RAVENNA, Ciro
RAVENNA, Ciro. – Nacque a Ferrara il 13 novembre 1878 da Pacifico, un piccolo imprenditore, e da Clelia Nunes Vais, entrambi di famiglia ebraica.
Dapprima si diplomò in farmacia nella sua città natale, quindi si laureò in chimica all’Università di Bologna il 6 luglio 1903, avendo come relatore Giuseppe Bruni, allievo di Giacomo Ciamician.
Fin dalla sua tesi, dal titolo Sulla ricerca dell’aldeide formica nelle piante clorofilliane, si ritrova quella che sarà la linea di ricerca costantemente sviluppata nel corso della sua carriera scientifica, l’indagine sulla presenza e sul ruolo di sostanze organiche all’interno dei vegetali. In questo ambito, particolarmente significativa fu la serie di tredici memorie che Ciamician e Ravenna pubblicarono insieme dal 1908 al 1921.
Nella prima (Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali - Memoria I, in Gazzetta chimica italiana, XXXVIIIa (1908), pp. 682-697) essi partirono dalla riflessione, da tempo presente nelle ricerche di Ciamician, sulla differenza tra il modo con cui si sintetizzavano le sostanze organiche in laboratorio, mediante l’uso di reattivi energici e di temperature elevate, e quello sicuramente più blando utilizzato in natura dalle piante. Dato il gran numero di prodotti presenti nei vegetali, nasceva poi la domanda su quale potesse essere la loro funzione biologica caso per caso. Le piante, osservavano i due autori, erano in grado di produrre non solo le sostanze fondamentali della vita, ma anche quelle apparentemente accessorie, quali glucosidi, alcaloidi e tante altre, il cui ruolo era tutto da chiarire. Per affrontare tale problema essi utilizzarono un metodo sperimentale del tutto nuovo, inoculando nelle piante sostanze organiche di vario tipo allo stato puro o anche in soluzione e analizzando poi la loro trasformazione una volta introdotte. Si trattava di esperimenti abbastanza complessi per l’epoca, per la difficoltà di dover isolare da parecchi chilogrammi di poltiglia, ottenuta macinando la pianta, la piccola quantità della sostanza introdotta e rimasta inalterata o i prodotti originatisi dalla sua trasformazione.
Oltre a tali ricerche, condotte insieme al suo maestro, in questo periodo bolognese Ravenna ne sviluppò indipendentemente altre, sempre nello stesso ambito. Apprezzata all’epoca fu soprattutto la ricerca in cui, in concordanza con l’ipotesi avanzata dal botanico olandese Melchior Treub, identificava nell’acido cianidrico il primo prodotto che le piante producevano nella sintesi degli amminoacidi (C. Ravenna - A. Peli, L’acido cianidrico e l’assimilazione dell’azoto nelle piante verdi, in Gazzetta chimica italiana, XXXVIIb (1907), pp. 586-600). Fu questa pubblicazione in particolare a meritare l’elogio della commissione che nel 1910 lo giudicò pienamente idoneo a esercitare la libera docenza in chimica agraria presso l’Università di Bologna. Ravenna, che era stato nominato assistente presso l’Istituto superiore agrario appena laureato, dal 1906 ricopriva già l’insegnamento di chimica agraria «sotto la responsabilità e la sorveglianza del prof. Ciamician» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Istruzione Pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, 1910-1930/pos. 11 Liberi docenti, I s., Inv. 16/040,1 b. 272, Ciro Ravenna).
Ottenuta la libera docenza, Ravenna continuò a lavorare presso l’Istituto superiore agrario di Bologna, come incaricato di chimica agraria. Sempre per incarico ricoprì, dal maggio 1913, anche la carica di direttore del gabinetto di chimica agraria, su designazione diretta di Ciamician che ne restava il direttore onorario. Malgrado la stima e la protezione di questi, la carriera di Ravenna non ebbe per molti anni avanzamenti. Nel febbraio del 1920, all’esplicita richiesta da parte del consiglio della Scuola di agraria di Bologna di concedere un posto di professore straordinario per l’insegnamento di chimica agraria, seguì una risposta negativa del ministero dell’Istruzione Pubblica. Non era possibile modificare l’organico della scuola.
Un’apposita commissione stava studiando il riordinamento generale delle scuole di agricoltura. Solo dopo che tale commissione avesse presentato le proprie proposte sarebbe stato possibile prendere in considerazione quanto richiesto (Bologna, Archivio storico dell’Università, Personale docente, ad nomen).
Nel dicembre del 1920 Ravenna lasciò Bologna, avendo nel frattempo vinto un concorso come professore straordinario di chimica agraria nella scuola superiore di agricoltura di Portici. Qui restò solo due anni; risultato vincitore del concorso a professore straordinario presso la scuola di chimica agraria annessa all’Università di Pisa, dal gennaio del 1923 si trasferì nella città toscana.
Negli anni successivi, la carriera accademica di Ravenna proseguì tranquillamente. Promosso professore ordinario dal 1924, nominato pochi mesi dopo direttore dell’Istituto superiore agrario di Pisa, nel 1931 fu insignito della croce di cavaliere della Corona d’Italia e venne designato a tenere il discorso inaugurale per l’anno accademico 1931-32 dell’Università pisana. In tale discorso, successivamente pubblicato (Da Giusto Liebig alla battaglia del grano, in Giornale di chimica industriale ed applicata, XIII (1931), pp. 573 s.) non fece mancare il proprio autorevole appoggio di scienziato a un tema gradito al regime e certamente carico anche di finalità propagandistiche. Dal punto di vista scientifico i suoi contributi in questi anni furono abbastanza modesti, limitandosi a riprendere con poche variazioni studi condotti a Bologna molti anni prima, volti a ottenere dipeptidi dell’acido aspartico e dell’asparagina. Negli anni pisani pubblicò comunque due manuali di un certo successo (Chimica vegetale, Bologna 1928, e Chimica agraria, Torino 1936).
La promulgazione nel 1938 delle leggi razziali sconvolse la vita di Ciro Ravenna e ne determinò in pochi anni un tragico epilogo. Già nel settembre del 1938 scelse di sua iniziativa di dimettersi dalla carica di preside della facoltà di agraria, che nel frattempo era stato chiamato a ricoprire. Con il 14 dicembre 1938 venne disposta la sua cessazione dal servizio. Inutile fu la sua domanda per essere inserito fra le categorie che potevano ambire a una sia pur parziale attenuazione rispetto alle restrizioni sancite dal r.d. legge 17 novembre 1938 n. 1728 (Pisa, Archivio generale di Ateneo, Personale docente, ad nomen).
Ravenna lasciò Pisa e si trasferì a Ferrara, abitando nella casa di famiglia insieme alla sorella Bianca. Qui contribuì alle scuole ebraiche della città. Fu anche coinvolto nelle attività del corso universitario di chimica che venne organizzato a Milano su iniziativa del professor Emilio Schreiber, il direttore della scuola ebraica di via Eupili. Ravenna vi tenne per due anni accademici i corsi di chimica generale e di chimica organica.
La situazione precipitò irrimediabilmente con l’occupazione tedesca. Il 15 novembre 1943 molti ebrei vennero arrestati a Ferrara, tra cui Ravenna. Le poche notizie che si hanno fanno ritenere che dopo alcuni giorni egli fu trasferito dal carcere di Ferrara al campo di Fossoli. Da lì partì il 22 febbraio 1944 per Auschwitz, dove arrivò il 26 febbraio con lo stesso convoglio in cui viaggiò Primo Levi. Data l’età avanzata, Ciro Ravenna fu presumibilmente scartato già alla prima selezione operata all’arrivo al campo di sterminio e quindi immediatamente ucciso.
Opere. Di Ravenna restano circa novanta pubblicazioni, delle quali sopra ho ricordato quelle più rappresentative della sua ricerca.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Istruzione Pubblica, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Fascicoli del personale docente, ad nomen.
A. Albini - P. Vita Finzi, Le leggi razziali e la chimica, in Rendiconti dell’Istituto lombardo. Accademia di scienze e lettere, CXLV (2011), pp. 87-95.