Vedi DANUBIANA, Civilta dell'anno: 1960 - 1994
DANUBIANA, Civiltà (v. vol. III, p. 3)
vol. III, p. Le recenti ricerche sul Neolitico dell'Europa centrale hanno in parte modificato il quadro degli aspetti culturali che sono compresi entro la definizione della civiltà d., anche se restano acquisiti alcuni elementi caratterizzanti da tempo riconosciuti. L'ampia utilizzazione delle datazioni con il C14 e lo sviluppo delle tecniche di calibrazione mediante la dendrocronologia permettono di collocare le sue prime manifestazioni intorno alla metà del V millennio a.C., in cronologia radiocarbonica, e negli ultimi secoli del VI millennio, in cronologia calibrata. È da notare che, allo stato attuale delle conoscenze, non vi sono scarti sensibili tra le più antiche datazioni provenienti da regioni molto distanti fra loro, lasciando aperto il problema delle modalità di affermazione su un'area di grandi dimensioni di un insieme di facies che mostrano notevoli elementi di omogeneità e, più in generale, delle tecniche stesse di coltivazione e allevamento: sia che si pensi, nell'ipotesi più comunemente accettata, a piccoli nuclei di popolazione in forte espansione demografica che dalla penisola balcanica vanno a occupare via via nuovi territori, scegliendo quelli più adatti allo svolgimento delle forme di produzione del cibo (con netta preferenza per i depositi di loess, come da tempo evidenziato), sia che si dia particolare importanza ai fenomeni di acculturazione dei gruppi mesolitici locali, il processo risulta comunque assai rapido.
Lo scavo estensivo di diversi abitati e le prospezioni di superficie condotte in alcune zone forniscono un'immagine articolata dei modelli di insediamento, anche se sussistono molti aspetti di difficile interpretazione. Le testimonianze archeologiche si rinvengono su estensioni molto vaste, che arrivano a superare i 50 ha nel caso di Olszanica, in Polonia: è evidente che non tutta l'area era occupata contemporaneamente, ma che vi furono progressivi spostamenti parziali di uno o più nuclei che costituivano l'abitato. Si può infatti ritenere probabile che fossero in uso in un determinato momento poche strutture per ogni abitato (in quelli minori forse una sola), con numerose ricostruzioni successive, che invece di dar luogo a una sorta di tell, come avviene nel Vicino Oriente e nella penisola balcanica meridionale, dove si ha un tessuto denso, avrebbero dato origine a una sequenza con riflessi soprattutto nella dimensione spaziale. In questo modo si avrebbe comunque una forte stabilità dell'insediamento attraverso il tempo e non, come ipotizzato alcuni anni fa dal Soudski, ciclici abbandoni e ritorni nel medesimo luogo. Accanto agli abitati veri e propri vi sono, almeno in regioni come la Piccola Polonia, dove sono state effettuate ricerche sistematiche su scala territoriale, anche siti minori, posti al di fuori della fascia del loess, presumibilmente di carattere temporaneo e legati allo svolgimento di attività come l'allevamento del bestiame.
Problemi sussistono sull'interpretazione dell'uso degli spazi all'interno delle abitazioni: la mancata conservazione dei piani pavimentali e delle sistemazioni a essi connesse rende difficile l'individuazione di parti funzionalmente differenziate. Le analisi dell'incidenza di elementi derivati da sostanze organiche nei suoli al di sotto dei piani pavimentali, per evidenziare l'eventuale presenza di stalle, non hanno dato risultati positivi. Le dimensioni delle strutture abitative sono piuttosto variabili, anche se sembra possibile individuare alcune gamme nell'ambito degli insediamenti scavati in modo più estensivo: un nucleo intorno ai 10 m di lunghezza, uno intorno ai 18 e uno al di sopra dei 24. È presumibile che almeno quelle di dimensioni maggiori ospitassero gruppi familiari estesi e che la variabilità fosse comunque connessa con le specifiche situazioni delle unità domestiche e non con differenze di status all'interno della comunità. Per alcune strutture eccezionalmente lunghe, che arrivano a superare i 40 m, si è avanzata l'ipotesi che possa trattarsi di edifici di carattere collettivo.
Nuovi dati si hanno sulle necropoli: tra le principali si possono ricordare quella di Nitra, in Slovacchia, e quella di Elsloo, in Olanda. Con tutti i limiti che può avere la documentazione funeraria come rappresentazione diretta della struttura della società cui si riferisce, si può notare che la prima, dove lo stato di conservazione delle ossa ha permesso un'analisi antropologica fisica sistematica, offre il quadro di una comunità in cui gli individui anziani di sesso maschile appaiono contraddistinti a livello di corredo da elementi di particolare pregio, come ornamenti in conchiglie mediterranee di spondylus e asce in pietra levigata. L'uso degli elementi simbolici può variare nei diversi siti (si hanno p.es. ornamenti di spondylus sia in deposizioni maschili che femminili a Sondershausen, in Germania), ma si ha comunque l'impressione che le distinzioni maggiori siano quelle basate sui fattori di sesso e di fasce d'età. È quanto appare anche dalla necropoli di Elsloo, pur se la situazione è molto meno chiara rispetto a Nitra, anche per la mancanza di dati antropologici fisici. L'elemento più indicativo è costituito dalle punte di freccia (presenti in 13 deposizioni su 113), accompagnate in tutti i casi, eccetto uno, da una o due; asce in pietra levigata, che potrebbero essere connesse ì quindi con una particolare fascia d'età nell'ambito delle deposizioni maschili. Inoltre le punte di freccia non si trovano mai attestate nei corredi delle cremazioni, che a Elsloo costituiscono quasi la metà dei casi (47/113), mentre le rimanenti asce in pietra levigata si rinvengono sia in questi, sia in quelli di alcune inumazioni.
Per quanto riguarda l'economia primaria, la scelta territoriale prevalente, molto attenta ai caratteri pedologici, di per sé fa ritenere che le attività agricole avessero una particolare importanza. Tra i cereali, le specie più attestate sono il triticum dicoccum e il monococcum, mentre l'orzo è meno ricorrente; si ha anche l'uso di alcune leguminose e del lino. L'ipotesi tradizionalmente accettata di un'agricoltura basata sullo sfruttamento di breve durata dei terreni, con frequenti spostamenti anche dell'abitato, una volta esaurite le potenzialità delle aree immediatamente circostanti, è stata recentemente messa in dubbio. La distribuzione dei siti in luoghi in cui si hanno buone possibilità di rigenerazione della fertilità dei suoli mediante continui apporti per ruscellamento o di carattere alluvionale e l'assenza nei diagrammi pollinici per il periodo in esame di forti tracce di disboscamento, fanno ritenere più probabile l'uso permanente di piccoli appezzamenti.
Gli animali domestici prevalgono nettamente, come percentuale di resti ossei, su quelli selvatici, anche se come resa in carne questi ultimi possono in diversi casi arrivare a coprire un terzo del fabbisogno, data la taglia rilevante di specie come il bos primigenius e il cervo. Tra gli animali domestici i più utilizzati sono in genere i bovini, seguiti dai suini, specie che erano disponibili localmente allo stato selvatico e che possono quindi essere state oggetto di continui processi di addomesticamento per incrementare gli armenti.
Anche se il quadro culturale è piuttosto omogeneo, considerata l'ampiezza dell'area interessata dalla civiltà d., vi sono alcune variazioni nelle modalità di svolgimento delle attività primarie, in particolare in alcune regioni marginali: non si può escludere che in alcuni di questi casi si abbiano fenomeni di più stretta integrazione con le tradizioni dei gruppi mesolitici locali, se non di vera e propria acculturazione di questi ultimi, che accolgono alcuni elementi dell'economia produttiva. Nella Polonia centrale, nella Germania settentrionale, in Ucraina e in Moldavia, si hanno testimonianze di una più rilevante utilizzazione di risorse spontanee attraverso la caccia, la pesca, la cattura di tartarughe, la raccolta di molluschi e piante selvatiche. In alcuni siti della Germania orientale e della ex-Cecoslovacchia si ha invece una maggiore incidenza dei caprovini, che può costituire un elemento di collegamento con la penisola balcanica.
La produzione ceramica del Danubiano, nei suoi momenti iniziali, mostra una relativa uniformità su tutta l'area, caratterizzata da larghe incisioni, singole o su due/tre linee parallele, che formano motivi curvilinei, in particolare coppie di spirali contrapposte, o rettilinei; il repertorio delle forme è alquanto limitato,'basato essenzialmente su ciotole emisferiche o più che emisferiche e olle globulareggianti con collo; più sporadico è l'uso di ciotole troncoconiche su alto piede. Solo in Ungheria si ha la presenza di ceramica dipinta. Nelle fasi più avanzate si ha una ulteriore diversificazione regionale, con una tendenza generale verso una maggiore complicazione dei motivi decorativi. Si hanno elementi di campitura all'interno delle bande delimitate dalle incisioni e, in modo più diffuso, punti alle estremità o lungo le linee (stile «a note musicali»). In un momento tardo, soprattutto nelle regioni orientali, inizia l'uso di applicazioni di colore dopo la cottura entro le bande (stile Zeliezovce). Una decorazione a incisioni multiple molto sottili, che formano archi e spirali, caratterizza la facies di Bükk, nell'Ungheria settentrionale e nella Slovacchia sud-orientale, che è maggiormente differenziata anche per il contesto ambientale più articolato in cui si colloca. La ceramica dipinta prima della cottura permane solo nell'Ungheria nord-orientale, mentre fa la sua comparsa solo in una fase molto tarda nell'ex-Cecoslovacchia (stile Sarka).
Nella prima metà del IV millennio a.C. in cronologia radiocarbonica (intorno alla metà del V millennio in cronologia calibrata mediante la dendrocronologia), si assiste a una maggiore frammentazione regionale, tale da comportare la disgregazione di una civiltà d. che si possa considerare sostanzialmente unitaria nel suo complesso, anche se permangono alcuni elementi ampiamente diffusi, come l'uso di strutture abitative a pianta trapezoidale allungata o la presenza di aree delimitate da fossati (che avevano fatto la loro comparsa già precedentemente), la cui funzione non è del tutto chiara e comunque non sempre necessariamente difensiva. Si possono ricordare gli aspetti della Stichbandkeramik in Boemia, nella Polonia meridionale, nella Germania centrale, di Lengyel nell'Ungheria occidentale, in Slovacchia, in Austria, che nei momenti più avanzati si estende anche alle regioni precedenti, di Tisza e Tiszapolgar nell'Ungheria settentrionale, di Hinkelstein, Grossgartach, Roessen nella Renania, di derivazione dalla Bandkeramik nella Francia nord-orientale. Vengono maggiormente occupate aree al di fuori della fascia del loess, a quote più elevate, forse con un maggiore peso attribuito all'allevamento; l'orzo sembra essere più ampiamente utilizzato. In Ungheria vi sono le prime attestazioni del cavallo. In diversi contesti si ha la presenza di oggetti in metallo, in particolare asce-martello e ornamenti, mentre in alcune necropoli, che talora comprendono diverse centinaia di deposizioni, vi sono indizi di forme embrionali di differenziazione nei corredi presumibilmente legate alla posizione sociale di singoli individui, oltre alle diversificazioni di sesso ed età. Si ha in genere un ulteriore sviluppo nell'elaborazione dei motivi decorativi della ceramica, differenziato a seconda dei diversi aspetti, che in un momento avanzato di questo periodo di forte regionalizzazione si tramuta invece in assenza di decorazione in alcune facies, come quelle di Tiszapolgar in Ungheria o di Lengyel nella Slovacchia.
Bibl.: B. Soudsky, Etude de la maison néolithique, in SlovA, XVII, 1969, pp. 5-96; P. J. R. Modderman, Linearbandkeramik aus Elsloo und Stein (Analecta Praehistorica Leidensia, III), Leida 1970; H. Quitta, Zur Lage und Verbreitung der bandkeramischen Siedlungen im Leipziger Land, in ZfA, IV, 2, 1970, pp. 155-176; R. Tringham, Hunters, Fishers and Farmers of Eastern Europe 6000-3000 B.C., Londra 1971; S. Milisauskas, An Analysis of Linear Culture Longhouses at Olszanica BI, Poland, in WorldA, IV, 1972, pp. 57-74; J. Pavuk, Neolithisches Gräberfeld in Nitra, in SlovA, XX, 1972, pp. 5-105; B. Soudsky, I. Pavlu, The Linear Pottery Culture Settlement Patterns of Central Europe, in P.J. Ucko e altri (ed.), Man Settlement and Urbanism, Londra 1972, pp. 317-328; S. Bökönyi, History of Domestic Animals in Central and Eastern Europe, Budapest 1974; J. Lichardus, Studien zur Biikker Kultur, Bonn 1974; H. Lies, Zur neolithischen Siedlungsintensität im Magdeburger Raum, in JSchrVgHalle, LVIII, 1974, pp. 57-111; P. J. R. Modderman, Die neolitische Besiedlung bei Hienheim, Ldkr. Kelheim, I, Die Ausgrabungen am Weinberg 1965-1970 (Analecta Praehistorica Leidensia, X), Leida 1977; C. C. Bakels, Four Linearbandkeramik Settlements and Their Environment: a Paleoecological Study of Sittard, Stein, Elsloo and Heinheim (Analecta Praehistorica Leidensia, XI), Leida 1978; Κ. Kosse, Settlement Ecology of the Koros and Linear Pottery Cultures in Hungary (BAR, Int. S., LXIV), Oxford 1979; P. Van de Velde, On Bandkeramik Social Structure (Analecta Praehistorica Leidensia, XII), Leida 1979; J. Kruk, The Neolithic Settlement of Southern Poland (BAR, Int. S., XVIII), Oxford 1980; P. I. Bogucki, Early Neolithic Subsistence and Settlement in the Polish Lowlands (BAR, Int. S., CV), Oxford 1982; E. Lenneis, Die Siedlungsverteilung der Linearbandkeramik in Osterreich, in AAustr, LXVI, 1982, pp. 1-19; G. Nevizansky, Sozialökonomische Verhaltnisse in der PolgarKultur aufgrund der Gräberfeldanalyse, in SlovA, XXXII, 2, 1984, pp. 263-309; G. Biegel, Erlebte Geschichte, Friburgo 1985; P. I. Bogucki, The Establishment of Agrarian Communities on the North European Plain, in Current Anthropology, XXVIII, I, 1987, pp. 1-24.