Berri, Claude
Nome d'arte di Claude Berel Langmann, regista, produttore e attore cinematografico francese, nato a Parigi il 1° luglio 1934 in una famiglia ebrea, da padre polacco e madre romena. Nel corso di una carriera di diseguale qualità e all'insegna dell'eclettismo, è passato, come regista, dalle commedie autobiografiche di ambiente ebraico ai grandi drammi storici di impronta populista che ne hanno consacrato la fama. Anche come produttore si è diviso tra generi molto diversi, lasciando comunque un segno nel panorama del cinema europeo degli ultimi tre decenni del Novecento. Il suo primo film, il cortometraggio Le poulet, è stato premiato a Venezia nel 1963 e ha vinto l'Oscar per il miglior soggetto di cortometraggio nel 1966.
Durante l'occupazione tedesca fu affidato, sotto falso nome, a una famiglia cattolica. Finita la guerra e abbandonata la scuola a soli quindici anni, lavorò come pellicciaio con i genitori; ma già a partire dal 1951 ottenne piccole parti in alcuni film. Assunto il nome di Berri, dal 1955 iniziò la carriera di attore professionista, prima in teatro e poi anche nel cinema e in televisione. I modesti successi ottenuti lo spinsero a intraprendere anche l'attività di sceneggiatore (prevalentemente per la televisione), finché nel 1963, creata una propria casa di produzione, la Renn Productions, riuscì a dirigere il cortometraggio umoristico Le poulet, in cui già emergono temi che gli saranno familiari, come la nostalgia dell'infanzia e l'osservazione acuta dei piccoli fatti della vita quotidiana. L'Oscar vinto per questo lavoro gli permise di raccogliere fondi sufficienti per un lungometraggio, Le vieil homme et l'enfant (1967; Il vecchio e il bambino), in cui la vicenda di un bambino ebreo ospitato da un vecchio contadino antisemita che ignora la sua vera identità adombra le drammatiche esperienze di B. nel periodo bellico. Nonostante l'entusiastica accoglienza della critica, la natura controversa del soggetto (le complicità francesi con gli occupanti tedeschi) ne impedì per qualche tempo la distribuzione nei normali circuiti.
Negli anni successivi ha proseguito sulla stessa vena autobiografica con commedie agrodolci ambientate nel mondo della piccola borghesia ebraica di Parigi; ne è stato anche produttore, sceneggiatore e spesso interprete (sempre con personaggi che hanno il suo stesso nome), in uno stretto intreccio tra vita e finzione, come già aveva fatto François Truffaut con il personaggio di Antoine Doinel, sua proiezione sullo schermo. Questo filone comprende: Mazel Tov ou le mariage (1968), Le pistonné (1970), Le cinéma de papa (1971), Sex-shop (1972; Quello che già conosci sul sesso e non prendi più sul serio), Le mâle du siècle (1975; Il cornuto scontento), La première fois (1976). Il relativo insuccesso degli ultimi film e la stanchezza di una formula ripetitiva lo hanno spinto a cambiare ambientazione, pur all'interno dello stesso genere: avvalendosi del comico Coluche (anche in un ruolo drammatico), ha diretto due 'commedie sociali' di vita popolare che hanno riscosso uno straordinario successo, Le maître d'école (1981) e Tchao pantin (1983; Ciao, amico). Il vero salto di qualità si è però verificato nel 1986 con Jean de Florette e la sua continuazione Manon des sources (Manon delle sorgenti) che, tratti da un romanzo di M. Pagnol, raccontano con toni melodrammatici le lotte per una sorgente d'acqua nella Provenza de-gli anni Venti del Novecento. La serie positiva è poi proseguita con Uranus (1991), da un libro di M. Aymé, Germinal (1993), dal romanzo di É. Zola, e Lucie Aubrac (1997). Sono vasti affreschi storici in costume, di grande impegno civile ma non esenti da retorica, e ricavati in genere, con la sceneggiatura dello stesso B., da opere letterarie ben note. Essi lo hanno lanciato sulla ribalta internazionale, facendone per oltre un decennio uno dei principali esponenti del tentativo francese di combattere la concorrenza americana mediante grandi melodrammi popolari di qualità. Con il film La débandade (1999), di cui è il protagonista, è ritornato alle atmosfere dei suoi esordi, accentuandone i risvolti autobiografici e i toni amari e grotteschi.
Dall'inizio degli anni Settanta ha esteso la sua attività di produttore alle opere di altri registi, diventando a partire dalla fine degli anni Ottanta uno dei più importanti produttori indipendenti europei e svolgendo così un significativo ruolo nella rinascita artistica e commerciale del cinema francese. In tale veste, ha infatti alternato film coraggiosi e a basso costo e coproduzioni multinazionali destinate a un pubblico più vasto.
G. Delvaud, Claude Berri ou l'art de ne pas bouger, in "Cahiers du cinéma", janvier 1980; M. Buckley, Claude Berri, in "Films in review", January 1988; S. Boquoi-Seifert, Metamorphosen der siebten Kunst: französische Romane des 19. Jahrhunderts in ihrer filmischen Umsetzung, Bonn 1998.