CIRCIGNANI, Antonio, detto il Pomarancio
Fu il figlio primogenito del pittore Nicolò e di Teodora Catalucci e, come il padre, venne soprannominato il Pomarancio. Egli nacque con sicurezza in Unibria, probabilmente, a Città della Pieve, intorno al 1567, Avviato ben presto alla pittura, collaborò con il padre nelle numerose imprese decorative che lo occuparono come frescante e pittore di storie a Roma e nei dintorni (Nardini, 1900, p. 411). Il primo documento che lo riguardi è infatti un'iscrizione che lo rivela come aiuto di Nicolò negli affreschi dipinti nel 1589 nell'abbazia di Valvisciolo presso Sermoneta (Canuti, 1952, p. 223). Nel febbraio del 1595 sposò a Città della Pieve Aurelia di Lodovico Fetti, da cui ebbe, l'anno seguente, una figlia. Alla morte del padre fu erede universale delle sue sostanze (ibid., p. 224) e, a partire da quel momento, ebbe inizio la sua attività autonoma di pittore.
La prima opera sicuramente attribuibile al C. e databile, per i dati dello stile ancora troppo vicini a quelli di Nicolò, nei primi anni del Seicento, sono gli affreschi, con Episodi della vita di Cristo, per la chiesa di S. Maria della Consolazione a Roma. Successive, per la più complessa e ricca varietà di riferimenti figurativi, sono le pitture a fresco (dal Titi, 1686, e dalle guide posteriori attribuite al Roncalli, ma riferite con documenti dalla Panofsky-Soergel, 1967-68, al C. e a P. Orsi) che decorano il soffitto di una sala e la cappella del pal. Antici Mattei (1600). La pittura del C. mostra qui di essersi aggiornata sui testi più importanti dell'ultimo manierismo romano, soprattutto rivela interesse per l'opera del Cavalier d'Arpino e degli altri artisti che tentano una rivitalizzazione dall'interno delle stanche propaggini del manierismo.
Questo processo è ancora più avanzato nella cappella di S. Aniceto del palazzo Altemps. Sono del C. le pitture delle pareti con Scene della vita del santo titolare, e quelle del presbiterio con Episodidella vita di Maria.
Vi si nota una composizione semplificata, con studiati rapporti di simmetria, una ricerca verso un naturalismo più corposo che determina una consistenza maggiore dei risalti chiaroscurali e cromatici e un'attenzione più viva ai dati descrittivi della figurazione. Il contatto con le correnti dei manieristi "riformati" come il Passignano, lo stesso Roncalli e il Gentileschi giovane appare in quest'opera ancora più evidente e testimonia di un travaglio che nelle opere successive approderà ad effetti luministici di mediata ascendenza caravaggesca.
Le ombre più dense nel loro contrapporsi ai risalti della luce individuano nella cappella di S. Alberto in S. Maria in Traspontina l'esito più maturo dell'opera del Circignani.
La decorazione, compiuta entro il secondo decennio del Seicento perché ricordata dal Mancini (1617-21), consiste nella tela d'altare con S. Alberto e negli affreschi che coprono le pareti, il soffitto e il sottarco della cappella con le Storie della vita del santo, angeli e profeti. Il C.dimostra non soltanto di avere inteso le nuove motivazioni della pittura secentesca di derivazione caravaggesca, ma anche di "saperle persino discretamente reggere alle esigenze della decorazione murale" (Longhi, 1943).
Sono queste le opere che documentano l'attività del C. a Roma, ma parecchie altre sono perdute. Ricordiamo tra queste la decorazione della galleria del cardinale Varallo e di tre stanze nel palazzo Lante (Baglione, 1642); la seconda cappella destra di S. Andrea della Valle (ibid.); un quadro con la Madonna e s. Giuseppe nella raccolta del cardinale Giustiniani (testimonianza precisa dei contatti con l'ambiente dei caravaggeschi romani: Salerno, 1952); alcune opere nella basilica vaticana (Baglione, 1642).
Una conoscenza ulteriore dell'attività del pittore ci è assicurata, oltre che dalla biografia del Baglione (1642), da un prezioso documento pubbl. dal Pollak (1931, pp. 72-74) in cui il C., chiedendo di poter ultimare un'opera in S. Pietro, lasciata incompiuta dal Roncalli per la sua morte, ricorda la sua attività a Firenze con gli affreschi nei portici di S. Maria Nuova e in Toscana ("in molti luoghi per tutto lo Stato"), a Narni, Terni, Amelia, Spoleto, Assisi, Sezze, Modena, Urbino. Le opere umbre e marchigiane o sono ignote o confuse con quelle del padre Nicolò e del Roncalli, né un'indagine o una ricognizione precisa è stata finora tentata. L'attività in Emilia è meglio conosciuta e ad essa si riferiscono la vigorosa Crocefissione (1620) della Pinacoteca Estense di Modena, proveniente dalla chiesa di S. Bartolomeo per la quale il C. aveva poco prima dipinto anche un Martirio del santo (Campori, 1855); un S. Carlo nel tempio Malatestiano di Rimini, perduto durante la seconda guerra mondiale (Pasini, in Marcheselli); una Deposizione, firmata e datata 1625, nella parrocchiale di Mondaino, non lontano da Rimini.
Altre opere attribuibiIi con buona sicurezza al C. sono un Ercole che fila nella Galleria Pallavicini a Roma (F. Zeri, La Galleria..., Roma 1952, p. 92), una Cena ad Emmaus conservata nello Statens Museum for Kunst di Copenaghen (H. Olsen, Italian paintings and. sculpt. in Denmark., Amsterdam 1961, p. 51, tav. LVII D), e la decorazione dell'altare del Gallo in S. Maria delle Grazie a Pistoia. M. Fagiolo e M. Marini (1971) hanno visto nel C. "in un momento gentileschiano" l'autore dei dipinti ad olio su muro con la rappresentazione dei Quattro elementi nell'antica residenza del cardinale Del Monte, poi dei Ludovisi. Questi dipinti erano stati pubblicati dalla Zandri (in Storia dell'arte, I [1969], 3, pp. 338-343) con una cauta attribuzione al Caravaggio. Il Baglione informa infine di una vasta attività del C. come incisore.
Dal Baglione si sa ancora che il C., ormai vecchio, volle risposarsi e che poco dopo morì. Infatti il 25 maggio 1629 (Roma, Archivio dell'Univ. e Collegio degli orefici..., Libro delle uscite 1614-1661, f. 74, ecedolino dotale del 1622:vedi Nachlass Noack, nella Biblioteca Hertziana di Roma) ricevette la dote di Clementina figlia dell'orefice Antonio Garofolini; si può quindi con buona approssimazione fissare la data della morte del C. intorno al 1630.
Fonti e Bibl.: G. Mancini, Considerazioni sulla Pittura... [1617-21], a cura di A. Marucchi -L. Salerno, I-II, Roma 1956-57, ad Indicem;G. Baglione, Le vite de' pitt., scultori et arch... [1642], a cura di V. Mariani, Roma 1935, pp. 42, 302, 397; F. Titi, Ammaestramento... di pittura..., Roma 1686, pp. 10, 164, 402; C. F. Marcheselli, Pitture delle chiese di Rimini [1754], a cura di P. G. Pasini, Bologna 1972, pp. 105 s., n. 59/26; G. Bolletti, Notizie istor. di Città della Pieve, Perugia 1830, pp. 147, 154, 295; G. Mancini, Istruzione... per visitare... Città di Castello, Perugia 1832, pp. 58, 142; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 411 s.; Id., Lettere artistiche ined., Modena 1866, pp. 87-95; L. Fumi, Il duomo di Orvieto..., Roma 1891, pp. 111, 159; O. Nardini, Di due iscriz. rinvenute nell'abbazia di Valvisciolo, in L'Arte, III(1900), pp. 441 s.; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII., II, Wien 1931. ad Indicem;J. Hess, Le logge di Gregorio XIII [1936], in Kunstgeschichtl. Studien..., Roma 1967, ad Ind.;V. Golzio, Le pitture nelle volte di palazzo Mattei in Roma, in Archivi, s. 2, IX(1942), pp. 46 ss.; R. Longhi, Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia, in Proporzioni, I(1943), pp. 32, 57, n. 78; R. Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense di Modena, Roma 1945, p. 227; F. Arcangeli-C. Ravaioli, Mostra della pittura del '600 a Rimini (catal.), Rimini 1952, p. 8; F. Canuti, Nicolò Circignani detto il "Pomarancio", in Boll. della Dep. di st. patria per l'Umbria, XLIX (1952), pp. 188, 193, 200, 217, 222 s., 224; L. Salerno, L'opera di A. Pomarancio, in Commentari, III (1952), pp. 128-134; G. Panofsky-Soergel, Zur Geschichte des Palazzo Mattei di Giove, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XI (1967-68), pp. 130, 171 s.; M. Fagiolo dell'Arco-M. Marini. Rassegna degli studi caravaggeschi 1951-1970, in L'Arte, n. s., IV(1971), pp. 117-128; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, p. 232 (sub voce Pomarancio Antonio).