Sautet, Claude
Regista e sceneggiatore cinematografico francese, nato a Montrouge (Hauts-de-Seine) il 23 febbraio 1924 e morto a Parigi il 22 luglio 2000. Dopo essersi cimentato nel poliziesco, a partire dai primi anni Settanta si rivelò un finissimo osservatore della coppia borghese, con film permeati da tematiche quali l'amicizia, l'amore, la morte, il tempo che passa, e segnati da una particolarissima attenzione alle 'vecchie verità del cuore', all'incertezza dei rapporti sociali e affettivi, ai conflitti fra idealismo e realtà. Tra i riconoscimenti ottenuti, un premio Louis Delluc per Les choses de la vie (1970; L'amante), una nomination all'Oscar nel 1980 come miglior film straniero per Une histoire simple (1978; Una donna semplice), un Leone d'argento come miglior film alla Mostra del cinema di Venezia per Un cœur en hiver (1992; Un cuore in inverno), ancora un Delluc per Nelly et Monsieur Arnaud (1995; Nelly e Monsieur Arnaud). Per questi ultimi due film (che ricevettero anche il David di Donatello come migliori film stranieri) a S. fu assegnato anche un César come miglior regista.
Figlio di un uomo d'affari, dopo studi di pittura e scultura all'école nationale supérieure des arts décoratifs di Parigi frequentò i corsi dell'IDHEC (1946-1948) e fu critico musicale per il quotidiano "Combat" (1947-1949). Lavorò successivamente in televisione come assistente alla produzione.
Dal 1949 cominciò a lavorare nel cinema come assistente alla regia (tra gli altri, di Claude Autant-Lara); quindi dal 1951 divenne aiuto regista (di Georges Franju, di édouard Molinaro e, non accreditato, di Jacques Becker) e dal 1959 sceneggiatore. In quest'ultima attività fu estremamente prolifico, alternando film puramente commerciali (che spesso non firmò) ad altri di più alto livello, come Les yeux sans visage (1960; Occhi senza volto) di Franju, Mise à sac (1967; Una notte per cinque rapine) di Alain Cavalier e, non accreditato, Le voleur (1967; Il ladro di Parigi) di Louis Malle e Le soleil des voyous (1967; Il più grande colpo del secolo) di Jean Delannoy.
Come regista, dopo il cortometraggio sperimentale Nous n'irons plus au bois (1951), esordì nel lungometraggio con la commedia burlesca Bonjour sourire (1956), che passò del tutto inosservata. Con Classe tous risques (1960; Asfalto che scotta) e L'arme à gauche (1965; Corpo a corpo), interpretati da Lino Ventura e tratti rispettivamente dall'omonimo romanzo di José Giovanni e da Aground di Charles Williams (entrambi gli scrittori collaborarono all'adattamento e ai dialoghi), s'impose all'attenzione della critica, che vide in lui un possibile rinnovatore del poliziesco francese. Ammiratore del Neorealismo ma anche influenzato da Becker, in questi due film d'azione modellati sul cinema statunitense S., che partecipò alla realizzazione della sceneggiatura (come per quasi tutte le sue successive opere), riuscì a conciliare la tensione con l'approfondimento psicologico.
Ma la vera svolta della sua carriera giunse con Les choses de la vie, dal romanzo di P. Guimard. Storia intimista e sobria di un uomo incerto tra due donne, ottenne un tale successo di pubblico e di critica (nel 1994 fu girato un remake, Intersection, Trappola d'amore, diretto da Mark Rydell) da spingere S. ad abbandonare il lavoro di sceneggiatore per altri cineasti e a dedicarsi interamente alla regia. Con questo film S. inaugurò anche il sodalizio artistico con lo sceneggiatore Jean-Loup Dabadie e gli attori Romy Schneider e Michel Piccoli, presenti, al pari di Yves Montand, in quasi tutte le sue opere degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta. Da allora firmò in media un film ogni due anni, con risultati non sempre ugualmente felici.
Si susseguirono così: Max et les ferrailleurs (1971; Il commissario Pellissier), dal romanzo di Claude Néron (che partecipò alla sceneggiatura, come anche a quella dei tre film successivi), che descrive personaggi immersi in un mondo di tenebre, e rappresentò per S. l'ultima incursione nel poliziesco; César et Rosalie (1972; È simpatico ma gli romperei il muso), commedia sentimentale su due amici rivali in amore; Vincent, François, Paul et les autres (1974; Tre amici, le mogli e ‒ affettuosamente ‒ le altre), dal romanzo La grande marrade di Néron, elegante ricamo sulla malinconia dei delusi e le ferite della convivenza; Mado (1976), approfondito confronto tra una prostituta e un affarista misogino; Une histoire simple, 'commedia drammatica' che disegna un bel ritratto femminile, dagli squisiti accenti di verità. Una pausa nella sua crescita artistica fu rappresentata da Un mauvais fils (1980; Una brutta storia), tratto dal racconto di Daniel Biasini (scrittore anche in questo caso coinvolto nel lavoro di sceneggiatura), un melodramma sul difficile reinserimento di un ex carcerato, e Garçon! (1983), malinconico ritratto di un uomo qualunque.
S. toccò la vetta della sua arte con gli ultimi tre film, che videro un suo nuovo sodalizio artistico, quello con lo sceneggiatore Jacques Fieschi e con gli attori Daniel Auteil ed Emmanuelle Béart: Quelques jours avec moi (1988; Qualche giorno con me), dal romanzo di J.-F. Josselin, cupo viaggio nella nebbia dei sentimenti e nella difficoltà del vivere interpretato da Daniel Auteil; il raffinato Un cœur en hiver, storia dell'ineffabile rapporto fra un liutaio (ancora Auteil) e una giovane violinista (Emmanuelle Béart), e capolavoro di psicologia condotto con la misura dei classici, che, grazie anche alla musica di M. Ravel, confermò la sua vocazione a equiparare la struttura di un film a una partitura; Nelly et Monsieur Arnaud, commedia sull'amore impossibile fra un vecchio giudice (Michel Serrault) e una giovane donna (di nuovo la Béart), in cui raggiungono esiti memorabili il virtuosismo del ritrattista, la 'logica sotterranea' da lui perseguita, la sapienza nel dirigere gli attori.
Su S. è stato girato il documentario Claude Sautet ou la magie invisible (2004) di Nguyen Trung Binh.
J. Korkmaz, Le cinéma de Claude Sautet, Paris 1985.
M. Boujut, Conversations avec Claude Sautet, Lyon-Arles 1994.
Claude Sautet, a cura di G. Pedullà, Roma 1996.
G. Langlois, Claude Sautet: les choses de sa vie…, Paris 2002.