CIPRO (X, p. 392)
Popolazione (p. 393). - L'aumento demografico, anche se non notevole, è stato tuttavia costante. Dal censimento 1930 sono risultati 347.392 ab. Più avanti ci sono state delle stime, che hanno dato 361.000 ab. nel 1935, 372.800 ab. nel 1938, 424.600 ab. nel 1944. Infine, nel 1946 fu tenuto un censimento di cui fino ad oggi (agosto 1948) sono noti solo i risultati generali: la popolazione complessivamente ammonta a circa 450.114 ab., con una densità di 49 ab. per kmq. Il centro più importante, resta il capoluogo, Nicosia, con 34.500 ab. Gli altri centri maggiori sono Limassol (22.800 ab.), Famagosta (15.900 ab.), Larnaka (14.750 ab.).
Condizioni economiche (p. 393). - Cereali, vite (in special modo sui versanti meridionali, vulcanici), olivo e alberi da frutto, coltivati ovunque in eguale misura, restano i maggiori prodotti. Negli ultimi cinque anni si sono avuti da 540 a 570.000 q. di frumento annui (su circa 82.000 ha.) e circa 50.000 ha. a vite. La produzione di vino bianco è stata di 150÷220.000 hl. e quella di uva passa e di uva da tavola, di 250÷400.000 q.
Riguardo all'allevamento sono aumentati negli ultimi venti anni gli ovini (302.800 nel 1944) e i caprini (208.000 nel 1944), e diminuiti viceversa i suini (43.400 nel 1944). Gli asini (60.200 nello stesso anno) alimentano ancor oggi una intensa esportazione verso tutto il Levante e l'Egitto.
Governo (p. 394). - Il governo britannico ha invitato, nell'ottobre 1946, tutti i partiti politici ciprioti a formare una Assemblea consultiva per la promulgazione di una riforma costituzionale che prevedesse la partecipazione di elementi ciprioti nell'amministrazione locale. Venne proposto un piano decennale per lo sviluppo economico di Cipro e data nuovamente libertà alla chiesa di Cipro nell'elezione dell'arcivescovo. Questa decisione inglese ha avuto tuttavia un'accoglienza sfavorevole presso la stampa e gran parte dei partiti ciprioti, i quali (eccezion fatta di quello turco) in un Concilio etnarchico, che affermò di esprimersi in nome di tutta la popolazione isolana, hanno deliberato di avanzare il progetto di unione di Cipro con la Grecia. Naturalmente il governo di Londra ha respinto questo progetto.
Storia e civiltà antica (p. 394).
Gli scavi sistematici succedutisi negli ultimi venti anni hanno portato nuovi dati che modificano profondamente quanto si conosceva dell'isola nell'antichità.
Cronologia. - È stata stabilita in rapporto a quella di altre regioni del Mediterraneo orientale sulla base di oggetti esportati da Cipro o importati nell'isola da altri paesi. A grandi linee, le corrispondenze e le datazioni generalmente accettate finora sono le seguenti:
In base a una tavoletta di Mari, che cambia la datazione del regno di Ḫammurabi, e ai nuovi scavi di Troia l'inizio del minoico medio (= medio-cipriota) è stato abbassato da 100 a 400 anni. Ne viene di conseguenza uno spostamento della cronologia cipriota che deve ancora essere studiato.
Arte. - Fino a pochi anni fa l'arte cipriota era giudicata in funzione di quella greca: era un'arte provinciale, quindi qualitativamente inferiore. Attualmente si afferma invece la tendenza a porre Cipro nel quadro dell'arte orientale. Ambedue le correnti sono eccessive e unilaterali. Cipro è il luogo dove si fondono la civiltà occidentale e quella dell'Oriente: dalla Grecia, Asia e Egitto le derivano stile e dettagli, che vengono però interpretati e resi secondo una versione propria. L'arte di Cipro non raggiunge l'armoniosa bellezza, il ritmo di composizione dell'arte greca: è spesso ineguale, troppo pronta ad accettare gl'impulsi venuti dal di fuori e al tempo stesso rigidamente conservativa, talvolta puerile nelle sue fantasie e nel disprezzo delle convenzioni, ma capace di produrre dei capolavori decorativi e pittorici. Sulla severità dei giudizî ha influito la grandissima quantità di statue dei santuarî ciprioti. Ma accanto alle piccole e grandi statue, adatte a tutte le possibilità di acquisto, uniformi e rozze, di una linearità che non è espressione artistica ma impotenza, vi sono opere originali e interessanti.
Manca all'artista cipriota il senso della composizione: l'unione e fusione di elementi architettonici per conseguire un insieme armoniosamente collegato gli sono sconosciuti. Nella scultura - la forma d'arte che Cipro predilige e che introduce costantemente anche nella ceramica - non ha mai saputo raggruppare i singoli personaggi e collegarli in un'azione collettiva. Solo in alcune piccole terrecotte votive si trovano delle scene - talvolta assai complesse - della vita reale, interpretate con freschezza e vivacità. Manca la pittura parietale; in quella vascolare l'artista predilige la metopa che limita il campo decorativo. Quando l'artista si accinge a scene più vaste difficilmente raggiunge l'equilibrio fra schema decorativo e superficie da decorare. Il ceramista si sente a suo agio quando, adattando alla superficie del vaso un'unica figura, non deve preoccuparsi di collegarla ad altre figure, ad es. nei bricchi panciuti del sec. VII a. C., dove, sul fondo bianco, disegna un grande uccello di rapina stilizzato, senza provare quell'orrore del vuoto imperante in Grecia.
A Cipro si trovano uniti nel modo più inatteso e sconcertante un realismo osservatore, che mira all'esatta riproduzione della natura e dei dettagli, e uno spirito di stilizzazione che giunge alla aridità e alla soppressione del dettaglio stesso. Nelle sculture, l'artista cura l'esecuzione del volto, i gioielli, le offerte votive; il corpo, rigidamente frontale, è stilizzato fino a divenire colonna o lastra, in un atteggiamento convenzionale da cui raramente riesce a liberarsi. Così nella ceramica elementi vegetali e figure umane s'introducono anche nei rigidi schemi geometrici. La parte settentrionale e occidentale dell'isola risente specialmente l'influenza artistica della Grecia, il sud e l'est quella dell'Egitto e della costa asiatica.
Architettura. - Rari sono gli abitati regolarmente scavati, perciò affermazioni generali in questo campo sono pericolose. Nel neolitico si abita in grotte, o in capanne rotonde o semicircolari. Queste hanno spesso un basamento di grossi ciottoli; la parte superiore è fatta con pali, o con mattoni crudi; a Chirokitia vi è l'impostatura di una vòlta; a Kalavassos le capanne sono in parte scavate nel terreno. Quasi sempre si ha il focolare. Le case dell'età del bronzo (Alambra, fine III millennio; Bamboula, prima metà II millennio; Kourion e casa dei bronzi a Enkomi, sec. XIV-XIII a. C.) avevano vani irregolarmente rettangolari che ad Alambra e a Bamboula si aprono su un cortile; mura con basamento di pietre (a Enkomi squadrate) e superiormente in mattoni crudi, tetto piano in paglia e argilla, talvolta sorretto da pali di legno (Kourion), focolare fisso. Anche i muri di cinta del sec. XIV-XIII (Kourion, Nitovikla, Nicholides) avevano la parte superiore in mattoni crudi. I santuarî ciprioti di ogni età sono all'aperto, con muro di cinta, uno o più cortili e, talvolta, piccola cappella quadrata all'estremità dell'ultimo cortile. Cortile e cappella non sono in generale sullo stesso asse. A Hagia Irini e Dali (XII-XI sec. a. C.) e a Hagios Iakovos (X-IX sec. a. C.) entro al temenos erano un piccolo vano per il culto e, separati, i vani per il sacerdote e i magazzini. Né l'architettura dei palazzi minoici o micenei, né quella greca sembrano aver influenzato Cipro: il palazzo di Vouni nel primo periodo (500-450 a. C.), col peristilio a colonne rotonde e ovali intorno al cortile centrale, in fondo a cui si aprono tre vani, non ha niente di greco, ma è prematuro dire che è tipicamente cipriota. Nel palazzo del secondo periodo (450-380 a. C. in un vano a forma di megaron si è voluto vedere l'influsso greco.
Dall'inizio dell'età del bronzo all'epoca romana l'architettura delle tombe rimane la stessa. Sono tombe a una o più camere, scavate nella roccia tenera, rotondeggianti nel II millennio a. C., rettangolari nell'età del ferro, talvolta - specialmente in età ellenistica - provviste di nicchie. Vi si accede per un corridoio che in età più antica è ellittico, poi diviene più stretto, con gradini o a piano inclinato; può avere nicchie, banchine, camerette laterali. Un gruppo di tombe, dal 1400 a. C. all'età romana (Enkomi, Amathus, Tamassos, Pyla, Xylotymbo, Trachonas, Soli, H. Phaneromeni) era a blocchi squadrati e falsa vòlta; a Pyla la vòlta era formata da due blocchi incavati uniti al centro della camera. Le tombe a tumulo di Paleoskutella (cipriota medio III) sono una eccezione.
Scultura. - L'inizio della statuaria è generalmente posto verso la fine del sec. VII a. C.; tuttavia alcuni lo riportano ancora al 700 a. C. Anteriormente si hanno figurine in terracotta di uomo o di animali, spesso raggruppate in composizioni vivaci che la grande statuaria non saprà imitare. Manca la scultura templare; le statue rappresentano dedicanti, divinità, più raramente i sovrani. I materiali usati sono l'argilla e il calcare tenero; dal 300 circa a. C. il calcare duro. Le rare sculture arcaiche in marmo sono da considerarsi importazioni. Nelle terrecotte il coroplasta adopra raramente la stecca: in conseguenza mancano spesso gli spigoli netti, i contrasti. L'artista supplisce all'uniformità della trattazione con il colore. Il trattamento dei corpi rimane lo stesso dal cipro-arcaico all'età romana: rigidi, con braccia strette ai fianchi o appena tese nell'offerta o nella preghiera, semplice ingrandimento della plastica geometrica. Gli sforzi per rompere la legge della frontalità non si spingono oltre a timidi tentativi. La scultura cipriota non assurgerebbe all'altezza d'arte se il trattamento del volto non rivelasse originalità artistica. Si può supporre l'esistenza di scuole locali, si sono anche riconosciute differenze di materiali e di stili, ancora non sufficientemente studiati. La più antica scultura, protocipriota per alcuni, assireggiante per altri, mostra in ogni caso rapporti con il continente asiatico. Nella parte meridionale dell'isola, circa il 560 a. C., prevale l'imitazione egiziana. Dopo il 525 a. C. si stabilisce l'influsso greco, che continuerà più o meno forte fino all'età romana e, nel cipro-arcaico, darà opere qualitativamente notevoli. La corrente ionica arcaica prosegue piatta e debole anche quando in Grecia fiorirà l'arte classica; gli schemi non si rinnovano e solo al principio del cipro-ellenistico si hanno opere qualitativamente notevoli e nuovi influssi artistici, dell'Egitto tolemaico, della scultura attica e delle scuole di Rodi, dove iscrizioni mostrano attivi circa il 200 a. C. due artisti ciprioti, Simos figlio di Temistocrate e Onasiphon figlio di Kleionaios (Inscr. Graecae, XII, i, 70 e 63).
Ceramica. - Già la ceramica neolitica a ingubbiatura rossa lucida, o a ingubbiatura bianca sopradipinta in rosso, è di effetto artistico assai notevole. All'inizio dell'età del bronzo (2500 a. C.) la ceramica a ingubbiatura bianca è sparita e non riappare che alla fine del millennio. Contemporaneamente sulla ceramica rossa, lustrata a mano o a decorazione incisa, incomincia una decorazione plastica che si manifesterà tendenza caratteristica di Cipro in tutte le età (animali, figure umane, scene della vita comune): i vasi stessi assumono la forma di animali. Caratteristici fino dagli inizî dell'età del bronzo sono i vasi a corpo rotondo e lungo collo che continueranno fino all'età romana. Nel sec. XIV a. C. si afferma nell'isola la corrente micenea (ceramica cipro-micenea o levanto-elladica): per alcuni i vasi sarebbero importati dalla Grecia o dalla Cilicia, per altri sarebbero di produzione locale (v. cretese micenea, civiltà in questa App.). Insieme continua la ceramica rossa e bianca, che nel cipro-geometrico sarà prevalentemente decorata a cerchi geometrici e linee incrociate, talvolta stranamente spezzate da motivi vegetali, animali o umani: l'influsso di questa ceramica si fa sentire sui vasi di Creta. L'isola risente per la prima, nel sec. VIII a. C., della corrente orientalizzante: l'influsso viene dal continente asiatico. L'ornamentazione è brillante e raggiunge talvolta vivacità e varietà decorativa e pittorica notevoli, i colori usati sono bianco, rosso, bruno, talvolta azzurro e giallo. Caratteristiche di questo periodo sono le oinochoai a corpo rotondo e uccello di rapina stilizzato - più strane e meno eleganti quelle con altri soggetti - e i vasi a bariletto decorati con l'albero sacro e animali o figure umane affrontati. Nel cipro-arcaico e nel cipro-classico seguitano i tipi locali accanto a imitazioni dei Greci. A Marion, dal sec. VI a. C., si trovano i caratteristici vasi con beccuccio, formati da una figura femminile che regge una oinochoe.
Religione. - Il primo culto sicuro si ha per il cipriota tardo II nel santuario di Hagios Iakovos, ma un culto anteriore sembra indicato dal bothros del santuario stesso: è un temenos all'aperto con numerosi doni votivi. Santuarî simili sono numerosi a Cipro in tutte le età, ma mancano elementi per definire il carattere e le cerimonie del culto. Le offerte votive dovevano costituirne un elemento importante, perché non vi è santuario in cui non ne siano state trovate in quantità considerevole. Il temenos è diviso in varî cortili, quello più lontano dall'ingresso aveva carattere sacro: in generale vi si trova l'ara. Le cappelle al termine dei cortili sembrano destinate al culto, ma alcune (ad es. Lefkonikò) devono aver servito da magazzino. Solo per alcuni santuarî si conosce il nome della divinità a cui eran dedicati (Iside e Afrodite a Soli, Artemide Paralia a Dali, Afrodite Pafia a Kythrea, ecc.); nel santuario di Hagia Irini si venerava probabilmente una pietra ovale nera.
I defunti venivano sempre inumati: nel neolitico erano in posizione rannicchiata dentro o accanto le case, con larga pietra sul petto o sulla testa, talvolta sotto una lastra retta da sostegni. A Chirokitia sembra che in rapporto ai riti funebri si praticasse occasionalmente il sacrificio dei fanciulli. A partire dall'età del bronzo il culto dei morti prende grandissimo sviluppo. Nelle tombe di famiglia - è rara la deposizione unica - al defunto è dato un ricco corredo funebre di cibi, bevande, strumenti, armi, ecc. Le offerte continuavano anche dopo la deposizione.
I cosiddetti "vasi cultuali" con animali, in genere colombe, sul bordo, trovati in alcune tombe, potevano anche non essere destinati al culto. Una terracotta della fine del III millennio a. C. (Vounous) è stata interpretata come riproduzione del culto alla Gran Madre o al serpente o ai defunti: l'interpretazione è ipotetica.
Storia. - I recenti scavi hanno dato occasione a deduzioni di carattere storico assai arbitrarie: si dà qui solo quanto sembra acquisito con sicurezza. Cipro è abitata fin dal neolitico: non è certo - come è stato detto - che questa civiltà sia originaria dell'Anatolia, o della Frigia, o della Cilicia, o della Siria. La popolazione abitava in case e in grotte. Circa la metà del III millennio la si trova dedita alla pastorizia e all'agricoltura, ma già intorno al 2000 a. C. incomincia la lavorazione del rame (Ambelikou). Ne è forse conseguenza lo sviluppo del commercio con la Siria e l'Egitto che si constata alla metà del II millennio. I rapporti con l'Occidente cominciano solo dopo la metà del millennio, ma si sviluppano presto in modo notevole. La tradizione conosce una colonizzazione o conquista di Cipro da parte dei Greci. Su basi archeologiche alcuni la pongono all'inizio del sec. XIV a. C.: i coloni greci avrebbero portato la civiltà micenea; altri all'inizio del sec. XII; altri vedono una prima corrente di Achei, o popolazioni anatoliche guidate da Achei, nel XII secolo e nuove migrazioni dovute alla pressione dorica circa il 1100 a. C. Sembra tuttavia che nel primo quarto del XII sec. a. C. Kourion avesse già il nome greco. I rapporti commerciali con l'Occidente sembrano cessare nel XII secolo (sono provati nel cipro-geometrico con Creta), continuano invece con la Siria e la Palestina: all'inizio del sec. VII a el-Mināla ceramica cipriota prevale e per tutto il VI continuano le importazioni di statuette cipriote. Le supposte menzioni di Cipro in documenti ittiti (Böghazköy), egiziani (Tell el-‛Amārnah), della Siria (Rās Shamra) non indicano di necessità dominio egiziano o ittita sull'isola.
Bibl.: St. Casson, Ancient Cyprus, Londra 1936; G. H. Hill, A History of Cyprus, I-III, Cambridge 1940-48; P. Dikaios, A Guide to the Cyprus Museum, Nicosia 1947. Per l'età del bronzo: E. Gjerstad, Prehistoric Cyprus, Upsala 1926; E. Sjöqvist, Problems of the Late Cypriote Bronze Age, Stoccolma 1940; Archaeologia, 88, 1938, p. 1 segg. Per l'età neolitica: Annual Report of the Department of Antiquities Cyprus, 1936; Iraq, VII, 1940, p. 76 segg. Per gli scavi: la bibliografia raccolta annualmente in Jahrbuch d. deutschen archäol. Instituts, e i rendiconti annuali in Journal of Hellenic Studies e American Journal of Archaeology. Per gli scavi svedesi: E. Gjerstad, J. Lindros, A. Westholm, E. Sjöqvist, The Swedish Cyprus Expedition, I-III; IV, 2, Stoccolma 1934-1948; Gnomon, 1935, p. 449 segg.; 1937, p. i segg.; 1939, p. i segg. Per l'architettura: E. Gjerstad, in Antike, 1933, p. 261 segg.; A. Westholm, The Temples of Soli, Stoccolma 1936 e in Opuscula Archaeologica, II, 1940, p. 29 segg. Per la scultura: E. Gjerstad, in Archäol. Anzeiger, Jahrbuch d. deutschen arch. Instituts, 1936, coll. 561-586; A. Westholm, op. cit., p. 184 segg.; J. L. Myres, in Annual of the British School at Athens, XLI (1940-45), p. 100 segg. Per la religione: E. Sjöqvist, in Archiv für Religionswissenschaft, XXX (1932), p. 308 segg.; P. Dikaios, in Archaeologia, 88, p. 118 segg.