CUCCHI, Claudina
Figlia di Giuseppe e di Colomba Obliati. Quasi certamente nacque a Monza (Milano) il 6 marzo 1834, anche se suoi biografi, come lo Schmidl e il Regli, anticipano la data al 24 marzo 1828. Nella autobiografia dal titolo Venti anni di palcoscenico, edita nel 1904 a Roma, la C., considerando del tutto marginali le tappe della pur notevole carriera artistica, si esalta e si dilunga nel vanitoso ricordo dei suoi incontri con prestigiosi personaggi del tempo e nella puntigliosa classificazione delle molte persone con cui aveva intrattenuto rapporti per lo più sentimentali.
Questo libro di memorie, scritto nel periodo in cui la C. già si dibatteva in gravi difficoltà economiche, è viziato da uno scoperto sapore di rimpianto e di ricercato perbenismo, ma rimane tuttavia un raro esempio di testimonianza diretta di un costume e di un ambiente sociale in cui una ballerina di successo era il fulcro intorno al quale ruotava un mondo edonistico e mondano. "Cominciò nella natia Monza ballando con grazia istintiva in strada davanti ad organetti girovaghi" (L'Illustrazione italiana, 16 marzo 1913) e "fu la Foco [Sofia Fuoco] che mi iniziò ai primi passi della danza e che incoraggiò i miei parenti a scegliermi tale carriera riconoscendo le mie buone attitudini, fin quando contavo 6 anni" (Venti anni di palcoscenico, p. 5).
Fu iscritta a sette anni alla scuola di ballo del teatro alla Scala di Milano, dove ebbe per un breve periodo come maestri C. Blasis e sua moglie A. Ramaccini ed in seguito, per svariati anni, A. Huss. Partecipò anche ad alcuni corsi tenuti da G. Casati e P. Borri, che rimasero poi, negli anni del suo maggiore fulgore, i suoi coreografi preferiti. Le prime apparizioni sulle scene della Scala iniziarono nel 1848 quando il suo nome figura per la prima volta tra le allieve che partecipano ai balletti (P. Cambiasi, La Scala 1778-1906, p. 380). Nel dicembre 1849 danzò da solista in un passo a tre del balletto Giovanni di Leida di G. Casati. La C. rimase alla scuola di ballo fino al 1853, anno in cui, divenuta "emerita onoraria" per essere stata la migliore allieva del corso, le fu consentito di ricoprire ruoli da prima ballerina alla Canobbiana in alcuni balletti ed alla Scala, ove ottenne una parte importante ne Un fallo di G. Rota.
Alla fine dell'anno 1854 la C. abbandonò le prove di Shakespeare o Una notte d'estate, nel quale sarebbe stata protagonista, per fuggire a Parigi insieme con il conte C. Locatelli, costretto ad espatriare per sottrarsi ai suoi creditori. Il soggiorno parigino fu agli inizi irto di difficoltà che scomparvero quando G. Verdi, che la conosceva dal tempo in cui bambina faceva parti di paggetto nelle sue opere, la scelse per interpretare la pprte della Primavera nel ballo Le quattro stagioni inserito nei Vespri siciliani, dato in prima assoluta il 13 giugno 1855 alla Académie de Musique di Parigi. Il successo, che la C. ottenne per tutto il tempo delle repliche dell'opera, si protrasse anche ne Le Corsaire di J. Mazilier (Parigi, Opéra, gennaio 1856), dove, come scrive C. W. Beaumont, "the part of the slave, GuInare, taken by M.lle Couqui, could not fall into better hands. Her reputation cannot but gain by this creation in which she revealed the measure of real talent" (Complete Book of Ballet, p. 261). Il successo riscosso le procurò buone proposte di lavoro tra cui un favorevolissimo ingaggio per il Brasile che tuttavia la C. rifiutò. Si concretò invece la scrittura come prima ballerina di rango francese offertale da B. Merelli, già direttore della Scala ed al momento organizzatore dell'opera italiana al teatro Imperiale di Vienna. La C. fece il suo esordio con La figlia del bandito, di J. Perrot (1856); a questo balletto ne seguirono altri quarantacinque, dei quali molti composti proprio per lei da affermati coreografi.
Tra quelli di maggior successo, la C. ricorda, senza però datarli: La fata azzurrina di G. Casati, Flik e Flok di F. Taglioni, La contessa d'Egmont di G. Casati, Monte Cristo di G. Rota, Satanella di P. Taglioni, Una notte di carnevale a Parigi di P. Borri, Il sogno di una notte d'estate, di G. Casati, Sardanapalo di P. Taglioni, La figlia della foresta di A. Pallerini, La silfide a Pechino di G. Rota, La grotta d'Adelberga di A. Pallerini, L'arpa incantata di G. Casati e Iuliska di G. Golinelli (ma di cui la C. si attribuisce la coreografia).
La C. rimase alla Hofoper dal 1857 al 1868 ed i periodi di ferie, di circa tre mesi l'anno, erano da lei utilizzati per compiere numerose tournées che la portarono, oltre che in molte città italiane e dell'Impero austro-ungarico, anche a Berlino, Londra, Pietroburgo, Varsavia. Molta parte delle memorie è stata dedicata agli incontri che ebbe nelle città visitate con regnanti, aristocratici, banchieri ed artisti, ed essa non dimentica mai di citare le frasi apologetiche che questi personaggi usavano rivolgerle. Ma non tutte queste tournées ebbero successo, soprattutto quelle effettuate in Italia, dove il confronto con altre eccellenti danzatrici era per lei piuttosto svantaggioso. La fama tuttavia del personaggio da lei creato e la curiosità di conoscerlo riempivano i teatri, malgrado le tiepide recensioni.
Se nei dieci anni trascorsi al teatro Imperiale la C. aveva saputo accattivarsi l'adorazione dei Viennesi, il suo ritorno in patria fu amareggiato da un esasperato sentimento nazionalistico che spingeva le platee italiane ad accoglierla con l'epiteto di "austriacante", in quanto era stata preceduta dalla diceria di essere stata l'amante di Francesco Giuseppe (se "non ebbe, come taluni credono, gli omaggi teneri del vecchio imperatore, ... accese una rapida passione nel cuore dei rigido Arciduca Alberto": Illustrazione ital., 1913).
L'inizio della parabola discendente della carriera della C. potrebbe coincidere con la sua esibizione a Pietroburgo, dove, nonostante le calorose accoglienze da parte della famiglia dello zar Alessandro e il successo assicurato su cui potevano contare gli artisti occidentali, la critica si espresse con una certa riserva, riportata da S. Lifar: "Au printemps 1866, enfin, l'on vit arriver une prétendue célébrité, Claudine Cucchi. Le 7 avril elle parut dans Catarina puis, le 19 avril dans Esmeralda et, les deux fois, c'est tout juste si les Russes ne la sifflèrent pas ..." (Histoire du Ballet Russe, pp. 101 s.).
Dopo una serie piuttosto travagliata di spettacoli effettuati tra il 1869 e il '71 a Venezia, Trieste, Milano, Treviso, Genova e Firenze, la C. fece una fortunata stagione al Cairo, dove poté godere della munifica protezione del khedive Ismá'il pascià (372). Nello stesso anno comparve a Padova per il solo balletto Brahma di I. Monplaisir, per poi tornare in Austria per dieci rappresentazioni straordinarie. Agli inizi della stagione '72-'73 la C. partecipò al S. Carlo di Napoli ad una serie di balletti e successivamente al teatro Argentina di Roma, città nella quale concluse la carriera nella stagione '73-'74 al teatro Tordinona. Abbandonata la danza sposò il barone F. Zemo dal quale si divise non molto tempo dopo. Ritiratasi nella sua splendida villa di Milano in via dei Cappuccini, godeva delle cospicue rendite che le venivano da una grande tenuta presso Agliè che le era stata donata dall'arciduca Alberto.
L'agiatezza su cui poteva contare per trascorrere serenamente la sua vecchiaia sfumò ben presto, allorquando si lasciò trascinare in una relazione sentimentale con un certo G. Stampa, che contribuì alla sua rovina assecondandola sulla china della dissipazione e dell'alcoolismo. Tentò con l'apertura di una modesta e poco frequentata scuola di ballo di arginare le sue difficoltà economiche, ma, fallita presto questa, iniziativa, si lasciò andare alla deriva come R. Simoni descrive efficacemente: "L'ho rivista un giorno mentre ciabattava nel fango nei dintorni della stazione, senza cappello, tutta brandelli e sbrindelli e zacchere, con cernecchi grigi che le dondolavano umidicci sul volto, logora, spaurita, cenciosa, ma ancora col corpo diritto, ancora coi passo elegante..." (cit. in Bazzetti, p. 153).
La C. morì l'8 marzo 1913 all'ospizio Trivulzio di Milano, dove l'avevano fatta ricoverare.
Il fratello della C., Leopoldo, soprannominato il Poldino, fu anch'egli un ballerino di notevole talento, attivo alla Scala, in alcuni teatri dell'Italia settentrionale e soprattutto in Austria, dove, per l'interessamento della sorella, venne scritturato alla Hofoper, ove operò tra il 1861 ed il 1873. Morì a Milano nel giugno del 1905.
Bibl.: L'Arte, 4 febbr. 1858; P. Cambiasi, La Scala 1775-1906, Milano 1906, p. 380; L'Illustraz. ital., 16 marzo 1913, p. 254; G. Monaldi, Le regine della danza nel sec. XIX, Torino 1910, pp. 201 s.; N. Bazzetti de Vemenia, Danzatrici ed etere d'Italia, Milano 1925, pp. 153-158; C. W. Beaumont, Complete Book of Ballet, London 1937, pp. 247, 261 s.; A. Cametti, Il teatro Tordinona poi Apollo, II, Tivoli 1938, p. 550; S. Lifar, Histoire du Baller Russe, Paris 1950, pp. 101 s.; I. Guest, The Romantic Ballet in England, London 1954, p. 161; C. Gatti, Il Teatro alla Scala nella storia e nell'arte, II, Cronologia, Milano 1964, pp. 196, 200 s.; L. Rossi, Il ballo alla Scala 1778-1970. Milano 1972, p. 103; F. Regli, Diz. biogr., Torino 1860, p. 150; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I. p. 392; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, Firenze 1955, p. 371; Encicl. d. Spett., III, coll. 1784 s.