CIRCOLAZIONE
Nella fisiologia dell'uomo e degli animali questo termine designa il complesso dei fenomeni dovuti al movimento del sangue e, in generale, dei liquidi nutritizî. Nella fisiologia delle piante lo stesso termine indica principalmente lo scambio dell'acqua, dei sali e delle altre sostanze solubili nei tessuti vegetali.
Circolazione negli organi vegetali.
L'acqua è un costituente assolutamente indispensabile per il vegetale. Nelle piante normalmente basta una mancanza prolungata di acqua e quindi un appassimento prolungato dei suoi organi per causare la morte; però vi sono piante (come la Selaginella lepidophylla dell'America centrale) le quali possono mantenersi secche per lungo tempo senza morire; esse entrano allora in uno stato di vita latente e vegetano di nuovo col ritorno dell'umidità.
L'acqua è generalmente assorbita della radici della pianta e con essa i composti nutritivi indispensabili, quindi essa per giungere alle foglie e all'apice dei rami, deve fare un percorso, che (p. es. nell'Eucalyptus amygdalina dell'Australia) raggiunge 110 metri.
La membrana cellulare dei vegetali contiene acqua, ma in modo così minutamente diffuso tra le sue più piccole particelle che non si riesce a svelarla con i mezzi ottici più sensibili; con l'essiccazione però le membrane cellulari diminuiscono assai di volume e si contraggono. L'assorbimento dell'acqua nella membrana si attua con resistenza non indifferente, però diverse membrane immerse nell'acqua si gonfiano aumentando di molto il proprio volume.
Il succo cellulare è sempre una soluzione acquosa di sostanze cristalloidi e colloidi e quindi le cellule sottraggono acqua dall'esterno fino a che esse rion ne sono sature. La membrana cellulare è normalmente costituita da sostanza permeabile per l'acqua e le sostanze in essa disciolte; lo strato di citoplasma sottostante (ectoplasma) invece è permeabile all'acqua, ma poco o punto per le snstanze in essa disciolte, quindi l'acqua penetra facilmente entro la cellula a causa della diffusione della soluzione meno concentrata verso la più concentrata (osmosi), e poiché parte della cellula è occupata da composti chimici o sali, l'acqua che penetra nella cellula vi determina nell'interno una pressione che si dice osmotica, più o meno forte a seconda della concentrazione dei sali del succo cellulare e che provoca anche la distensione della membrana, distensione spesso assai forte (fino al 50%) dipendente oltre che dal grado di pressione interna, anche dall'elasticità della membrana stessa. Se si uccide il plasma e si rompe la membrana, la cellula diminuisce di volume (fig. 1).
Lo scambio osmotica di acqua tra cellula e cellula è lento e non basterebbe da solo a sopperire alla grossa perdita di acqua che ha luogo continuamente; a ciò sopperisce uno spostamento più rapido e più abbondante di acqua, che si dice corrente di traspirazione e che avviene lungo i fasci vasali del legno. Ciò si dimostra facilmente praticando un'incisione anulare nella corteccia di un fusto o di un ramo di una pianta immersa nell'acqua in modo da interrompere la continuità della corteccia e lasciare intatto il legno; allora si osserva che le foglie soprastanti all'incisione non avvizziscono, mentre si ha l'avvizzimento se si lascia intatta la scorza ma si recidono con cura gli elementi del legno.
La pressione osmotica, distendendo le membrane delle cellule, le rende rigide e quindi più resistenti alle azioni deformanti. È stato possibile con metodi speciali misurare tale pressione e stabilire che normalmente essa varia da 5 a 10 atmosfere; però in certe condizioni può raggiungere perfino 100 e più atmosfere. L'assorbimento dell'acqua nelle piante inferiori (Tallofite) è effettuato indipendentemente da tutte le cellule del loro corpo, ma nelle piante più evolute, in cui la divisione del lavoro è più accentuata (come ad es. nelle Cormofite), tale assorbimento è limitato alle sole cellule epidermiche della regione assorbente delle radici. La ricca ramificazione delle radici e lo sviluppo abbondante dei peli radicali procura alle piante una grande superficie d'assorbimento e fa sì che da un terreno la pianta sottrae pressoché tutta l'acqua che contiene, se esso non ne viene periodicamente rifornito. L'assorbimento è tanto più completo quanto più il succo cellulare delle cellule epidermiche e dei peli radicali è concentrato; specie le piante dei deserti dispongono di succhi molto concentrati.
L'acqua assorbita dalle piante è in minima parte utilizzata per la loro nutrizione, la maggior parte viene eliminata dai loro organi sotto forma di vapor acqueo e anche allo stato liquido; il primo di questi fenomeni viene distinto col nome di traspirazione, il secondo col nome di sgocciolamento o di guttazione.
Traspirazione. - Si misura l'evaporazione d'acqua dalle foglie, ossia la traspirazione, con diversi metodi; uno dei più semplici e pratici è quello delle pesate. Avendo cura d'impedire, con opportuno rivestimento, la perdita dell'acqua dalla superficie del vaso dove vegeta la pianta in esame, si vede che la diminuzione di peso della pianta stessa è così sensibile che in breve si può determinare con una comune bilancia la quantità di acqua traspirata.
Un metodo che permette di studiare la traspirazione nei varî tessuti e nei varî elementi cellulari è quello delle pellicole di collodio trovato da Buscalioni e Pollacci e che consiste nell'applicare con un pennello una soluzione di collodio sulla parte della pianta che si vuole studiare, avendo cura che la soluzione formi uno strato sottile, privo di bolle d'aria e disteso in modo uniforme. Ciò fatto si lascia evaporare il collodio che forma una pellicola facilmente staccabile. Siccome il collodio in soluzione alcoolico-eterea perde la sua trasparenza quando viene in contatto con l'acqua, la pellicola applicata sul vegetale rimane trasparente dove non v'è traspirazione e diventa opaco-lattiginosa dove v'è presenza di tracce di acqua, anche sotto forma di vapore. Siccome le pellicole portano l'impronta del tessuto vegetale sul quale si sono formate, esse permettono di stabilire in quali elementi si ha il fenomeno della traspirazione.
La maggiore o minore intensità di questo fenomeno dipende da molte cause; su di essa hanno influenza la temperatura, la luce, la quantità di acqua assorbita, la struttura interna della pianta, ecc.
Una pianta arborea, quale per esempio un tiglio in completo e forte sviluppo, emette non meno di 200 litri d'acqua al giorno, un ettaro di terreno coltivato a faggio, può emettere in un giorno dai 250 ai 300 hl. di vapor acqueo; un cavolo può evaporare 700 gr. di acqua al giorno, e una pianta di granoturco circa 300.
Il processo di traspirazione è mantenuto dal rifornimento continuo di acqua dall'interno alle membrane cellulari, che in contano con l'ambiente esterno continuamente perdono acqua. La membrana non più satura d'acqua attira l'acqua d'imbibizione del citoplasma il quale, a sua volta, la sottrae dal succo cellulare. Aumentando in una cellula la concentrazione di tale succo, aumentano le condizioni favorevoli per l'assorbimento di acqua delle cellule contigue e così si stabilisce un passaggio di acqua che dalla profondità del tessuto arriva alle cellule epidermiche in traspirazione.
Questo importante processo viene regolato a seconda dei bisogni: così, le piante che vivono in atmosfera molto umida, come le piante di bosco e specialmente quelle palustri, hanno generalmente foglie larghe, epidermide sottile, mancanza di peli, grandi stomi e tessuto spugnoso nel mesofillo molto sviluppato; invece le piante che vivono in luoghi aridi hanno foglie piccole e, in alcuni casi, queste mancano del tutto o quasi, come ad es. nella ginestra, in cui i fusti funzionano da foglie. In alcune altre piante esistono le foglie, ma in esse la traspirazione è di molto ridotta per la presenza di strati di cera o di cutina, oppure di peli, scaglie, ecc.
Nelle regioni dove predomina la siccità le piante hanno dispositivi speciali atti a immagazzinare in forte quantità acqua in epoche nelle quali questa è a loro disposizione, cedendola in seguito a poco a poco ai tessuti verdi durante la stagione secca. Talora sono speciali organi che si trasformano in serbatoi come avviene nell'albero bottiglia (Brachychiton Delabachi), pianta dell'Arcipelago Malese, nella quale la parte inferiore del fusto si trasfonna in una specie di bulbo ricco di acqua, che misura anche 60 cm. di diametro. Altre piante secernono notevoli quantità di olî eterei, i quali durante la maggiore insolazione formano una nube di vapori intorno al vegetale, vapori che attenuano la forza dei raggi solari ed impediscono una troppo rapida traspirazione. Ma soprattutto per mezzo degli stomi i vegetali regolano la loro traspirazione, perché gli stomi sono in diretta comunicazione con gli spazî intercellulari nei quali si raccoglie di regola il vapore acqueo della pianta. L'ampiezza della fenditura degli stomi varia col variare di forma delle cellule di chiusura. Se la fenditura è chiusa, la traspirazione è quasi nulla, mentre se è aperta raggiunge il massimo d'intensità. Così gli stomi si aprono o si chiudono a seconda del bisogno della pianta. La temperatura, la luce, il vento, l'aria secca, hanno influenza grande sulla apertura o chiusura di questi apparati. I movimenti delle cellule stomatiche sono azionati da variazione di turgore cellulare. A causa di speciali spessimenti delle pareti elastiche delle cellule stomatiche varia l'ampiezza dell'apertura dello stoma col diminuire della curvatura di dette cellule; l'orifizio si chiude quando la perdita d'acqua è soverchia; aumentando il volume delle cellule stomatiche aumenta pure la curvatura delle pareti cellulari e l'orifizio si apre (fig. 2), quindi quanto più la pianta è ricca di acqua tanto più gli stomi tendono ad aprirsi e viceversa
Guttazione. - Talvolta la traspirazione non basta ad emettere tutta l'acqua e allora essa esce in gocce o dagli stomi ordinarî o da stomi speciali, distinti col nome di stomi acquiferi (idatodi). Tale fenomeno avviene normalmente in molte piante, anche nelle nostre regioni, specie quando l'atmosfera è calda ed umida (fig. 3), ma esso è specialmente notevole nelle foreste tropicali dove in alcune Aracee, come nella Colocasia nymphaeifolia, l'acqua può persino essere lanciata a qualche distanza, e una sola foglia secerne alle volte sino a 190 gocce al minuto.
L'acqua che esce dagli stomi acquiferi è talvolta ricca di sostanze organiche e minerali, specialmente di calcio, tanto da lasciare, evaporandosi, delle incrostazioni ai margini delle foglie, come avviene per la Saxifraga crustata.
Pianto. - In seguito a ferite, dovute anche a potatura, si può avere un'emissione di acqua che viene spinta fuori con una certa forza; questo efflusso di liquido si dice pianto ed è fenomeno comune e assai spiccato in molti vegetali fra i quali la vite. La pressione esercitata dal pianto si può misurare con un manometro (fig. 4) e la colonnetta di mercurio può raggiungere altezze non indifferenti, dalle quali si deduce che in certi casi una colonna di acqua potrebbe salire fino a 18 metri di altezza. L'efflusso acquoso può essere abbondante (i litro al giorno nella vite, 10-15 litri nelle palme) e continuare in alcune piante persino per dei mesi.
Il liquido emesso contiene spesso notevole quantità di sostanza organica e in talune piante il contenuto in zucchero è talmente abbondante da render conveniente l'estrazione industriale. Così dall'Acer saccharinum si ricava dello zucchero e dal Fraxinus ornus si raccolgono ingenti quantità di manna. Il succo può fermentare e servire alla preparazione di bevande alcooliche; così si prepara il vino di betulla dal fusto della Betula nelle regioni nordiche, il vino di palma in Africa, il pulqué dei Messicani dal giovane scapo fiorale dell'agave (v).
Per la circolazione dei gas v. assimilazione; respirazione.
Bibl.: A. Aloi, Sulla traspirazione cuticolare e stomatica delle piante terrestri, Catania 1891 e in Naturalista siciliano, 1894; E. Strasburger, Über d. Bau und die Verrichtungen der Leitungsbahnen, Jena 1891; id., Über das Safsteigen, Jena 1893; E Stahl, Versuche üb. Trasnpiration u. Assim., in Botan. Zeitschr., 1894; W. Pfeffer, Pflanzenphysiologie, Lipsia 1904; A. Burgstein, Die Transpiration der Pflanzen, Jena 1904; G. Haberlandt, Physiologische Pflanzenanatomie, Lipsia 1904; L. Buscalioni e G. Pollacci, L'applicazione delle pellicole di collodio allo studio di alcuni processi fisiologici nelle piante ecc. (2 memorie), in Atti Ist. bot. Pavia, VII (1901); W. Detmer, Das kleine pflanzenphysiologische Praktikum, Jena 1913; L. Jost, Pflanzenphysiologie, Jena 1913; L. Montemartin, Ricerche anatomo-fisiologiche sopra le vie acquifere delle piante, 1° e 2° contributo, in Atti Ist. botan. Pavia, XII (1915), XV (1918).
Circolazione negli organismi animali.
È il movimento del sangue, promosso dall'attività del cuore (v.), entro il sistema chiuso dei vasi sanguigni (arterie, capillari e vene; vedi sanguifero, sistema). Esso effettivamente, dal punto di vista idrodinamico, è un movimento circolatorio, nel senso che la massa liquida del sangue, partendo dal cuore in forma di corrente efferente (arteriosa) ritorna al cuore in forma di corrente afferente (venosa) dopo avere attraversato il sistema capillare.
Nell'uomo e nei vertebrati superiori che vivono respirando aria si distinguono due circolazioni: la piccola circolazione (o circolazione polmonare) e la grande circolazione. Nella prima il sangue, spinto dal ventricolo destro per l'arteria polmonare, fluisce attraverso il sistema vasale dei polmoni e ritorna per le vene polmonari all'atrio sinistro, dopo avere assunto ossigeno ed eliminato anidride carbonica, mediante lo scambio gasoso respiratorio esterno, per opera degli alveoli polmonari, ossia dopo che il sangue venoso dell'arteria polmonare si è trasformato in sangue arterioso. Nella grande circolazione il sangue arterioso, spinto dal ventricolo sinistro, per l'aorta e le arterie da questa provenienti, fluisce per il sistema dei vasi capillari di tutti gli organi del corpo e ritorna per il sistema venoso che fa capo alle due grandi vene cave, superiore e inferiore, all'atrio destro, donde discende al ventricolo destro per ricominciare il circolo dei vasi polmonari. Nel passaggio del sangue attraverso il sistema vasale dei capillari della grande circolazione ha luogo lo scambio gasoso respiratorio interno, consistente nella cessione di ossigeno da parte del sangue arterioso ai tessuti e nella assunzione di anidride carbonica, prodotta da questi, per cui il sangue arterioso si trasforma in sangue venoso.
Lo scopo e il significato fisiologico della circolazione sanguigna sono quindi dipendenti dalla necessità del rinnovamento continuo dei gas respiratorî (ossigeno e anidride carbonica), nell'intermo dei tessuti e degli organi, essendo i processi biochimici, che avvengono continuamente per il metabolismo interno, di natura essenzialmente ossidativa. Inoltre la circolazione sanguigna ha il grande ufficio di provvedere complessivamente ai bisogni nutritivi ed epurativi di tutti gli elementi cellulari dei tessuti: apportando ad essi i materiali di assimilazione o nutrizione (proteine, grassi e carbidrati, specialmente glicosio, sali ed acqua), che servono per restaurare o sostituire i materiali consumati nell'attività fisiologica, come pure, nel periodo dell'accrescimento e dello sviluppo, per la moltiplicazione cellulare e l'aumento di volume delle cellule e quindi del complessivo organismo, asportando, dall'altro lato, i materialì di consumo o di rifiuto, destinati a essere eliminati per opera degli organi emuntorî. Compito della circolazione sanguigna è anche il trasporto dei varî prodotti specifici della secrezioue interna delle ghiandole endocrine o ormoni dal luogo di formazione al luogo o tessuto di loro azione.
Storia della scoperta della circolazione. - La scoperta della circolazione sanguigna è uno dei fatti più importanti della storia della medicina: compiuto nella seconda metà del '500 e nel principio del '600. segna l'epoca nuova della medicina scientifica moderna.
Già Galeno, mediante le vivisezioni, stabilì che il sistema arterioso e il cuore sinistro contengono sangue (e non aria come credeva la scuola alessandrina, ammettendo che i piccoli bronchi comunicassero con l'aorta: secondo questa scuola solo le vene avrebbero contenuto sangue). Galeno riconobbe pure la differenza tra il sangue arterioso, che chiamò vaporoso, tenue e sincero, risultante da una mescolanza di sangue coll'aria attinta dal polmone, e il sangue venoso. L'errore massimo di Galeno e di tutti i suoi seguaci, fino alla fine del Rinascimento, fu di credere che il sangue venoso corresse (indipendentemente da quello arterioso) dal centro alla periferia. Centro delle arterie sarebbe stato il cuore sinistro che nella sistole spinge il sangue arterioso (spiritoso) a tutti gli organi; mentre il centro delle vene sarebbe stato il fegato, dal quale il sangue venoso (nutritivo) sarebbe giunto a tutte le parti del corpo per una specie di azione attrattiva ed elettiva degli organi. Il secondo errore di Galeno fu di credere che il sangue del cuore destro, proveniente dalla cava inferiore, passasse in massima parte nel ventricolo sinistro attraverso presunte, sebbene invisibili, porosità del setto; pure ammettendo che una parte minore del sangue contenuto nel ventricolo destro passasse per la vena arteriosa (arteria polmonare) e poi, per mezzo dell'arteria venosa (vene polmonari), giungesse al ventricolo sinistro. Con quest'ultima ipotesi Galeno mostrò di avere una limitata idea della piccola circolazione. Il terzo errore di Galeno fu di ammettere che il sangue dell'arteria venosa (vene polmonari) ad ogni sistole del ventricolo sinistro rifluisse ai polmoni per espellere con l'espirazione le fuligini formate dal sangue.
Di questi tre errori i primi ad essere corretti furono il secondo e il terzo per opera di Realdo Colombo che, intorno al 1550, descrisse la piccola circolazione polmonare, negando la porosità del setto cardiaco e affermando, in base a risultati sperimentali, che tutto il sangue del ventricolo destro va al polmone per la vena arteriosa, dove si attenua, per quindi ritornare, insieme con l'aria, attraverso l'arteria venosa, al ventricolo sinistro.
Più difficile fu la dimostrazione del primo errore di Galeno, ossia la scoperta della grande circolazione. Fu Andrea Cesalpino di Arezzo che nel 1571 pubblicò nei suoi libri delle questioni peripatetiche l'affermazione che il sangue passa costantemente dalle arterie alle vene attraverso le anastomosi da lui definite per vasa in capillamenta resoluta, chiamando per la prima volta col nome di circolazione il moto continuo del sangue dalle vene cave al cuore destro, da questo al polmone, dal polmone al cuore sinistro e dal cuore sinistro alle arterie. Cesalpino espose le prove sperimentali di questa dottrina nella sua opera delle questioni mediche (1593): se ad un animale vivo si mette a nudo una vena, la si lega e poi la si incide sotto la legatura verso le origini capillari, il sangue che prima ne esce ha colore più scuro, mentre quello che n'esce in seguito ha colore più chiaro: ne dedusse che ciò dipende dalle anastomosi esistenti iu tutti gli organi tra le arterie e le vene, essendo il sangue arterioso più chiaro di quello venoso. Una seconda prova sperimentale basò sul fatto che in qualunque parte del corpo le vene legate diventano turgide tra la legatura e la loro origine periferica nei capillari, e non tra il cuore e la legatura, come dovrebbe essere se il sangue venoso corresse in senso centrifugo.
Un altro argomento (però non adoperato da Cesalpino) che dimostra la direzione centripeta del sangue venoso, è dato dalla struttura anatomica delle valvolette che in grande numero si trovano nell'interno delle vene, aventi, a mo' di nodi di rondine, la concavità rivolta verso il cuore e la convessità verso la periferia, in modo da permettere al sangue solo il corso centripeto (fig. 5). Descritte dal Cannano e da Fabrizio di Acquapendente, sembra che il loro ufficio fisiologico sia apparso chiaro per la prima volta a Paolo Sarpi, i cui manoscritti però, come è noto, furono distrutti da incendio.
A Guglielmo Harvey si attribuisce comunemente, soprattutto dagli stranieri, il grande merito della scoperta della circolazione sanguigna. Nella sua piccola monografia, pubblicata nel 1628, egli espone con mirabile chiarezza e ordine logico tutti i risultati sperimentali che concordemente dimostrano la moderna dottrina dell'attività cardiaca e della circolazione sanguigna; in parte riportando i risultati delle osservazioni di Cesalpino, ampliandoli e meglio sviluppandoli (senza ricordarne il nome), in parte aggiungendo nuovi ed arguti argomenti.
La dimostrazione diretta, mediante l'osservazione microscopica della circolazione sanguigna nei tessuti trasparenti degli animali (membrana interdigitale, polmone, mesenterio, vescica orinaria degli anfibî), fu data, la prima volta, da Marcello Malpighi (1661) negli animali a sangue freddo, e da Lazzaro Spallanzani (1771) negli animali omeotermi, servendosi dei vasi ombelicali dell'embrione di pollo.
Leggi della circolazione. - Le leggi che regolano il movimento del sangue nei vasi, uguali alle leggi fisiche idrodinamiche che regolano il movimento di un liquido in un sistema di vasi chiusi, sono tre: a) della portata: la quantità di sangue che fluisce per una qualunque complessiva sezione del sistema circolatorio è uguale a quella che nel medesimo tempo passa per ogni altra complessiva sezione del sistema; b) della velocità, che è conseguente alla legge della portata: la velocità è inversamente proporzionale all'ampiezza delle sezioni complessive delle diverse parti del sistema vasale; essa è pertanto massima nell'aorta, va diminuendo mano mano che il sangue scorre nelle varie arterie che sono ramificazioni dell'aorta, diminuisce ancora notevolmente nel sistema dei capillari, il cui alveo complessivo è incomparabilmente più ampio di quello delle arterie; torna di nuovo ad aumentare nelle vene per raggiungere un valore di poco inferiore a quello dell'aorta a livello dello sbocco delle due vene cave (il cui alveo complessivo è di poco inferiore a quello dell'aorta) nell'atrio destro; c) della pressione: la forza meccanica che la corrente sanguigna esercita sia lateralmente, distendendo le pareti elastiche specialmente dei vasi arteriosi, sia centralmente spingendo in avanti la massa sanguigna, è direttamente proporzionale alla forza sistolica del ventricolo sinistro, per la grande circolazione, e del ventricolo destro, per la piccola circolazione, e alle resistenze periferiche rappresentate dalle pareti dei vasi sanguigni che la corrente deve superare; essa è pertanto massima all'inizio dell'aorta (rispettivamente dell'arteria polmonare), va lentamente diminuendo mano mano nelle diverse arterie, nei capillari e nelle vene, nelle cui ultime sezioni (giugulari e vene cave) scende al disotto dello zero, divenendo negativa.
Proprietà particolare al movimento del sangue nei vasi è l'intermittenza dell'impulso e quindi dell'efflusso del sangue dal cuore; malgrado ciò la corrente sanguigna per effetto della elasticità delle pareti vasali è continua e non intermittente; essa è in effetti ritmicamente accelerata nel sistema arterioso, unifomi e nei capillari e nelle vene. Le oscillazioni dovute all'attività intermittente del ciclo cardiaco si manifestano in forma di onde sfigmiche, costituenti il polso arterioso, di variazioni ritmiche della pressione e della velocità. Anche nelle vene più prossime al cuore si hanno oscillazioni (dipendenti dall'attività dell'atrio destro e del ventricolo destro) nella pressione e nella velocità della corrente sanguigna, costituenti il polso venoso.
Circolazione linfatica. - Una sezione complementare della circolazione sanguigna è costituita dal movimemo afferente della linfa. Essa si raccoglie negli spazî o lacune linfatiche interstiziali dei varî tessuti, provenendo in parte dal plasma sanguigno che trasuda attraverso le pareti endoteliali dei capillari, in parte dagli elementi cellulari dei tessuti e in parte dai villi intestinali, dove giunge per opera dell'assorbimento intestinale degli alimenti. Dagli spazî linfatici fluisce nei capillari linfatici e da questi nei piccoli, medî e grandi vasi linfatici, giungendo nei due tronchi principali: il canale o dotto toracico che sbocca nella vena succlavia sinistra, e il tronco linfatico destro che sbocca nella vena succlavia destra.
La circolazione nei varî gruppi animali. - La circolazione sanguigna nel modo che abbiamo descritto, si compie in tutti i vertebrati superiori, che hanno la respirazione aerea polmonare; ossia nell'uomo, negli altri mammiferi, negli uccelli, nei coccodrilli, e, con qualche differenza, negli altri rettili; si dice anche circolazione doppia, perché il sangue, nel suo circolo, passa due volte attraverso il cuore. Nei pesci invece la circolazione è semplice: il sangue venoso ritorna al cuore, ma è poi spinto nei vasi branchiali e, dopo essersi ossigenato nei capillari branchiali, passa, per le arterie epibranchiali e le radici dell'aorta, nell'aorta e si distribuisce a tutti gli organi: così il sangue contenuto nel cuore è esclusivamente venoso.
Negli anfibî, durante la vita larvale, o di girino, finché la respirazione è esclusivamente branchiale, la circolazione del sangue è simile a quella dei pesci; ma quando, sviluppatisi i polmoni, comincia la respirazione aerea, si stabilisce anche la piccola circolazione, o circolazione polmonare, per la quale il sangue, spinto dal cuore ai vasi polmonari, ritorna dai polmoni al cuore per essere poi spinto nell'aorta. Ma, essendovi un unico ventricolo, il sangue venoso si mescola in parte con quello arterioso.
Anche nelle altre classi di animali (metazoi) esiste la circolazione sanguigna, che varia però più o meno profondamente da quella dei vertebrati. Negl'insetti che hanno respirazione aerea mediante il ricchissimo sistema delle trachee, che provvede allo scambio gasoso respiratorio, portando l'ossigeno nel seno dei tessuti e allontanandone l'anidride carbonica, la circolazione sanguigna ha luogo in gran parte atiraverso un sistema lacunare, provvedendo specialmente ai bisogni degli scambî nutritivi anabolici e catabolici.