GOLASECCA, Civiltà di
Si dà questo nome a una particolare cultura preistorica, diffusa nell'Italia nord-occidentale (Lombardia e Piemonte) tra le Alpi e il Po, specialmente nella regione del lago Maggiore e in quella comasca. Il termine di G. fu inizialmente attribuito al gruppo di sepolcreti del Basso Ticino, nell'altopiano di Somma, dopo la prima comunicazione scientifica dovuta a P. Castelfranco (1874), il quale propose una seriazione di questo aspetto di civiltà in due periodi distinti (Bull. Paletn. Itai., ii, 1876). Oggi il materiale archeologico proveniente da numerose necropoli a incinerazione, conservato principalmente nei musei di Milano, Torino, Novara, Como, Varese e nel Museo Preistorico di Roma, offre un quadro della civiltà di G. assai più vasto e complesso.
Già i primi ricercatori (il Giani nel 1824 e successivamente il Castelfranco), avevano segnalato tombe a incinerazione racchiuse in cerchi di pietre che evidentemente erano poste a sostegno di tumuli. Tale tipo di tomba a circolo è peculiare delle genti italiche inumatrici, ma il suo uso non è estraneo in territorî a rito misto (Terni) e in ambiente villanoviano (Vetulonia). Nella civiltà di G. non è improbabile che queste caratteristiche siano dovute piuttosto ad influenza della cerchia elvetica delle sepolture a incinerazione sotto tumulo.
Le tombe più semplici sono a semplice pozzetto scavato nel suolo, mentre in altri casi il cinerario è protetto da piccole pietre disposte intorno e coperto con una lastra; la struttura a lastre assume talora l'aspetto di una vera e propria cista. I cinerari erano generalmente coperti da una ciotola capovolta, secondo l'uso diffuso nel rito crematorio.
La distinzione in periodi dei complessi tombali è alquanto difficile, tenendo conto di un tradizionalismo tipologico che appare assai spiccato in questa civiltà, e per il fatto che lo scavo dei sepolcreti non consente, salvo rare eccezioni, osservazioni stratigrafiche. La deterrninazione di periodi nella civiltà di G. è stata tentata solo sulla base di una classificazione tipologica della ceramica, in relazione alla presenza di particolari fibule nei complessi (v. fibula), all'esame stilistico degli elementi figurati ove essi compaiono o alla presenza di oggetti caratteristici di altre facies meglio determinate cronologicamente. Non sembra comunque che un'influenza etrusca si possa riconoscere anteriormente alla metà del I millennio a. C. (come ad esempio nei coperchio di situla da Grandate con incisioni raffiguranti animali), ed anche ciò come fenomeno sovrastrutturale, su basi commerciali, che non altera la sostanza della civiltà di Golasecca.
Significativo di un momento di particolare rigoglio di questa civiltà è il complesso funerario di Sesto Calende. La tomba, scoperta nel 1867, sembra fosse a cerchio di pietre con tumulo e conteneva vari oggetti di corredo, tra cui una situla di bronzo con ornamenti figurati, un elmo a calotta con tesa, elementi di carro, un morso per cavallo e armi di ferro. L'ossuario era di tipo tradizionale, ornato con triangoli incisi, con incrostazione. I pareri sulla datazione della situla sono discordi, ma comunque essa difficilmente potrebbe essere attribuita a data anteriore alla fine del VI sec. a. C. Ricostruita dai frammenti, essa mostra una ornamentazione disposta in cinque zone, di cui due figurate: quella superiore presenta una fila di uccelli, quella inferiore una processione di uomini ed animali, eseguite con la tecnica a pointillé. Le zone puramente ornamentali esibiscono motivi comuni ad altre situle di Bologna o di Este (v. atestina, civiltà). Altra situla figurata con la tecnica a pointillé, che potrebbe essere coeva a quella di Sesto Calende, fu scoperta a Trezzo sull'Adda: essa è ornata con una semplice fila di cani e cervi alternati.
La stessa limitatezza e il tradizionalismo del repertorio vascolare danno alla civiltà di G. un'impronta di originalità. Le urne cinerarie arcaiche hanno profilo ovoide o biconicheggiante con orlo sporgente; la decorazione con incisioni a stecca o con impressioni "a cordicella" (v.), sulla parte superiore del vaso, spesso con incrostazioni di bianco, persegue motivi geometrici generalmente a fasce sovrapposte di "denti di lupo" alternate con altre a reticolo, zig-zag, linee oblique. L'indipendenza originaria di questa civiltà dall'ambiente villanoviano e atestino è anche testimoniata dall'assenza degli ornati meandrospiralici o a svastica comuni in queste cerchie culturali limitrofe. Fogge e ornamenti "golasecchiani" possono invece scorgersi, secondo alcuni autori (Barocelli, Laviosa-Zambotti), nel sostrato culturale padano della fine dell'Età del Bronzo (ad esempio La Scamozzina di Albairate).
Nel vasellame di fase più recente è caratteristico l'impiego della tecnica "a stralucido", mentre i motivi più ricorrenti sono le fasce a reticolo e a spina di pesce. Le urne cinerarie assumono forma tondeggiante con imboccatura ristretta (Ameno, S. Bernardino di Briona, Castelletto Ticino). In alcune di esse il motivo dei cordoni orizzontali e l'alternanza delle fasce in rosso e nero, attestano che nella fase recente della civiltà di G. si è operata una certa influenza dello stile decorativo proprio alla civiltà atestina del III periodo.
Il repertorio ornamentale delle tombe golasecchiane offre varietà dl pendagli bronzei, collane a catenella, fibule, spilloni, braccialetti, grani di ambra e di pasta vitrea. In questi oggetti, di larga diffusione nell'Italia protostorica, possono scorgersi i rapporti, sul piano commerciale, con le civiltà atestina, villanoviana e picena.
Pur essendo la maggior parte dei complessi attribuibile ad un periodo che comprende tutto il VII e VI sec. a. C. (Albate, Valtraveglia), parallelo all'incirca alla fase cosiddetta "Arnoaldi" del villanoviano bolognese (v. villanoviana, civiltà), non mancano indizi di aspetti più arcaici, riconoscibili specialmente nel territorio varesino e comasco (S. Fermo, Moncucco, Villa Nessi). Dopo il 500 circa a. C., i complessi di G. sono caratterizzati dalla fibula tipo Certosa (v. fibula); quest'ultimo aspetto perdura presumibilmente in Lombardia sino alla fine del IV sec. a. C. (Brunate, Civiglio, Rebbio, Ca Morta, Lodi). Nel Canton Ticino (in particolare nel territorio di Bellinzona) le propaggini della civiltà di G. compenetrano un sostrato etnico praticante l'inumazione il quale mantiene i caratteri tardivi di questa civiltà almeno sino al II periodo della civiltà di La Tène (v. 300-100 a. C.). Persistenze si avvertono comunque sino alla penetrazione romana nella Gallia Cisalpina.
Bibl.: P. Castelfranco, Due periodi della prima età del ferro nella necropoli di Golasecca, in Bull. Paletn. Ital., II, 1876, p. 87 e ss.; D. Randall-MacIver, The Iron Age in Italy, Oxford 1927, p. 61 e ss.; P. Barocelli, I sepolcreti preromani di Ameno, in Atti Soc. Piemont. di Arch. e Belle Arti, XI, 1927; id., Ricerche sulla civiltà della prima età del ferro nel Novarese, in Boll. Stor. per la Prov. di Novara, XXI-XXVIII, 1934; id., Antichità della prima civiltà del ferro di Castelletto Ticino, di Golasecca (Somma Lombardo) e del Comasco, in Raccolta di scritti in onore di Antonio Giussani, Como 1944; P. Laviosa-Zambotti, Le origini della civiltà di Golasecca, in St. Etr., IX, 1935; id., Civiltà palafitticola lombarda e Civiltà di Golasecca, in Riv. Archeol. dell'Ant. Prov. e Diocesi di Como, XVII, 1939; M. Bertolone, Ceramica dipinta, ornata a lamelle e a stampiglia nella cultura di Golasecca, in Sibrium, I, 1953-54, p. 93 e ss.