GAUDO, Civiltà del
La civiltà del G. prende nome da una necropoli preistorica situata nella località omonima presso Paestum, a circa un km dall' antica città. La necropoli, scoperta casualmente alla fine del 1943, e in parte distrutta, fu esplorata sistematicamente dal 1945 al 1947 dalla Soprintendenza alle Antichità di Salerno.
Le tombe, incavate in un banco di roccia calcarea tenera, sono del tipo detto "a forno" o "a catacomba" (v.), con l'accesso costituito da un vestibolo a forma di pozzo circolare nel quale è l'ingresso per una o due celle, dinanzi al quale a guisa di porta è una grande lastra di pietra in posizione verticale. All'interno delle celle sono le deposizioni, più o meno numerose - si sono trovate da un minimo di due a un massimo di venti scheletri circa - che originariamente erano in posizione accoccolata o rannicchiata. I corredi consistono in vasi d'impasto ed armi di selce - assai raramente di rame - e in alcuni arnesi di selce a contorno geometrico.
Il sepolcreto è diviso in zone, non delimitate nello spazio, ma che si possono distinguere dal punto di vista della cronologia, in base all'evoluzione delle forme ceramiche: si sono riconosciute tre zone da N a S, delle quali la più antica è quella settentrionale. Ogni zona è attraversata da canaletti esattamente orientati a N-S, che si incrociano con altri ortogonali, in modo da formare una rete di sentieri, alle cui estremità sono pozzetti sacrificali, circolari o rettangolari, poco profondi. Le tombe hanno cella circolare o ellittica, con ingresso variamente orientato; il piano di deposizione della cella è sempre a un livello più basso del vestibolo, cui si accede mediante un gradino.
I vasi sono d'impasto, eseguiti a mano e cotti a fuoco libero, di colore bruno, scuro e nero, raramente rossastro. Tra le forme sferiche predominanti si possono distinguere tipi di brocche globulari, vasi sferici di piccole dimensioni, senza manici, cui appartengono dei coperchi di forma cilindrica con la parte superiore piana o a cupola, forniti di una o due piccole prese verticali con bottone sulla cima; bicchieri a gola concava, simili a quelli rinvenuti dall'Orsi nelle necropoli sicule del I periodo; vasi biconici, sia a doppia calotta sferica molto allungata, sia a doppio tronco di cono; askòi (i vasi più interessanti di questa necropoli), il cui repertorio permette di osservare la loro graduale derivazione dalla brocca, mentre altri hanno forme geometrizzate, a contorno quadrato o triangolare; cosiddette "saliere", vasi a forma di capeduncola composti da due elementi uguali, uniti per mezzo di un ponticello e di un'ansa a staffa.
L'impasto dei vasi della civiltà del G. è generalmente levigato; gli askòi e molte brocche hanno la superficie nera brillante, simile al bucchero. La decorazione, rara o poco accurata, si limita spesso, nelle brocche, a sottili linee parallele incise sul collo. Talora si hanno coppie di incavi circolari, denti di lupo, serie di puntini, spine di pesce e zig-zag. In alcuni esemplari sono cordoni a rilievo applicati all'estremità delle anse. Manca ogni traccia di decorazione dipinta.
I manufatti di selce comprendono pugnali a lavorazione mono - o bifacciale di forma "stiloide" o con codolo, a foglia di lauro o d'ulivo, triangolari, uno a contorno ovoidale; cuspidi di frecce quasi sempre con una faccia piana, di forma triangolare con penducolo e generalmente con alette; arnesini a contorno geometrico, associabili alla categoria dei microbulini di derivazione capsiana.
Negli scavi regolari sono state trovate soltanto due armi di rame: una lama di pugnale, larga e corta, con robusta costolatura mediana ed un'altra assai stretta e lunga, molto sottile e con la punta arrotondata.
Prima dello scavo sistematico si era pensato che la necropoli potesse appartenere ai Siculi, per il tipo delle tombe a forno, ma questo è l'unico punto di contatto con quel popolo. Solo l'esame critico dei corredi può fornire dati per la classificazione e la cronologia. Le brocche sferiche della civiltà del G. differiscono dai così detti "vasi a bottiglia" italici, per la loro forma più regolare e per la presenza dell'ansa, per cui possono essere avvicinate alle forme globulari dell'Egeo e troiane. L'askòs compare per la prima volta in Età Eneolitica in Asia Minore (II strato di Troia, Yortan, Boz-Höyük, Pisidia) e in Grecia in Età del Bronzo (Dimini, Grecia meridionale, Cipro, Cicladi, Egina), mentre in Italia era noto finora soltanto in necropoli dell'Età del Ferro (Tolfa, Allumiere e altre località), per cui l'askòs della civiltà del G. è il più antico dell'Italia.
Il suo impasto nero lucido richiamerebbe ispirazione e tecnica derivate dall'ambiente egeo, al quale ci riportano anche i coperchi con presa verticale, simili a quelli di Troia, e le saliere, che precedono il kèrnos. Anche il pugnale di rame a base retta e costolatura mediana è di derivazione egea.
La facies della necropoli della civiltà del G. è chiaramente eneolitica, sia per la ceramica, sia per l'abbondanza di grandi lame finemente lavorate in selce, che per le punte di frecce triangolari con alette e peduncolo, e infine per la rarità delle lame di rame. Tra gli elementi di confronto per stabilire l'epoca della facies, è molto importante il pugnale di rame triangolare e con costolatura mediana, la cui forma è molto arcaica; altri elementi sono costituiti dalla forma globulare predominante nella ceramica, caratteristica nel periodo eneolitico, e dall'askòs, che quasi certamente rivela rapporti, etnici o culturali, con l'Oriente mediterraneo. Pertanto si può forse pensare a una contemporaneità con il II strato di Troia, e le epoche Proto-Minoico III e Medio-Minoico I, per un periodo che andrebbe compreso fra il 2400 e il 1900 a. C. Infine i dati antropologici degli inumati della civiltà del G. hanno dimostrato che essi sono brachicefali, e hanno un'altezza media di m 1,60, superiore a quella delle popolazioni neo ed eneolitiche dell'Italia e della Sicilia, per cui si inclina a pensare a una popolazione venuta dall'oltre mare.
La civiltà del G. non è limitata alla necropoli scoperta in prossimità di Paestum; tombe identiche a quelle pestane, contenenti materiali consimili, sono comparse in varie località della Campania.
Secondo G. Buchner tale civiltà è diffusa in una regione che allo stato attuale delle conoscenze è diffusa tra Paestum, Mirabella Eclano, Caiazzo, Napoli e Sorrento, ma probabilmente si estendeva in una zona più vasta. Cronologicamente si inserisce tra la civiltà del Neolitico finale, tipo Matera-Marmo di Paternò e quella Appenninica (v.) dell'Età del Bronzo.
Bibl.: P. C. Sestieri, La Necropoli preistorica di Paestum (Relazione preliminare), in Rivista di Scienze Preistoriche, I, 1946, fasc. 4, p. 245 ss.; id., Nuovi risultati degli scavi nella necropoli preistorica di Paestum, ibid., II, 1947, fasc. 4, p. 283 ss.; id., Primi risultati dello scavo della necropoli preistorica di Paestum, in Rendiconti dell'Accademia di Archeologia ecc. di Napoli, XXIII, 1947-1948, p. 249 ss.; P. Graziosi, I resti scheletrici umani della necropoli preistorica di Paestum, in Rivista di Scienze Preistoriche, II, 1947, fasc. 4, p. 291 ss.; P. Laviosa Zambotti, La Necropoli preistorica di Paestum, ibid., II, 1947, fasc. 2-3, p. 265 ss.; P. C. Sestieri, in Enc. It., Appendice II (1938-1948), s. v. Paestum (Preistoria); G. Buchner, in Rivista di Scienze Preistoriche, V, 1950, p. 101 ss. (Notiziario); P. C. Sestieri, Un vaso della Necropoli preistorica di Pasetum al Museo Britannico, in Bull. di Paletnol. Ital., N. S., anno VIII, parte IV, 1952, p. 3 ss.; id., La Necropoli preistorica di Paestum, in Atti del I Congresso Internaz. di Preistoria e Protostoria Mediterranea, 1950 (pubbl. 1952), p. 195 ss.