LE JEUNE, Claude
Musicista, nato a Valenciennes verso il 1525 (secondo altri nel 1523 o nel 1528), morto a Parigi il 25 settembre 1601. Forse verso il 1550 passò a Parigi. Già qualche anno dopo, egli si fece un nome negli ambienti ugonotti (fino dalla sua giovinezza egli era calvinista) e pubblicò canti in raccolte collettive. Nel 1570 egli era maestro di musica del duca d'Angiò, che nel 1574 doveva essere coronato re col nome di Enrico III. A corte il L. svolse attività di grande importanza, specialmente in seno all'Académie du Palais fondata e protetta dallo stesso Enrico III.
Egli ebbe ad assecondare le ricerche del poeta J.-A. de Baïf, che introduceva nella poesia francese versi misurati all'antica, imitando così analoghi tentativi compiuti in Italia. Tale sistema comportava per il musicista la soppressione della battuta, mentre si ponevano note a valori lunghi sulle sillabe lunghe, note a valori brevi sulle brevi, ottenendo effetti ritmici assai varî e originali. Il Le J. in questo genere tutto proprio della scuola di Parigi (nel quale si segnalarono anche J. Mauduit e F.-E. Ducaurroy) raggiunse un alto livello d'arte. La sua Primavera sorprende ancora oggi per la grazia della melodia, per la fluida e armoniosa polifonia e per la sottile varietà del ritmo. In versi misurati egli compose anche 150 salmi, che divennero presto popolari. Nella sua vasta produzione troviamo anche salmi a 2, 3, 4, 5 e 7 voci, riuniti sotto il titolo di Dodecacordo (in ragione della loro disposizione che corrispondeva ai dodici modi), numerose canzoni francesi e arie di corte a 4 e 5 voci, una messa, oltre mottetti per coro grande e piccolo, madrigali italiani formalmente assai raffinati, arie e canzoni contenuti in raccolte intitolate Meslanges.
Questa produzione immensa, nella quale il Le J. appare come il più sottile contrappuntista della scuola francese nel secondo '500, rischiò di perdersi completamente durante le guerre di religione. Nel 1590, durante l'assedio di Parigi, egli fu arrestato, in seguito a una denuncia, quale ugonotto e nemico della Lega, e condotto a un corpo di guardia. Insieme con lui furono portati colà anche i suoi manoscritti, e si parlava già di gettarli alle fiamme, quando intervenne il compositore Mauduit (il quale aveva un impiego civile), che propose di leggere questi manoscritti per cercare se contenessero alcunché di sedizioso. Il Mauduit fece così bruciare tutte le carte che potevano rappresentare un pericolo per il suo collega, salvando invece i manoscritti musicali e lo stesso autore, che egli fece evadere. Sembra del resto che il Le J. avesse già dovuto lasciare Parigi, per le sue opinioni religiose, poiché nel 1578 lo troviamo alla corte di Guglielmo d'Orange in Olanda. Nell'81 egli era rientrato nelle grazie della corte e prese parte alle feste che in quell'anno furono date in occasione delle nozze del duca di Joyeuse, favorito di Enrico III. Morto quest'ultimo, con l'avvento di Enrico IV il Le J. divenne compositore di camera del re, carica nella quale gli successe N. Guédron nel 1601.
La gloria del Le J. con gli anni non fece che aumentare, e del resto la maggior parte della sua produzione fu edita postuma, grazie alle cure della sorella Cecilia. La sua musica si diffuse ovunque e rimase popolare almeno per tutto il primo terzo del secolo XVII. Oggi essa è tornata in onore in virtù delle pubblicazioni e delle esecuzioni curate da H. Expert. Studiando la musica del Le J., si deve ammirarne la maestria e la varietà nei generi più diversi, dal madrigale italiano alla fantasia per viole, dalla canzone francese al mottetto latino contrappuntistico, dai salmi in scrittura armonistica a quelle musiche misurate all'antica che resteranno il maggiore titolo di gloria del Le J. e alle quali lo stesso C. Monteverdi sembra volersi ispirare nella composizione dei suoi Scherzi musicali.