ACHILLINI, Claudio
Nato a Bologna nel 1574, ed ivi morto nel 1640. Laureatosi in ambo le leggi nel 1594, ebbe nel 1598 la cattedra d'istituzioni di diritto civile nell'università di Bologna. Nel 1602 con monsignor Stefano Oliviero Razzali (divenuto poi cardinale) andò a Roma, dove pare sia stato fino al 1606. Tornò poi all'università di Bologna, e nel 1609 passò a quella di Ferrara. Tra il 1610 e il 1616 fu segretario di monsignor de' Massimi, vicelegato pontificio in Piemonte, donde recavasi però di frequente a Ferrara per riprendere le lezioni. Nel 1616 ebbe la medesima carica di segretario presso monsignor Alessandro Ludovisi, divenuto nel 1621 papa col nome di Gregorio XV. Partito da Roma in quell'anno, non poté riavere la cattedra di Bologna che nel 1624. Nel 1626 passò all'università di Parma, dove stette dieci anni. Indi tornò a Bologna. Invitato dai Riformatori dello Studio di Padova a quella cattedra di legge, non accettò, dicendo che glielo impediva il freddo degli anni, e che, vicino alla morte com'era, gli conveniva di più ascoltar le lezioni che quella gli faceva, che far udire le sue alla gioventù patavina. Ancor vivo, ebbe l'onore di una lapide nell'università bolognese per iniziativa degli studenti. Fu ammesso nel 1622 tra i Lincei per il "molto illuminato suo intelletto in tutte le scienze".
La sua celebrità è dovuta, più che all'essere stato un marinista fanatico e all'aver superato il maestro nelle strampalerie e assurdità metaforiche, al sonetto, che ha fatto epoca, "Sudate, o fuochi, a preparar metalli", da lui indirizzato a Luigi XIII, re di Francia, per la presa de La Rochelle, con una lettera dedicatoria. Questa lettera e il sonetto "furono (egli dice) ventitré volte in ventitré città dell'Italia in brevissimo tempo stampati e ristampati". Per avere una riga almeno di risposta regia al sonetto, l'A. dové rivolgersi, sollecitandola, al Richelieu, che finalmente si degnò esprimergli la sua ammirazione. Una più solida prova del favore regio il gran ministro gli fece avere per una canzone celebrante la nascita del Delfino, col dono di una ricca collana d'oro. È di lui la famosa lettera al Mascardi sulla peste (1630), da cui il Manzoni trasse lo spunto al ragionamento di Don Ferrante.
Bibl.: G. M. Pamini, Vita di C. A. in Cartelli per le giostre di C. A., Bologna 1660; B. Malatesta, C. A., Modena 1884.