell'abbazia di Seitenstetten (Austria); la Famiglia a tavola della Galleria nazionale di Praga; la scena d'interno detta I cinque sensi della collezione Sadolin a Copenaghen (presumibilmente da identificare con il quadro presente sul mercato londinese, galleria Lasson, attorno al 1967); figure singole di vecchi barbuti (due pendants a Milano, Castello Sforzesco; Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo; nella versione a tavola, Museo di Krzeszów); vecchi mendicanti (pendants a Pommers-felden); vecchie che inzuppano un biscotto in un bicchiere a calice (Varsavia, Galleria nazionale; Budapest, Museo di Belle Arti; Copenaghen, collezione Sadolin) o che manovrano una trappola (Museo di Krzeszów).
Il C. dimostra una grande capacità, come nelle nature morte, nella rappresentazione di animali che sbesso colloca in primo piano: vi sono spesso civette, pappagalli, gazze, tacchini, anatre con i piccoli, ma più che altro un cane accovacciato. Una delle rappresentazioni più incantevoli, finora inedita, è quella di un Ragazzo che dà il mangime alle anatre (mercato di Londra, Colnaghi). Il gruppo di anatre compare anche nel Gruppo a tavola nel castello di Neudenburg (Kemmelbach, Neumarkt-Ybbs in Austria) e il ragazzo nel quadro con Bambini che mangiano già nella collezione Langton Douglas a Londra (Mayer, 1928).
Gli studiosi non sono d'accordo nel valutare il periodo tardo del Cipper. Mojzer (1956) lo considera il periodo più apprezzabile per l'equilibrio delle composizioni dalla struttura ricca e complessa laddove Blattek vede nelle opere tarde, fatta eccezione per i quattro quadri accuratamente eseguiti di Hampton Coutt (datati 1736: l'ultima data nota), una maniera sempre più frettolosa, forme e tipi fisionomici generici e fumosi che sono solo ancora le varianti deformate fino alla caricatura di un viso straordinariamente brutto. Le composizioni, una volta ideate vengono sempre ripetute in forma semplificata con una leggerezza che colpisce.
Secondo Mojzer appartengono al periodo tardo i Pellegrini che cantano, già nella collezione Chanenko a Kiev (fig. 5), una rielaborazione del Concerto zingaresco di Novi Ligure con le caratteristiche di questo periodo: figure di tre quarti o mezze figure disposte in modo da riempire quasi l'intera superficie della tela; ne risultano grandi superfici di colori, fra i quali dominano il giallo acceso, l'ocra, il rosso e il blu. A questo quadro, ai due importanti dipinti già nella collezione Vecchi di Bologna (il Maestro di scuola e la Maestra di lavori donneschi) è sicuramente da avvicinare il quadro tornato alla luce nella vendita Sotheby del 1971 con la Lezione di musica, già nella collez. di Stowe House, che presenta queste stesse caratteristiche oltre a una composizione assai simile (il pendant rappresenta una Scena di mercato). Restano da ricordare alcuni gruppi di mangiatori a tavola: Giovane coppia con vecchio, mendicante e suonatore di violino (Berlino, vendita Lepke, 4 maggio 1915); Giovane coppia con musicanti (Budapest, Museo di Belle Arti: Mojzer, fig. 6) e il suo pendant, Coppia di vecchi contadini a tavola (Budapest, coll. priv.: ibid., fig. 7); Coppia di vecchi con mendicante e, in primo piano, un pollo e un gatto (già Berlino, coll. Gottschewski); La filatrice e un accattone e Tre musicanti (Venezia, Gallerie dell'Accademia); il Fornaio (pubblicato da Mojzer, fig. 11, venduto all'asta come Nuvolone a Vienna, da Schidlof il 5-6 febbr. 1920); e La carità attribuito al C. già dall'Arslan: una giovane donna con un bambino in fasce, la cui espressione ridente smentisce la implorante scritta su un biglietto presentato all'osservatore (già Vienna, coll. Planiscig).
Stridente è il contrasto fra questi quadri, che sono da considerare le cose migliori del C., e quelli degli imitatori, come il Concerto sulla ghironda della Galleria nazionale di Praga o le due scene della Pinacoteca di Cremona. Questi offuscano l'immagine del pittore il quale certo, se paragonato a Ceruti, può esser valutato solo negativamente (Testori, 1966), ma che negli stretti limiti ch'egli stesso si fissava, produsse di tanto in tanto quadri eccellenti.
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