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ALBERTI, Cipriano

di Armando Sapori - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)
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ALBERTI, Cipriano

Armando Sapori

Figlio di Duccio di Lapo, nacque nel 1335 e nel 1336 rimase orfano di padre, caduto il 30 ottobre nella battaglia della Brenta. Il 22 febbr. 1365 fu nominato ufficiale dello Studio fiorentino e nel 1368 inviato a S. Miniato a negoziare la pace con i fuorusciti. Nel 1370 era console della Zecca, nel 1374 veniva incaricato di comprare dai Conti Guidi i castelli di Belforte e di Gattaia; nel 1371 la Signoria lo inviò ad Avignone presso Gregorio XI; nel 1377 fu ad Assisi per ottenere che Assisi e Perugia rimanessero solidali con Firenze nella lotta contro quel pontefice, in occasione della quale, nel 1378, fece parte degli Otto Ufficiali dei Preti, una magistratura incaricata di vendere i beni ecclesiastici per sostenere le spese della guerra. Seguace della linea politica di messer Benedetto di Nerozzo di Alberto, e quindi ben visto dal governo dei Ciompi, nel luglio 1378 e nel dicembre 1379 fu ambasciatore ad Arezzo. Poi, separatosi egli pure, come Benedetto, da Giorgio degli Scali e da Tommaso Strozzi, contribuì al ritorno al governo della oligarchia, e, nella ridda delle investiture del febbraio 1382 fu, insieme con Andrea di messer Benedetto, fatto cavaliere dal capitano del popolo. Estratto gonfaloniere di giustizia nella Signoria dal 1° settembre a fine ottobre 1382, gli avversari degli Alberti tentarono di impedire che prendesse l'ufficio, senza riuscirvi perché egli entrò in Comune con un gruppo di armati. Nel 1383 fu inviato in Valdambra a ricevere in accomandigia i Tarlati di Pietramala e nel 1385 fu capitano del popolo a Pistoia; l'8 febbraio di questo anno sposò in seconde nozze Caterina di Domenico Bueri (la quale viveva ancora nel 1442, in età di 90 anni). Nel 1386 si recò a Bologna per fare da mediatore di pace con i signori di Faenza. Bandito dalla città nel 1387, segui Benedetto in Palestina, ma al ritorno non sostò a Rodi come il parente. Ritornato direttamente in Italia, fu podestà a Fermo, e, rientrato a Firenze nel 1392 in seguito ad una amnistia, poco dopo, su denuncia di aver tenuto un carteggio clandestino (con quei di Bologna) e di avere cospirato contro lo stato, fu gettato in carcere. Il podestà, Niccolò dei Carboneschi di Ascoli, che si era rifiutato di procedere contro Cipriano e Alberto di Bernardo Alberti già in prigione, fu privato dell'ufficio da una Balia espressamente creata, la quale, il 25 ott. 1393, ripeté con maggiore rigore i bandi contro i membri di casa Alberti. Il vincitore Maso degli Albizzi, gonfaloniere di giustizia, stabili Rodi come residenza a vita dell'A., mentre confinò per dieci anni il figlio di lui Giovanni, e Piero di Bartolomeo di Caroccio a cento miglia da Firenze, Alberto di Bernardo per venti anni a Bruxelles e suo fratello Nerozzo per dieci anni a Barcellona. Dal bando e dalla privazione degli uffici si salvarono sol-. tanto i figli di messer Niccolò. Cipriano non rispettò la legge: si fermò a Rimini e là fu preso al servizio dai signori Malatesta. Sembra che morisse nel 1413 a Rimini o a lesi.

Fonti e Bibl.: L.B. Alberti, I Primi tre libri della famiglia, a cura di F.C. Pellegrini e R. Spongano, Firenze 1946, p. XLIII; I libri degli Alberti del Giudice, a cura di A. Sapori, Milano 1952, pp. LXXXIX-XC; L. Passerini, Gli Albeni di Firenze, Genealogia, storia e documenti, Firenze 1869, pp. 60-64; Y. Renouard, Les rélations des Papes d'Avignon et dés compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris 1941, p. 331.

Vedi anche
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