Cardinale, Claudia
Attrice cinematografica, nata a Tunisi il 15 aprile 1938 da una famiglia di emigranti siciliani. Con la sua bellezza tipicamente mediterranea ha saputo conquistare sia il pubblico, italiano e internazionale, sia registi e intellettuali di rilievo, imponendo una complessa immagine di donna, a volte dotata di spontaneità, a volte caratterizzata da una classica compostezza. Tra i numerosi premi che hanno sancito il riconoscimento di alcune sue interpretazioni, da segnalare i tre David di Donatello e i tre Nastri d'argento, oltre al Leone d'oro alla carriera conferitole alla Mostra del cinema di Venezia nel 1993 e il David, anch'esso alla carriera, del 1997.
Preso un diploma da maestra, nel 1957 durante una festa dell'Unitalia fu eletta 'la più bella italiana di Tunisi', guadagnandosi un soggiorno di tre giorni alla Mostra di Venezia. Dopo un passaggio al Centro sperimentale di cinematografia di Roma e una piccola parte nel film franco-tunisino Goha (1959; I giorni dell'amore) di Jacques Baratier, fu scritturata dalla Vides di Franco Cristaldi (sposato poi nel 1967), che ne curò con oculata gradualità la formazione professionale e il lancio pubblicitario per affidarle, nel triennio 1958-1960, parti di secondo piano in Tre straniere a Roma (1958) di Claudio Gora, I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, La prima notte (1959) di Alberto Cavalcanti, Un maledetto imbroglio (1959) di Pietro Germi, Il magistrato (1959) di Luigi Zampa, Audace colpo dei soliti ignoti (1959) di Nanni Loy, Vento del sud (1960) di Enzo Provenzale, oltre a Upstairs and downstairs (Su e giù per le scale) di Ralph Thomas, realizzato nel 1960 in Inghilterra.Nel triennio 1960-1962, nel contesto di una cinematografia italiana in forte ripresa (quasi cinquecento film in tre anni), la giovane attrice, sostenuta da una strenua volontà, raggiunse risultati sempre più convincenti. Nel 1960 ottenne infatti piccole parti in film importanti di grandi registi del passato (Austerlitz, Napoleone ad Austerlitz, di Abel Gance) e del presente (Rocco e suoi fratelli, di Luchino Visconti), oltre a recitare in I delfini del giovane Francesco Maselli. Sempre in quell'anno ebbe un ruolo di spicco, accanto al protagonista Marcello Mastroianni, in Il bell'Antonio di Mauro Bolognini che, sia pure in modo decorativo, riuscì a esaltarne la bellezza ancora acerba intrisa di scontroso sex appeal, qui come nei successivi La viaccia (1961), cui diedero notevole contributo i costumi di Pietro Tosi e la fotografia in bianco e nero di Leonida Barboni, e Senilità (1962); in questo film, sebbene diversa dal personaggio del romanzo di I. Svevo, fu una smagliante Angiolina con la frangetta alla Louise Brooks, dietro il cui sorriso affiora una sottile crudeltà. Tuttavia, guidandola magistralmente, era stato Valerio Zurlini a offrirle un memorabile personaggio che le aveva anche fatto ottenere il suo primo David di Donatello: Aida, protagonista di La ragazza con la valigia (1961), ballerina di poco conto alla deriva, in coppia con il tenero e cavalleresco Lorenzo (Jacques Perrin) in quella che, nella sua struggente malinconia, costituisce una delle più belle storie d'amore del cinema italiano. La C. venne inoltre aiutata a disegnare il suo personaggio dalla voce di Adriana Asti, con le sue cadenze lombarde.Dopo aver preso parte a 8 1/2 (1963) di Federico Fellini ‒ che ne caricò l'epifania di valenze simboliche ‒ e a Il Gattopardo (1963) di Visconti ‒ in cui, nel ruolo di Angelica, è un'apparizione vitale, forte della sua prorompente giovinezza ‒ la C. fu protagonista di La ragazza di Bube (1963) di Luigi Comencini, dove poté liberamente dare vita al personaggio di Mara con la sua voce roca. L'interpretazione le valse la Grolla d'oro a Saint Vincent e il Nastro d'argento come migliore attrice, e l'aiutò a conferire alla sua recitazione, svincolata dalla condizione del doppiaggio, una sensualità ancora più forte. E, non a caso, sarà ancora Comencini a offrire nel 1986, a una C. ormai matura, l'occasione di un'altra memorabile interpretazione, quella della fragile Ida, maestrina ebrea, madre del piccolo Useppe, nel film televisivo La Storia tratto dal romanzo di E. Morante.D'altra parte nessun'altra attrice nell'arco della sua carriera ha impersonato tanti personaggi appartenenti alla narrativa italiana del Novecento, divenendo l'immagine femminile di riferimento per gli intellettuali e per un cinema raffinato e di matrice letteraria. Dopo aver cominciato nel 1959 con Un maledetto imbroglio (dal romanzo di C.E. Gadda), continuò successivamente con Il bell'Antonio (da V. Brancati), La viaccia (da M. Pratesi), Senilità, Il Gattopardo (dal romanzo di G. Tomasi di Lampedusa), La ragazza di Bube (da C. Cassola); e ancora Gli indifferenti (da A. Moravia), diretto nel 1964 da F. Maselli; Il giorno della civetta, interpretato nel 1968 per la regia di Damiano Damiani (sebbene nel romanzo di L. Sciascia il personaggio della C. non ci sia); La pelle (da C. Malaparte), film del 1981 di Liliana Cavani che le valse il Nastro d'argento come migliore attrice non protagonista; sino a Enrico IV (1984) di Marco Bellocchio (da L. Pirandello) e a La donna delle meraviglie (1985) di Alberto Bevilacqua (dal suo stesso romanzo). Soltanto due, invece, sono stati i personaggi storici, se non si considerano le prestazioni televisive: la bella e scostumata Paolina Bonaparte in Austerlitz, e Claretta Petacci, l'amante di B. Mussolini nel discusso lavoro di Pasquale Squitieri (suo secondo marito), Claretta (1984), la cui interpretazione le valse il Nastro d'argento.
La C. ha avuto un cammino di successo, segnato non solo dal fatto di rappresentare un moderno tipo di diva, ma anche dalle scelte di qualità e quindi dalla possibilità di lavorare con quasi tutti i maggiori registi italiani che hanno visto in lei una ricchezza di sfumature espressive, coniugata con una fisicità intensa e misteriosa. Tornò ancora a lavorare con Visconti per Vaghe stelle dell'Orsa (1965) e per Gruppo di famiglia in un interno (1974), ed ebbe parti di diverso rilievo e spessore in un episodio di Le fate (1966), Fata Armenia, diretto da Monicelli, in Una rosa per tutti (1967) di Franco Rossi, in C'era una volta il West (1968) di Sergio Leone e in L'udienza (1972) di Marco Ferreri. Fu anche protagonista in film come Certo, certissimo… anzi probabile (1969), una commedia di Marcello Fondato, dove faceva coppia con Catherine Spaak, e in Libera, amore mio! (1975) di M. Bolognini in cui affrontava un impegnativo ruolo drammatico, senza però ottenere i consensi meritati. Ha preso parte, inoltre, a numerosi film hollywoodia- ni (il migliore, The professionals, 1966, I professionisti, di Richard Brooks), inglesi e francesi (anche in coppia con Brigitte Bardot per Les pétroleuses, 1971, Le pistolere, di Christian-Jaque, a ricreare il contrasto tra due tipi diversi di fascino così spesso contrapposti sui rotocalchi), ma quasi sempre con personaggi secondari e decorativi come nei due lavori di Blake Edwards (The pink panther, 1964, La pantera rosa, e The son of the pink panther, 1993, Il figlio della pantera rosa), in Krasnaja palatka (1969; La tenda rossa) di Michail Konstantinovič Kalatozov, in Fitzcarraldo (1981) di Werner Herzog e in L'été prochain (1985) di Nadine Trintignant.La C. si è rivelata attrice duttile, forte nell'istinto, sostenuta da un'ineccepibile disciplina professionale, priva di vezzi divistici, alla quale, soprattutto nella seconda parte della sua carriera, il cinema italiano non ha saputo offrire ruoli importanti, in grado di sfruttare le variegate capacità interpretative. Per questo, dagli anni Novanta, ha lavorato soprattutto all'estero (588 rue Paradis, 1992, di Henri Verneuil, o Sous le pied des femmes, 1997, di Rachida Krim), e in televisione (Nostromo, 1996, di Alastair Reed). *
V. Lilli, Claudia Cardinale, Roma 1961.
A. Moravia, Claudia Cardinale, Roma 1962.
Claudia Cardinale in Claretta, in "Cinema nuovo", giugno 1984, pp. 55-60.
G. Legrand, Ph. Rouyer, Notes pour un portrait. Entre Luchino Visconti et Blake Edwards, in "Positif", décembre 1992.