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CITOGENETICA

di Benedetto Nicoletti-Luciana Migliore - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)
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CITOGENETICA

Benedetto Nicoletti-Luciana Migliore

(App. IV, I, p. 458)

La c. in questi ultimi anni ha fatto progressi che hanno permesso di chiarire numerosi aspetti riguardanti l'organizzazione e il funzionamento del genoma. Il miglioramento delle tecniche di microscopia e l'impiego delle metodiche della biologia molecolare hanno fornito la risoluzione di numerosi problemi che altrimenti sarebbero rimasti ancora a lungo irrisolti.

Citogenetica comparata. - Questo nuovo approccio ha permesso di chiarire alcuni meccanismi evolutivi: il confronto dei cariotipi di vari mammiferi (primati, roditori, pipistrelli, ecc.) ha messo in evidenza linee di derivazione filogenetica e meccanismi di speciazione basati su riordinamenti cromosomici. La derivazione della specie umana dagli antenati più lontani, i lemuri, e tramite questi dalle catarrine, ilobatidi e pogidi, è stata ricostruita per comparazione dei vari cromosomi, utilizzando il bandeggio ad alta risoluzione. Lo scimpanzè, che si è rivelato il parente più prossimo dell'uomo, insieme al gorilla, ha bande praticamente identiche a quelle dei cromosomi umani, anche se con disposizione diversa, dovuta a riordinamenti cromosomici minori (alcune inversioni e una fusione). Studi di questo tipo condotti tra i roditori (topo, ratto) hanno permesso di risalire al tipo di riordinamento cromosomico (specialmente le fusioni centriche e le traslocazioni) responsabile delle divergenze tassonomiche.

È stato inoltre possibile stabilire correlazioni molto accurate tra geni localizzati in particolari distretti dei cromosomi umani e geni a identica funzione presenti nei cromosomi di topo. La conservazione di notevoli tratti di DNA a funzione e successione identica nelle diverse specie non ha solo implicazioni suggestive da un punto di vista evolutivo, ma si sta rivelando un prezioso ausilio per la costruzione delle mappe genetiche nell'uomo. Infatti questa corrispondenza permette di studiare con maggior precisione le distanze tra geni (come percentuale di ricombinazione) e di accertarne la localizzazione a livello di bande e sottobande.

Omologie tra i cromosomi X e Y umani. - I cromosomi X e Y della specie umana non sono morfologicamente eguali e alla meiosi si appaiano in maniera inconsueta: i bivalenti che si osservano alla profase meiotica maschile mostrano il braccio corto del cromosoma X in contatto con quello corto dell'Y, che implica una regione di omologia tra i due cromosomi.

Recentemente è stato dimostrato che nel tratto distale del braccio corto dell'X e dell'Y esistono regioni che mostrano sequenze di DNA omologhe; queste regioni sono definite pseudoautosomiche in quanto non presentano eredità legata al sesso. Nel maschio vanno sempre incontro a ricombinazione (durante la meiosi si costituisce un chiasma obbligatorio che unisce i due elementi), mentre nella femmina la frequenza di ricombinazione è minore.

Nel cromosoma X alla zona pseudoautosomica seguono immediatamente i geni Xg (gruppo sanguigno) e STS (deficienza per la solfatasi steroidea) che possono essere soggetti a scambio in quanto abbastanza vicini alla regione di omologia, nell'Y invece si trova il fattore TDF (per il differenziamento testicolare) che solo raramente si scambia con il braccio corto dell'X. È questa l'origine dei maschi a costituzione genetica XX; le tecniche molecolari hanno confermato che nelle cellule di questi soggetti si trovano tratti del cromosoma Y che contengono il fattore per il differenziamento testicolare.

Varianti ''normali''. - Nei cromosomi umani, come in quelli di molti altri organismi, sono state descritte delle varianti ''normali'', e cioè delle diversità strutturali che si possono riscontrare con una frequenza non sporadica nei soggetti di una popolazione. Questo particolare tipo di polimorfismo strutturale è stato osservato con indagini molto ampie su cromosomi bandeggiati di individui normali. Nella stragrande maggioranza dei casi non è stata associata nessuna patologia misurabile; infatti si tratta in genere di un polimorfismo che riguarda le zone eterocromatiche, e la eterocromatina costitutiva (composta da sequenze di basi ripetute e non tradotte) non sembra avere una rilevanza essenziale per il funzionamento della cellula o del cromosoma. Le varianti ''normali'' costituiscono comunque un utile strumento nelle ricerche di genetica umana. Vengono utilizzate come marcatori cromosomici negli accertamenti di paternità e spesso permettono, nei casi di non disgiunzione, di risalire al genitore e alla divisione meiotica in cui si è verificato l'evento.

Ibridazione in situ. - Questa tecnica consiste nell'utilizzare tratti noti di acidi nucleici (sonde) che, a contatto con cromosomi metafasici, si ibridano con le regioni contenenti sequenze corrispondenti (v. biotecnologia, in questa Appendice). Questa tecnica ha consentito di localizzare in particolari segmenti (bande e sottobande) di specifici cromosomi numerosi geni e sequenze di DNA di particolare interesse citogenetico. Nei cromosomi di Drosophila e del topo sono stati così localizzati i geni per l'RNA ribosomale e per gli istoni; nella scimmia Rhesus e nell'uomo sono stati localizzati i geni per l'RNA ribosomale nucleolare; ancora nell'uomo è stata identificata la posizione di alcuni oncogeni, del gene dell'insulina e dell'ormone paratiroideo. Anche se questa tecnica si rivela rapida e presenta un'alta risoluzione, si sta cercando di perfezionarla per raggiungere il massimo livello di corrispondenza tra sonde utilizzate e sequenze di geni presenti sul cromosoma. La sua utilizzazione ha comunque già consentito di ottenere risultati di notevole interesse.

SCE: Sister Chromatid Exchange (Scambi tra cromatidi fratelli). − Tramite una colorazione differenziale è possibile mettere in evidenza scambi semplici e doppi di tratti più o meno estesi di DNA tra cromatidi fratelli. Si è potuto accertare che questi scambi hanno una frequenza ''spontanea'' nelle cellule normali, ma presentano valori molto più alti nei cromosomi di persone affette da sindromi genetiche (Bloom, Fanconi, Ataxia, Xeroderma, ecc.) o nelle cellule esposte a particolari trattamenti clastogeni.

I meccanismi alla base dell'induzione di questo tipo di scambio non sono ancora conosciuti né si comprendono gli effetti di questo scambio di materiale geneticamente identico tra cromatidi fratelli; tuttavia sembra certo che gli SCE siano correlati a difetti della riparazione di danni al DNA, indotti da cause genetiche o da agenti chimici e fisici. Per questo tutte le indagini per accertare se un trattamento, in vivo o in vitro, comporti effetti mutageni e clastogeni, prevedono oggi un'analisi degli SCE presenti nelle metafasi. L'aumento degli SCE al di sopra del livello ''spontaneo'' costituisce infatti un indice delle alterazioni indotte nei sistemi implicati nella replicazione o nella riparazione del DNA.

Rotture cromosomiche, siti fragili, oncogeni, virus e cancro. - In questi ultimi anni si è andata consolidando l'ipotesi che l'insorgenza di un tumore sia dovuta all'interazione di numerosi fattori, tutti però riconducibili a una o più alterazioni genetiche. È stato dimostrato in alcuni casi che gli eventi necessari per trasformare una cellula normale in cancerosa sono più di uno: si possono postulare o due mutazioni in successione oppure un fattore promotore che abbia in qualche modo modificato le funzioni cellulari e una o più mutazioni. L'altissima correlazione che esiste tra mutageni e carcinogeni, insieme alle implicazioni cromosomiche in diversi tipi di tumori, ha ulteriormente avvalorato l'ipotesi mutazionale. La cellula tumorale è una cellula geneticamente diversa dalle cellule normali da cui si è originata, in quanto ha perso il controllo della sua moltiplicazione.

La scoperta degli oncogèni e la loro localizzazione sembrò la chiave per la soluzione degli interrogativi sull'origine della trasformazione di una cellula tumorale. Ma l'enigma della trasformazione tumorale non è stato ancora chiarito: sembra che gli oncogèni non attivati siano fattori di regolazione per l'accrescimento e la moltiplicazione cellulare. In moltissimi casi è stato possibile dimostrare che il passaggio da cellula normale a tumorale avviene per effetto di due o più eventi. Loci degli oncogèni, siti d'integrazione di virus oncogeni, siti fragili e regioni preferenziali di rottura per i riordinamenti presenti nelle cellule di alcuni tumori sono spesso coincidenti. Questo pone una serie di interrogativi sull'importanza e sull'evoluzione di un tumore, e recentemente è stato possibile dimostrare che la zona d'integrazione di un virus, coincidente con quella di un oncogène, è risultata anche sede preferenziale per eventi di ricombinazione meiotica.

Rotture cromosomiche. - Numerose sostanze chimiche e alcuni agenti fisici sono in grado d'indurre rotture cromosomiche in sistemi cellulari animali e vegetali. Le radiazioni ionizzanti, i raggi gamma e beta, i raggi UV e numerosissimi agenti chimici dalla più varia formula sono efficaci clastogeni in grado di produrre alterazioni nella struttura cromosomica. A seconda della natura dell'agente varia il tipo di meccanismo con cui viene prodotta la rottura: è importante tuttavia accertare se l'agente o il composto è in grado d'indurre rotture nelle cellule somatiche o nelle cellule germinali.

Gli effetti clastogeni di un trattamento fisico o chimico si valutano tramite saggi in vitro, su cellule animali o vegetali.

Nel caso della specie umana si utilizzano colture di linfociti provenienti da sangue periferico, che vengono stimolati a riprodursi e coltivati; l'esame di numerosissimi nuclei in metafase permette di quantificare il danno come numero di rotture cromosomiche. Un'altra tecnica più semplice e rapida, anche se meno accurata, è quella di valutare la presenza di rotture ricorrendo al conteggio dei micronuclei, e cioè dei frammenti di materiale nucleare che si staccano a seguito di rotture cromosomiche e che si evidenziano come corpiccioli rotondi nel citoplasma delle cellule interfasiche.

Cromosomi e senescenza. - La relazione diretta tra aumento dell'età e incidenza dei tumori ha indotto una lunga serie di ipotesi; quasi tutte implicano un accumulo di eventi mutazionali nelle cellule somatiche. Recentemente è stato dimostrato che cellule umane prelevate da individui giovani e di tarda età si comportano in maniera significativamente diversa a riguardo delle rotture cromosomiche indotte da un mutageno: le cellule ''vecchie'' perdono con una frequenza molto maggiore una regione del cromosoma X. Infatti il cromosoma X ''anziano'' va incontro a un numero maggiore di rotture per aver forse accumulato una quantità maggiore di ''lesioni'' molecolari ai siti di fragilità cromosomica costitutiva.

Microscopi analizzatori di immagini e citometri a flusso. - I microscopi analizzatori di immagini sono strumenti in grado di fornire un cariotipo con procedimento semiautomatico. Il microscopio, collegato a un elaboratore attraverso una telecamera, ''legge'' il vetrino e memorizza le metafasi ritenute idonee al conteggio e i relativi cromosomi. L'apparecchio può leggere in successione sino a 16 vetrini e oltre; generalmente questa operazione viene effettuata durante la notte o negli intervalli ''morti''. L'analisi delle metafasi selezionate viene effettuata successivamente: le immagini delle metafasi vengono riprodotte su un teleschermo e l'operatore definisce il cariotipo sullo schermo; esso viene riprodotto da una stampante ad alta definizione con un risparmio di tempo di svariate ore e una maggiore accuratezza rispetto alle microfotografie. Sino a poco tempo fa il riconoscimento dei cromosomi era fatto utilizzando i parametri lunghezza relativa e posizione del centromero memorizzati nell'elaboratore. Oggi si può tener conto anche del bandeggio, ed esistono programmi ancor più sofisticati con cui è possibile ottenere il conteggio dei granuli di autoradiografia, gli SCE, i micronuclei e le rotture cromosomiche.

Il citometro a flusso è il secondo tipo di strumento che sta contribuendo sempre più all'accuratezza delle analisi citogenetiche: infatti con questo apparecchio duplicazioni e deficienze vengono individuate non più a livello di bande cromosomiche, ma di sequenze di DNA; è inoltre possibile il riconoscimento incontrovertibile di cromosomi individuali. L'utilizzazione di sonde di DNA permette anche il riconoscimento di traslocazioni invisibili all'analisi microscopica. Con l'applicazione del citofluorimetro a questi problemi è nato anche il termine c. ''a flusso'': si va infatti diffondendo il suo impiego anche in problemi di analisi di popolazioni cellulari derivate da soggetti portatori di tumori in cui è possibile valutare l'eterogeneità della quantità di DNA.

Bibl.: Chromosomes and cancer, a cura di J. German, New York 1974; T. C. Hsu, Human and mammalian cytogenetics, ivi 1979; C. P. Swanson, T. Merz, W. J. Young, Cytogenetics, Englewood Cliffs 1981; Human cytogenetics, a cura di D. E. Rooney e B. H. Czepulkowski, Oxford-Washington (D.C.) 1986; G. Alimena, B. Dallapiccola, F. Mandelli, Citogenetica delle emopatie maligne, Roma 1987; G. Morpurgo, Dalla cellula alle società complesse, Torino 1987; D. S. Borgaonkar, Chromosomal variation in man, New York 1989.

Vedi anche
cariotipo Microfotografia dei cromosomi in piastra metafasica ordinati in coppie di omologhi o in sequenza (➔ genetica). Con metodi di colorazione differenziale si identificano i cromosomi con precisione e riproducibilità (➔ bandeggio). I cromosomi umani nei primissimi momenti della mitosi, quando sono meno condensati, ... tassonomia Nelle scienze naturali, termine usato spesso come sinonimo di sistematica (➔), ma che in modo più preciso viene utilizzato per indicare da un lato le regole nomenclaturali, dall’altro le tecniche per lo studio teorico della classificazione filogenetica dei viventi, attraverso la definizione esatta di ... darwinismo Denominazione delle teorie elaborate da C. Darwin per interpretare l'evoluzione degli organismi attraverso il meccanismo della selezione naturale. Secondo il d., il campo di variabilità nel quale agisce il meccanismo di selezione può essere determinato sia da cause interne, di natura genetica, sia da ... superorganismo In ecologia, gruppo di organismi o di comunità che sembrano avere proprietà, come omeostasi e riproduzione, simili a quelle di un singolo organismo.
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