CITOLOGIA (dal gr. κύτος "cellula" e λόγος "discorso")
Disciplina che si propone di rintracciare gli attributi comuni, morfologici e funzionali, delle cellule e delle strutture da queste derivate; attributi che sono compresi sotto il nome di "organizzazione della sostanza vivente". Per questo lo studioso di citologia deve analizzare al microscopio, a ingrandimenti molto forti, l'intima struttura della sostanza costitutiva delle cellule, o protoplasma, le modificazioni ch'essa subisce nei varî stati funzionali dell'organismo, le sue trasformazioni per lesioni artificiali e per effetto di sostanze estranee al suo ambiente naturale.
Originariamente era un capitolo limitato dell'istologia; più tardi la citologia prettamente morfologica e descrittiva s'è trasformata nei metodi, perché oggi cerca d'integrare i risultati dell'osservazione e dell'esperimento; e s'è trasformata pure negli obiettivi perché il suo fine principale è la ricerca del substrato materiale delle funzioni cellulari. La citologia s'intreccia dunque con gli studî sulla costituzione fisica della sostanza vivente, sul substrato materiale dei fenomeni ereditarî e con altri capitoli della biologia.
Cenni storici. - Uno dei precursori della citologia, e dei più grandi, fu un naturalista italiano, Bonaventura Corti il quale, alla fine del '700, studiando al microscopio le cellule vegetali viventi, scoperse che queste sono percorse da correnti di liquido che trascinano particelle sospese. Memorabile è pure l'opera del Dujardin (1835) il quale descrisse e disegnò la struttura elementare del protoplasma degl'Infusorî cosi esattamente, che questa può essere oggi accettata quasi integralmente. L'importanza di quanto Corti, Treviranus e Dujardin avevano veduto fu compresa molto più tardi, dopo che Schleiden e Schwann ebbero enunciato il principio della costituzione cellulare degli organismi; solamente allora apparve chiara l'identità fra gli attributi della sostanza costitutiva degli Infusorî (sarcode di Dujardin), della sostanza delle cellule degli animali e del contenuto delle cellule vegetali (Ferdinand Cohn, 1850); fin da allora si ritenne che tale sostanza, la quale fu denominata protoplasma da Max schultze, rappresenti il substrato materiale dei fenomeni vitali. La parola protoplasma fu invero introdotta da Purkinje per indicare la sostanza vivente formativa degli embrioni degli animali; Max Schultze ne precisò il significato. Max Schultze (1855-1873) analizzò l'intima struttura di questa sostanza e fu dunque un precursore della moderna citologia. Dopo che Virchow, Russow, Remak e Sachs ebbero dimostrato che le cellule si riproducono per scissione, Flemming, van Beneden, Strasburger, C. Rabl, illustrarono minutamente l'essenza di queste trasformazioni. Contemporaneamente i fratelli Hertwig scopersero la penetrazione dell'elemento germinale maschile nell'uovo (fecondazione) e le modificazioni che si producono nell'uovo prima e dopo la fecondazione.
Dal 1880 in poi le ricerche sul comportamento dei componenti nucleari dell'uovo e dello spermatozoo ebbero un grande impulso per opera di Carnoy, di van Beneden e di Boveri. E in un periodo più recente si trasse partito dai fatti che il metodo citologico aveva svelato nella maturazione e nella fecondazione degli elementi sessuali, integrandoli con le leggi dell'eredità (leggi di Mendel) per rintracciare il fondamento materiale della trasmissione dei caratteri ereditarî. S'andava cosi creando, mediante ricerche sui caratteri citologici delle specie ibride d'animali e piante esistenti in natura, e ottenute sperimentalmente, un nuovo capitolo della genetica a base citologica; a essa contribuirono particolarmente Boveri, O. Hertwig insieme con Wilson, Goldschmdt, Morgan.
Altri si rivolsero all'analisi dell'intima struttura del citoplasma (Flemming, Altmann, i fratelli Zoja, Laguesse, Prenant, Benda, Meves, dal 1885 al 1910), dimostrando la costanza in questo di particelle, chiamate plastiduli dagli Zoja, mitocondrî dal Benda, condriosomi dal Meves.
È ovvio che l'intima struttura delle cellule dovrebb'essere a preferenza analizzata nelle cellule viventi, come avevano fatto gli antichi naturalisti. Ma se questo riesce agevole nelle amebe e in alcune alghe, presenta difficoltà incomparabilmente più grandi nei tessuti di Metazoi e di Metafiti, per l'impossibilità di dissociare meccanicamente le cellule senza lederne l'integrità, perché le differenze nell'indice di refrazione fra le parti contenute nella cellula sono spesso troppo lievi, e infine perché il periodo di sopravvivenza delle parti di tessuto è molto limitata. Perciò si preferi il metodo d'uccidere le cellule, con reagenti appropriati (alcool, sali di metalli pesanti, ecc.), i quali conservano relativamente integra la loro struttura, di suddividerle con l'aiuto di speciali strumenti (microtomi) in sottilissime fette e di porre in evidenza le singole parti della cellula con sostanze coloranti (colori estratti dalla cocciniglia e d'origine vegetale, oppure colori di anilina); furono di grande aiuto nello sviluppo di questa tecnica le nozioni acquisite nell'industria della tintoria; emerse che vi sono sostanze coloranti le quali hanno la proprietà di fissarsi su parti determinate della cellula, per modo che queste risaltano molto meglio che a fresco (v. istologia). È evidente che questo metodo è empirico e serve solo a ottenere immagini equivalenti, che si possono avvicinare alla realtà, ma talora se ne discostano sensibilmente. Negli ultimi anni si fece strada fra i citologi la convinzione che questo metodo d'indagine non possa essere svolto ulteriormente se non in misura limitata. La scoperta del metodo della coltivazione dei tessuti, permettendo un'analisi protratta della struttura delle cellule viventi, ha reso possibile di seguirne le trasformazioni nelle varie fasi della loro vita, in modo molto più completo che non prima. Inoltre si studiarono al microscopio le conseguenze di minuscole lesioni prodotte nelle cellule, con il micromanipolatore di recente costruito. Pure fecondi riuscirono i metodi di colorazione vitale.
Anche i metodi d' analisi ottica furono estesi. Con l'osservazione microscopica a luce refratta non sono visibili in modo distinto particelle di grandezza inferiore ai 0,2μ di diametro; con l'osservazione a luce ultravioletta s'eleva alquanto, ma di poco, il potere di risoluzione al microscopio. Un sensibile progresso fu ottenuto col metodo d'illuminazione laterale (condensatore parabolico o altri strumenti fondati sullo stesso principio): i raggi luminosi i quali cadono sull'oggetto in esame, subiscono una diffrazione, e anche delle particelle di grandezza molto inferiore al limite della visibilità microscopica ordinaria, se l'indice di refrazione è inferiore al mezzo in cui sono sospese, risaltano come punti brillanti sul fondo scuro. E sotto l'influenza del grande sviluppo delle conoscenze sulla fisica dei colloidi si cercò d'istituire una relazione fra lo stato fisico e la struttura minuta della cellula, qual'è visibile al microscopio.
Le cellule constano invariabilmente di due parti costitutive essenziali: il citoplasma e il nucleo, il secondo è contenuto nell'interno del primo; hanno struttura differente, perciò vanno analizzate separatamente. Però citoplasma e nucleo non sono due entitâ biologicamente autonome; la cellula non può sopravvivere a lungo se è privata del nucleo; se un uovo non fecondato di Echinodermi viene suddiviso con mezzi meccanici, il frammento contenente il nucleo sopravvive, quello anucleato regredisce; ma se il nucleo d'uno spermatozoo della stessa specie penetra nell'interno del frammento che era stato privato del nucleo, questo è salvato dalla morte e può svilupparsi ulteriormente (Boveri). Neppure il nucleo può vivere senza una certa quantità di citoplasma; se questa è piccolissima, il nucleo può ricostituire la parte mancante (Lillie).
Struttura del citoplasma. - Negli organismi unicellulari (Amebe) e in altri Protisti, il protoplasma può adempiere a funzioni multiple e svariate. Ma negli organismi pluricellulari (Metazoi e Metafiti), s'istituisce una divisione di lavoro tra le varie parti del soma e questa è segnata dalla comparsa di differenze nella struttura fra i gruppi di cellule i quali costituiscono tali parti. Così le cellule acquistano un'impronta propria, specifica della funzione a cui sono destinate. Seguendo le trasformazioni d'un organismo durante lo sviluppo embrionale, si vede che questa impronta si manifesta in un periodo ben determinato, più o meno precoce dello sviluppo. Chiamiamo questa trasformazione per cui appare una struttura diversa da quella preesistente e che talora è in relazione visibile con quella, ma può anche non esserlo, differenziazione strutturale. È incomparabilmente più manifesta nel citoplasma che nel nucleo. Si produce quasi sempre per gradi ma con velocità variabile nei singoli tessuti; da una struttura semplice e uniforme si passa a una più complessa, la quale è un'espressione della funzione specifica delle cellule ed è qualitativamente diversa caso per caso. Il grado di differenziazione è tanto più alto quanto più complessa è la funzione alla quale la cellula deve adempiere e perciò parliamo di cellule più o meno altamente differenziate; in alcune è tanto lieve che il citoplasma appare quasi identico a quello che era nell'embrione. La differenziazione è un fenomeno reversibile; per speciali condizioni le cellule d'un organismo adulto possono riacquistare i caratteri embrionali e allora il citoplasma rifà a ritroso le tappe percorse nella differenziazione fino a perdere gli attributi strutturali specifici.
Il citoplasma è il componente della cellula, il quale in grado maggiore del nucleo presiede alle funzioni specifiche; e questo ci rende ragione come nelle cellule differenziate, in relazione a funzioni diverse, il citoplasma appaia a struttura molto differente. Di modo che a prima vista sembrerebbe che non esistano attributi comuni ai citoplasmi delle varie cellule e che per conseguenza non si possa parlare d'un problema della struttura del citoplasma da un punto di vista generale. Ma se esaminiamo la struttura del citoplasma dell'uovo, oppure del germe in periodi precoci dello sviluppo, oppure di cellule poco differenziate dell'organismo adulto, ritroviamo in questo alcuni attributi essenziali comuni alle cellule di animali e di vegetali diversi; e anche nelle cellule nelle quali il citoplasma si differenzia, rimane sempre una certa parte di questo il quale conserva i caratteri originali; per cui s'ammette che questa parte del citoplasma sia destinata alle funzioni più elementari della cellula.
Nel citoplasma delle cellule a carattere embrionale, in un ovocita, in uno spermatocita, nelle cellule di un germe precoce e anche in cellule poco differenziate dell'organismo adulto, si possono trovare varî componenti i quali hanno caratteri ottici diversi e affinità differenti per le sostanze coloranti; ma solamente due di questi si ripetono invariabilmente con costanza assoluta; l'uno poco refrangente, omogeneo, senza struttura visibile né all'osservazione microscopica ordinaria né all'esame in campo oscuro, detto comunemente la parte fondamentale anista del citoplasma; l'altro componente, il condrioma, consta di unità indipendenti, i condriosomi o plastosomi. La parte fondamentale anista è un colloide di varia viscosità nelle singole cellule; negli ovociti, nelle cellule degli embrioni precoci e nelle cellule mobili dell'adulto è molto fluido, di modo che le particelle sospese si spostano in seno a esso con una certa rapidità; nelle cellule dell'organismo a pieno sviluppo, essendo più viscoso, immobilizza le parti in esso contenute. Inoltre, per la proprietà che ha questo colloide d'assumere molta acqua, la sua viscosità può cambiarsi in una stessa cellula col variare delle condizioni. Se con una micropipetta viene iniettata nel citoplasma d'un' ameba dell'acqua, questa si mescola rapidamente col colloide anisto, senza che la struttura del citoplasma si modifichi (Chambers). Così pure quando la pressione osmotica del mezzo in cui le cellule sono contenute diminuisce, si determina un'imbibizione della parte anista del citoplasma. La diminuizione della temperatura ambiente determina una diminuzione della viscosità del citoplasma, di modo che la velocità con cui le particelle sospese si spostano è diminuita.
L'altro componente, il condrioma, ha una sensibile costanza di caratteri morfologici e microchimici; il più spesso è in forma di filamenti di varia lunghezza (condrioconti, fig. 1), meno di frequente di granuli sparsi o disposti a catena (mitocondri). Si vedono facilmente in molte cellule viventi, purché il citoplasma sia trasparente, e se non sono mascherati da altri costituenti, diventano anche più visibili con metodi di colorazione vitale (verde Janus); e si vedono pure nel materiale conservato in reagenti appropriati e colorito con speciali tecniche (tav. a col., nn. 1, 15). Sono costituiti da un colloide, più viscoso della sostanza anista nella quale sono immersi, e nettamente distinto da quello; per questo risaltano nelle cellule viventi a luce trasmessa; per la sensibile rifrangenza in campo oscuro appaiono luminosi; sono costituiti da un lipoide fosforato (fosfatide) combinato con sostanze proteiche; la differenza nelle proprietà fisico-chimiche, fra condrioconti e sostanza fluida in cui sono sospesi, ci spiega come i primi si spostino facilmente; talora s'apprezza un caratteristico comportamento tattico dei condrioconti; p. es., negli elementi seminali di Anfibî in evoluzione questi si raccolgono transitoriamente in regioni determinate; lo stesso durante la mitosi. Si disgregano in presenza di acidi e la loro forma si modifica per l'azione di sostanze che hanno energica azione precipitante. Invece le sostanze che formano combinazioni stabili con le sostanze lipoidi, li conservano (sali di cromo, tetrossido d'osmio).
In moltissime cellule il condrioma è in forma di filamenti: negli spermatociti e negli ovociti degli Anfibî, nelle cellule somatiche dei Metazoi e Metafiti; in poche altre è in forma di granuli; negli spermatozoi dei Mammiferi, negli ovociti e nelle uova mature e nelle cellule provenienti dalle prime divisioni dell'uovo. Nelle cellule a citoplasma molto viscoso mutano continuamente di sede e di forma; lunghi filamenti si frammentano in bastoncini oppure in granuli minuti. Tali modificazioni si vedono in cellule vegetali oppure in un tessuto di Metazoi coltivato in vitro; e le medesime sono talmente appariscenti che possono essere riprodotte con metodo cinematografico. Nelle cellule a forma variabile e a citoplasma molto viscoso il condrioma invece ha orientazione e forma caratteristica per ciascun tipo cellulare. Però non sono individualità morfologicamente distinte dal citoplasma in cui sono contenuti; il citoplasma è un tutto e se esso viene colpito da un lieve trauma, la parte anista e il condrioma ne risentono simultaneamente; per la lieve puntura con l'ago del micromanipolatore d'una regione circoscritta d'una cellula coltivata in vitro, la parte anista diviene più rifrangente e i condriosomi si disgregano; dopo pochi minuti queste alterazioni si dileguano (Péterfi e Olivo).
I condriosomi furono interpretati come strutture permanenti e invariabili della cellula e perfino come il substrato materiale dei caratteri ereditarî; ipotesi inverosimile, perché scompaiono e si ricostituiscono, di modo che il loro numero in una stessa cellula si modifica. Non meno erroneo è il punto di vista opposto, che rappresentino strutture contingenti, paragonabili alle sostanze di riserva o ai granuli di secreto, non essenziali per la vita delle cellule; in realtà i condriosomi sono le sole parti formate del citoplasma le quali ne rappresentano l'attributo universale e permanente.
Altri organuli del citoplasma non sono indissolubilmente connessi alle attività fondamentali della cellula; possono mancare in alcune cellule oppure appaiono in fasi determinate della loro vita. Fra questi il più importante è il cetriolo (fig. 2), corpicciolo, sempre piccolissimo, unico o multiplo, contenuto in una zona di citoplasma sempre più densa, priva di condriosomi, la centrosfera (fig. 3); in alcuni elementi tale apparato esiste già nella fase di riposo della cellula, diviene però più manifesto e più completo durante la divisione mitotica, oppure non esiste nella fase di riposo e si forma ex novo durante la mitosi. D'altra parte nelle cellule delle piante (eccettuati pochi esempî fra le Crittogame) non vi sono centrioli neppure nella mitosi. I centrioli non sono sempre nel centro della cellula; nelle cellule a forma prismatica, per es., si spostano verso la superficie.
Rapporti materiali intimi con la centrosfera e coi centrioli ha una figura raggiata, l'astrosfera, talora molto estesa (fig. 3), specialmente durante la mitosi; fa capo ai centrioli senza contrarre rapporti materiali con questi. I centrioli, sebbene piccolissimi, risaltano nettamente, nei preparati fissati e colorati, per la proprietà che hanno di trattenere una maggiore quantità di particelle di colore in confronto alle parti contigue (microcentro e centrosfera); perciò in preparati con metodi adeguati i centrioli possono rimanere le sole parti colorate della cellula. Di solito sono sferici, puntiformi, ma possono anche allungarsi lievemente; negli spermatidî si trasformano in corpi di un certo volume, d'indole speciale, che hanno poi una parte essenziale nella costituzione dello spermatozoo.
Nel citoplasma delle cellule sessuali maschili di molti animali è contenuto un corpo, l'idiosoma, a limite netto, che, per la sede, perché racchiude i centrioli, e perché durante la divisione mitotica vi fanno capo i filamenti dell'aster, è ritenuto equivalente alla centrosfera, da cui si distingue solo per caratteri accessorî. È omologo all'idiosoma il cosiddetto corpo vitellino degli ovociti in accrescimento.
Rapporti intimi con l'idiosoma ha spesso un altro costituente, l'apparato reticolare interno. Fu scoperto da Golgi nel 1898 nelle cellule nervose; più tardi furono illustrati in altri elementi apparati reticolari diversi l'uno dall'altro, ma che reagiscono in modo analogo in presenza di speciali metodi di colorazione; se ne indusse che tutte queste formazioni siano equivalenti, ma ciò non è dimostrato con certezza. I fatti più attendibili furono visti nelle cellule sessuali e specialmente in quelle di Gasteropodi polmonati; in queste vi sono dei corpi a contenuto lipoideo (dittosomi) incurvati e strettamente addossati all'idiosoma, che per i loro caratteri non possono essere confusi coi condriosomi (fig. 4). Nelle cellule seminali di Paludina, in riposo, i dittosomi appaiono nei preparati impregnati con l'argento anastomizzati a rete, ma durante la divisione mitotica i dittosomi assumono un'individualità. È dubbio se queste formazioni, che nei preparati appaiono come filamenti del reticolo, siano cordoncini, oppure canali (o vacuoli) scavati nel citoplasma, fra loro comunicanti, contenenti del liquido, e che confluiscono per l'azione precipitante dei liquidi fissatori.
L'apparato reticolare non fu mai dimostrato nelle cellule viventi, perciò non è escluso che si tratti d'una pseudostruttura determinata dai liquidi fissatori; nella zona di citoplasma contigua al nucleo, la quale contiene in maggior quantità lipoidi combinati alle sostanze proteiche, si suppose che la fissazione, producendo un mescolamento, smascheri i lipoidi, i quali allora si colorano coi metodi all'argento, o riducono il tetrossido d'osmio (C. Ciaccio).
Differenziamenti specifici del citoplasma. - Quando in una cellula embrionale il citoplasma incomincia ad avere caratteri specifici, la sua struttura diviene più complessa, per il sovrapporsi d'organi nuovi destinati all'estrinsecazione della funzione specifica. Tali trasformazioni variano molto per qualità e per grado. Alcuni epitelî di rivestimento conservano anche nell'organismo maturo la struttura semplice dei foglietti embrionali. Se invece in un epitelio, oppure in altri elementi, s'accumulano sostanze nutritive di riserva, oppure vi si formano vacuoli, la struttura fondamentale può apparire molto modificata. Nelle Amebe queste sostanze risiedono nella parte centrale della cellula (endoplasma), mentre la zona periferica mantiene un aspetto ialino (ectoplasma). Nelle cellule secernenti delle ghiandole una parte del citoplasma mantiene caratteri embrionali e il condrioma non diminuisce, ma appaiono granuli di secreto. Mutamenti considerevoli si producono negli elementi a funzione contrattile; in quelli della muscolatura viscerale, del cuore, dei muscoli volontarî, si differenziano lunghe fibrille contrattili in numero sempre crescente, le quali sembrano derivare da condrioconti. Negli elementi nervosi compare una sostanza specifica che si dispone in filamenti, le neurofibrille, e più tardi un'altra sostanza in forma di granuli e di blocchi grossolani, la quale ha affinità per i colori basici, la tigroide. In alcune cellule dei Metazoi si costituiscono alla periferia, per un processo di differenziazione, membrane più o meno consistenti; in esse si ripete la struttura del rimanente citoplasma e per questo carattere vanno distinte dalle membrane delle cellule vegetali (figg. 5, 7); se il passaggio fra membrana e citoplasma è graduale si parla di crosta; se è brusco, di pellicola; quando la differenziazione è limitata a una sola delle facce delle cellule, di cuticola.
Nei vegetali la membrana, eccettuati pochi casi, si produce sempre attorno alla cellula e si differenzia nettamente, sia per la sua struttura sia per la natura chimica, dal citoplasma dal quale ha origine. Essa risulta generalmente di un miscuglio di cellulosa e di sostanze pectiche, cui s'associa, in alcuni gruppi, Schizofiti e Funghi, la chitina. La membrana nelle piante, sebbene sia un costituente inerte, non vivente della cellula, ha considerevole importanza per i molteplici uffici a cui è destinata; perciò subisce spesso modificazioni profonde, dovute o a trasformazioni delle primitive sostanze, o a infiltrazione e a incrostazione di composti organici o minerali, (membrane cutinizzate, suberizzate, lignificate, silicizzate, ecc.).
Struttura del nucleo. - La struttura del nucleo di cellule diverse presenta durante il periodo di riposo della cellula sensibile uniformità; le differenze riguardano caratteri accessorî e comunque sono minori che nel citoplasma, probabilmente perché il nucleo presiede principalmente ai fenomeni d'accrescimento e di riproduzione cellulare, i quali si svolgono con modalità analoghe nelle cellule più diverse; mentre il citoplasma ha una parte più diretta nella funzione specifica, differente in ciascun tessuto. Nel nucleo d'una cellula vivente non s'apprezzano altre parti formate all'infuori di una sottile membrana, la quale lo separa dal citoplasma, e di uno o più corpi di volume vario, sferici e a forma irregolare (nucleoli) più refrangenti della sostanza omogenea, la quale costituisce la parte principale del contenuto nucleare. Quest'ultimo, all'esame in campo oscuro, appare otticamente vuoto, soltanto i nucleoli sono luminosi. Ma dopo quel procedimemo chiamato comunemente fissazione istologica, destinato a conservare indefinitamente i tessuti; vale a dire dopo trattamento con sostanze le quali hanno energica azione precipitante (alcool, bicloruro di mercurio, sali di cromo, ecc.: si parla di tessuto o di cellule fissate), appaiono nell'interno della membrana nucleare parti formate che si distinguono con le sostanze coloranti basiche usate nella tecnica istologica (carminio, ematossilina, colori basici di anilina. Tav. a col., nn. 6, 7, 8, 9, 10, 11, 17); queste parti sono chiamate cromatina nucleare; tale nome indica dunque non una sostanza chimicamente ben definita, ma un costituente morfologico del nucleo, mentre si riserva il nome di nucleina al sale di acido nucleinico con una base proteica, il quale conferisce alla cromatina nucleare la sua affinità per i colori basici.
Però non sempre le parti formate contenute nel nucleo si tingono coi colori basici; si ritiene che in relazione alla minore o maggiore quantità di acido nucleinico di cui la cromatina è costituita, la sua basofilia sia di vario grado; si distingue dalla basicromatina ricca di acido nucleinico, l'ossicromatina nella quale l'acido è combinato con una notevole quantità di sostanze proteiche e perciò si tinge coi colori acidi. Inoltre vi sono dei nuclei di alcune cellule (cellule nervose, ovociti) nei quali la cromatina basofila è scarsa, ed è situata solamente alla periferia del grosso nucleolo.
La cromatina dei nuclei di tessuti fissati è distribuita in forma di piccoli granuli sparsi, o d'ammassi grossolani aderenti intimamente a un fine reticolo non colorabile; il quale sarebbe costituito da una sostanza di natura diversa dalla cromatina (linina).
È certo dunque che per il processo di fissazione diventano visibili delle parti che prima erano invisibili. A tutt'oggi è difficile precisare se queste parti (blocchi o granuli di cromatina) siano vere pseudostrutture, nel senso che si formino ex novo per una precipitazione di colloidi fluidi e diffusi nell'interno della membrana nucleare, oppure se anche nel nucleo vivente preesistano parti più dense ma invisibili al microscopio, perchè le differenze nell'indice di refrazione fra le medesime e il succo nucleare sono troppo lievi.
Plastidî. - Nelle cellule vegetali, eccettuate quelle dei batteri e dei funghi, esistono, nel citoplasma i plastidî, costituenti cellulari molto importanti che mancano nelle cellule animali. Derivano da trasformazione di determinati condriosomi d'aspetto speciale (Pensa, Guillermond). Nelle giovani cellule dei tessuti meristematici essi si mostrano come corpiccioli incolori, molto refrangenti, sferici o fusiformi, situati in prossimità del nucleo e si moltiplicano per divisione; nelle cellule adulte dei tessuti definitivi si differenziano, a seconda della funzione cui sono adibiti, in cloroplasti, leucoplasti e cromoplasti. I primi sono i più frequenti e si riscontrano in tutte le piante verdi, cui conferiscono il caratteristico colore; hanno forma di granuli nelle piante più elevate (Muschi, Felci, Fanerogame), di nastro, di stella, di reticolo, d' anello nelle Alghe. La loro massa fondamentale, a un esame a fresco, non rivela alcuna struttura ed è colorata uniformemente in verde dalla clorofilla, sostanza di composizione complessa risultante del miscuglio di due pigmenti verdi, l'a e la b clorofillina, d'un pigmento giallo, la xantofilla, e d'un pigmento giallo-aranciato, la carotina. Per mezzo della clorofilla i cloroplasti sono in grado d'operare la fotosintesi, ossia la trasformazione, in presenza della luce, del carbonio dell'anidride carbonica in carbonio organico (glucosio, amido), funzione fondamentale per l'esistenza degli esseri viventi alla superficie della terra. I leucoplasti sono incolori, ordinariamente granulosi, talora irregolari per la produzione, in seno alla sostanza di cui risultano, di uno o più cristalli di proteina. Al contrario dei cloroplasti, essi si riscontrano nelle cellule dei tessuti sottratti all'azione della luce, quali i parenchimi dei tuberi e dei rizomi, del legno e della corteccia, dell'endosperma di molti semi, e hanno anch'essi un ufficio molto importante, quello cioè di condensare e accumulare, sotto forma d'amido di riserva, il glucosio in eccesso che circola nella pianta. Esposti alla luce, i leucoplasti possono inverdire e trasformarsi in cloroplasti. I cromoplasti, tinti in giallo e in aranciato dalla xantofilla e dalla carotina, sono anch'essi corpiccioli ordinariamente granulosi, frequenti nelle cellule parenchimatiche delle foglie fiorali, delle pareti d'alcuni frutti e semi. È presumibile perciò che la loro funzione principale sia di relazione col mondo esterno, poiché i tessuti ai quali essi conferiscono il colore servirebbero a richiamare gli animali che operano l'impollinazione e quelli che provvedono alla disseminazione (figg. 5, 6).
Vacuoli. - Un'altra caratteristica della cellula vegetale è la presenza costante di vacuoli, cavità che si determinano in seno al protoplasma nel passaggio della cellula dallo stato giovanile a quello adulto, e si riempiono di succo cellulare, liquido acquoso, di costituzione molto complessa per le svariate sostanze, minerali e organiche, che vi sono disciolte e sospese. I piccoli vacuoli prodotti all'inizio confluiscono insieme e ne formano dei più ampî; anzi spesso succede che, a completo sviluppo della cellula, un unico ampio vacuolo ne occupi l'intera cavità e riduca il protoplasma, con tutti i suoi costituenti, nucleo, plastidî, condriosomi, a un sottile straterello parietale. Nei vacuoli sono riversati i prodotti del ricambio cellulare e quelli utili, specialmente i materiali plastici, sono messi in circolazione mediante gli attivi processi osmotici che si stabiliscono fra le cellule attigue (fig. 7).
Fenomeni di movimento delle cellule. - Sono comuni a ogni protoplasma vivente; il movimento è costante espressione della vita; però spesso sfugge ai mezzi d'indagine attuali. In alcune cellule il citoplasma è percorso di continuo da correnti di liquido, le quali trascinano le particelle formate, in esse sospese (mitocondrî, granuli). Nelle cellule vegetali, rivestite generalmente di membrana resistente, la forma della cellula non è modificata dalle correnti protoplasmatiche; e poiché il citoplasma è in questi elementi in genere molto fluido, lo spostamento delle particelle sospese è molto appariscente. Nelle Caracee si produce di continuo un flusso del velo protoplasmatico interposto fra la zona di citoplasma aderente alla membrana e il succo contenuto nel grosso vacuolo. Nei Rizopodi, in molti Mixosporidî, in qualche specie di Flagellati, nei Mixomiceti e in alcune cellule mobili di Metazoi (leucociti) il movimento protoplasmatico determina un mutamento nella forma esterna della cellula e questo ha per effetto un mutamento di sede (movimento ameboide perché caratteristico soprattutto delle Amebe). La cellula emette propaggini in svariato senso (pseudopodî, figure 8, 9), e contemporaneamente vi si vede uno spostamento di particelle sospese nel citoplasma molto fluido. La forma degli pseudopodî è specifica di un determinato tipo di cellule o per le singole specie di amebe, e anche in una stessa cellula può modificarsi in relazione alla composizione chimica del mezzo. Nelle Amebe e nei leucociti i prolungamenti sono tozzi, digitiformi e lobati con estremità arrotondate (lobopodî); spesso i lobopodî sono preceduti da propaggini tenui formate dall'ectoplasma ialino, e in secondo tempo vi fluisce l'endoplasma granuloso. Altri Protozoi emettono pseudopodî filiformi (filopodî) costituiti soltanto da ectoplasma, i quali si ricollegano ai lobopodî per forme intermedie; oppure pseudopodî ramificati e anastomizzati a rete (rizopodi).
In colture in vitro di tessuti d'embrioni di pollo le cellule migrano nel mezzo di coltura, ma più lentamente dei leucociti e delle amebe. Nelle cellule pigmentate del tegumento di varî animali (cromatofori), sotto l'azione della luce i prolungamenti s'estendono, nell'oscurità si retraggono. Anche l'accrescimento delle fibre nervose nell'embrione è riconducibile a una varietà di movimento ameboide (Harrison); l'estremo distale della fibra che si diparte dal neuroblasta emette e alternativamente retrae finissimi filuzzi; quando uno di questi può aderire a un sostegno più resistente, la sostanza della fibra fluisce in quella direzione e la fibra cresce in lunghezza. Quando fenomeni di movimento si producono in elementi differenti l'uno dall'altro, il risultato è diverso che in cellule libere; se il contatto si mantiene per un tratto limitato del citoplasma, si ha quella varietà di movimento collettivo che il Ruffini ha chiamata sticotropismo o movimento di fila: la cellula si protende come un tentacolo verso una determinata direzione, mentre l'altro polo è stirato in un sottile peduncolo; i peduncoli delle varie cellule sono strettamente uniti, mentre tutto il restante delle cellule è libero; l'effetto è la flessione dapprima della parte centrale della lamina epiteliale, poi delle parti vicine. Questa varietà di movimento ha molta importanza per la formazione d'invaginazioni delle membrane epiteliali durante lo sviluppo embrionale (figg. 10, 11).
Si chiama movimento di massa (Oppel) una varietà di movimento collettivo frequente nella rigenerazione degli epitelî; le cellule scivolando colmano rapidamente le perdite di sostanze, senza che si producano discontinuità nella compagine dell'epitelio. La ricostituzione dell'epitelio per scorrimento è vantaggiosa di fronte a quella per moltiplicazione, perché richiede un tempo minore.
Nei mutamenti attivi di forma delle cellule hanno una certa parte le variazioni della tensione superficiale (Bütschli). Se la cellula ha una tensione superficiale superiore al liquido in cui è immersa, assume nello stato d'equilibrio forma sferica; se la tensione superficiale diminuisce in una regione circoscritta della superficie, viene emesso uno pseudopodio; se aumenta un'altra volta in quel punto, lo pseudopodio viene retratto.
Nelle forme di movimento di cui fu detto finora, tutto il citoplasma partecipa all'emissione di pseudopodî. Vi sono invece cellule nelle quali la massa protoplasmatica è immobile e il movimento è limitato a filamenti contrattili distinti, inseriti alla superficie cellulare, a forma invariabile, a caratteristica disposizione (undulopodî). Certamente gli undulopodî differiscono in apparenza dagli pseudopodî, ma in realtà, per il modo con cui s'originano, vanno considerati come sottili pseudopodî divenuti contrattili; fu infatti osservato che i germi di Mixomiceti emettono pseudopodî filiformi, i quali compiono movimenti pendolari e divengono veri flagelli; fenomeni analoghi furono constatati nell'Amoeba radiosa, negli spermatidî di una farfalla, ecc. Se gli undulopodî sono lunghi e scarsi sono chiamati flagelli, se brevi e numerosi ciglia; le differenze sono però di grado, non essenziali. Mentre il movimento degli pseudopodî è transitorio, pigro e diretto in vario senso, le vibrazioni degli undulopodî sono ordinate, veloci, con effetto meccanico superiore. Un undulopodio nel vibrare non si raccorcia mai, bensì oscilla ripiegandosi e raddrizzandosi alternativamente, oppure ruota sul proprio asse; e in quest'ultimo caso la velocità di vibrazione può essere grandissima (sino a 90 oscillazioni per secondo nello Spirillum tenue); il movimento oscillatorio è più lento nell'epitelio vibratile di rana (17 vibrazioni per secondo). Sono provvisti di flagelli molti elementi liberi: tutti gl'individui di un'intera classe di Protozoi (Flagellati), gli spermatozoi dei Metazoi e dei Metafiti, molti Batterî, le cellule migranti delle Alghe, i conidî di alcuni Funghi (Peronosporacee, Saprolegninee). La vibrazione dei flagelli fa progredire il corpo cellulare: se il flagello o i flagelli s'impiantano sul polo anteriore, la cellula è rimorchiata e contemporaneamente ruota sul proprio asse (nei Flagellati, in alcuni Batterî, Alghe e spermatozoi di piante); se sul polo posteriore, la cellula è spinta in avanti (coda degli spermatozoi degli animali), e allora il flagello è quasi sempre unico, molto lungo; raggiunge quasi un terzo di millimetro negli spermatozoi di alcuni Urodeli.
Ciglia numerose e brevi (intorno a 15 μ di lunghezza) esistono in molti Infusorî; in alcuni Cigliati se ne contano molte migliaia distribuite unifomemente su tutto il corpo; nei Cigliati superiori sono localizzate in singole regioni, ove formano complicati apparati (membrane ondulanti, cirri). Nei Metazoi le cellule provviste di ciglia vibratili, essendo fisse, non si spostano per effetto delle vibrazioni; il movimento delle ciglia è destinato a produrre nel liquido in cui sono immerse una corrente, la quale elimina particelle solide dannose all'organismo (per esempio nelle vie aeree), oppure a far progredire cellule incapaci di movimento spontaneo (per esempio l'uovo dei Mammiferi nell'ovidutto). Il movimento di tutte le ciglia d'un epitelio è coordinato e deve essere regolato da eccitamenti trasmessi: se in un epitelio vibratile di Rana l'orletto d'una cellula sul quale le ciglia s'impiantano è compresso, il movimento si arresta distalmente al punto compresso, prosegue nelle cellule prossimali.
Nel punto della superficie della cellula (o del corpo d'un Infusorio) sul quale l'undulopodio s'inserisce, v'è un corpicciuolo puntiforme o lievemente allungato (corpuscolo basale). Negli epitelî a ciglia numerose, la serie dei corpuscoli basali è contenuta in un orlo cuticolare (fig. 12), e talora i corpuscoli basali si continuano nell'interno del citoplasma in lunghe fibrille (radici delle ciglia). I corpuscoli basali furono ritenuti costituenti essenziali e indispensabili alla funzione dell'apparato cigliare. Per l'analogia nei caratteri morfologici fra corpuscoli basali e centrioli, e per la circostanza che in singoli casi (nel Bombyx mori, nella Paludina vivipara) furono visti durante la mitosi lunghi flagelli inseriti sopra centrioli, corrispondenti ai poli della figura mitotica (fig. 13), si ritenne che i corpuscoli basali fossero veri centrioli (Henneguy, Lenhossék) e che questi rappresentassero i centri motori che imprimono i movimenti alle ciglia, così come i centrioli sono i centri dinamici della divisione cellulare mitotica (Nussbaum, Bütschli); infatti, anche se l'apparato cigliare viene separato dal rimanente della cellula (in cellule cigliate dell'Anodonta), le vibrazioni proseguono, a condizione che siano rimasti intatti i corpuscoli basali; se la continuità materiale fra gli uni e le altre è interrotta, le vibrazioni delle ciglia s'arrestano. A questo fu obiettato che le connessioni materiali fra undulopodî e centrioli sono frequenti, ma non costanti; e che d'altra parte frammenti di flagelli (di coda di spermatozoi) separati dai centrioli possono continuare a vibrare. La causa immediata del movimento vibratile risiede dunque nelle proprietà degli undulopodî stessi, per quanto una certa influenza regolatrice da parte dei centrioli talora non sia da escludere.
Altri apparati che determinano fenomeni di movimento sono i vacuoli contrattili degli Infusorî; la parete del vacuolo, contraendosi ritmicamente con grande regolarità, riversa all'esterno, attraverso pori della superficie, il liquido contenuto. Più complessi e a effetto meccanico superiore sono veri apparati contrattili i quali, per effetto d'un eccitamento esteriore, si spostano nell'interno del citoplasma e determinano così un accorciamento di questo. Negli Infusorî sono rappresentati dai mionemi, organi con involucro solido ed elastico (tecoplasma) e a contenuto liquido (cinoplasma). Nei Metazoi alla funzione contrattile sono adibiti speciali elementi chiamati muscolari, nei quali la specializzazione funzionale ha la sua espressione morfologica in filamenti, le miofibrille, che, contraendosi, determinano un accorciamento delle cellule, e per conseguenza uno spostamento delle parti sulle quali esse s'inseriscono.
Manifestazioni strutturali del metabolismo e della secrezione delle cellule. - Il protoplasma vivente assume ininterrottamente materiali nutritivi dall'ambiente estern, li accumula, li digerisce ed elimina i prodotti di disintegrazione. Sarebbe di grande interesse per la biologia il poter sorprendere al microscopio la successione dei fenomeni compresi nella parola metabolismo, ma disgraziatamente ben di rado siamo in grado di farlo. L'assunzione di nutrimento in forma solida da parte delle cellule è eventualità comune soltanto nei Protozoi, nei Mixomiceti, nei leucociti e in qualche altro elemento; perché questo sia possibile le cellule devono essere dotate di proprietà ameboidi. L'ameba circonda a mantello il corpo da ingerire con tutto il protoplasma, lo trascina nell'interno, anche se voluminoso, e lo ingerisce. Il fenomeno dell'ingestione di parti solide da parte dei leucociti (fagocitosi), scoperto dal Haeckel (1862), ha grande importanza per la distruzione di germi patogeni e d'altre parti formate, dannose all'organismo. Nei Mammiferi e nell'uomo si distinguono due gruppi di cellule fagocitiche, in relazione al volume delle parti ingerite: i microfagi e i macrofagi; ai primi appartengono i leucociti granulosi, ai secondi i clasmatociti, le cellule stellate del fegato, le cellule del reticolo della milza e degli organi linfoidi, ecc.; i macrofagi possono fagocitare parti anche voluminose (perfino eritrociti interi). Incomparabilmente più comune dell'introduzione di alimenti solidi è nelle cellule dei Metazoi e in quelle dei vegetali l'assunzione di nutrimento in forma liquida e gassosa, ma per l'impossibilità d' apprezzare al microscopio le fasi della penetrazione delle sostanze nutritive attraverso la superficie cellulare, la sua essenza ci sfugge. In singole cellule nelle quali i processi anabolici prevalgono sui catabolici, le sostanze assorbite s'accumulano nel citoplasma in forma di materiali di riserva visibili al microscopio (sostanze paraplasmatiche). Nelle cellule adipose i grassi penetrati in forma di sapone si scindono; gli acidi grassi, combinandosi con glicerina, si trasformano in grasso neutro. Anche nelle cellule del fegato di Anfibî s'accumulano grassi e lipoidi, talora in notevole quantità (fig. 14). Nel citoplasma degli ovociti s'accumulano riserve nutritive in forme di sfere di deutoplasma composte di lipoidi e di sostanze proteiche; esse probabilmente derivano da condensazione della sostanza anista fluida.
Nei vegetali le cellule dei parenchimi di riserva possono accumulare nel loro citoplasma una quantità d'amido in granuli di vario aspetto, per condensazione del glucosio proveniente dai tessuti verdi. Tutto l'amido del commercio (farina di cereali, fecola, sago, tapioca, arrowro0t) ha questa origine. Nelle cellule dell'endosperma e dell'embrione di molti semi si depositano abbondanti riserve di olî grassi in gocce finemente divise, come anche granuli di aleurone o glutine, formate in prevalenza di sostanze proteiche e di sali organici fosforati, materiali di riserva a disposizione della piantina, quando il seme germina. Il glicogeno, sebbene raro nelle piante, s'incontra come materiale di riserva nei Batterî, nei Mixomiceti, nei Funghi. Un altro prodotto molto frequente nelle cellule vegetali è l'ossalato di calcio, precipitato in seno ai vacuoli in forma cristallina; esso però è generalmente ritenuto un materiale secondario del ricambio. Il protoplasma delle cellule vegetali elabora inoltre molti altri corpi, come olî eterei e resine che si depositano in forma di gocce, lattice di diversi colori, tannini, alcaloidi, glucosidi, ecc.
Alcune cellule dei Metazoi contengono nel citoplasma delle particelle colorate (pigmenti; v. tav. a colori, n. 2) in forma di granuli, di blocchi, le quali sono in relazione col metabolismo; queste parti in genere si formano lentamente e non sono soggette a variazioni quantitative rilevanti. Sotto il nome di pigmenti si comprendono sostanze di composizioue chimica molto diversa. Alcune di queste si formano al di fuori della cellula e sono poi assorbite; nelle cellule vegetali la xantofilla e la carotina; nei macrofagi l'emosiderina. Altri pigmenti sono veramente autogeni, si formamo per attività metabolica specifica della cellula: per esempio il pigmento delle uova di Anfibî e le melanine, molto diffuse nelle cellule del connettivo del tegumento di molti Vertebrati (cromatofori). Le melanine che, per la loro origine e perché rimangono a lungo e anche indefinitamente nella cellula, s'avvicinerebbero alle sostanze paraplasmatiche, ne differiscono perché sono il risultato di processi dissimilativi.
Dei numerosi pigmenti delle cellule vegetali alcuni sono associati alla clorofilla, come la ficocianina nel cromatoplasma delle Schizoficee, la ficoxantina nei feoplasti delle alghe brune e la ficoeritrina nei rodoplasti delle alghe rosse; per cui si ritiene che essi coadiuvino la clorofilla nel processo fotosintetico, mettendola in grado d'utilizzare, nelle speciali condizioni in cui dette piante vivono, alcune radiazioni che nella fotosintesi delle ordinarie piante verdi hanno scarsa importanza. Le antociane, particolarmente frequenti nei fiori e nei frutti, ma anche nelle foglie e nei fusti delle Fanerogame, sono pigmenti di natura glicosidica, ordinariamente sciolti nel succo cellulare, cui conferiscono colorazione rossa o azzurra con tutte le tinte intermedie, secondo la reazione (acida o alcalina) del succo stesso. Anche fra i Batterî, organismi ordinariamente incolori, ve ne sono di quelli dotati di pigmenti, quali i batterî porporini e i batterî verdi, i primi di batterioclorina e di batterioporporina, i secondi di batterioviridina, tutti pigmenti ritenuti capaci d'operare la scomposizione dell'anidride carbonica. Non debbono però confondersi questi pigmenti, che fanno parte integrante della cellula batterica, con quelli elaborati da un'altra categoria di batterî, i cromogeni, e che versati all'esterno colorano il substrato in giallo, rosso, azzurro, violetto con una vivacità di tinta solo paragonabile con quella dei più bei colori d'anilina.
Moltissime cellule producono per attività metabolica del citoplasma sostanze specifiche d'alto peso molecolare che saranno utilizzate dall'organismo (secreti); oppure assorbono prodotti circolanti nel sangue (in genere di basso peso molecolare) che in secondo tempo esse eliminano (escreti); si considerano come vere e proprie cellule secernenti quelle specializzate nella produzione di sostanze con proprietà chimiche e fisiologiche ben definite e nell'eliminazione di quelle sostanze; ciò che vale a distinguere una cellula secernente dalle altre è l'unilateralità della funzione (Gurwitsch). Le cellule secernenti in parte sono sparse fra elementi di altra natura, in parte sono raccolte in unità morfologiche (le ghiandole).
Il prodotto specifico dell'attività di molte cellule è ben visibile nel citoplasma in forma di granuli (fig. 15 e tav. a colori, nn. 3, 4, 5, 18, 19) o di vacuoli; queste particelle già nell'interno del citoplasma si trasfomano nel secreto definitivo, il quale è eliminato in un secondo tempo (nelle cellule mucipare); oppure i granuli si fluidificano nel momento in cui sono emessi. Il ciclo secretorio può essere studiato in vivo, specialmente nelle cellule secernenti, nelle quali il prodotto dell'attività metabolica è in forma di grossi granuli proteici (nelle ghiandole produttrici di fermenti, come, per esempio, il pancreas). I granuli non hanno ancora la proprietà del fermento, ma sono un prefermento. Nella fase di riposo quasi tutto il citoplasma, eccettuata la parte basale, si riempie di granuli; all'atto dell'emissione del secreto si ritiene che i granuli siano trasportati verso l'estremità libera della cellula da una corrente di liquido. Sul valore biologico dei granuli di secreto furono espresse opinioni varie: che derivino da particelle del protoplasma e perciò siano in origine costituiti da sostanza vivente e più precisamente da minuti granuli provenienti da disgregazione dei condrioconti (Altmann, Laguesse e molti altri); i granuli fisserebbero i materiali nutritivi e crescerebbero di volume, finché all'acme dell'attività secretoria si fluidificano e sono eliminati; Galeotti, Held, G. Levi e altri ritengono invece che i granuli di secreto fin dal primo momento in cui divengono visibili non appartengano al protoplasma vivente della cellula, ma siano di natura paraplasmatica, come il grasso nelle cellule adipose. Osservazioni recenti del Parat, secondo le quali i granuli si formerebbero per condensazione di liquido contenuto nell'interno di vacuoli del citoplasma, convalidano la veduta che non v'è continuità materiale tra le parti formate del citoplasma vivente (condrioma) e i granuli di secreto. La sede dell'accumulo di sostanze nutritive e dei fenomeni secretorî è evidentemente il citoplasma, ma con ciò non vogliamo dire che il nucleo vi rimanga estraneo; se così fosse, molti fatti attinenti alla biologia cellulare sarebbero inesplicabili.
Sta il fatto che citoplasma e nucleo sono costituiti da sostanze non miscibili, separate da una membrana, tale separazione è indispensabile per l'integrità della cellula; se con la puntura della membrana nucleare la barriera che separa il primo dal contenuto del nucleo viene eliminata, quest'ultimo determina una disgregazione di una zona di citoplasma più o meno estesa in relazione alla quantità di succo nucleare fuoriuscita (Chambers). Le osservazioni tendenti a dimostrare un passaggio di materiali formati dal nucleo al citoplasma, non reggono alla critica; poiché, d'altra parte, dall'esperienza di Chambers ciò appare pochissimo verosimile, la sola supposizione attendibile è che tra l'uno e l'altro si produca, attraverso la membrana nucleare, un passaggio di elettroliti e di colloidi molto fluidi (idrosol), inapprezzabili coi metodi d'indagine microscopica.
Riproduzione delle cellule. - Le cellule hanno il potere di riprodursi per scissione, dando origine a due individualità nuove, in continuità materiale con la preesistente. Tale potere, che è uno dei più essenziali, si manifesta negli organismi unicellulari, nei germi di Metazoi e dei Metafiti in via di sviluppo, e anche in singoli elementi dell'organismo maturo, i quali subiscono un continuo rinnovamento. Una cellula finché è in grado di riprodursi, non muore; al processo di divisione è connesso un ringiovanimento del protoplasma. Vi sono organismi unicellulari che si riproducono all'infinito e che perciò non muoiono mai, se non soccombono per fattori estrinseci. E anche nell'organismo dei Metazoi le cellule indifferenziate, in condizioni determinate, possono riprodursi indefinitamente. Invece le cellule differenziate, vale a dire quelle che hanno acquistato i caratteri specifici, non sono in grado di riprodursi e, dopo un periodo di vita di durata varia, invecchiano e muoiono; la successione dei fenomeni che intercedono fra il momento in cui la cellula incomincia a differenziarsi e la morte viene denominata citomorfosi (Minot). Gli elementi d'alcuni tessuti (labili, secondo il Bizzozero) hanno vita breve; poco dopo che hanno assunto i caratteri specifici invecchiano e muoiono; così nei Vertebrati gli elementi del sangue non vivono più di due mesi. Le cellule di alcuni tessuti invece persistono invariate per tutta la vita. Prendiamo per esempio un organismo unicellulare, un'ameba. Da questa sorgono per divisione due individualità, la grandezza di ciascuna delle quali è dapprima la metà della cellula madre. Ben presto in ciascuno dei due organismi si forma nuovo protoplasma a spese delle sostanze assimilate, e cresce di grandezza. Ma col progredire dell'accrescimento cellulare, per la sproporzione che diviene sempre crescente fra massa e superficie, l'assorbimento di nutrimento e l'eliminazione dei prodotti di rifiuto sono ostacolati; a un certo momento l'aumento di massa diviene dannoso per la funzione; così ci spieghiamo come la grandezza cellulare non oltrepassi mai un certo limite invariabile, o quasi, per la specie; quando questo limite è raggiunto, la cellula è stimolata a dividersi dalle condizioni suddette (Spencer). Avvenuta la divisione, il ciclo si ripete, e così per una serie innumerevole di generazioni. In tutte le cellule indifferenziate dei Metazoi e dei Metafiti il processo di riproduzione è regolato dalle stesse leggi che nelle amebe: l'accrescimento cellulare durante l'intervallo che separa due divisioni è molto limitato, il che ci spiega la relativa costanza nella grandezza di cellule diverse.
La durata dell'intervallo che separa due divisioni successive è varia; essa costituisce l'indice della velocità d'accrescimento di un organismo o d'un determinato tessuto, velocità la quale è grandissima negli embrioni in periodi precoci dello sviluppo, diminuisce quanto più è inoltrato l'accrescimento, e può essere anche accelerata o ritardata da condizioni esteriori (temperatura, ecc.).
Le modalità della divisione cellulare possono differire da varî punti di vista; anzitutto per il volume dei prodotti di divisione: di solito le cellule si dividono in due metà esattamente uguali, ma le cellule figlie possono avere grandezza diversa: alcune uova si segmentano in cellule ineguali. Quando la differenza dei volumi dei prodotti di divisione è di grado estremo, si parla di gemmazione, come, per esempio, in alcuni Protisti. Parimenti nella maturazione delle uova il nucleo si divide in due metà uguali; l'una di queste si circonda d'una massa di citoplasma molto esigua in paragone all'altra la quale viene emessa (globulo polare). Da un altro punto di vista la divisione cellulare può differire molto. Nell'immensa maggioranza delle cellule, nei Protozoi, nelle cellule somatiche e nella maturazione degli elementi sessuali dei Metazoi e dei Metafiti, nella segmentazione dell'uovo fecondato, nei processi rigenerativi, nei neoplasmi, la divisione cellulare è connessa a complicati mutamenti nella struttura del citoplasma e del nucleo (divisione indiretta, cariocinesi o mitosi); più di rado tali mutamenti non si producono (divisione diretta, amitosi). Questo secondo tipo di divisione fu visto in alcuni Protisti, in leucociti e in alcuni tessuti di Metazoi e di Metafiti; un solco circolare incide il nucleo dapprima e il citoplasma più tardi; tale solco diviene più profondo e le due cellule figlie si discostano, rimanendo unite da un ponte citoplasmatico, finché questo si lacera; nei leucociti di Rana il processo dura tre ore e venti minuti (Ranvier). Non di rado si produce una divisione diretta del nucleo in due o più frammenti, non seguita da divisione del corpo cellulare; si ottiene cosi una cellula bi- o plurinucleata. In quest'ultimo caso l'amitosi è destinata a favorire il metabolismo della cellula, quando il suo volume cresce di troppo.
Durante la divisione indiretta, o mitosi, incomparabilmente più frequente della precedente, si producono simultaneamente nel citoplasma e nel nucleo notevoli mutamenti nei caratteri morfologici e fisici della cellula. Il fenomeno più essenziale, comune a tutte le cellule, senza eccezioni, che si riproducono per mitosi, è la comparsa di strutture d' origine nucleare non esistenti nella fase di riposo, i cromosomi, a individualità molto pronunciata sin dall'inizio del processo. Le altre modificazioni, specie quelle del citoplasma, hanno caratteri diversi in cellule di vario tipo, e perciò giustamente s'attribuisce alle medesime un valore meno generale.
Descriveremo il processo di divisione mitotica quale si svolge nelle cellule somatiche di Anfibî urodeli, le quali per il loro grande volume si prestano singolarmente a osservazioni citologiche. Il ciclo di divisione mitotica si suddivide in queste, come del resto in tutte le cellule, nelle seguenti quattro fasi: profase, metafase, anafase, telofase. All'inizio della profase l'aumento di volume della cellula, già sensibile alla fine del periodo che intercede fra una divisione e la successiva (periodo intermitotico), s'accentua, e tale aumento interessa maggiormente il nucleo del citoplasma. Si ritiene che l'incremento nel volume nucleare dipenda prevalentemente da passaggio d'acqua dal citoplasma verso il nucleo, e questo ci rende ragione della maggior rifrangenza del citoplasma e dell'aumento nella viscosità, come pure della maggior trasparenza e della turgescenza del nucleo. Inoltre, se la cellula era provvista di prolungamenti, questi sono retratti e la sua forma tende a divenire sferica. Fra i due centrioli si distingue un fascio affusato di finissime fibrille (fuso centrale), i centrioli si discostano progressivamente e il fuso s'accresce in proporzione. La centrosfera si fa sfumata e alla fine della profase per lo più scompare; diviene sempre più evidente l'astrofera, i condriosomi s'orientano nella direzione dei filamenti di questa. Nell'interno del nucleo appare un filamento sinuoso distinto anche in vivo per la sua rifrangenza; esso nei preparati fissati ha affinità per i colori basici, anche più pronunziata dei granuli e delle masse di cromatina del nucleo in riposo; non appena il filamento, cromatico diviene visibile, le altre parti formate del nucleo (quando esistevano) scompaiono ed esso risalta sul contenuto amorfo, fluido del succo nucleare; soltanto i nucleoli talora persistono per qualche tempo. Questo filamento ben presto si divide trasversalmente in tante unità, i cromosomi, il numero dei quali è invariabilmente determinato per ciascuna specie; nell'uomo sono 48, nella salamandra 24. In molte specie, come nella salamandra, non esiste la fase di filamento continuo; i cromosomi sono indipendenti sin dal primo momento in cui s'abbozzano. Poi i cromosomi divengono meno sinuosi, s'accorciano, s'ispessiscono, s'incurvano ad ansa (fase di spirema lasso; fig. 16); infine ciascuno di essi si scinde longitudinalmente in due filamenti sottili, che rimangono a lungo appaiati. Da questo momento il nucleo si sposta verso la periferia e i cromosomi scissi longitudinalmente e in forma di ansa s'orientano radialmente verso la regione del citoplasma, ove risiedono i centrioli e il fuso centrale (area polare; figg. 17, 18); la convessità di ciascun'ansa è rivolta verso quest'ultima, le due estremità libere guardano verso la superficie del nucleo opposta all'area polare. In questo momento la membrana nucleare si dissolve, il succo nucleare si mescola con la sostanza del citoplasma, e così la barriera che separa quest'ultimo dai cromosomi scompare (inizio della metafase; fig. 19). I due centrioli, che già durante la profase s'erano discostati l'uno dall'altro, scorrono lungo il contorno del nucleo, descrivendo un semicerchio e si portano ai due poli della cellula; il fuso centrale s'allunga e s'ispessisce. L'astrofera s'estende. Inoltre appaiono due mezzi fusi fibrillari, inseriti con l'apice ai centrioli, con la base ai cromosomi, i quali non appartengono né al fuso centrale, né all'astrofera, e sono derivati da materiali del nucleo; quando i due centrioli sono emigrati ai poli, i fusi nucleari rivestono a mantello i filamenti del fuso centrale (fusi nucleari o mantellari). Nello stesso tempo le 24 coppie di cromosomi si spostano verso il piano equatoriale, che cade perpendicolarmente all'asse della mitosi; le anse cromosomicche si dispongono parallelamente al piano equatoriale, formando un anello chiuso intorno al fuso centrale; la convessità di ciascuna coppia è sempre rivolta verso l'asse del fuso, le due braccia verso la superficie della cellula (monaster). Tra le fibrille dei fusi mantellari i cromosomi vi sono intime connessioni; anzi sembra probabile che questi siano attratti nel piano equatoriale da retrazione elastica delle fibrille dei fusi. A un certo momento le anse gemelle, finora rimaste aderenti, si separano (anafase), dapprima alla convessità dell'ansa poi all'estremità; quando il distacco è completo ciascuna di esse guarda con la convessità verso il centriolo corrispondente (figg. 20, 21). Infine emigrano verso i centrioli arrestandosi a breve distanza da questi (fase di diaster); e subito dopo s'accorciano e s' ispessiscono. La cellula cresce in lunghezza nella direzione dell'asse della figura mitotica. E con l'aumentare della distanza fra i due gruppi di cromosomi (ciascuno dei quali nella salamandra consta di 24 unità) il fuso centrale s'allunga, mentre le fibrille mantellari s'accorciano; inoltre fra i due gruppi di cromosomi appaiono filamenti riunienti di nuova formazione. I condriosomi rimangono limitati alla periferia del citoplasma e non penetrano mai nella regione del fuso. Non appena l'ascensione dei due gruppi di cromosomi s'è arrestata, incomincia la divisione del corpo cellulare; nella regione equatoriale appare un solco, questo ben tosto s'estende a tutta la superficie e si approfonda sempre più, finché le due metà della cellula rimangono unite soltanto da un sottile ponte di citoplasma; quando anche questo scompare, le due cellule figlie sono del tutto separate, il processo di divisione è terminato. Le fibrille del fuso centrale e i filamenti riunienti sono strozzati dal solco equatoriale e il fuso ha la forma di un covone legato nel mezzo. Le radiazioni dell'aster divengono meno estese e scompaiono, e così pure possono sparire la centrosfera e i centrioli. Tutti i condrioconti convergono all'equatore orientandosi perpendicolarmente al piano di divisione, e quando le due cellule figlie si separano, si distribuiscono uniformemente nel citoplasma di queste (Terni). I cromosomi s'intrecciano e dànno origine a due figure circonvolute simili agli spiremi della cellula madre (fase di dispirema); da questo momento ciascuno dei due nuclei ripercorre a ritroso le trasformazioni avvenute durante la profase; si riformano le membrane nucleari, riappaiono i nucleoli, i cromosomi si disgregano.
La durata della mitosi varia sensibilmente nelle cellule di diverso tipo, e anche in una cellula determinata varia in relazione alla temperatura ambiente. Negli eritrociti di Tritone, a 20°, dura tre ore e due minuti (profase 32′, 30″, metafase 22′ 36″, anafase 47′, 54″, telofase, 29′, 12″: Jolly); l'influenza della temperatura è molto grande: nelle cellule d'embrione di pollo coltivate in vitro alla temperatura di 21° l'anafase e la telofase complessivamente durano 1 ora e 32′; a 42°, 4′ 36″ (Bucciante).
L'ipotesi della trasmissione ereditaria dei caratteri mediante i cromosomi. - Nella divisione cellulare v'è continuità materiale fra cellula madre e cellule figlie; i centrioli, i filamenti del fuso, i condriosomi sono trasmessi invariati, o quasi, dall'una alle altre ma non sempre. In molte cellule centrioli e fuso sono formazioni fugaci e incostanti, o mancano; e anche i condriosomi, che pur sono attributo permanente del citoplasma, sono soggetti a variazioni quantitative durante la vita d'una cellula; solamente i componenti nucleari sono trasmessi per innumerevoli generazioni.
Il Nägeli (1884) ritenne che la continuità materiale d'una sostanza dotata di speciali proprietà (idioplasma) nella fecondazione dell'uovo potesse spiegare la trasmissione dei caratteri ereditarî della specie. Van Beneden ed O. Hertwig dimostrarono che nella fecondazione le sostanze dell'elemento sessuale maschile che penetrano nell'uovo sono prevalentemente, e talora in modo esclusivo, sostanze nucleari; e poiché uovo e spermatozoo s'equivalgono nella trasmissione dei caratteri, e poiché d'altra parte i due pronuclei sono le sole parti uguali dell'uovo fecondato, mentre il citoplasma è soltanto d'origine femminile, la sostanza ereditaria deve essere contenuta soltanto nel nucleo; se così non fosse, i caratteri materni dovrebbero prevalere nei discendenti sui paterni, il che è contraddetto dall'esperienza. Il Weissmann suppose quindi che i costituenti nucleari latori dei caratteri ereditarî siano i cromosomi.
Quest'ipotesi di lavoro, giudicata in un primo tempo come troppo semplicista, ebbe grande importanza nello svolgimento della citologia; sotto la sua influenza s'arrivò alla scoperta di un complesso di fatti, i quali, prescindendo dall'interpretazione teorica che si può dar loro, dimostrarono che il comportamento dei cromosomi non può essere contingente, ma deve essere regolato da leggi.
V. genetica; eredità; fecondazione.
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