CIPRO (gr. Kypros, turco Kibris; A. T., 88-89)
L'isola maggiore del Mediterraneo orientale, situata fra 34°33′ e 35°41′ N., e fra 32°17′ e 34°35′ E., a circa 95 km. a occidente della Siria. La costa caramanica dell'Asia Minore dista 64 km.; a O. la terra più prossima è l'isola di Rodi e ancora più distante è Creta. Pur rimanendo parte dell'Impero ottomano, Cipro fu nel 1878 occupata e amministrata dalla Gran Bretagna, a cui veniva nel 1914 definitivamente annessa. Nel 1925 fu proclamata Colonia della Corona.
All'isola sembra riferirsi il nome di Isj o di Alašia dei testi egiziani, mentre è chiamata Iatnana nei posteriori documenti assiri di Sargon II. Meno sicura è l'identificazione col Kittim degli Ebrei, sebbene i sostenitori di tale ipotesi si appoggino sull'esistenza in Cipro antica di una città chiamata Kition. Il nome Κύπρος appare per la prima volta in Omero, ma la sua origine è oscura. Da esso derivano in ogni modo il nome del rame, estratto nell'isola fin da tempi remoti, quello del cipresso, e quello della dea Afrodite chiamata già da Omero Kypris.
Morfologia e geologia. - L'isola (9280 kmq.) consiste di due catene montuose collegate da una larga pianura, la Messaria ("tra i monti"). La catena settentrioriale o Monti Kerynia, che s'innalza a poco più di 1000 m., è composta, eccetto che nella parte orientale, di calcari mesozoici, con intrusioni di rocce ignee più recenti. Questa catena forma un baluardo lungo tutta la costa settentrionale e si prolunga nel promontorio orientale del Karpaso, intercettando i venti apportatori di piogge provenienti dal nord e formando con la stretta pianura costiera una striscia di vegetazione lussureggiante. I monti meridionali, composti in massima parte di rocce ignee, diabase, gabbro, serpentino, andesite, occupano quasi tutta la parte SO. dell'isola raggiungendo l'altezza massima (m. 1953) nel monte Troodos, e degradano a E. nello Stavrovouno (Monte Santa Croce), formando un esteso massiccio. La pianura stessa è costituita per la maggior parte di arenarie e conglomerati, ai quali sovrastano argille di epoca terziaria più recente, e si presenta molto erosa dai solchi delle acque correnti. In alcune parti, specialmente lungo la regione pedemontana settentrionale del Troodos, l'erosione ha lasciato una caratteristica formazione a tavole (mesas). La pianura nell'estate è arida e desolata, tranne le località favorite dalle sorgenti, che formano oasi rigogliose abitate fin dai tempi più antichi.
A causa della prevalenza del tipo alto di costa e per la mancanza di grandi estuarî Cipro è quasi assolutamente mancante di porti, poiché i due esistenti, Famagosta, famosa all'epoca medievale, e Kerynia, sono affatto inadatti per le navi moderne, così che la maggior parte dei piroscafi gettano l'ancora nelle baie aperte di Larnaka e di Limassol. Un traffico in via di sviluppo è tenuto dalla baia di Morphou situata presso le miniere del massiccio di Troodos.
Clima. - Il carattere generale del clima è tipicamente mediterraneo: estati secche e inverni umidi. Le piogge cadono in massima parte in novembre e dicembre; mancano in luglio e agosto.
Sulle coste settentrionali e occidentali e sui monti la precipitazione è maggiore (750 mm.), minore nella regione di Limassol e nelle pianure occidentali (470-500 mm.), minima nella Messaria orientale e nella zona costiera adiacente (meno di 300 mm.). La precipitazione estiva, tolta Nicosia e la zona alta del Troodos, è in media minore di 50 mm. in tutta l'isola. La temperatura media annuale è di circa 19°, quella di gennaio è di 9°,5 per Nicosia e 12° per le stazioni costiere, e il termometro, fuori che sul Troodos, scende raramente sotto zero; la media del mese più caldo è di 27°,9 per Larnaka e di 28°,3 per Nicosia, ove è stato osservato un massimo di 43°,9. Il calore è tuttavia alquanto mitigato dalla brezza marina proveniente dal NO. A parte questo imbatto i venti prevalenti soffiano dal nord e sono freddi nell'inverno e caldi nell'estate, arrecando spesso danni considerevoli alle colture.
Idrografia. - A parte i fiumi piccoli ma perenni che nascono dal M. Troodos, fra i quali il Kouris che sbocca nel mare presso Episkopi e il Diarrizos la cui foce è vicina a Kouklia (l'antica Paphos), i corsi d'acqua non sono altro, per lo più, che torrenti invernali. Il Pideas ha le sorgenti nelle pendici settentrionali del Macharia, passa vicino a Nicosia e perde gran parte delle sue acque nelle paludi di Enkomi presso Famagosta. Lo Yalias (Gyalias) nasce vicino al Pideas e corre al mare più o meno parallelo ad esso.
Flora e fauna. - La flora di Cipro è generalmente di tipo mediterraneo e presenta un insieme di specie affini a quelle della Panfilia, della Cilicia e della Siria, oltre a moltissime specie endemiche numerose soprattutto nella regione montana. L'attiva opera di rimboschimento delle zone denudate, condotta con successo dal Dipartimento forestale, avrà probabilmente effetto considerevole sulla flora locale. È interessante notare che nei tempi antichi le foreste di Cipro fornivano all'Egitto il legname per le navi, mentre attualmente, sebbene esistano ancora sul Troodos degli esemplari di Pinus laricio, l'isola ha pochissimo legname utilizzabile. Ancor più meraviglia ci fa la relazione di Eratostene, il quale ci narra che la Messaria era in antico rivestita di fitta foresta. In ogni modo, eccetto sulle montagne, l'opera dell'uomo e delle capre ha grandemente ridotto la vegetazione spontanea dell'isola.
La fauna quaternaria dell'isola, come risulta dalle grandi esplorazioni delle caverne ossifere dei M. Kerynia, comprendeva un elefante nano, un piccolo ippopotamo, e la genetta. Attualmente il più grande mammifero dell'isola è il muflone, simile a quello dei Tauri e della Sardegna. Sono state riscontrate altre 17 specie di mammiferi, ma nessun membro della famiglia della puzzola, dell'ermellino e della donnola vive nell'isola. Fin da tempo antico Cipro aveva fama di albergare molti rettili velenosi, mentre, sebbene la vipera sia comune, i rettili non sono numerosi, né tolta quella, particolarmente venefici. Gli uccelli hanno speciale interesse; non solo sono numerosi gli uccelli migratorî, dei quali sono state contate circa 300 specie, ma fra le 50 residenti sono molte le forme locali, così frequentemente associate con l'ambiente insulare.
Popolazione. - L'isola aveva 310.700 ab. secondo il censimento del 1921, 339.400 secondo un calcolo del 1927 (37 per kmq.), in gran parte di lingua greca e aderenti alla chiesa ortodossa autonoma di Cipro. Secondo censimenti anteriori la proporzione dei varî elementi etnici, che non deve essere mutata, risultava la seguente: 78,9% Greci, 20,1% Turchi, 0,4% Arabi, 0,2% Armeni. I Turchi sono musulmani (63.000), gli altri, all'infuori del maggior nucleo ortodosso, dànnbo anche piccole quantità di armeni, maroniti, cattolici e protestanti. Gli Ebrei sono circa 200. Un elemento importato dai Turchi, che non conserva però più fisionomia etnica distinta, è quello degli schiavi negri. Ancora nel 1845 se ne contavano 5000, e individui negroidi vi s'incontrano talvolta anche oggi.
Nessuna traccia si è finora rinvenuta dell'uomo paleolitico, ma nell'epoca neolitica, come hanno mostrato le ricerche di Gjerstadt, Cipro era abitata, e per la successiva età del bronzo il materiale raccolto da Myres, Buxton e Markides, è assai abbondante. Per il periodo medio di tale età si hanno resti scheletrici, che indicano come già esistesse la particolare miscela somatica, che è propria della popolazione attuale. Taluni cranî rinvenuti da Markides a Lapithos, nella parte N. dell'isola, sono deformati esattamente nella maniera caratteristica di certi cranî di Creta appartenenti probabilmente alla prima età minoica. Con la civiltà del ferro Cipro dovette ricevere il carattere ellenico che conserva ancora oggi. Una divisione etnica fra gli abitanti dell'isola dovette stabilirsi molto precocemente: Erodoto distingue fra Greci e Fenici, nel Medioevo si trovan separati Greci e Armeni, oggi la distinzione è fra Greci e Turchi, che hanno scarsi contatti fra loro, ma è ben difficile distinguerli fisicamente, perché entrambi i gruppi sono derivati dalla stessa stirpe mista.
La popolazione è di statura piuttosto elevata (m. 1,68-1,69, in media, nei maschi adulti), di tipo bruno, essendo rarissimi i capelli biondi; meno rari invece gli occhi chiari, con faccia ovale, naso alto ma non molto fine (indice nasale medio fra 64, 2 e 69,6). La forma della testa varia secondo i distretti. Il Buxton ha trovato medie di franca brachicefalia nel centro della Messaria (indice cefalico 84,1), un po' minore sulla costa a nord di Famagosta (83,4), mentre a Nicosia e nel nord dolicocefali e brachicefali paiono equivalersi numericamente (81-82 di indice medio). L'elemento brachicefalico è distintamente armenoide (v. armeni).
Cultura. - Essa è nel suo complesso affine a quella di tutto il Levante. L'abitazione rurale, di solito ridotta al solo piano terreno, ha una fondazione di pietre e muri di mattoni impastati di argilla e paglia seccati al sole: un arco centrale di pietra sostiene generalmente il tetto, composto di travi orizzontali, con una copertura di graticci e di argilla. Ha naturalmente scarsa durata. Nelle case migliori e più vecchie, finestre ogivali e altri particolari architettonici richiamano a influenze medievali europee. Raramente manca il cortile e il frantoio per l'olio.
Arti tradizionali indigene sono la tessitura e la ceramica. La prima si vale di un telaio orizzontale di tipo asiatico ed è l'universale occupazione domestica delle ragazze. La seconda produce tipi varî per qualità: ve n'è una rozza, fatta dalle donne e cotta al sole; una qualità migliore di color rosso, molto diffusa, dà prodotti simili ai grandi vasi dell'età del bronzo; un terzo tipo, detto di Famagosta, usa un'argilla che imbianca con la cottura ed è fatta al tornio.
L'agricoltura usa ancora l'aratro tutto di legno, la trebbiatura viene fatta con un tribulum di tipo poco diverso da quello descritto da Virgilio. Caratteristici, e di tipo orientale, sono i lavori d'intrecciatura e gli otri di pelle.
Produzione. - Cipro fu in passato famosa per il rame e oggi di nuovo il ferro cuprifero estratto a Skovriotissa e a Mavrovouno forma uno dei principali prodotti di esportazione. La produzione è salita da 51.000 tohellate metr. nel 1923, a 200.000 nel 1927. Vi sono pure cave di gesso e di marmo, di terra d'ombra e di terra verde. Un'industria mineraria in grande sviluppo è quella dell'asbesto, estratto alle falde del Troodos in una località detta per il suo prodotto Amiantos (amianto): l'esportazione, nel 1927, è salita a 10.700 tonn. La produzione dell'isola è tuttavia in massima parte collegata all'agricoltura. Le colture principali sono: l'olio, la vite, gli alberi da frutta.
Il vino di Cipro è stato per lungo tempo famoso. Ebbe gran voga nel sec. XVIII, e anche prima, come bevanda delle classi ricche, occupando quasi il posto degli spumanti di oggi. Le qualità migliori, simili ad alcuni vini gravi del Portogallo, sono oggi quelle dette Commanderia, da una delle Commanderie dei Cavalieri di Malta che tenne per breve tempo l'isola durante la terza crociata. A Limassol viene prodotta acquavite di buona qualità ed è in aumento la produzione dell'aceto, tanto da dare alimento a una certa esportazione.
A parte l'introduzione di alcune piante esotiche, come il tabacco, il mais, la patata dolce, il gelso e poche altre, l'agricoltura di Cipro poco differisce oggi da quella descritta dai classici e si conserva fedele ai poco redditizî sistemi tradizionali. Il bestiame non è molto abbondante e costituito in prevalenza di ovini (280.000 pecore, 184.000 capre, nel 1919) e suini (64.000). Va fatta menzione anche della pesca delle spugne.
Il commercio d'importazione si è aggirato, negli ultimi anni, intorno a 1 milione e mezzo di sterline e le esportazioni hanno, nel 1927, raggiunto un'egual cifra; nel 1929 le importazioni raggiunsero 1.983.833 sterline; le esportazioni 1.635.736. Poco più di 1/4 di questo commercio è condotto con la Gran Bretagna. Nelle esportazioni figurano specialmente piriti, carrube, agrumi e frutta, asbesto, animali vivi, patate, vini, cotone, seta e bozzoli, spugne, terra d'ombra. L'importazione fornisce sostanze alimentari, tabacco, combustibili e manufatti. Il tonnellaggio complessivo delle navi entrate e uscite dai porti dell'isola è stato, nel 1926, di 1.584.000.
Governo e centri principali. - L'isola è governata da un alto commissario, assistito da un Consiglio di consulenza, e divisa in 6 distretti, Nicosia (Leucosia), Larnaka, Limassol, Famagosta, Paphos e Kerynia, ciascuno dei quali è sotto il controllo di un commissario. Nicosia (v.), capitale e sede del Governo (18.570 ab.), è situata quasi nel centro della Messaria. Famagosta (v.), che l'unica ferrovia dell'isola collega (km. 122) a Nicosia e Morphou, non è oggi che l'ombra di quello che fu in passato, e la città antica è divenuta un villaggio turco. Limassol (Lémesos, 13.300 ab.), sulla costa meridionale, è il porto principale dell'isola. Larnaka (v.; 9750 ab.), il secondo porto, ha pure una baia aperta, ma la città, si estende nell'interno. Kerynia (2000 ab.) è il solo centro notevole della costa settentrionale, con una vecchia torre veneziana e un piccolo porto poco frequentato. Inoltre vanno ricordate Ktima con la nuova Paphos (Neopaphos), a nord delle rovine dell'antica città, famosa per il tempio di Afrodite; i magnifici castelli medievali che coronano le alture settentrionali, fra i quali Kantara e Buffavento; infine, un po' a oriente di Kerynia, S. Ilario, dove i contadini narrano ancora storie di Caterina Cornaro, l'ultima regina di Cipro.
La popolazione rurale è quasi dovunque accentrata in villaggi, che sono greci o turchi, più raramente misti. L'istruzione elementare è ordinata in modo che ogni confessione ha le sue scuole. Ci sono poi scuole secondarie greche e turche. Oltre alla lingua locale (v. sotto) la classe colta parla il francese, mentre si sta pure diffondendo in essa l'uso dell'inglese.
Bibl.: Geografia storica: C. D. Cobham, Excerpta Cypria, Londra 1908 (estratti di vecchi viaggiatori e geografi, tradotti in inglese e annotati); E. Oberhummer, Die Insel Cypern. Eine Landeskunde auf historischer Grundlage, Monaco 1903; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. v. (con bibl. completa sino al 1923). Lavori recenti: Bellamy e Browne, The geology of Cyprus, Southampton 1905; D. Trietsch, Cypern, Francoforte 1911; C. Orr, Cyprus, Cipro 1924. V. anche: E. Dechamps, Au Pays d'Aphrodite, Parigi 1898; G. Mariti, Viaggi all'isola di Cipro (trad. ingl., Cambridge 1909). Per notizie turistiche v. Baedeker, Konstantinopel und Kleinasien (1914), per le statistiche, i Colonial Office Reports e l'annuale Cyprus Blue Book. Etnologia: L. H. D. Buxton, The Anthropology of Cyprus, in Journal fo the Anthrop. Inst., L, Londra 1920; M. H. Ohnefalsch-Richter, Griechische Sitten und Gebräuche auf Cypern, Berlino 1914. Carta inglese alla scala di 1 : 348.480.
Archeologia e arte. - Le ricerche archeologiche a Cipro hanno lasciato non poco a desiderare. Se le era proposte Ernesto Renan al tempo della sua missione in Fenicia, e ne fece eseguire dal marchese De Vogué, che riportò una collezione di antichità cipriote al Louvre. Ma la maggiore attività fu esplicata dal generale Luigi Palma di Cesnola, un piemontese che ebbe a Cipro funzioni di console degli Stati Uniti d'America e finì direttore del Metropolitan Museum di New York. La collezione che egli trasportò in America è ricchissima, ma raccolta con esplorazioni tumultuarie, non ordinate, non corredate di documenti, spesso accompagnata da fantasticherie che alterano volutamente o no anche i dati di fatto. Ulteriore confusione venne a mettere il dotto tedesco Ohnefalsch Richter con un suo libro farraginoso (Kyprus, die Bibel und Homer, 1893). Né di molto meglio fece l'amministrazione inglese, almeno fino quando il Myres e l'Ohnefalsch Richter studiarono e pubblicarono le raccolte del Museo dell'isola. Son seguiti poi scavi fatti con metodo e con precisione dal Dümmler e specialmente per conto del British Museum dal Murray, dallo Smith e dal Walters. Per queste nuove ricerche non si è arricchita molto la conoscenza dell'età della pietra nell'isola, ma notevolmente quella della civiltà del rame e del bronzo con tombe a inumazione, ceramica povera con ornamenti geometrici incisi o dipinti, abbondanza notevole di strumenti di rame prima e poi di bronzo. A questa prima età del bronzo tengono dietro testimonianze notevoli di civiltà micenea avanzata, qua giunta da altri centri dell'Egeo, e forse un pochino ritardataria e meno elevata. Il Dussaud pensa che da Cipro forme e motivi ornamentali siano passati in Siria e in Fenicia, e che certe contaminazioni di cose egizie e assire siano piuttosto da ascriversi a Cipro che alla Fenicia. Tra queste sono soprattutto da notare le belle patere di metallo con figure a sbalzo diffuse dalle coste di Siria fino a Preneste e a Cere, che la maggior parte degli studiosi assegna appunto all'industria artistica fenicia (cfr. Clermont Ganneau, Imagerie phénicienne, Parigi 1880, e Dussaud, Civilisations préhelléniques, Parigi 1922, pagina 183; cfr. però in senso contrario Poulsen, Frühgriechische Kunst).
Anche durante l'età classica la scultura abbondante e l'arte di Cipro rimane un po' alla periferia dell'arte greca e non perde completamente alcuni accenti orientali.
Bibl.: Vedi la bibliografia a p. 396.
Arte medievale e moderna. - I più antichi monumenti dell'arte bizantina, che dominò Cipro incontrastata fino al sec. XII-XIII, sono due bei mosaici del sec. V-VI, affini a quelli coevi di Ravenna e di Roma: l'uno nell'abside della chiesa della Panagia Angeloktistos a Kiti, presso Larnaka; l'altro, rappresentante pure la vergine col Bambino tra due angeli, nella Chiesa d'un monastero abbandonato della Panagia Kanakaria, presso il villaggio di Lithrankome. Risale alla medesima epoca il tesoro di oggetti d'argento, trovato presso Kerynia sullo scorcio del sec. XIX e nel 1902, ora diviso tra il museo di Nicosia e la coll. di Pierpont Morgan a New York. Il suo nucleo piti importante è costituito da alcunl piatti recanti rilievi con scene della vita di David, lavorati con squisita finezza. Numerosissime sono le chiese bizantine, ancora poco studiate, sparse nell'isola, in gran parte dei secoli XI-XIII.
Già prima ancora che Cipro fosse sotto il diretto dominio politico del mondo occidentale (1191), l'architettura romanica cominciò a penetrare nell'isola dalla Siria; dopo l'occupazione di Cipro da parte di Guido di Lusignano, l'influenza francese si diffuse rapidamente. Dappertutto sorsero chiese ed edifici per nulla inferiori alla coeva architettura gotica di Francia. Vi si possono distinguere quattro periodi. Dal 1209 al 1280 circa si eressero alcuni begli edifici gotici, il portale orientale della cattedrale di Nicosia, la chiesa di Lapaïs, la grande sala di S. Ilario, presso Kerynia. Questi edifici sono influenzati soprattutto dall'architettura gotica del Nord della Francia, con qualche elemento ancora arcaico nella struttura, e con proporzioni un po' tozze. Notevole in questo gruppo l'ornamentazione, d'una nitida sobrietà di forme. Nel secondo periodo (metà del sec. XIII-metà del sec. XIV) l'architettura s'ispirò ai modelli della Champagne e anche, ma in misura minore, a quelli delle provincie del sud della Francia, raggiungendo una singolare purezza di stile, senza traccia di arcaismi negl'interni ampî e armoniosi coperti di vòlte leggiere e solide. Si nota però contemporaneamente un abbassarsi della qualità dei lavori di decorazione. Sono di questo periodo la chiesa di San Giorgio dei Latini a Famagosta, la parte superiore della navata e del portico della chiesa di S. Sofia a Nicosia, la cattedrale di Famagosta, il chiostro e gli edifici del convento di Lapaïs, s. Maria del Carmelo, la chiesa di S. Caterina e Jeni-Djami a Nicosia. Durante il terzo periodo che s'iniziò verso il 1340, scomparse le influenze della Champagne, subentrarono e presero gradualmente il sopravvento quelle del sud della Francia; prevalgono forme grevi, monotone, poco eleganti, con scarso uso di elementi decorativi. Appartengono a questo periodo, a Famagosta le chiese di S. Giorgio dei Greci, dei Ss. Pietro e Paolo, di S. Anna, e quella dei Nestoriani; la chiesa dei francescani a Paphos, la chiesa di Stazousa, presso Larnaka, e di S. Nicola a Nicosia. Seguì il quarto periodo (fine del sec. XIV - fine del sec. XV), del tutto inferiore ai precedenti. Si ripresero, rendendoli sciatti e insignificanti, i motivi costruttivi e ornamentali dell'epoca bizantina e romanica; e l'effetto di tale mescolanza d'elementi eterogenei risulta goffo e confuso. Caratteristico esempio di questo stile bastardo è la chiesa di Morphou, gotica nella muratura e nelle sculture, ma bizantina nella forma e nella costruzione delle vòlte. Un simile sviluppo si osserva nell'architettura civile e militare, di cui i più notevoli esempî sono il castello di Kerynia del sec. XIII; il castello di Famagosta del 1310 circa; i castelli di Buffavento e Kantara del sec. XIV.
Una breve sporadica apparizione dello stile gotico fiammeggiante della Catalogna si avverte nell'architettura del sec. XV, specialmente nel cosiddetto palazzo reale di Nicosia. Più estesa e duratura fu l'azione dell'arte italiana che si affermò con predominio assoluto nei numerosi cicli di affreschi ciprioti dei secoli XIV, XV e XVI. Gli affreschi del coro e del portico dell'abbazia di Lapaïs appaiono in parte seneseggianti, in parte influenzati dalla scuola di Avignone. Sono eseguiti in stile veneziano molti intagli lignei che abbondano nelle chiese cipriote. E italiane sono pure numerose lastre tombali e sculture del sec. XVI. Scarse le tracce che l'architettura italiana ha lasciato a Cipro nel sec. XV; più abbondanti invece gli edifici costruiti da architetti italiani nel secolo seguente a Famagosta, a Nicosia, ecc. Degni di nota soprattutto le porte e molti palazzi a Famagosta, e le imponenti fortificazioni erette dai Veneziani.
La produzione della ceramica a Cipro fiorì ricca e abbondante nei secoli XIV-XVI. Queste ceramiche, imbevute di elementi orientali, sono smaltate, con ornati a graffito, simili, nella tecnica e nello stile, alle maioliche italiane del '300 e '400. Industrie dell'arte tessile esistevano a Cipro già nel sec. XII, sviluppandosi maggiormente nel sec. XIII. Nicosia esportava in Europa tessuti di seta, paragonabili a quelli di Damasco, e noti sotto il nome di "damasco di Cipro", celebri per la solidità e lucentezza dei colori.
Bibl.: M. de Vogué, Les églises de la Terre-Sainte, Parigi 1860; E. Rey, L'architecture militaire des croisées en Syrie et dans l'île de Chypre, Parigi 1871; id., Les colonies franques de Syrie aux XIIe et XIIIe siècles, Parigi 1883; id., Les grandes écoles syriques du IVe au XIIe siècle, Parigi 1898; L. de Mas-Latrie, L'île de Chypre, sa situation présente et ses souvenirs du moyen âge, Parigi 1879; E. d'Anson e Sydney Vacher, Mediaeval and other Buildings in the Island of Cyprus, in Transactions of Royal Institute of British Architects, maggio 1883; C. Enlart, L'art gothique et la Renaissance en Chypre, voll. 2, Parigi 1899 (lavoro fondamentale); id., Les monum. des croisés dans le royaume de Jérusalem, voll. 3, Parigi 1925 (v. l'indice); G. Migeon, Man. d'art musulman, 2ª ed., voll. 2, Parigi 1927 (v. l'indice).
V. tavv. CIII e CIV.
Storia.
L'isola nell'antichità. - Non sono ancora state segnalate tracce d'industria paleolitica nell'isola, e rare vi sono anche le vestigia dell'età neolitica (oggetti sporadici trovati nella regione di Curio). Se a questa età o alle successive debbano ascriversi alcuni monumenti megalitici che ricordano i menhirs e i dolmens è incerto. Sorgono i primi presso Palaeopaphus, e due edifici dolmenici sono presso Larnaka e presso Salamina, ridotti il primo a sepolcro di una santa donna musulmana (Hale Sultan Tekké) e l'altro a chiesa cristiana (‛Αγία Αἰκαϑρίνη; cfr. Hogart, Devia Cypria, p. 46).
L'utilizzazione del rame dovette indubbiamente portare a Cipro prosperità e importanza e aumento di popolazione e di rapporti commerciali con i grandi stati vicini della valle del Nilo e della Mesopotamia. Queste induzioni non hanno però sinora ricevuto conferme di una qualche importanza da trovamenti archeologici. Delle relazioni con l'Egitto e con la Mesopotamia restano ad ogni modo documenti in iscrizioni di Thutmosis III, nelle tavolette di Tell el-‛Amārna e sulle iscrizioni di Ramses III nel tempio di Medinet Habu tra la XVIII dunque e la XX dinastia.
Contemporanei o di poco posteriori possono essere i sepolcreti con materiale tardo miceneo trovati in parecchi luoghi, specie a Enkomi presso Salamina, che dimostrano l'isola raggiunta da quell'aspetto e da quella forma di civiltà che dominò nell'Egeo alla fine del secondo millennio e al principio del primo a. C.
Ma la conformazione dell'isola aperta più verso il levante che verso il settentrione o il ponente, fece sì che essa vivesse più nell'orbita siriaco-fenicia. Non solo ce lo prova l'assenza di Cipro dall'orizzonte ellenico così dell'Iliade come dell'Odissea, ma la esistenza d'importanti centri fenici in tempi storici e il vassallaggio dei sovranelli dell'isola verso Sargon re d'Assiria, cui una stele onoraria con immagine ed iscrizione cuneiforme fu elevata a Cizio (è ora nel Museo di Berlino). Da questo primo documento un po' eloquente della storia dell'isola, apprendiamo che il territorio era diviso in parecchie città-stato, a ciascuna delle quali presiedeva un sovrano (Schrader, Die Sargonstele, in Abhandl. der Berl. Akad. 1881). Forma dunque omerica, se così possiamo dire, di ordinamento sociale che a Cipro però permane, mentre in Grecia scompare presto. Non sappiamo se a questo periodo si riferisce la tradizione dei nove regni in cui sarebbe stata divisa l'isola, tradizione riportata come cosa remota con un quondam da scrittori latini (Plinio, Nat. Hist., V, 129; Mela, II, 102). Questi sovrani hanno nomi non ellenici, ma semitici, segno che l'espansione fenicia è per questa età preponderante. Anche i re successori di Sargon, Assarhaddon e Assurbanipal contano i re di Cipro fra i loro tributarî (Ménant, Annales des rois d'Assyrie, p. 208-249; Halévy, in Revue des études Juives, 1881). Poi quando verso la fine del sec. VII e i principî del sesto i Faraoni Saiti della XXVI dinastia restituiscono con le armi l'antica potenza egiziana, il Faraone Amasi conquista Cipro. Per breve tempo però, perché sulle rovine di Babilonia si stava formando un nuovo grande impero, quello dei Persiani per opera di Ciro. Il successore di Ciro, Cambise, sconfisse nella grande battaglia di Pelusio (525 a. C.) il successore di Amasi, Psammetico III, e Cipro come tutto l'Egitto passò in soggezione del gran re di Persia. Le città conservarono i loro sovranelli, dei quali ora alcuni portano nomi fenici, altri nomi greci, poiché anche qui come in tutto l'Egeo l'espansione ellenica ha progredito, respingendo quella fenicia. E i sentimenti ellenici di una parte almeno degl'isolani si dimostrarono, quando essi aderirono nel 497 all'insurrezione delle città greche della Ionia contro i Persiani (Herod., V, 104). Naturalmente se la causa dei coloni greci d'Asia Minore non fu abbracciata neppure da tutti i Greci del continente, molto men0 essa poteva sperare una piena adesione in Cipro, ancora per metà fenicia e da troppi interessi collegata al grande impero vicino. Sicché il movimento antipersiano di Cipro finì presto, e anzi numerose navi cipriote comandate da sovranelli con nomi greci, sono nella flotta adunata da Serse ai danni di Atene e di Sparta. Né l'idea panellenica, cresciuta ad improvvise altezze per il comune pericolo e la comune gloria delle guerre persiane, ebbe troppo vaste risonanze in Cipro, anche quando le navi greche con Cimone portarono la guerra vittoriosa sulle sponde meridionali dell'Anatolia (battaglia dell'Eurimedonte) e fino sulle coste stesse dell'isola (Cimone morì assediando Cizio). Un fervido assertore di ellenismo fu, più tardi, Evagora che cacciò dalla città di Salamina usurpatori fenici venuti da Cizio, ed ebbe la signoria della città già tenuta dai suoi antenati. Accolse a Salamina la flotta ateniese di Conone dopo il disastro di Egospotami (405) e prese parte alla battaglia di Cnido (394). Questa sua attività gli valse un panegirico di Isocrate, ma lo lasciò dopo la pace di Antalcida (386) esposto alle ire del re di Persia, che inviò truppe contro di lui. La resistenza strenua della città di Salamina agli assedianti condusse a una pace, per la quale Evagora restava signore della città, pagando tributo al re (380).
La marcia trionfale di Alessandro Magno ridusse Cipro in pieno mondo ellenico. Disputata fra Antigono e Demetrio da una parte e Tolomeo Sotere dall'altra, finì, nel 295, tolta qualche breve occupazione seleucidica, col restare al regno d'Egitto. Scomparirono così le ultime tracce fenicie, compresi i sovranelli che sapevano ancora un po' di Levante, e che per le consuete beghe tra loro si erano in parte dati ad Antigono o ai Seleucidi, e affidò l'isola a un alto funzionario (στρατηγός o anche στρατηγὸς καὶ ναύαρχος καὶ ἀρχιερεὺς τῶν κατὰ Κὺπρον). Talora il governatore di Cipro fu un parente dei Tolomei ed ebbe quasi dignità di sovrano.
Cipro fu l'ultimo degli estesi possessi stranieri dei Tolomei che si distaccò dall'Egitto. Nell'anno 58 a. C. una lex Clodia, preparata dal turbolento tribuno Publio Clodio, incaricava Catone minore di annettere l'isola di Cipro. Si ottenevano così parecchi risultati: si puniva l'isola per l'aiuto dato ai pirati, si puniva il piccolo Tolomeo, fratello di Tolomeo Aulete, governatore dell'isola, che aveva offeso personalmente Clodio, si allontanava da Roma Catone che dava fastidio al mestatore tribuno e anche alla sorgente fortuna di Giulio Cesare, e si confiscava un bel tesoro, che l'onesto Catone avrebbe riportato intatto all'erario di Saturno. Non fu necessario neanche un esercito, tanta era la prostrazione dello stato tolemaico; il Tolomeo si uccise, e l'isola fu annessa alla provincia di Cilicia. Cesare e successivamente Antonio restituirono Cipro a Cleopatra, restituzione che fu annullata dalla vittoria di Azio. Riunita da principio di nuovo alla Cilicia, fu poi dal 22 a. C. fatta provincia a sé e assegnata al senato che la governò con un proconsole di grado pretorio. Al posto delle nove città-stato, Plinio ricorda quindici comuni (Nat. Hist., V, 130) che si riunivano in un Κοινόν, al quale fu concesso di batter moneta. L'avvenimento più grave della sua storia durante l'Impero fu la furiosa insurrezione dei Giudei, numerosi nell'isola durante gli ultimi anni di Traiano, quando anche gli Ebrei della Cirenaica e d'Egitto si ribellarono. La lotta prese il carattere tutto orientale di massacro generale che nel primo trionfare della sorpresa avrebbe portato all'uccisione di 240.000 tra Greci e Romani. La repressione romana fu severissima a Cipro come in Egitto e a Cirene.
Un'ulteriore insurrezione fu quella di un tal Calocero magister camelorum dell'anno 334, rapidamente domata da Costantino, e finita con la crocifissione del pretendente.
Cipro rimase unita all'Impero romano d'Oriente fino al dilagare della conquista islamica, quando fu occupata da Mu‛āwiyah, luogotenente del califfo ‛Othmān e più volte poi presa e ripresa da Bizantini e da Musulmani.
Le città più importanti dell'isola durante l'età antica furono per lo più sulle coste e precisamente Lapeto, Soli, Marion, Pafo, Curio, Amatunte, Cizio, Salamina. Nell'interno Leucosia, Chitri, Tamasso, Idalion. Quelle nelle quali si affermò meglio e più a lungo l'elemento fenicio sono le città della costa meridionale: Pafo, Curio, Amatunte e specialmente Cizio.
Dei culti di Cipro particolarmente celebrato fu quello di Afrodite a Pafo con tempio, oracolo, collegio sacerdotale di larga autorità. Pausania stesso pensa che il culto fosse stato portato a Pafo dagli Assiri, suggerisce perciò quegli attacchi con l'Astarte di Mesopotamia, che molti hanno veduto nella religione di Afrodite (sulla diffusione del cristianesimo a Cipro, v. sotto).
Bibl.: Cobham, An Attempt at a Bibliography of Cyprus, 4ª ed., Nicosia 1900; C. D. Lusignano, Chorografia et breve historia dell'isola de Cipro, Bologna 1573; G. Mariti, Viaggi, Lucca 1769, tradotto in inglese e ripubblicato dal Cobham, Nicosia 1895; Hogarth, Devia Cypria, Londra 1889; W. H. Engel, Kypros, Berlino 1841; E. Oberhummer, Die Insel Cypern, Monaco 1903; Perrot e Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, III; F. Dümmler, Ältste Nekropolen in Cypern, in Alathen. Mitt., 1886, p. 209; Myres e Ohnefalsch Richter, Catalogue of the Cyprus Museum, Oxford 1899; Murray, Smith, Walters, Excavations in Cyprus, Londra 1900; V. Chapot, Les Romains à Chypre, in Mélanges Cognat, 1912, p. 59; E. Oberhummer, in Pauly-Wissowa, Real-Encicl., XII, col. 59 segg., con ricca bibliografia.
Medioevo ed età modema. - Cacciati gli Arabi nel sec. X, il restaurato governo bizantino a Cipro assunse, per opera dei governatori, tendenze di reggimento autonomo, risolutamente affermato da Isacco Comneno nel 1184, che si ribellò apertamente a Bisanzio e si trovò in lotta non solo contro i Bizantini, ma anche contro i Latini, che avevano collocato le loro stazioni commerciali a Limassol ed a Nicosia. Vittorioso dei primi, restò sopraffatto dai secondi, con l'aiuto dei quali il re inglese Riccardo Cuor di Leone, nella spedizione orientale del 1191, occupò a viva forza i punti strategici costieri dell'isola; ma non poté conservarla a lungo e presto la cedette prima ai Templari, poi a Guido di Lusignano per centomila bisanti. L'elevazione del governo cipriota a dignità di regno e l'investitura della corona regia ad Almerico, immediato successore di Guido, da parte di Enrico VI (1196), consacravano la nuova posizione del reggimento isolano, assorbito anch'esso nell'orbita latina. Tra i disorganici elementi mercantili, veneziani, amalfitani, pisani e pugliesi, che nell'ultimo secolo avevano fatto scalo nell'isola, prevalevano i Genovesi, i quali, prendendo risoluta posizione a favore degli Ibelin, durante la loro reggenza nella minorità di Enrico I, nipote di Almerico, ottenevano con larghe franchige l'istituzione delle due colonie di Limassol e di Famagosta e del correlativo consolato (1218). La successiva lotta impegnata contro Federico II, che, veleggiando alla conquista della corona di Gerusalemme, aveva con la forza rivendicata la tutela del re minorenne tenuta dagli Ibelin, aveva contribuito a rafforzare l'influenza dei Genovesi, che in ricambio dell'aiuto prestato agli Ibelin contro le pretese imperiali, ebbero largamente accresciute franchige e possessi (privilegio del 1232). La penetrazione veneziana era stata anche notevole: ai trafficanti veneziani erano state accordate esenzioni (privilegi di re Enrico I, 1218-1233, della reggente Piacenza, 1259-1261, di Ugo III, 1267-1284), ampî possessi fondiarî e diritti giurisdizionali. Ma i Veneziani rimasero estranei alla vita politica dell'isola ed esercitarono perciò minor attività economica che non i Genovesi. La preponderanza genovese divenne più gravosa dopo la caduta in mano dei Saraceni di S. Giovanni d'Acri (1292): s'inasprirono i rapporti con gl'indigeni e degenerarono in risse e lotte, rallentando la buona armonia esistente tra la repubblica tirrena e la dinastia cipriota al punto d'imporre ai coloni l'uso dei rimedî estremi dell'abbandono dell'isola e dell'impiego della forza armata. Il contrasto fu fatto anche più acuto dalla presenza e dalla pressione di antitetici interessi di potenze concorrenti. La caduta di S. Giovanni aveva respinto verso Cipro, per quanto osteggiati, anche i mercanti veneziani. Il governo isolano si era sforzato di alleggerire la pressione economica e politica delle potenze occidentali, evitando però il danno della deviazione delle correnti di traffico. Perciò fu assai difficile trovare uno stabile accordo con Genova e Venezia, tanto più che ogni concessione fatta all'una urtava contro la reazione dell'altra. I lunghi e penosi negoziati fra Genova e il re Enrico II al principio del sec. XIV, la pace segnata con re Ugo IV, suo successore, il 16 febbraio 1329, rinnovata nel febbraio 1338 e seguita da nuovi dissidî e da nuovi laboriosi negoziati, infine l'accordo di Pietro I del 5 marzo 1363 sono altrettante tappe di un orgasmo incontenibile e che non trova uno sbocco risolutivo. Analoghe pressioni partivano dai Veneziani, la cui presenza sollevava ondate d'irritazione nei Genovesi, sfogate in quasi quotidiani incidenti più o meno gravi. Il trattato veneto-cipriota del 1306 avvantaggiava notevolmente il traffico veneziano e il funzionamento dei suoi organi, e restò la base angolare dei rapporti veneto-ciprioti, fino all'avvento di Pietro I il quale inizialmente (1360) non parve volersi staccare da esso.
Ma egli aveva immaginato di svincolarsi dalla pesante pressione delle due potenze con l'instaurazione di un dominio mediterraneo, capace di frenare la preponderanza occidentale, senza offenderne le prerogative, mantenute intatte, rispettate e rinnovate in un'atmosfera di cordiale collaborazione. In questo gioco di equilibrio scatenò invece le mal sopite gelosie delle due repubbliche, quietate a danno ed a scorno del regno (1365), perché il re dovette cedere alla prepotenza genovese, che riusciva a dar forma più concreta alla sua signoria su Famagosta, aprendo una ferita sulla stessa integrità territoriale del regno. Questo tratto di audacia era stato guadagnato per la debolezza dei Veneziani, che dopo aver impegnato il regno alla lotta, l'avevano abbandonato al suo destino, gelosi della minacciata estensione della sua potenza nel Mediterraneo. A pochi anni di distanza i Genovesi davano compimento al loro piano (1373) esigendo la cessione di Famagosta, a risarcimento di uno dei soliti malaugurati tafferugli scatenato in occasione della coronazione di Pietro II, mentre i Veneziani se ne stavano passivi spettatori dopo aver subito l'ingiuria ed essere stati parte in causa. Famagosta fu occupata, sia pure a titolo di pegno: ma pur restando sotto la sovranità nominale dei Lusignano, poteva considerarsi perduta per la corona. Ogni tentativo per riacquistarla fallì, anzi peggiorò la situazione, poiché Pietro II, alleato di Venezia nella guerra di Chioggia, con la lusinga di prendere una rivincita, non ebbe che l'amarezza di una sconfitta e lo sconforto di un nuovo abbandono lasciando all'erede suo Giacomo di Lusignano l'umiliazione di riscattare la sua decennale prigionia (1382) con la definitiva cessione di Famagosta, completata con quella parziale di Cerines. Così aveva origine la signoria genovese su parte dell'isola, tanto più tirannica in quanto governata e controllata da un gruppo di armatori, che avevano anticipato fin dal '73 le spese dell'impresa, la Maona di Cipro, della quale la finanza cipriota restò disgraziatamente serva. La soggezione economica e finanziaria si aggiunse così a quella politica. Dopo la vittoria, Genova, dominata dall'elemento plutocratico, era ricacciata in una crisi penosa, che gettandola in braccio allo straniero, non le consentiva di sfruttare le ultime conquiste, se non come strumenti di rischiose e sfortunate operazioni finanziarie, tra il fluttuare di nuovi elementi penetrati largamente nel Mediterraneo orientale, cui conveniva cedere il passo, i Catalani e i Saraceni. Venezia, pur arretrando, difese le sue posizioni: agli albori del sec. XV, eliminati i Genovesi, aveva contro di sé gli altri due fieri nemici. Cipro fu ben presto invasa da una forte corrente d'immigrazione catalana, mentre il re dell'isola, Giano, per non perderne il possesso, negoziava un tributo col sultano d'Egitto (1397). Il governo di Giano (1397-1432) e quello del successore Giovanni II (1432-1460) segnano la decadenza di un regno, che, tributario dell'infedele, è posto in balia della tirannia degli speculatori genovesi, intenti solo a ricuperare i frutti dei capitali impiegati dai loro antenati, e della lotta aspra fra Veneziani e Catalani.
E siamo all'epilogo di un secolare ciclo. Alla morte di Giovanni II (1460) due eredi, l'uno legittimo, Carlotta, l'altro illegittimo, Giacomo, si contendono con le armi la successione. Alle loro spalle stanno però altri più forti combattenti. Carlotta di Lusignano, moglie di Ludovico di Savoia, la cui parentela fa devolvere nella casa dei Savoia i diritti sul morente regno, indulge alla protezione dell'elemento catalano e del re aragonese Alfonso di Napoli, fiducioso di procurare a un suo bastardo una corona che sta per essere barattata. Giacomo, più audace, più fortunato, gettandosi in braccio dei Veneziani, i quali, con l'offerta di una sposa nella persona di Caterina Cornaro (v.), pongono un'ipoteca sulle future sorti dell'isola, muove alla conquista di questa, cinge una corona che non gli spetta, e libera il territorio da incomode signorie, cancellando il tributo straniero e sradicando la signoria genovese da Famagosta. Egli prepara la signoria veneziana, distruggendo le ipoteche di quanti avevano posto le mani sull'isola in precedenza, e muore, il 24 agosto 1473, prima ancora di raccogliere il sorriso dell'erede, la cui fugace comparsa valse a rivendicare alla madre il diritto nominale della corona, esercitato per conto di terzi. Intorno a questa donna, sorretta dal consiglio di uomini di fiducia delegati da Venezia, difesa dalla vigile assistenza della squadra veneta, sorvegliata dagli emissarî della Serenissima, si scatenò accanita, ora subdola, ora aperta, una lotta cruenta d'inganni, d'insidie, di congiure, di tentativi armati, di combinazioni politiche, i cui protagonisti, dalla spodestata Carlotta al pretendente Alfonso di Napoli, giocavano di reciproca astuzia per afferrare in proprio il governo di un prezioso dominio. Venezia vigilava senza impazienze: il momento dell'equilibrio orientale consigliava prudenza e cautela per non impegnare la repubblica in un conflitto continentale, mentre era sotto la minaccia perenne della pressione marittima. Ma al punto critico, quando anche la fede in chi doveva sostenere l'interesse veneziano, la regina Caterina, venne meno, senza tergiversare il senato veneziano non esitò (1488) ad assumere la diretta responsabilità del governo dell'isola, inalberando l'insegna di S. Marco e incorporando il territorio nell'amministrazione dello stato. Cipro doveva servire siccome posto avanzato per la difesa del superstite dominio coloniale veneziano in Oriente, punto d'appoggio al movimento di traffico non ancora spento, baluardo contro la marcia del Turco. Con questo intendimento, e non a torto, il governo veneziano si era deciso a compiere il fato che l'irrevocabilità delle contingenze segnava. A men che un secolo di distanza, i Turchi, consci dell'importanza strategica dell'isola, puntarono i loro sforzi su di essa. Dopo l'eroica difesa, nell'agosto 1571, Famagosta capitolava: Cipro, in possesso del Turco, non ne guadagnò: le risorse interne rapidamente scemarono, i vantaggi del traffico internazionale furono progressivamente ristretti, la forza politica, in mano di una potenza che non la seppe sfruttare, tramontò, per qualche secolo, fino a che nuovamente dall'Occidente non risorse l'impulso vivificatore di più razionale equilibrio politico. Nel 1878 l'Inghilterra, preoccupata di mantenere l'integrità dell'Impero ottomano alla vigilia di un pericoloso collasso, prendeva ad ogni buon conto un pegno con l'occupazione dell'isola, per aver giusta caparra a salvaguardia dei suoi interessi in un posto di osservazione vitale, pur riconoscendo l'alta sovranità turca ed accettando l'obbligo di un tributo. Il passivo economico, che si addossava con l'acquisto dell'isola, era compensato dall'attivo politico, che consentiva all'Inghilterra di non restare assente dal più delicato teatro attuale e futuro delle maggiori competizioni politiche. Nel 1914 anche questo tributo finì, e l'isola fu annessa all'Inghilterra.
Bibl.: Löhrer, Cyper in der Geschichte, Berlino 1878; Heyd, Storia del commercio del Levante nel medio evo, in Bibl. dell'economista, s. 5ª, X; L. de Mas-Latrie, Histoire de l'île de Chypre sous le règne des princes de la maison de Lusignan, Parigi 1861; id., Histoire des archevêques latins de l'île de Chypre, Parigi 1882; id., Preuves de l'histoire de l'île de Chypre, in Bibl. de l'école des chartes, 1870, 1871; F. Bustron, Cronaca di Cipro, in Collection de documents inédits sur l'hist. de France, Parigi 1879; G. Bustron, Χρονικὰ Κύπρου, in Sathas, Bibliotheca graeca Medii aevi, II, 1873; Malipiero, Annali veneti, in Arch. stor. ital., s. 1ª, VII, p. 11; F. Cerone, La politica orientale di Alfonso d'Aragona, in Arch. stor. napolet., XXXVII e XXXVIII; Thomas, Ein Berichte über die alteste Besitzungen der Venet. in Cypern, in Bericht. d. Akad. v. München, 1878, pp. 1, 2; A. Centelli, Caterina Cornaro e il suo regno, Venezia 1892; B. Mitrovič, Cipro nella storia medioevale del commercio levantino, Trieste 1894; Magnante, Documenti mantovani sulla politica di Venezia a Cipro, in Arch. veneto-trident., VIII; id., L'acquisto dell'isola di Cipro da parte della Repubblica di Venezia, in Arch. veneto, s. 5ª, V e VI; Battistella, Un nuovo documento sulL'acquisto di Cipro da parte della Rep. di Venezia, in Atti Ist. veneto, LXXX (1921); F. Forcellini, Strane peripezie d'un bastardo di casa d'Aragona, Napoli 1912-14; E. Cornet, Le guerre dei Veneti nell'Asia, 1470-1474, Vienna 1856; id., Lettere al Senato veneto di Giosafat Barbaro, Vienna 1852; P. Ghinzoni, Documenti relativi a Galeazzo M. Sforza e il regno di Cipro, Milano 1879; R. Cessi, Un falso eroe della rivolta di Famagosta, in Atti del R. Ist. veneto, LXX (1911); L. de Mas-Latrie, Bénoit Soranzo, archev. de Nicosie d'après les papiers secrets du Conseil des Dix, in Revue des questions historiques, XXIII; Papadopoli, Les plus anciens déniers ou carzie frappé par les Vénit. pour Chypre (1515-18), Venezia 1892; Jesser, Descrizione dell'isola di Cipro tratta da un codice di B. Tomitano, Venezia 1890; Arrighi, De Bello Cyprico, Venezia 1591; P. Herre, Europäische Politik im cyprischen Krieg, 1570-73, Lipsia 1902; C. W. Orr, Cyprus under British rule, Londra 1918.
La chiesa di Cipro. - L'isola di Cipro fu visitata da S. Paolo e da S. Barnaba (Atti, XI, 1-12) verso l'anno 47. La dottrina cristiana si sviluppò abbastanza rapidamente nell'isola mercé l'apostolato di predicatori venuti dalla vicina Siria. Da queste origini apostoliche i Ciprioti hanno sempre saputo pigliar pretesto per accampare il diritto all'autocefalia (v.), contro i tentativi dei patriarchi di Antiochia di estendere la loro giurisdizione sull'isola. L'autonomia della chiesa cipriota fu riconosciuta dal concilio ecumenico di Efeso (431) e sancita verso la fine del sec. V dall'imperatore Zenone. Vennero in seguito eretti in Cipro circa dieci vescovati, oggi ridotti a tre, che hanno assunto il grado metropolitico, secondo l'uso dei moderni Greci, ma senza suffraganei. Con la conquista di Guido di Lusignano (1192) il sistema feudale fu introdotto a Cipro, e con esso fu instaurata la subordinazione dei vescovi greci alla gerarchia latina. Benché già coinvolti nello scisma di Michele Cerulario (1054) i Ciprioti furono considerati ufficialmente come cattolici; ma la conquista a mano armata dell'isola, le usurpazioni di beni ecclesiastici greci da parte dei Latini, e l'opposizione politica, li confermarono ancor più nello scisma. I papi, pur mantenendo il principio dell'accessione più o meno forzata dei Ciprioti all'unione con Roma, dovettero intervenire più volte per frenare lo zelo troppo ardente dei loro legati: le costituzioni promulgate da Innocenzo IV nel 1254, e da Alessandro IV nel 1260, sono rimaste celebri nella storia delle relazioni giuridiche tra le due chiese. Con la conquista turca (1571) la gerarchia latina fu espulsa, ma anche i Greci furono perseguitati. L'oppressione durò, più o meno larvata, fino all'occupazione inglese del 1878.
Oggi l'arcivescovo ortodosso risiede a Nicosia e i tre metropoliti a Pafo, Larnaka e Kerynia. La popolazione ortodossa, tutta greca, ascendeva nel 1927 a 240.000 anime.
I cattolici latini rimasti nell'isola sotto il dominio ottomano furono affidati ai francescani di Terrasanta, e, dopo il restauro del patriarcato latino di Gerusalemme nel 1847, al patriarcato latino di detta città. Vi sono in tutto tre parrocchie con 855 Latini, in buona parte stranieri, secondo una statistica del 1927.
I Lusignani avevano condotto con sé nell'isola numerosi cristiani orientali desiderosi di sottrarsi al giogo musulmano: giacobiti, armeni, maroniti ma non nestoriani, confusi in qualche documento pontificio con i giacobiti; vi vennero anche copti ed etiopi. Oggi, gli armeni hanno ivi costituito quasi una nuova colonia in seguito allo sfacelo della loro nazione nell'Asia Minore: sono tutti dissidenti. I maroniti ebbero un vescovato nell'isola subito dopo la venuta dei Lusignani; erano forse 15.000, raggruppati quasi tutti nella regione montuosa a nord dell'isola, e, come cattolici, ricevevano dal patriarca nazionale residente al Libano il loro vescovo, che tuttavia era sottoposto al vescovo latino di Famagosta. Dopo la conquista turca furono perseguitati in modo tale dai Greci e dai Turchi sobillati dai Greci, che buona parte apostatarono, altri formarono sotto la curiosa denominazione di linobambaci ("lino e bambace") una setta mezzo cristiana mezzo musulmana, mentre altri perseverarono e abitano ancora cinque villaggi con una popolazione di circa 3000 anime. Parlano greco, ma il loro rito è rimasto quello antiocheno dei maroniti con lingua siriaca o araba, e il loro vescovo risiede nel Libano, a Qurnat-Šahwan, avendo ivi ricevuto altro territorio in aggiunta a quello ristretto delle chiese cipriote. Oggi la pace religiosa è assoluta.
Bibl.: J. Hackett, A history of the orthodox Church of Cyprus, Londra 1901; A. Palmieri, Chypre (Église de), in Dictionnaire de théologie catholique, II, colonne 2424-72 (con bibliografia). Per la statistica dei cattolici latini e dei maroniti si sono qui riferite informazioni personali.
Lingua e letteratura.
Le iscrizioni cipriote. - Un singolare problema ci presenta l'antica Cipro: quello di uno speciale gruppo di sue iscrizioni e leggende monetali con uno speciale segnario non alfabetico ma sillabico. Esse hanno dato naturalmente luogo a varî tentativi d'interpretazioni, ma si è visto poi con assoluta certezza, specialmente per gli studî dell'agsiriologo G. Smith, che quei testi non sono antichissimi (sec. IV a. C. per lo più) e che i misteriosi segni nascondevano parole greche nel dialetto greco dell'isola. I testi sono ora interpretati, ma non si sa donde i segni siano venuti, né si capisce come proprio i Ciprioti così vicini ai Fenici non abbiano adottato l'alfabeto, e siano andati a ricorrere a un segnario tutt'altro che idoneo a rendere i suoni ellenici. Alcune iscrizioni in questa foggia di scrittura, ma che non sembrano un testo greco, potranno essere il ricordo di una lingua preellenica dell'isola, forse imparentata con i gruppi linguistici d'Asia Minore, alla quale il segnario sillabico era meglio adattato.
Bibl.: M. Schmidt, Sammlung kyprischer Inschriften in epichorischer Schrift, Jena 1876; W. Daecke, in Collitz, Sammlung griechischer Dialektinschriften, I; R. Meister, Griech. Dialekte, II, Gottinga 1889, p. 125 segg.; F. Bechtel, Die griech. Dialekte, I, Berlino 1921, p. 397 segg.
Letteratura - Alcuni testi medievali e la copiosa produzione di canti popolari fanno sì che il dialetto cipriota possa essere particolarmente studiato. I più importanti documenti in prosa sono: 1. Le Assise del regno di Gerusalemme e di Cipro, libro di leggi introdotte dai Crociati nei loro regni orientali. Le assise dell'alta corte (sec. XIII) ci sono pervenute nella redazione francese, quelle della bassa corte nella traduzione greca (sec. XIV?). 2. La Cronaca di Cipro, di Leonzio Machera, da Costantino il Grande fino al 1432 (le aggiunte fino al 1458 sono d'altro autore). 3. La cronaca di Giorgio Bustrone, continuazione della precedente (1458-1501); ambedue le cronache sono in dialetto cipriota con molti francesismi e italianismi.
Ricchissimo è il contributo portato da Cipro alla poesia popolare greca; qui sono i più antichi documenti in dialetto cipriota: alcuni canti che appartengono al ciclo di Digenis Acrites (v.). Altri (10 e 11 della raccolta del Sakellarios) narrano gli amori di un re di Cipro e si riportano al tempo della dominazione francese; il 13° si riferisce alla caduta di Cipro del 1571. E accanto a questi, d'ispirazione storica, canti d'amore, canti religiosi, distici, ecc.
In un manoscritto della Marciana (sec. XVI) è stato rinvenuto un canzoniere petrarcheggiante: si tratta di qualche centinaio di poesie, alcune delle quali parafrasate o tradotte dal Petrarca; talvolta al testo greco sono intramezzati versi dell'originale italiano. In complesso il canzoniere non è privo di pregi artistici e il sonetto e l'ottava vi sono trattati con singolare maestria. Nonostante l'artificiosità della forma e la forte influenza letteraria, la lingua conserva evidenti le caratteristiche del dialetto di Cipro.
Nel lessico cipriota l'influsso del francese e del turco è relativamente scarso; i termini francesi che appaiono nelle assise e nelle cronache non sopravvivono nei documenti successivi e nel dialetto moderno. Molto forte invece e duraturo l'influsso del veneto che si fece sentire ben presto, per gli scambî commerciali.
Bibl.: In generale: Sakellarios, Κυπριακά, voll. 2, Atene 1890-91 (abbondante materiale e lessico). Per le assise e le cronache: K. Krumbacher, Gesch. d. byz. Litt., Monaco 1897, p. 898 segg. Per la poesia petrarcheggiante: É Legrand, Bibliothèque grecque vulgaire, Parigi 1881, II, pp. lxiv segg., 58 segg.; H. Pernot, Études de litt. gr. mod., Parigi 1916, pp. 97-128. Per il dialetto: Mondry-Beaudouin, Étude du dial. chypriote mod. et médiéval, Parigi 1883; G. Meyer, Il dial. delle cronache di C., in Riv. di filol., IV (1875), pp. 255-286; S. Menardo, Κυπριακή γραμματική, in 'Αϑηνᾶ, XXXVII, pp. 37-39. V. anche il periodico Κυπριακὰ χρονικά, Larnaka 1923 segg.