Claudiano
. Sulla presenza di echi di C. nell'opera dantesca sembra si possa dare ancor oggi la risposta sostanzialmente negativa, che diede a suo tempo il Toynbee (Was Dante acquainted with Claudian?, in " The Academy " XLIV [1893] 488-489, poi in Dante Studies and Researches, Londra 1902, 282-283). È vero che nell'epistola a Guido da Polenta (Ep VIII nell'ediz. Fraticelli) è citato, attribuito a Virgilio, un emistichio (" minuit praesentia famam ") del De Bello Gildonico di C. (v. 385 dell'ediz. Birt); ma la lettera è oggi ritenuta unanimemente spuria (a me sembra però, così come già ad altri, che questo errore di attribuzione non abbia un gran peso nel problema dell'autenticità dell'epistola: cfr., ad esempio, l'osservazione dello Schück, Dantes classische Studien und Brunetto Latini, in " Neue Jahrbücher für Philologie und Paedagogik " XCII [1865] 262-263). Piuttosto, è notevole che il motivo dell'emistichio claudianeo sia svolto in Cv I III 5-6 e IV 1-12: ma D. può averne avuto conoscenza attraverso raccolte di sententiae o di exempla: contro l'affermazione di M. Scherillo (Alcuni capitoli della biografia di D., Torino 1896, 426-427), essere C. " sconosciuto... ai centonisti ", cfr. J.-Th. Welter, L'exemplum dans la littérature religieuse et didactique du Moyen Age, Parigi-Tolosa 1927, passim; la spiegazione che il Toynbee propone dell'introduzione nell'epistola della citazione errata da parte del falsario sembra troppo macchinosa). Segnaliamo qui che G. Busnelli e G. Vandelli nella loro edizione commentando Cv I III 5 citano C., rimandando però ai luoghi citati dello Scherillo (studioso propenso a ritenere C. ignoto a D.) e del Toynbee; altrove invece (Il Convivio di D. e un suo nuovo commento, in " La Civiltà Cattolica " LXXXVI 1 [1935] 135), il Busnelli elenca senz'altro anche C. fra le fonti dell'opera.
Prese forse D. da C. (De Bello Pollentino sive Gothico, 75) il nome di Efialte (If XXXI 94)? Il Toynbee lo nega, osservando giustamente che tale nome compare anche al v. 235 del Culex (ediz. Clausen), e in Servio (ad Georg. I 280 e ad Aen. VI 775 [citato dal Toynbee come 776: più acconcia sarebbe stata la citazione di ad Aen. VI 582]: sulla stessa posizione lo Scherillo [op. cit., pp. 425 ss.], che cita, oltre al Culex, altre possibili fonti, in nessuna delle quali, però, il nome di Efialte è fatto esplicitamente).
Nei suoi Studi su Dante (Firenze 1900, 112), R. Fornaciari cita i versi di C. (In Rufinum I 123 ss.) che ricordano un viaggio di Ulisse ai confini dell'Oceano e il suo colloquio con i morti: siamo però nell'ambito delle " tradizioni leggendarie derivate dall'episodio omerico della discesa dell'eroe agli Inferi, al fine di interrogare Tiresia " (Pagliaro, Ulisse 406), per le quali abbiamo numerose testimonianze nel mondo antico e medievale. Nessuna luce quindi può derivare da questo passo per la soluzione del nostro problema.
Una notevole suggestione, invece, esercita l'ipotesi, peraltro esclusa dal Toynbee, che nell'episodio dell'incontro di D. con Matelda (Pg XXVIII), accanto a quello, unanimemente ammesso, di Ovidio (Met. V 385 ss.; M. Settineri, Influssi ovidiani nella D.C., in " Siculorum Gymnasium " n.s. XII [1959] 62, aggiunge - sulle orme di E. Proto, D. e i poeti latini, in " Atene e Roma " XII [1909] col. 288 - Fasti IV 425-430 e 437-442), sia presente l'influsso di alcuni luoghi del De Raptu Proserpinae di C.: non tanto in quel paragone Matelda-Proserpina che è stato definito " die schönste konzentrierende Erneuerung eines Ovidischen Mythus " (H. Gmelin, Konzentrierende Imitatio in der Góttlichen Komödie, in " Syntactica und Stilistica, Festschrift für E. Gamillscheg ", Tubinga 1957, 175: cfr. anche A. Ronconi, Per D. interprete dei poeti latini, in Filologia e Linguistica, Roma 1968, 216, già in " Studi d. " XLI [1964] 23-24), quanto in alcuni particolari della descrizione del Paradiso terrestre, per i quali naturalmente andrà verificata anche la presenza di fonti teologiche e scientifiche. Pensiamo al motivo della straordinaria trasparenza delle acque del Lete (Pg XXVIII 28 ss.): cfr. De Raptu Proserpinae II 112 ss. " Haut procul inde lacus (Pergum dixere Sicani) / panditur et nemorum frondoso margine cinctus / vicinis pallescit aquis: admittit in altum / cernentes oculos et late pervius umor / ducit inoffensos liquido sub flumine visus / imaque perspicui prodit secreta profundi " (che nulla nasconde: potrebbe però essere qui Ovidio fonte comune a C. e a D.: cfr. Met. V 587 ss. " Invenio sine vertice aquas, sine murmure euntes, / perspicuas ad humum, per quas numerabilis alte / calculus omnis erat, quas tu vix ire putares "). Così in Pg XXVIII 109 ss., la diffusione nell'altra terra, ad opera dell'aria, del seme delle piante che formano la selva dell'Eden, richiama alla mente De Raptu Proserpinae II 88 ss., l'azione fecondatrice che Zefiro svolge su preghiera di Enna (ma cfr. anche qui, sia pure in diversità di particolari, Met. V 655-656 " Dona fero Cereris, latos quae sparsa per agros / frugiferas messes alimentaque mitia reddant ").
Tracciando le linee di una tradizione le cui prime manifestazioni egli coglie nell'Odissea omerica, E. Coli (Il Paradiso Terrestre dantesco, Firenze 1897, 171) cita la " pittura che Claudiano fa dell'Olimpo " (Panegyricus dictus Manlio Theodoro consuli, 206-210) " ut altus Olympi / vertex, qui spatio ventos hiemesque relinquit, / perpetuum nulla temeratus nube serenum / celsior exurgit pluviis auditque ruentes / sub pedibus nimbos et rauca tonitrua calcat "; versi che ci richiamano alla mente Pg XXI 43 ss. e XXVIII 97 ss.
Ricordiamo infine per completezza che O. Ferrari (Il mondo degl'Inferi in Claudiano, in " Athenaeum " IV [1916] 336-337) giudica quella di In Rufinum II 482-490 " una pena che prelude lontanamente al contrappasso in Dante ".
Bibl. - Oltre alle opere citate nel testo, cfr. E. Moore, Studies in D., s. 1, Oxford 1896, 239-240 (anche il Moore non crede che D. conoscesse C.: Pd XVIII 73 ss. sarebbe derivato da Lucano V 711-716, anche se il motivo delle gru che, nelle loro migrazioni, " effingunt varias casu monstrante figuras ", torna in C. De Bello gildonico 475-478, passo nel quale l'influsso di Lucano è evidente [C. ha tenuto presente, sembra, anche Lucano VII 832-834]); P. Renucci, D. disciple et juge du monde grécolatin, Parigi 1954, 358; D. Romano, C., Palermo 1958 (nulla sui rapporti fra C. e D. nell'appendice " Linee d'una storia della fortuna di C. ", 143 ss.). Secondo A. Torri, Epistole di D.A. edite e inedite..., Livorno 1842, 71, dell'errore di attribuzione contenuto nell'epistola a Guido da Polenta si accorse già A.M. Biscioni, Prose di D.A. e di Messer Gio. Boccacci, Firenze 1723, 368, mentre il merito della restituzione a C. sarebbe di M. Foscarini, Della letteratura veneziana libri otto, I, Padova 1752, 319 n. 276. Per una spiegazione della genesi dell'errore, cfr. A. Mancini, Osservazioni su la lettera a Guido da Polenta, in " Rendic. Accad. Lincei " s. 8 VI (1951) 363.