SPONTONE, Ciro
SPONTONE, Ciro. – Nacque a Bologna tra il 1554 e il 1556, figlio di Bartolomeo; il nome della madre non è noto.
Secondo quanto dichiarato da lui stesso nel Memoriale (Archivio di Stato di Bologna, Reggimento, Instrumenti e Scritture, XVI, n. 53) consegnato al Senato bolognese il 4 marzo 1600, per accedere alla carica di segretario maggiore, la data di nascita sarebbe il 1554; dallo spoglio delle carte d’archivio (Archivio generale arcivescovile di Bologna, Registro atti di battesimo, aa. 1550-1556, c.183r), invece, il genetliaco si sposterebbe in avanti, al 1556, dal momento che un solo Ciro della famiglia Spontoni ricevette il battesimo in quell’anno, e precisamente il 12 agosto, padrino Ciro Alidosi, cui si potrebbe far risalire la scelta del nome, madrina Giulia Pepoli.
Il padre, Bartolomeo, fu maestro di musica, appartenente ad un casato gentilizio, come dimostrato dalla presenza dello stemma di famiglia nel Blasone bolognese di Canetoli e inteso anche dalle relazioni con alcuni dei più noti esponenti dell’aristocrazia cittadina, condizione necessaria, questa, per illustrare la carriera politica e spiegare, in parte, la fortuna letteraria dello Spontone.
Sin da piccolo si dedicò allo «studio delle belle lettere» (Fantuzzi, 1790, p. 32) e, molto giovane, lasciò Bologna per le più prestigiose corti dell’Italia settentrionale. In qualità di segretario, fu al servizio di Cristoforo Boncompagni, nipote di Gregorio XIII, arcivescovo di Ravenna, di Ludovico Bentivoglio, vescovo di Policastro, più tardi del duca Giacomo di Savoia-Nemours a Torino e del marchese di Sassuolo Marco Pio. Successivamente, ricoprì importanti incarichi presso la corte di Carlo Emanuele I, il «Serenissimo di Savoia», dove verosimilmente conobbe Giovanni Botero e pubblicò le prime opere letterarie.
Nel 1581, per i tipi di Girolamo Discepolo, diede alle stampe Le differenze poetiche di Torquato Tasso. Pubblicate da Ciro Spontone per risposta ad Orazio Ariosto (Verona 1581), dedicato ad Ercole Bottrigari, allievo del padre, «suo amico e commensale» (Fantuzzi, 1790, p. 33) e, sempre a Verona, nel 1588, fu pubblicato il Nereo. Poema di Ciro Spontone con altre sue rime. Secondo Giovanni Fantuzzi, nello stesso anno, Discepolo stampò Il pianto estatico nella occasione della pericolosa infermità che ebbe il Serenissimo Principe Rodolfo Gonzaga Marchese di Castiglione a Vercelli e, poco dopo, nel 1589, Il Bottrigaro, overo del nuovo verso enneasillabo, dialogo del Sig. Ciro Spontone. Al Serenissimo Sig. Principe di Parma e Piacenza. Le ultime due opere aiutano a collocare cronologicamente il passaggio dello Spontone al servizio di Rodolfo Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere, dove rimase, fino al 1593, quando fu chiamato dal duca di Mantova, Vincenzo I.
Secondo lo studio di Chiara Continisio (2014; Ead. in La corona del principe..., 2014), Spontone giunse a Castiglione tra la fine del 1586 e l’inizio del 1587 e, assecondando le velleità di Rodolfo, desideroso di annoverare tra i suoi collaboratori uno scrittore capace di magnificare il proprio ambiente, compose il già citato Bottrigaro e La corona del principe (Verona, Discepolo, 1590).
Ne Il Bottrigaro l’autore immaginò un dialogo a tre voci, la sua, quella del marchese e quella del governatore di Castiglione Francesco Denalio, intorno all’uso originale del verso enneasillabo. Nella produzione dello Spontone, il trattatello sul novenario rappresenta un’originale riflessione sull’uso inconsueto di un verso che, dal De vulgari eloquentia almeno fino a Boito, non ha trovato degno e ampio margine di impiego nella nostra tradizione letteraria. Inoltre, la raffinata disquisizione letteraria fu anche un pretesto per la scrittura di un’opera che, dedicata a Ranuccio Farnese a quel tempo legato a Rodolfo nell’ostilità contro Vincenzo, rifletteva una «situazione personale vissuta da Ciro conseguentemente alle relazioni politiche tenute dal proprio padrone» (Verardi Ventura, 1979 (ma 1980), p. 232).
Spontone scelse la stessa impostazione dialogica e i medesimi interlocutori per La corona del principe, trattatello filosofico-politico, dedicato a Rodolfo Gonzaga, contenente il Volgarizzamento dei Commentari di Marsilio Ficino sopra alcuni dialoghi di Platone.
Il testo, influenzato dalle dottrine platoniche e orientato al modello letterario dell’institutio principis e ai presupposti ideologici di Botero, del quale l’autore condivideva i fondamenti della ragion di stato, voleva offrire al principe, attraverso la descrizione allegorica della corona e delle sue gemme, suggerimenti finalizzati al mantenimento dello Stato.
Gli anni trascorsi al seguito di Rodolfo segnarono inequivocabilmente la carriera di Spontone che, nel 1593, dopo la morte del marchese, fu chiamato dal duca di Mantova, Vincenzo I. Le vicende personali e dinastiche in cui si trovò coinvolto Rodolfo, incolpato dell’assassinio dello zio Alfonso di Castelgoffredo e successivamente, dopo essersi impadronito del feudo, vittima di una congiura di palazzo, non furono prive di conseguenze per Spontone. Il duca, infatti, fu in lite con Francesco (fratello di Rodolfo) per il possedimento di Castelgoffredo fino al 1602 e proprio sul duca, la figlia di Rodolfo, fece cadere i sospetti dell’uccisione del padre. Queste fosche vicende, anche se non direttamente e nell’immediato, condizionarono il ruolo dello Spontone presso la corte di Mantova. I primi anni al servizio del duca furono molto significativi, tanto sul piano personale, quanto sul piano ufficiale. Dopo essersi sposato diventò padre nel 1596; in quello stesso periodo fu nominato visconte e commissario di Rodigo e nel 1595 fu insignito del titolo di cavaliere durante i preparativi della spedizione mantovana contro i turchi. A questa prima fase risale l’Hercole defensore d’Omero, edito a Verona nel 1595. Dell’opera (la prima in cui compare il titolo di cavaliere), un dialogo tra intellettuali bolognesi, si segnala la dedica al duca, datata 1593, in cui Spontone manifestava la propria gratitudine a Vincenzo I per averlo chiamato nella sua corte.
Ben più proficui sul piano letterario furono gli anni che seguirono la spedizione in Ungheria cui Spontone partecipò insieme al duca. Su questa esperienza scrisse ben quattro testi: il Ragguaglio, dedicato a Massimiliano di Baviera, stampato a Bologna nel 1601; l’Historia della Transilvania (pubblicata postuma), omaggio a Giorgio Basta, condottiero conosciuto durante la campagna militare; Le attioni del Re d’Ungheria (Bologna, Benacci, 1602), intitolata al marchese Francesco di Castiglione, in cui Spontone raccontò l’assedio di Vicegrado con il quale si concluse la prima fase della spedizione mantovana; il Savorgano, ovvero del Guerriero novello. Dialogo di Ciro Spontone, Bologna, Benacci, 1603, volume rivolto all’editore e al conte Filippo Pepoli, in cui l’autore individuò le virtù belliche del miles contemporaneo.
Il 28 novembre 1600 fu nominato segretario maggiore presso il Senato di Bologna; probabilmente ragioni economiche e di rivalsa personale lo spinsero a tornare in patria, come testimoniato dalla corrispondenza con Annibale Chieppio, segretario di Stato di Vincenzo I Gonzaga. Nel periodo dell’incarico bolognese, Spontone continuò a interloquire con i mantovani, a svolgere alti uffici (come la spedizione contro i turchi nel 1601), anche se da parte del duca si registrò un momentaneo disappunto. Le vecchie questioni legate al feudo di Castelgoffredo, soprattutto l’ambiguità della posizione di Spontone nei confronti di Francesco, riemersero mettendo a repentaglio la posizione di Ciro all’interno del Senato tanto che si trovò costretto a chiedere l’intercessione del duca a suo favore.
A ogni modo, sul finire del 1601, i rapporti con il marchese divennero più distesi (si ricorda la dedica a Francesco de Le attioni del Re d’Ungheria) e anche le antiche contese tra Vincenzo e Francesco giunsero ad una soluzione a favore del primo che ottenne il feudo di Castelgoffredo. Ancora una volta, per ragioni economiche Spontone decise di lasciare definitivamente Bologna per tornare nel Mantovano: nel 1603 si licenziò dal Senato e fu di nuovo al servizio del duca.
Intanto, nel 1599, aveva dato alle stampe i Dodici libri del governo dello Stato (Verona, ad istanza di Giò. Battista Pigozzo e Andrea de Rossi, 1599), un’opera, rivolta ai principi, che elaborò nella forma di un vero e proprio trattato diviso in libri, riprendendo, in termini strettamente politici e non filosofici, lo stesso argomento affrontato ne La corona del principe. Profondo conoscitore delle complesse e oscure dinamiche della vita di corte, affiancò alla scrittura letteraria una costante riflessione politica e, a distanza di quasi un decennio, pubblicò infine gli Avvertimenti dell’Istoria, scritti al principe di Savoja, o siano considerazioni politiche cavate dagli avvertimenti della storia (Bergamo, per Comin Ventura, 1608). Con gli Avvertimenti Spontone, infatti, intendeva presentare ai sovrani contemporanei una galleria di esempi, tratti dal passato più recente da Ludovico il Moro a Giuliano Della Rovere, affinché potessero cogliere e utilizzare, a proprio vantaggio, gli insegnamenti della storia. Di argomento storico-politico rimangono altri due testi manoscritti: Il gran capitano Coleone di Angiò e di Borgogna ed il generale Francesco Martinengo suo antenepote, delineati dal Cavaliere Ciro Spontoni, menzionato da Fantuzzi e da Girolamo Tiraboschi (si veda Fantuzzi, 1790) e Lo stato, il governo e i magistrati di Bologna, oggetto del fondamentale studio di Sandra Verardi Ventura.
Trascorse gli ultimi anni come agente diplomatico di Vincenzo I e, in tale ruolo, nel 1610 si mosse come mediatore per il conseguimento della Corona d’Albania da parte del duca. La trattativa, lunga ed estenuante, fu l’ultima cui partecipò lo Spontone e, nonostante gli sforzi profusi, non si concluse nel modo sperato; la situazione si complicò anche per il sopraggiungere di una grave forma di apoplessia che paralizzò lo Spontone e di una seria crisi finanziaria che lo costrinse a chiedere l’aiuto del duca. Morì nel 1612, pochi mesi dopo la scomparsa del suo principe.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Reggimento, Instrumenti e Scritture, XIV; Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registri dei Battezzati e Registro atti di battesimo; Biblioteca comunale, B. Carrati, Genealogie di famiglie bolognesi, Ms. B.700; Archivio di Stato di Mantova, Corrispondenza da Bologna aa. 1600-1603, Ms. B.1167; Archivio di Stato di Mantova - Archivio Gonzaga, Corrispondenza da Mantova e paesi dello Stato.
P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili bolognesi, Bologna 1650; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, pp. 32-34; F. Canetoli, Blasone bolognese e armi gentilizie delle famiglie nobili bolognesi, Bologna 1791-1795; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, Modena 1792; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, Bologna 1872; L. Rossi, Gli scrittori politici bolognesi, Bologna 1888; S. Verardi Ventura, L’ordinamento bolognese dei secoli XVI-XVII. Introduzione all’edizione del ms. B.1114 della Biblioteca dell’Archiginnasio. Lo stato, il governo et i magistrati di Bologna del cavalier C. S., in L’Archiginnasio, LXXIV (1979, ma 1980), pp. 181-425, LXXVI (1981, ma 1982), pp. 167-376; G.L. Betti, Scrittori politici bolognesi nell’età moderna, Genova 2000; C. Continisio, La corona del principe di C. S. per Rodolfo Gonzaga di Castiglione, Mantova 2014; La corona del principe. Iconologia e simbologia per Vincenzo I Gonzaga. Saggi in memoria di Cesare Mozzarelli a dieci anni dalla scomparsa, a cura di C. Continisio, Mantova 2014; G.L. Betti - M. Calore, Indagine sugli scritti, la biblioteca e il ‘Museo’ di Ercole Bottrigari, eclettico intellettuale bolognese (1531-1612), in Teca, Testimonianza Editoria Cultura Arte, 2016, 9-12, pp. 39-69.