Vedi CIVIDALE dell'anno: 1959 - 1973
CIVIDALE (Forum Iulii)
Città del Friuli, allo sbocco della valle del Natisone. Tracce di stazioni preistoriche, le più antiche delle quali risalgono all'età neolitica ed eneolitica, sono state riscontrate a C. e nelle sue immediate vicinanze: non è escluso che ivi sorgesse un castelliere, data la particolare natura del luogo. Tali tracce si moltiplicano nell'Età del Ferro e rispecchiano la civiltà veneta cui si innesta più tardi quella celtica, documentata ancor oggi, oltre che da indizî linguistici (molte terminazioni in -icco e -acco, proprie del Friuli), da un interessante ipogeo.
Dopo la fondazione della colonia di Aquileia (181 a. C.), e soprattutto dopo la vittoria di Emilio Scauro sui Galli Carnî (115 a. C.), i Romani s'insediarono anche nella valle del Natisone: prevale ormai l'opinione che il Forum sia stato fondato da Giulio Cesare - senza per questo poterne precisare l'anno -, e che esso sia divenuto municipium o già nel 49 a. C., insieme con tutti gli altri della Gallia Cisalpina, o nel periodo che Augusto dedicò alla sistemazione di tutto il confine orientale d'Italia (15-7 a. C.). C. fu allora non solo un centro di traffici abbastanza intensi, ma anche luogo di villeggiatura per i ricchi Aquileiesi: così si spiegano i resti nell'agro di molte ville signorili, collegate o meno con una parte rustica, e le epigrafi rinvenute nel territorio cividalese menzionanti magistrati e cittadini di quella colonia. Anche le case cittadine sin dal I sec. erano adorne di ricchi mosaici pavimentali.
Con l'invasione dei Quadi e dei Marcomanni al tempo di Marco Aurelio mutò qui, come per tutta la decima regione, il clima di sicurezza e di pace; anzi C. si trovò proprio su una delle vie di invasione, e tanto più dovette risentirne. Si pone a quest'epoca la costruzione della cortina esterna delle seconde mura di C. (della prima non si hanno tracce sicure) cui fu più tardi addossata una seconda cinta interna. La città non fu allora distrutta, tuttavia entrò a far parte del sistema difensivo d'Italia ideato da M. Aurelio e rafforzato da Caracalla e da Gallieno (il ricostruttore delle mura di Verona), divenendo probabile centro di smistamento del vallo alpino nel tratto che va dal Monte Barda a S. Pietro al Natisone. A un certo momento, forse nel V sec., divenne anche caput provinciae e sede del governatore della Venetia et Histria. E come tale fu anche probabilmente restaurata da Narsete. Nel 568, con l'occupazione dei Longobardi che ne fecero la sede del loro primo ducato in Italia, si chiude per C. il periodo della storia antica.
Il municipium era retto da quattuorviri secondo la norma più antica (i municipia posteriori sembrano tutti retti, nella regione, da duoviri), iscritti alla tribù Scaptia; per distinguerli dagli altri dei centri omonimi della Gallia Narbonese e della Liguria gli abitanti sono detti da Plinio Foroiulienses cognomine Transpadani. Tolomeo la dice colonia, ma la sua testimonianza non è accettata dagli studiosi. Fra le magistrature ordinarie è nominato quale praefectus un A. Caecilius Rufinus. Abbiamo il ricordo della vita religiosa non in templi, ma in are votive e sacelli e statuette bronzee: a Ercole, a Giove, alla Fortuna Augusta, a Silvano, a Venere, a Mercurio e a Beleno, il nume tutelare di Aquileia. Sono poi menzionati un pontifex e gli Augustales.
Degli edifici pubblici restano tracce di una basilica nel Foro (corrispondente alla moderna piazza del Duomo) e di terme, sia pubbliche sia private. Nel Museo Nazionale sono raccolte, oltre alla ricca suppellettile longobarda, i molti resti romani, fra cui un bel ritratto virile in bronzo proveniente da Zuglio, di età ancora discussa, attribuito da alcuni all'età traianea, da altri ritenuto ritratto di Costantino.
Bibl.: C. I. L., V, p. 163; S. Stucchi, Forum Juli (C. del Friuli), Roma 1951, con bibl.; A. Degrassi, Il Confine Nord-Orientale dell'Italia romana, Berna 1954, p. 26 ss. e passim; S. Stucchi, Il ritratto bronzeo di Costantino del Museo di C., contributo all'iconografia del IV secolo, in Studi Goriziani, XIII, 1950. Cfr. P. M. Moro, Julium Carnicum (Zuglio), Roma 1956.