CIRENE (Κυρήνη, Cyrēne)
Eroina eponima della città dello stesso nome. Pindaro nella IX Pitica (del 474 a. C.) canta come Apollo scorgesse in un burrone del Pelio Cirene, figlia di Ipseo (‛Ιψεύς), re dei tessafici Lapiti (v.), combattere senz'armi contro un leone e chiedesse di lei al centauro Chirone (v.). Il Centauro si stupisce che il dio onnisciente domandi a lui ciò che ben sa: esser quella la sua sposa futura ed esser lui venuto colà per rapirla oltremare nel giardino di Zeus, dove essa più tardi sarà signora di una città. Colà essa diventerà madre di Aristeo (v.), nato mortale ma destinato all'immortalità. Pindaro corregge, come suole, facendo sorridere Chirone, un'ingenuità primitiva dell'autore da cui dipende. Uno scolio c'informa che egli attinge qui a un'Eea esiodea (v. esiodo), cioè a un poema epico continentale. Questa Eea si ricostruisce quanto al contenuto con sufficiente sicurezza di su Pindaro e altre menzioni nella letteratura greco-romana; da essa pare ispirato anche il fregio del tesoro dei Cirenei in Olimpia (principio del sec. VI?).
Dunque un poeta continentale, forse beoto, trasformò l'eroina eponima della grande colonia greca in Libia in una viragine tessalica. È dubbio quali interessi attuali abbiano ispirato quest'invenzione. E non chiara è la relazione della versione della Eea con la leggenda cirenaica quale ci è conservata principalmente dal poeta cireneo Callimaco (Hymm. in Ap., 85 segg.): secondo questo, Cirene avrebbe ucciso il leone in Libia, difendendo i greggi del re Euripilo. Il leone pare elemento piuttosto libico che tessalico; e la leggenda è in Callimaco localizzata molto precisamente, ciò che può essere indizio di genuinità. D'altra parte non è certo che Cirene sia l'eponima della fonte Κύρα; perché un suffisso etnico -ανός, -ηνός è limitato all'Asia Minore e alla costa tracia, non è cioè probabilmente neppur greco. Cosicché vien fatto di pensare che la ninfa eponima fosse un nudo nome, finché il poeta esiodeo le diede contorni e una storia, e, sapendola libica, la fece combattere con il leone. E sarebbe naturale che i Cirenei non si fossero lasciati sfuggire l'invenzione, ma l'avessero ritrasportata in patria e radicata colà. La rappresentazione del mito della ninfa Cirene che strozza il leone s'incontra nel frontone del tesoro dei Cirenei ad Olimpia e in rilievi di Cirene d'età romana.
C. ha ancora parte nelle Georgiche di Virgilio (IV, 28 segg). Aristeo, al quale sono morte le api, si reca alla fonte del Peneo: C. che vive con le compagne in fondo al fiume, ode il figlio e lo fa discendere, attraverso il Peneo, sotterra là dove gli mostra la sorgente di tutti i fiumi. Poi lo accompagna da Proteo presso Pallene, e, dopo un colloquio con costui, gli suggerisce ella stessa il rimedio, un sacrificio alle ninfe per riavere le api. Se Virgilio derivi qui da modello alessandrino, forse Filita, è per lo meno dubbio.
Bibl.: I problemi furono impostati per la prima volta da F. Studniczka, Kyrene, eine altgriechische Göttin, Lipsia 1890, che ne diede uan soluzione errata (v. anche in Roscher, Lex. d. gr. u. röm. Myth., II, 1717 segg.). Fondamentale L. Malten, Kyrene, Berlino 1911. V. poi A. Ferrabino, in Atti della Acc. di Torino, XLVII (1912), p. 565 segg.; 1914, p. 1063 segg.; id., Kalypso, Torino 1912, pp. 207 segg., 421 segg.; V. Costanzi, in Ausonia, VI (1912), 27 segg.; G. Pasquali, Quaestiones Callimacheae, Gottinga 1913, p. 93 segg.; id., in Studi it. di fil. class., XXI (1915), p. 467 segg.; L. Pareti, Storia di Sparta arcaica, I, Firenze 1917, p. 231 segg. Utile l'articolo di Broholm, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, col. 150 segg.