CIRCO (lat. circus)
Il circo era presso i Romani l'edificio destinato alle corse dei carri; talvolta vi si davano anche le lotte dei gladiatori e le cacce (venationes), specie prima che si costruissero a questo scopo gli anfiteatri. Sembra che la forma di esso sia derivata dall'ippodromo dei Greci, forse attraverso gli Etruschi e con varianti nel tipo di costruzione dei carceres. Vi si distinguevano tre parti essenziali: l'arena per lo spettacolo, i carceres per custodirvi i carri, e la cavea con le gradinate per il pubblico (loca). L'arena (v.) era attraversata nel senso della lunghezza dalla spina, lungo basamento, la cui linea non era esattamente parallela ai lati lunghi dell'edificio, ma leggermente obliqua ad essi, come obliqua era la linea dei carceres, che chiudevano uno dei lati minori: tale obliquità era adottata allo scopo di rendere uguale la lunghezza e la difficoltà della corsa per i diversi carri. La spina sorreggeva oggetti, monumenti e decorazioni varie (obelischi, fontane e bacini d'acqua, sette grosse uova in pietra, dette ovaria o falae, sette delfini, statue, colonne, edicole). La spina era limitata all'estremità da due mete, intorno alle quali giravano i carri. La corsa, dopo sette giri, segnati successivamente dallo spostamento delle uova e dei delfini, aveva termine su di una linea che si chiamava calx. Le gradinate della cavea erano disposte in differenti meniani, separati in senso orizzontale da praecinctiones, in senso verticale da scalette (scalaria), in modo affine alla cavea degli anfiteatri (v.).
I circhi di Roma. - Fra gli antichi circhi il più celebre e meglio conosciuto, attraverso le molte notizie tramandateci dalle fonti, è il Circo Massimo (Circus Maximus o semplicemente Circus). Collocato fra il Palatino e l'Aventino, nella valle Murcia, fu dapprima un semplice prato pianeggiante e recinto; importanti adattamenti dovettero esservi fatti all'epoca dello sviluppo dei ludi romani, che dal 366 a. C. in poi durarono quattro giorni e furono fissati al mese di settembre. Nel 329 vengono costruiti nuovi carceres di legname dipinto, causa di molti incendî. Nel 196 Lucio Stertinio vi costruisce un arco trionfale e nel 174 i censori rinnovano i carceres e le mete. In occasione dei giuochi trionfali del 46 a. C., Cesare allarga l'arena e la circonda con un canale di protezione per gli spettatori (euripus). Agrippa aggiunge i delfini di legno; dopo un incendio del 31 a. C., si ha un grande restauro di Augusto che vi costruisce il palco imperiale (pulvinar) e pone sulla spina il grande obelisco egiziano, proveniente da Eliopoli (ora a Piazza del Popolo). Sotto Tiberio, nel 36 d. C., un nuovo incendio danneggia l'edificio; ma i danni vengono subito riparati e magnifici sono i giochi ordinati da Caligola. Claudio costruisce dei carceres marmorei e fa dorare le mete. Nerone colma l'euripo di Cesare, per avere maggiore posto destinato ai cavalieri, e per proteggere gli spettatori durante le cacce si pongono intorno all'arena ripari provvisti di punte metalliche. Dopo il grande incendio del 64 d. C., che scoppia proprio nel circo, una rapida ricostruzione permette i solenni giuochi del 68. Nell'81 la Porta pompae (dedicata al corteo delle autorità, al principio dello spettacolo) viene sostituita da un arco trionfale a tre fornici, in onore di Tito, a celebrazione della presa di Gerusalemme. Domiziano costruisce un palco, comunicante con il palazzo imperiale, palco che Traiano fa togliere. Caracalla allarga le porte: la pianta del circo in questo periodo ci è conservata parzialmente nella Forma Urbis. Filippo l'Arabo, nel 247, celebra il millenario dell'urbe con giochi circensi, coniando una moneta con una particolareggiata riproduzione dell'edificio. Costantino aggiunge nuove decorazioni e Costanzo nel 337 innalza sulla spina un altro obelisco, il più grande fra tutti quelli trasportati a Roma (ora sulla piazza San Giovanni in Laterano).
Ancora nei secoli IV e V il popolo continua ad affollare il circo, malgrado gli ammonimenti della Chiesa (v. il sermo in octava Petri et Pauli di S. Leone Magno, LXXXI). L'ultimo restauro è quello di Teodorico, l'ultimo spettacolo quello di Totila nel 549, quando è già incominciata la rovina dell'edificio. Nel sec. VIII l'itinerario di Einsiedeln dà notizia ancora dell'ambulacro esterno e dell'arco trionfale di Tito. Divenuto cava di pietre, già nell'età del Rinascimento non si vedeva più che ben poco di esso; recentemente si sono iniziati lavori di scavo intorno alla sua estremità meridionale, corrispondente alla curva della cavea. Il monumento èriprodotto in rilievi e in monete, ed esso certamente hanno avuto presente alcuni mosaici delle provincie, come quello di Barcellona: sulla spina sono figure di divinità, vittorie, altari: non si deve dimenticare infatti che i circhi furono in origine dedicati alle divinità e che i giochi circensi conservarono sempre un certo carattere religioso. Nel Circo Massimo erano anche un altare sotterraneo di Conso (Dio ignoto e nascosto), un santuario di Juppiter Arborator (Giove concepito come divinità protettrice dell'agricoltura), un piccolo, vecchio santuario di venere Murcia, e un antico tempio del Sole.
Altri circhi di Roma. - Il Circo Flaminio fu fondato nel 221 a. C. dal console Caio Flaminio e destinato alla celebrazione dei ludi plebei e taurii e anche a radunanze di popolo; da esso prese nome la regione IX di Augusto. Ne esistono resti sotto i palazzi e le case di via delle Botteghe Oscure e della regione circostante. I carceres stavano verso il Campidoglio, nei pressi della piazza Margana, e il lato minore, curvo, sotto il palazzo Mattei, ora Treccani, in piazza Paganica.
Caio Caligola fece costruire un circo nei giardini ereditati da sua madre Agrippina e situati fra il Tevere e il colle vaticano. Si chiamò poi Circus Gai et Neronis, perché Nerone si dilettava ad esercitarsi in esso, divenuto sotto il suo impero luogo di martirio di cristiani. Sulla spina restò sempre eretto l'obelisco, trasportato poi da Domenico Fontana nel centro della piazza di S. Pietro. L'edificio dovette essere distrutto al principio del sec. IV d. C., quando Costantino costruì la basilica vaticana, fondandola in parte sui muri di esso e utilizzandone i materiali. Onorio fece sulla spina il mausoleo per sé e per la sua famiglia. Altri resti dell'edificio si videro al tempo della costruzione della nuova basilica.
Il cosiddetto Circus Hadriani, situato a nord del mausoleo di Adriano (Castel Sant'Angelo), era più propriamente una naumachia.
L'edificio chiamato nel Medioevo Circo Agonale (odierna piazza Navona) era uno stadio (v.).
Nelle vicinanze di Roma esistevano altri circhi. Sulla via Appia, nei pressi della tomba di Cecilia Metella. sorgeva quello fondato da Massenzio nel 309, in memoria del figlio Romolo. Sulla spina era collocato in origine un obelisco romano, imitato da quelli egiziani, con il nome di Domiziano (trasportato nel 1650 a Piazza Navona). Ancora ben conservati sono la porta trionfale con l'iscrizione e i carceres, ai fianchi dei quali sono due torri, particolare che spiega assai bene perché i carceres si chiamassero a volte oppidum. Vi si distinguono anche due palchi, l'uno presso la linea d'arrivo e destinato certamente alla giuria, l'altro nel mezzo del lato curvo minore.
Il Circo degli Arvali, la cui esistenza è accertata dagli atti del collegio, sorgeva al quinto miglio della via Portuense, ma di esso non si è mai rinvenuta traccia.
Circhi in altre città dell'Impero. - Nel monddo romano dovevano esserci numerosi circhi, ma, a giudicare dalle rovine e dalle testimonianze degli antichi, non così numerosi come gli anfiteatri. Iscrizioni relative agli spettacoli del circo si sono rinvenute in gran numero in Spagna.
Rovine di antichi circhi si conservano in Italia a Boville, a Pozzuoli e ad Aquileia, in Francia ad Arles, Orange, Vienne e Nîmes; in Spagna a Tarragona, Sagunto, Merida; in Africa a Cherchell (Caesarea), a Cartagine, a Dugga, a Leptis Magna. Il circo di Leptis Magna, in parte già esplorato, è per dimensioni di poco inferiore a quello di Massenzio sulla Via Appia: notevole vi è la spina, la quale è costituita da bacini rettangolari stretti e lunghi, che contenevano acqua.
Bibl.: Bussemaker e E. Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictinnaire des antiquités grecques et romaines, s. v.; L. Pollack, in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie, s. v.; E. De Ruggiero, in Dizionario epigrafico, s. v.; J. Durm, Die Baukunst der Etrusker und Römer, Stoccarda 1905, p. 640 segg.; L. Friedlaender, Sittengeschichte Roms, IV, 9ª-10ª ed., Lipsia 1921, p. 240 segg.; per i circhi di Roma, O. Richter, Topographie der Stadt Rom, Monaco 1901, passim; per il Circo Flaminio, G. Marchetti-Longhi, Circus Flaminius, in Memorie della R. Accad. dei Lincei, s. 5ª, XVI, 1923; per il circo di Leptis Magna, P. Romanelli, Leptis Magna, s. a. [1925], p. 152 segg.
V. tavv. CVII e CVIII.
Il circo equestre. - Nulla o ben poco hanno avuto a che fare con il circo, quale attualmente s'intende, alcune rappresentazioni cosiddette circensi, che sopravvissero a quelle dell'età classica e che sporadicamente fecero la loro apparizione nell'alto e nel basso Medioevo. I primi circhi comparvero verso la fine del Seicento, e il più simile ai moderni fu quello, che dava rappresentazioni nel sec. XVIII a Parigi, del Beates, ben presto seguito dall'Astley (1782); questi si associò nel 1788 con l'italiano Franconi, il quale diede particolare sviluppo alle pantomime, creando i cosiddetti mimodrammi; fondò un nuovo circo nel 1808 in rue Saint-Honoré, un Cirque Olympique, sempre a Parigi, nel 1827, e può considerarsi uno dei precursori del circo moderno per l'importanza che volle assegnata alla parte grottesca e funambolesca.
Sarebbe troppo lungo ricordare gli sviluppi del circo durante il sec. XIX e anche soltanto i nomi dei proprietarî o dei direttori più famosi. Impulso notevole a ogni sorta di spettacoli destinati ad attrarre il grosso pubblico diede indubbiamente iI Barnum (v.), da tanti, con vario successo, imitato. Il circo fu ed è quasi sempre mobile, spesso organizzando le rappresentazioni sotto una grande tenda, talvolta usufruendo di teatri o di altri pubblici locali. Negli ultimi tempi si sono maggiormente diffusi i circhi stabili, come il Cirque d'Hiver di Parigi, famoso per i tre clowns italiani Fratellini, il Cirque Médrano, ecc. Ma i più grandi, per esempio il Ringling negli Stati Uniti o il Krone in Germauia, sono tuttora ambulanti. Il nucleo di un circo era un tempo costituito dai cavalli, onde l'appellativo di "equestre" con cui ancora oggi lo si indica. È noto che le piste di tutti i circhi debbono avere invariabilmente lo stesso diametro, perché i cavalli possano eseguirvi i loro abituali esercizî senza disorientarsi: tali esercizî sono svariatissimi, e vanno dall'impennata in gruppo ai salti a comando, dalla caduta iu ginocchio al comico inseguimento di u11 pagliaccio. Oggi i cavalli non costituiscono più la principale "attrazione" di un grande circo: tanto dal serraglio quanto dal teatro di varietà si ricavano spunti sempre più perfezionati e tali da interessare costantemente il pubblico. Dal primo son venuti al circo gli spettacoli a base di bestie feroci, specialmente leoni e tigri, o di animali esotici (elefanti, orsi, giraffe, foche, zebre, scimmie ecc.), i quali compiono a volte giuochi di destrezza singolarissima, risultato di lunghi anni d'ammaestramento. Dal secondo il circo ha preso (ma qualche volta sarà avvenuto il contrario) i giocolieri, i ginnasti e gli atleti specializzati in esercizî che richiedono doti eccezionali di vigoria e di equilibrio, gli sketches o brevi azioni comiche di stile teatrale, i suonatori di strumenti bizzarri, qualche "numero" d'illusionismo. Del circo restano proprî gli spettacoli equestri, i grandi esercizî acrobatici che richiedono impianti speciali (così quelli con più trapezî, i "cerchi della morte", ecc.), e gli scherzi dei pagliacci o clowns. Il costume e l'effigie di questi ultimi deriva probabilmente da rappresentazioni medievali del diavolo, cui s'innesta più tardi la maschera infarinata di Pierrot. Sull'arte di alcuni clowns contemporanei, come p. es. Grock, molto è stato scritto, e l'immagine romantica del pagliaccio che ride "con la morte nel cuore" è forse la proiezione di una diffusa, inconscia persuasione: quella del contenuto profondamente negativo e dissolvente dei lazzi che provocano i maggiori effetti comici. Comunque, nel tipo del clown si riassume l'essenza stessa del circo, la confusione dei sentimenti per cui il dolore è qui ilarità, lo sforzo è senza scopo, l'istinto si camuffa da intelligenza, e la vita è un ben regolato artificio, verso cui si evade come evadono i bimbi verso i regni delle ingannevoli fiabe.