Brown, Clarence
Regista statunitense, nato a Clinton (Massachusetts) il 10 maggio 1890 e morto a Santa Monica (California) il 17 agosto 1987. Regista convenzionale, riflessivo, buon creatore di immagini, capace di messe in scena vigorose, B., formatosi nell'epoca del muto, seppe dirigere con tatto e sensibilità le grandi interpreti del cinema statunitense degli anni Trenta e Quaranta, tra le quali Greta Garbo, specializzandosi nei racconti a sfondo psicologico e nei grandi drammi sentimentali. Durante la sua carriera ricevette ben sei nominations all'Oscar, ma un solo premio internazionale, quello per il migliore film straniero, Anna Karenina, ottenuto alla Mostra del cinema di Venezia del 1935.Compiuti gli studi di ingegneria all'università del Tennessee, acquisì una buona competenza tecnica nel ramo automobilistico e nel 1911 fondò una propria compagnia. Nel 1915 scoprì la passione per il cinema e, ceduta la compagnia automobilistica, iniziò un periodo di apprendistato con il regista francese Maurice Tourneur, che aveva conosciuto a Hollywood. Dopo un'assidua collaborazione durata cinque anni, a seguito di una malattia di Tourneur, B. portò a termine The last of the Mohicans (1920; L'ultimo dei Moicani). Con il regista francese firmò altri due film, The great redeemer (1920) e The foolish matrons (1921), e subito dopo realizzò da solo The light in the dark (1922), in cui dimostrò di trovarsi a suo agio con il linguaggio del muto, trasformando, con un uso intelligente della scenografia e delle luci, un intreccio romanzesco e melodrammatico in una sobria divagazione poetica. B. cominciò quindi a lavorare a ritmo serrato e ottenne ottimi risultati con Don't marry for money (1923) e Smouldering fires (1924), che sarebbero diventati dei classici del dramma psicologico. Il primo grande successo arrivò con The eagle (1925; L'aquila, noto anche come L'aquila nera), tratto da un racconto di A.S. Puškin, con Rodolfo Valentino protagonista di un'avventura movimentata e fantasiosa; nello stesso anno passò alla Metro Goldwyn Mayer, dove sarebbe rimasto fino al 1950, diventando uno dei registi più accreditati della major e uno specialista nella direzione di star femminili. In particolare con Greta Garbo nacque un sodalizio che si sarebbe protratto per sette film, il primo dei quali fu Flesh and the devil (1927; La carne e il diavolo), melodramma fiammeggiante che esalta l'erotismo glaciale della Divina con alcune sequenze memorabili. Dopo A woman of affairs (1928; Destino), B. diresse l'attrice in Anna Christie (1930), il suo primo film sonoro, Romance (1930; Romanzo) e Inspiration (1930; La modella), per poi consacrare il suo splendore divistico facendole interpretare in Anna Karenina l'eroina di L.N. Tolstoj, e quindi la moglie di un conte polacco che vuole incontrare Napoleone Bonaparte in Conquest (1937; Maria Walewska). Anche con Joan Crawford si creò un feeling particolare e B. la diresse in cinque film: Possessed (1931; L'amante), Letty Lynton (1932; Ritorno), Chained (1934; Incatenata), Sadie McKee (1934; Tormento), nel quale il gusto del romanzesco risulta fuso con una rigorosa analisi del meccanismo sociale, e The gorgeous hussy (1936; Troppo amata), sfarzosa opera in costume che racconta la vita amorosa della confidente di A. Jackson, settimo presidente degli Stati Uniti.
B. dimostrò sempre una predilezione per il melodramma nelle sue varie sfumature, dall'audace noir A free soul (1931; Io amo), con Clark Gable e Norma Shearer impegnati in scene di esplicita carica sensuale, al sentimentale e intimista Emma (1932; Ingratitudine); da Wife versus secretary (1936; Gelosia), in cui si affronta l'eterno triangolo amoroso all'insegna della gelosia, a Ah! Wilderness (1935) e Of human hearts (1938; Cuori umani), drammi familiari con precise annotazioni sui difficili rapporti padre-figlio. Dopo tanti film realizzati per la MGM, diresse per la 20th Century-Fox Film Corporation The rains came (1939; La grande pioggia), kolossal avventuroso, spettacolare e sentimentale sullo sfondo dell'inondazione dell'India degli anni Trenta, mentre negli anni Quaranta realizzò i suoi film più popolari e commerciali, targati ancora MGM: The white cliffs of Dover (1944; Le bianche scogliere di Dover), melodramma patriottico e strappalacrime, con Van Johnson e Irene Dunne, che si svolge tra la Prima e la Seconda guerra mondiale; National velvet (1944; Gran Premio), con Elizabeth Taylor, edificante e commovente avventura di ambientazione inglese per ragazzi e famiglie; The yearling (1946; Il cucciolo), con Gregory Peck, che racconta in maniera delicata e toccante l'affetto di un ragazzo per un cerbiatto. Dopo Song of love (1947; Canto d'amore), la dignitosa biografia di R.A. Schumann, con Katharine Hepburn nel ruolo della moglie del musicista, girò Intruder in the dust (1949; Nella polvere del profondo Sud), eccellente dramma sociale con una struttura da poliziesco, basata su un romanzo di W. Faulkner, uno dei primi film radicalmente antirazzisti prodotti a Hollywood.Il regista abbandonò il cinema nei primi anni Cinquanta, dopo aver realizzato Plymouth adventure (1952; Gli avventurieri di Plymouth), interpretato da Spencer Tracy, ricostruzione melodrammatica, un po' didattica e patinata, di una pagina importante della storia statunitense: lo sbarco a Plymouth nel 1620 dei padri pellegrini inglesi, tradizionalmente considerato l'atto di nascita della nazione nordamericana.
K. Brownlow, The parade's gone, London 1968.
O. Brion, Clarence Brown: un grand cinéaste intimiste, in "Cinéma", févr. 1979.
G. Cebe et al., Redecouvrir Clarence Brown, in "Ecran", 15 juin 1979, pp. 30-42.
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C. Viviani, Inspiration et romance chez Clarence Brown, in "Positif", mars 1980, pp. 22-25.