CITOGENETICA
. La c. è una branca della genetica, che mette in relazione i dati citologici, ricavati dall'osservazione diretta dei cromosomi, con i dati genetici, ottenuti dallo studio della manifestazione e trasmissione dei caratteri ereditari. Il termine cromosoma, usato originariamente per indicare dei corpi "colorati", che compaiono nel nucleo cellulare in divisione, ha assunto un significato più ampio. Si definisce cromosoma il filamento, costituito generalmente da una doppia elica di DNA, che funziona da stampo per la sintesi degli RNA e di tutte le proteine necessarie alla vita della cellula e dell'organismo (fanno eccezione alcuni virus, nei quali il cromosoma è costituito da una singola elica di RNA). In questo senso si può parlare di cromosomi di virus, di batteri e di organismi superiori. Tuttavia, oggetto della c. è il cromosoma mitotico e meiotico degli eucarioti. Mentre nei virus e nei batteri il cromosoma è pressoché "nudo", negli eucarioti esso è associato a RNA e proteine ed è un organulo microscopico con una sua individualità morfologica. Non è ancora chiaro come in questo cromosoma sia organizzato il DNA: i dati della biologia molecolare e della genetica finora disponibili fanno ritenere che il cromosoma sia costituito essenzialmente da un filamento continuo di DNA, che può raggiungere la lunghezza di qualche centimetro; l'unità fondamentale, la cosiddetta "fibra elementare", visibile al microscopio elettronico, è formata da un complesso di DNA a doppia elica, RNA e proteine basiche (istoni) e acide, e ha uno spessore di 230 Å (fig. 1 A, B). La fibra elementare, ripiegata e avvolta in ordini successivi di spiralizzazione, diventa il cromosoma visibile al microscopio ottico, alla mitosi e alla meiosi.
Metodi classici di studio della citogenetica. - La prima fase dell'analisi c. consiste nella caratterizzazione del corredo cromosomico, che viene eseguita enumerando i cromosomi e analizzandone la morfologia. A seconda della posizione del centromero o costrizione primaria (zona coinvolta nel movimento dei cromosomi durante la divisione cellulare), si distinguono cromosomi acrocentrici e subtelocentrici (centromero all'estremità o verso l'estremità del cromosoma), e cromosomi metacentrici e submetacentrici (centromero mediano o quasi mediano). L'ordinamento dei cromosomi in coppie di omologhi, uguali per dimensioni e morfologia, secondo un modello standard fissato per ogni specie animale e vegetale, permette di costruire il cariotipo (fig. 2).
L'analisi cromosomica è notevolmente facilitata, specialmente per i mammiferi, dall'uso delle colture in vitro, mediante le quali possono essere ottenute mitosi in abbondanza. Le cellule di varia origine possono essere cresciute in sospensione, dissociate in elementi singoli, oppure possono essere cresciute aderenti al vetro, in monostrato; essenziale per la preparazione cromosomica è lo shock osmotico, che può essere eseguito in modo controllato su cellule coltivate, e permette quindi di ottenere un giusto grado di dispersione dei cromosomi nelle piastre metafasiche. Per l'identificazione delle singole coppie cromosomiche, non sempre possibile su base morfologica, sono disponibili metodi più raffinati, che consentono di differenziare varie regioni del cromosoma. Le tecniche che permettono di distinguere specifici cromosomi o regioni cromosomiche sono: a) l'autoradiografia, che visualizza l'incorporazione di precursori radioattivi del DNA, durante la replicazione; questa può mostrare una sequenza temporale diversa e caratteristica per i vari cromosomi (fig. 3 A); b) la colorazione con fluorocromi, come la chinacrina, che conferisce ai cromosomi una tipica fluorescenza a bande; le diverse coppie di cromosomi possono essere identificate in base alla successione delle bande brillanti e delle bande scure (bande Q) (fig. 3 B); c) la colorazione con un colorante elettivo nucleare, il Giemsa, preceduta da vari pretrattamenti (denaturazione termica e alcalina, proteolisi enzimatica). La successione delle bande (G, E o R, secondo il tipo di trattamento) è anche in questo caso caratteristica per ogni coppia cromosomica (fig. 3 B); un particolare tipo di colorazione differenziale è rappresentata dalle bande C, che marcano la zona centromerica; d) ibridazione molecolare o ibridazione in situ, che permette di localizzare specifiche sequenze polinucleotidiche, in genere ad alta ripetitività, sul DNA cromosomico; questa tecnica si basa sulla capacità propria di alcune frazioni purificate del DNA, previamente marcato con precursori radioattivi, di legarsi a zone particolari di singoli cromosomi (fig. 3 C).
L'analisi del cariotipo può mettere in evidenza alterazioni nel numero e nella struttura dei cromosomi. Le alterazioni di numero o aberrazioni genomiche sono rappresentate dalla poliploidia (corredo formato da un numero di cromosomi pari a un multiplo intero, maggiore di 2, del corredo cromosomico di base aploide, tipico dei gameti, indicato con n. Triploidia = 3n; tetraploidia = 4n ecc), e dalla aneuploidia (perdita o aggiunta di singoli cromosomi; monosomia = perdita di un cromosoma di una coppia; trisomia = aggiunta di un cromosoma a una coppia). Le alterazioni di struttura, o aberrazioni cromosomiche, possono essere classificate in intracromosomiche e intercromosomiche. Al primo tipo appartengono le delezioni o deficienze (perdita di parti di cromosomi), le inversioni (capovolgimento di un tratto di cromosoma), le duplicazioni (ripetizione di un tratto di cromosoma); al secondo tipo appartengono le traslocazioni (scambi di parti fra cromosomi non omologhi).
La seconda fase dell'analisi c. è lo studio degli effetti genetici delle anomalie cromosomiche, ossia lo studio della correlazione fra variazioni del cariotipo e modificazioni nella trasmissione dei caratteri. La presenza di un cromosoma in più causa, nella popolazione di individui che lo portano, evidenti cambiamenti nelle frequenze di caratteri controllati da geni localizzati sulla coppia cromosomica coinvolta nell'anomalia: in particolare, aumenterà la frequenza degl'individui eterozigoti mentre diminuirà quella degl'individui che manifestano il carattere recessivo.
Per quanto riguarda le alterazioni strutturali è tipico il caso della delezione che ha come effetto genetico la pseudodominanza. Questa consiste nella manifestazione, nell'eterozigote, del gene recessivo rimasto in singola dose, in seguito alla perdita della parte di cromosoma che porta l'allele dominante, che, in condizioni normali, maschera il recessivo. Ciò consente di localizzare nella regione cromosomica deleta il gene in esame.
Nuovi metodi di studio della citogenetica. - Molti caratteri determinati geneticamente, e tra questi soprattutto le attività enzimatiche, si esprimono a livello cellulare e si mantengono nella coltura in vitro. Di conseguenza la correlazione fra fenotipo (manifestazione del carattere) e cariotipo (costituzione cromosomica) può essere studiata interamente in vitro. Uno dei metodi più usati per la localizzazione genica in cellule coltivate in vitro è quello della perdita cromosomica in ibridi interspecifici. L'ibridazione di cellule somatiche, scoperta da Barski e coll. nel 1960, può verificarsi spontaneamente in vitro, anche se con frequenza bassa, o può essere indotta con sostanze chimiche, come la lisolecitina, o con particolari tipi di virus, come il Sendai del gruppo parainfluenzale. Possono essere fuse tra loro cellule non solo della medesima specie, ma anche di specie diverse. Il prodotto di fusione passa da uno stadio di eterocarionte (cellula con due o più nuclei geneticamente diversi) allo stadio di ibrido con un unico nucleo contenente la somma degli assetti cromosomici delle cellule parentali. Negl'ibridi interspecifici i cromosomi di una delle due specie vengono generalmente perduti nel giro di poche generazioni cellulari. L'identificazione nell'ibrido dei cromosomi residui di una delle due specie consente di localizzare su di essi i geni per caratteri propri di questa stessa specie, che permangono nell'ibrido. Il primo carattere localizzato con questo metodo è stata l'attività enzimatica timidinocinasi, coinvolta nel metabolismo degli acidi nucleici; il cromosoma responsabile è in n. 17 del corredo umano. Con il metodo della perdita cromosomica si può stabilire anche l'associazione genetica che si manifesta tra geni che si trovano sullo stesso cromosoma. In questo caso si determina la presenza o la scomparsa simultanea di due caratteri cellulari nella progenie di ibridi interspecifici (fig. 4).
Applicazioni dell'analisi citogenetica. - Oltre che per la soluzione di problemi della ricerca di base sulla struttura, la meccanica e la funzione dei cromosomi, la c. va assumendo crescente importanza per alcuni problemi applicativi, soprattutto nel campo della medicina.
L'analisi cromosomica è un elemento diagnostico di notevole valore, talvolta determinante, per il riconoscimento di sindromi a base cromosomica, come il mongolismo, associato a una trisomia per il cromosoma 21. La caratterizzazione cromosomica può essere importante anche nella diagnosi di alcuni tumori; per es. la leucemia mieloide cronica è molto frequentemente legata alla presenza di una delezione per uno dei cromosomi della coppia 22. Lo studio delle rotture e dei riarrangiamenti cromosomici indotti da agenti chimici offre un sistema diretto per la valutazione del danno genetico e quindi della pericolosità per l'uomo di contaminanti ambientali e di farmaci. È infine da sottolineare l'utilità dell'analisi del cariotipo nella consulenza genetica, che ha il compito di stabilire il rischio di prole affetta. Ad es., l'accertamento di una traslocazione fra un cromosoma 21 e uno del gruppo D nel cariotipo di un genitore permette di calcolare una probabilità teorica di 1/3 per la nascita di un figlio affetto da mongolismo (probabilità empirica: 1/10, per le madri portatrici, 〈 1/100 per i padri). Nelle gravidanze ad alto rischio citogenetico è possibile, nei primi tre mesi, controllare la costituzione cromosomica del feto, eseguendo l'analisi del cariotipo su colture di cellule del liquido amniotico, prelevato per amniocentesi.
Bibl.: C. D. Darlington, Cytology, Londra 1964; E. J. DuPraw, DNA and Chromosomes, New York 1970; F. W. Stahl, Il meccanismo dell'eredità, Bologna 1972; C. P. Swanson, T. Merz, W. J. Young, Citogenetica, ivi 1973; M. J. D. White, The Chromosomes, Londra 1973; C. Barigozzi, A. Ghidoni, Cromosomi e meccanismi ereditari, Torino 1973.