FALISCA, Civiltà
I confini territoriali della civiltà f. possono essere tracciati solo genericamente, indicando la tradizione letteraria i Falisci come un popolo che, insieme ai Capenati, occupava la regione a N-E di Roma tra il Tevere e i laghi di Vico e di Bracciano e tra il Cimino e il territorio veiente. La parte centrale della regione era costituita dalla vallata del Treia in cui si ergeva la città più importante, Falerii Veteres (v.), mentre non è possibile intravedere una delimitazione netta, anche dal punto di vista culturale, nei confronti dell'area controllata da Capena.
La civiltà f. assume una sua definita fisionomia a partire dalla prima Età del Ferro (IX-VIII sec. a. C.), rappresentando i reperti anteriori a questa età solo la testimonianza della compartecipazione di questa regione ai più vasti orizzonti delle culture paleolitica, neo-eneolitica e del Bronzo nell'Italia centrale. In base ai dati archeologici, si può dire che il sostrato sul quale venne elaborandosi la civiltà f. era costituito principalmente da gruppi appartenenti alla civiltà cosiddetta di Rinaldone (v.) ed a quella appenninica (v.). Non è da escludere che la base linguistica "protolatina" riscontrabile nelle iscrizioni falische sia attribuibile a quest'ultima civiltà ed alla sua derivazione subappenninica che ebbero una notevole influenza nella formazione della Fossakultur (v.).
Gli stessi storici antichi ebbero percezione della diversità etnica e culturale dei Falisci rispetto agli Etruschi, considerando i primi un popolo autonomo (ìdion èthnos: Strabo, v, 22), o facendone risalire le origini al mitico Argo (Plin., Nat. hist., iii, 51). In realtà il quadro archeologico più arcaico della civiltà f. mostra una situazione analoga a quella di altre civiltà formatesi lungo una ideale linea di demarcazione tra l'area di diffusione delle tombe a fossa e quella villanoviana (v.) (Lazio, Umbria, Nord-Piceno). L'incidenza di quest'ultima civiltà nel territorio falisco appare come una sovrastruttura di natura principalmente ideologica, modificando l'atteggiamento delle popolazioni nei confronti del rito incineratorio (tuttavia non completamente accolto) ma non la loro sostanza culturale. Caratteristica, nelle tombe "a pozzo", l'adozione di un ossuario ovoide o globulare estraneo alla tipologia prettamente villanoviana (Falerii, Narce, Montarano). In una seconda fase (VII-VI sec. a. C.), la tradizione inumatrice riprende il suo totale sopravvento, suscitata da un sostanziale apporto italico-orientale (umbro-sabellico) che potrebbe identificarsi con una seconda stratificazione linguistica indoeuropea. Appartengono a questo periodo le caratteristiche sepolture in tronchi di quercia scavati e il ricco corredo d'impasto rosso-lucido o imitante il bucchero (olle, tazze, piatti su piede, grandi sostegni per vasi, anfore) in cui gli ornati graffiti, dipinti, o eseguiti con la tecnica dell'asportazione della pasta nel campo della figura, attingono ampiamente al repertorio orientalizzante e suborientalizzante (uccelli, pesci, cavalli ed animali fantastici) arricchito da elementi decorativi accessorî (doppia spirale, fasci di linee, rosette, palmette, ecc.). La produzione ceramica locale chiaramente influenzata nelle fogge dalla tipologia paleogreca, e la diffusione del bucchero, dei bronzi laminati, dei vasi protocorinzi ed italo-geometrici, dimostrano che in questo periodo la civiltà f., almeno commercialmente, è entrata a far parte di una vasta sfera culturale cumano-laziale-etrusca (v. etrusca, arte).
Durante le lotte di predominio che Roma intraprende nei territori a N del Tevere, nel V-IV sec. a. C., e specialmente dopo la caduta di Veio, l'ambiente falisco manifesta la sua appartenenza all'orbita politica etrusca, senza che ciò significhi assimilazione culturale. La civiltà f. infatti mantiene spiccate caratterizzazioni e differenziazioni nei confronti della civiltà etrusca (v. falisci, vasi), fino al completo assoggettamento del territorio da parte dei Romani.
Bibl.: R. Paribeni, Necropoli del territorio capenate, in Mon. Ant. Lincei, XVI, 1906; D. Randall Mac Iver, Villanovans and Early Etruscans, Oxford 1924, pp. 177-180; L. A. Holland, The Faliscans in Prehistoric Times, in Pap. and Monogr. of the Amer. Acad. in Rome, V, 1925; G. Devoto, Gli antichi Italici, Firenze 1951, pp. 88, 99-100.