Vedi APPENNINICA, Civilta dell'anno: 1958 - 1994
APPENNINICA, Civiltà
La civiltà a. prende nome dalla sua area di diffusione lungo la catena appenninica, dal Bolognese fino all'estrema punta sud-orientale della penisola italiana. Essa è attestabile già nel XIV-XIII sec. a. C., mercè l'associazione, in alcuni giacimenti, con ceramica micenea (LH iiiA-LH iiiB, secondo la classificazione di A. Furumark). Il termine di "civiltà appenninica" fu usato per primo da U. Rellini, allo scopo di distinguere tale aspetto caratteristico della preistoria centromeridionale dell'Italia da quello meglio conosciuto della valle padana (Civiltà delle terramare). Si era infatti sostenuto in un primo tempo, specialmente da parte di L. Pigorini e della sua scuola, che la civiltà terramaricola si fosse diffusa dal nord al sud della penisola, e che ad essa fosse da attribuirsi il processo di indoeuropeizzazione dell'Italia.
I giacimenti più importanti, costituiti da villaggi di capanne, stazioni temporanee all'aperto e ricoveri in caverne, si trovano nell'Emilia sud-orientale (Villa Cassarini, Toscanella Imolese), nelle Marche (Filottrano, Spineto, Frasassi), in Toscana (Cetona), in Abruzzo (Valle del Vibrata, Val de' Varri), nel Lazio (Civitavecchia, Pian Sultano), in Campania (Ischia, Caverna Pertosa e Latronico) e nella Puglia (Coppa Nevigata, Molfetta, Matera, Scoglio del Tonno).
La distribuzione delle località frequentate dalle genti appenniniche in relazione ai bassi valichi della catena montuosa, la presenza di fauna armentaria nei giacimenti e alcuni aspetti della loro cultura materiale, in cui figurano utensili per la lavorazione del latte, hanno permesso recentemente di definire il carattere della civiltà appenninica fondata prevalentemente sull'economia pastorale e sulla struttura patriarcale delle comunità praticanti il seminomadismo stagionale.
Il decorso storico di questa civiltà può essere distinto in due fasi: nella prima di esse (dal XIV sec. allo scorcio del secondo millennio a. C.) l'arte decorativa della ceramica assume aspetti assai appariscenti, costituendo un complesso archeologico unico nel suo genere. I vasi, fatti a mano senza tornio, mostrano molto spesso una superficie nera lucida e vengono perciò denominati buccheroidi (v. bucchero); l'ornamentazione è incisa profondamente ed è costituita generalmente da bande riempite da punteggiatura o tratteggio. I motivi perseguiti sono molteplici e rivelano nelle genti appenniniche un gusto decorativo estroso e nello stesso tempo contenuto entro i limiti del rigore geometrico: frequenti le composizioni a base di zig-zag, triangoli, losanghe, meandri, oppure di linee curveggianti sul tema della spirale. Una tecnica caratteristica è l'excisione, con la quale si otteneva l'effetto del rilievo, asportando ai margini dello schema decorativo larghi tratti della pasta fittile. Dalle tracce rimaste in alcuni vasi, risulta che le profonde incisioni erano riempite con sostanza bianca, sì che l'effetto decorativo era accresciuto dal contrasto cromatico tra il bianco dell'incrostazione e il tono scuro della superficie.
La seconda fase della civiltà appenninica vede estinguersi la pratica dell'ornamentazione incisa, mentre per contro le anse, già nella prima fase variamente sopraelevate (a nastro, lunate), assumono aspetti di maggiore plasticismo su più ampia scala tipologica; figurano esemplari a protome zoomorfa. Quest'ultima fase (facies subappenninica) che in alcune zone periferiche come il Gargano e le isole Eolie si inoltra in tempi pienamente storici, appare assai importante per l'origine della civiltà del ferro o di tradizione del ferro dell'Italia centro-meridionale e come fondamento culturale dei gruppi etnici italici, dall'Umbria al Mezzogiorno, ricordati dagli storici antichi (Umbri, Sabini, Aborigeni, Siculi, Enotri, Itali, Morgeti).
Gli Appenninici, fedeli al rito funebre della inumazione, lasciarono sui due versanti dell'Appennino testimonianze di un tipo di sepolcro peculiare del mondo mediterraneo (particolarmente diffuso in Iberia, Francia meridionale, Corsica, Sardegna, Africa settentrionale), di derivazione dolmenica (v. Dolmen). La cella funeraria, costruita con lastroni verticali e munita generalmente di corridoio di accesso (dromos) è circondata da un cumulo circolare di pietrame e sovrastata da un tumulo di terra. Esempi di tali sepolcri si trovano nel Lazio settentrionale (Pian Sultano) e nelle Puglie (in particolare nella penisola salentina) sotto forma di "piccole specchie"; il diametro di questi monumenti si aggira sui 10-15 m. Gli Italici derivarono verisimilmente dalla tradizione appenninica, insieme ai caratteri generali della cultura, anche le tombe con circoli di pietre e tumulo di cui le testimonianze più vistose apparvero a Terni, Tivoli ed Aufidena.
Bibl: G. Patroni, Caverna naturale con avanzi preistorici in provincia di Salerno, in Mon. Ant. Lincei, IX, 1899; A. Mosso, Stazione preistorica di Coppa Nevigata presso Manfredonia, in Mont. Ant. Lincei, XIX, 1909; M. Gervasio, I dolmen e la civiltà del bronzo nelle Puglie, Bari 1913; U. Rellini, Le stazioni enee delle Marche di fase seriore e la civiltà italica, in Mont. Ant. Lincei, XXXIV, 1932; U. Calzoni, L'abitato preistorico di Belverde sulla Montagna di Cetona, in Not. Scavi, 1933; M. Palottino, Le origini storiche dei popoli italici, Rel. X Congr. Intern. di Sc. Stor., II, Firenze 1955; A. I. Nemirovskij, Plemena Italii vo II tysjačeletii do našej ery (Le popolazioni dell'Italia nel II millennio prima della nostra era), Vestnik Drevnje Istorii, 1957, i; S. M. Puglisi, La civiltà appenninica e l'origine della comunità pastorali in Italia, Firenze 1958.