FERMI, Claudio
Nacque a Monticelli d'Ongina, in provincia di Piacenza, il 2 genn. 1862, da Giuseppe, farmacista, e da Elisa Zangrandi. Frequentò a Firenze il Regio Istituto di studi superiori, dove, fin da giovanissimo, si dedicò a studi di istologia e di embriologia vegetale, e dove, ancora prima di laurearsi, ebbe modo di segnalarsi per alcune ricerche di biochimica e di microbiologia. Conseguì la laurea in medicina e chirurgia a Firenze, nel 1889, quindi nel 1893 vinse un posto di perfezionamento in igiene e nel 1894 pervenne alla libera docenza in igiene presso l'università di Roma. In quegli anni frequentò, a Monaco di Baviera, l'istituto di anatomia patologica, diretto da O. Bollinger, e quello di igiene, diretto da M. J. von Pettenkofer, il fondatore dell'igiene sperimentale, dove condusse a termine ulteriori ricerche nel campo batteriologico e approfondì la sua formazione. Risalgono a questo periodo i suoi primi lavori sperimentali che gli procurarono l'attenzione della comunità scientifica e, in particolare, la considerazione di A. Celli, allora direttore dell'istituto d'igiene dell'università di Roma, che lo volle, una volta rientrato dalla Germania, come suo aiuto. Presso l'istituto d'igiene di Roma il F. rimase per cinque anni, fino al 1898. Nel gennaio del 1899 ottenne la cattedra di igiene presso l'università di Sassari, che diresse poi ininterrottamente per trentasette anni, fino al 1935, prima come professore straordinario, poi, dal 1906, come ordinario. Negli anni dell'insegnamento a Sassari ricevette numerosi inviti da parte di sedi meno periferiche o più prestigiose, che però rifiutò; nel 1905 si classificò al primo posto nel concorso per la cattedra di igiene nell'università di Cagliari, ma vi rinunciò, affettivamente legato ormai alla città e all'ateneo di Sassari. Direttore dell'istituto d'igiene dal 1901 al 1934, negli anni Venti fu direttore dell'Istituto antirabbico, da lui stesso fondato nel 1900, e della scuola di farmacia; fu inoltre membro del consiglio di amministrazione dell'università, preside di facoltà nel 1924 e quindi per l'anno accademico 1929-30; nel 1935 fu collocato a riposo, per raggiunti limiti di età, con il titolo di professore emerito.
Intensa fu la attività di studioso del F. e vastissima la sua produzione scientifica. Tra le sue pubblicazioni, che ammontano a oltre 350, escluse le traduzioni, si segnalano tre gruppi di ricerche fondamentali e originali: sulla biochimica e sulla microbiologia, sulla malaria e sulla rabbia.
Si dedicò inizialmente allo studio delle attività fermentative dei microrganismi, che ritenne dipendenti da enzimi contenuti nei batteri ma in grado di agire anche al difuori della cellula batterica (I fermenti peptici e diastasici dei microbi: contributo allo studio dei fermenti in generale e della biologia dei microrganismi, in Giorn. della R. Acc. di medicina di Torino, s. 3, XXXVIII [1890], pp. 95-157);dimostrò la presenza nei microrganismi di vari enzimi, tra i quali la diastasi emulsina (Über die Dekomposition des Amygdalins durch Mikro-organismen, in Centralbl. für Bakteriologie und Parasitenkunde, XV, [1894] pp. 722-727, in collaborazione con G. Montesano); spiegò con una originale teoria biochimica la resistenza delle cellule, anche batteriche, e dei tessuti, purché viventi, all'azione degli enzimi; studiò i rapporti tra tossine ed enzimi batterici, dimostrando che questi ultimi possono conservare la propria attività anche dopo la distruzione del potere tossico dei microrganismi; introdusse metodi di ricerca particolarmente sensibili, in grado di mettere in evidenza le più piccole tracce di enzimi proteolitici e di determinarne quantitativamente l'attività, per questo subito largamente adottati, segnalandosi così all'attenzione del mondo scientifico (Contributo allo studio del veleno del tetano, in Gazz. degli ospitali, XIV[1893], pp. 1357-1360; Sugli enzimi, in Annali dell'Ist. di igiene speriment., n.s., IV [1894], pp. 93-44; Über die Enzyme, in Centralbl. für Bakteriologie und Parasitenkunde, XV [1894], pp. 229-234; XVI [1894], pp. 830 s., in collaborazione con L. Pernossi; Über das Tetanusgift, ibid., XV [1894], pp. 303-310, in collaborazione con lo stesso; L'azione degli enzimi proteolitici sulla cellula viva come base di una teoria sull'autodigestione, in La Riforma medica, XI [1895], pp. 63 ss.; Contributo alla diffusione degli enzimi proteolitici del regno animale, in Lo Sperimentale, LVI [1902], pp. 97-110; Metodi vecchi e nuovi nella ricerca e nello studio degli enzimi proteolitici, in Giorn. della Soc. ital. d'igiene, XXVII [1905], pp. 437-451; Studio sull'anaerobiosi, in Boll. della R. Acc. medica di Roma, XXXI [1905], pp. 199-232; Sul potere triptofissatore e antitriptico dei vari tessuti ed albuminoidi animali, in Arch. di farmacol. speriment., VIII [1909], pp. 407-414; Azione degli enzimi proteolitici sui microrganismi e dei microrganismi sugli enzimi, ibid., pp. 481-498; Come si spiega la resistenza dello stomaco, dell'intestino, del pancreas ed in generale della cellula animale e vegetale e dell'albumina viva verso gli enzimi proteolitici?, ibid., IX [1910], pp. 449-513).
In questo primo periodo di attività il F. condusse ricerche anche su altri argomenti, quali l'etiologia della rinite catarrale cronica (Studio sulla natura e sull'etiologia della rinite catarrale semplice, in Arch. ital. di otologia, rinologia e laringologia, IV [1896], pp. 23-50, in collaborazione con A. Bretschneder), gli effetti nocivi della luce solare nei mesi invernali e primaverili (L'azione dannosa dei raggi solari in alcuni mesi dell'anno in relazione alla corizza, all'influenza, ecc., in Giorn. della Soc. ital. d'igiene, XXVI [1904], pp. 90-150), ilfavismo (Studio sul favismo, in Annali digiene speriment., n. s., XV [1905], pp. 74-134).
Particolare attenzione il F. dedicò allo studio della malaria, problema allora di grande attualità in Italia. La necessità di operare la bonifica del suolo a scopo antimalarico, nata dalle osservazioni sulla diffusione della malattia nei territori insalubri antecedenti alla scoperta della sua trasmissione a opera delle zanzare, era stata sancita dalla legge Baccarini del 1882. A seguito della scoperta di G. B. Grassi della trasmissione della malaria operata dagli anofeli e della dimostrazione sperimentale sull'uomo fornitane da G. Bastianelli e da A. Bignami, la campagna di risanamento territoriale subi un notevole incremento, affiancandosi alla profilassi chininica proposta da A. Celli. Nel quarantennio di ricerche dedicato a questo argomento, il F. ideò la cosiddetta "piccola bonifica", attuabile mediante il metodo che definì "di disanofelizzazione idroaerea": questo, secondo l'originale formulazione delineata nel 1899, consisteva nella distruzione delle larve anofeliche, mediante sistemi quali la salificazione, la petrolizzazione, la lemnizzazione, la sugherizzazione, con interventi quindicinali praticati su larga scala, e nella efiminazione del loro habitat attraverso la sistemazione dei corsi d'acqua, l'interramento dei ristagni, la chiusura di cisterne e pozzi. Prevedeva, inoltre, lo snidamento per mezzo dell'affumicazione e l'uccisione degli anofelì, raccolti su reticelle o su vetri, con l'impiego di gas asfissianti, che vennero sperimentati per la prima volta dal F. nell'aprile del 1899, durante la disanofelizzazione effettuata a Sassari e all'Asinara. Presupposto dell'applicazione del metodo era lo studio preliminare dei vari focolai anofelici infestanti il territorio, che venivano fissati sulla relativa mappa; fin dal 1899 il F. introdusse nei risanamenti antianofelo-malarici le planimetrie, che doveva poi usare regolarmente in tutti i suoi successivi interventi. Il metodo di lotta antianofelica del F., che ebbe poi sistematica applicazione nell'opera di risanamento di numerose zone malariche e che trovò la sua consacrazione ufficiale nelle leggi sulla lotta antimalarica, si affiancava a quelli proposti in Italia dal Grassi e dal Celli - rispettivamente, la bonifica umana, la protezione meccanica, e la profilassi chininica - che egli riteneva, invero infondatamente, non in grado di offrire garanzie di riuscita dal punto di vista igienico, in quanto inefficaci o comunque insufficienti. Il F. sosteneva la necessità di ricorrere a una profilassi antianofelica rafficale, che prevedesse interventi di modifica delle caratteristiche idrogeologiche del territorio, tendente quindi non solo ad assicurare la protezione della popolazione dal flagello, ma soprattutto a sradicare l'infezione nel modo il più possibile definitivo. I principali risanamenti effettuati dal F. mediante la disanofelizzazione idro-aerea furono quelli dell'Asinara (1899), di Alghero (1916), di Terranova Pausania (1916, 1917), di Trinitapoli (1917). La sua prima pubblicazione sull'argomento fu La profilassi della malaria e la distruzione delle zanzare nell'isola dell'Asinara, in Annali d'igiene speriment., X (1900), pp. 103-106, in collaborazione con Tonsini. Seguirono poi altri importanti lavori: Due città sarde coi rispettivi dintorni (Terranova Pausania ed Alghero) liberate completamente dagli anofeli e dalla malaria primitiva, Roma 1917; La profilassi antimalarica in due città sarde, in Annali d'igiene, XXVII (1917), pp. 228-236; Deve preferirsi la piccola bonifica e la profilassi antianofelica o la bonifica agraria come metodo smalarizzante?, in Malariologia, III (1917), pp. 60-66; La lotta contro la malaria mediante la grande e piccola bonifica e la disinfestione idro-aerea antianofelica, Roma 1919; Suglianofeli e sulla malaria in relazione ai risanamenti antianofelomalarici (estr. da Annali d'igiene, XXX[1920], Suppl.), ibid. 1920; Sui dodici risanamenti antianofelo-malarici da me intrapresi (Ostia, Fiumicino, Terranova, Siniscola, Trinitapoli, Grosseto, ecc.), (estratto da Annali d'igiene, XXXI[1921], Suppl.), ibid. 1921; Glianofeli e la lotta contro la malaria, (idem), ibid. 1921; Lotta antimalarica, Sassari 1935, e soprattutto l'opera Sulla redenzione della Sardegna, in tre volumi (Regioni malariche. Decadenza, risanamento, spesa, Roma 1934; La provincia di Nuoro. Malaria. Danni economici, risanamento e proposte per il suo risorgimento, Sassari 1938; Cagliari e isole della Sardegna. Malaria, danni economici, risanamento e proposte per il suo risorgimento, Sassari 1940), che nel 1941 ricevette il premio dall'Accademia d'Italia. Questo lavoro costituì una vasta e approfondita rassegna sulle cause dirette e indirette dell'anofelismo presente in Sardegna, allora la principale regione malarica d'Italia, caratterizzata dalla grande diversità di condizioni idrotelluriche e da notevoli difficoltà di risanamento; sui diversi problemi determinati dalla diffusione dell'infezione malarica, sui danni economici da questa provocati; sui metodi e le spese occorrenti per il risanamento; sulla preistoria e sulle condizioni geografiche, geologiche, demografiche, agricole, industriali, commerciali e sanitarie dell'isola, passate e presenti.
Mentre erano in atto le campagne antianofeliche del F., risultati notevoli nella lotta antimalarica si cominciavano tuttavia a ottenere anche in Sardegna con la profilassi chininica, che, introdotta e tenacemente sostenuta dal Celli, era stata codificata nelle leggi del 1900, del 1901 e del 1904. In aperto e ingiustificato dissenso con questa misura, dal 1904 il F. abbandonò per circa un decennio gli esperimenti di profilassi antianofelica, che riprese poi dopo la guerra, quando altri importanti risanamenti gli furono affidati nelle zone di Ostia, Ladispoli, Fiumicino, Grosseto.
In quegli anni dedicò la sua attenzione alle ricerche nel campo della etiologia, della prevenzione e della terapia della rabbia. Il suo nome resta legato alla preparazione di un efficace vaccino antirabbico, allestito con emulsioni di virus fisso attenuato con acido fenico (vaccino di Fermi), e a un metodo di profilassi antirabbica basato sull'impiego di un miscuglio di siero e di vaccino (sierovaccinazione di Fermi). La scoperta di L. Pasteur del potere immunizzante della sostanza nervosa rabica e della possibilità di preparare il relativo vaccino aveva dato inizio a un fiorente campo di studi.
Il metodo classico del Pasteur, che consentiva di stabilizzare l'agente patogeno mediante ripetuti passaggi in una serie di cervelli di conigli fino a ottenere il cosiddetto "virus fisso", che veniva poi attenuato mediante esposizione all'ossigeno del tessuto nervoso infettato, aveva subito varie modificazioni volte a semplificarlo e a renderlo più efficace e sicuro. La migliore modifica fu senza dubbio quella apportata dal F., il quale, tuttavia, procedeva nella preparazione del suo vaccino prescindendo dalla esatta valutazione del grado di attenuazione del virus, e quindi rendendolo non completamente inattivato e potenzialmente in grado, in quanto contenente particelle di virus fisso ancora attive, di dar luogo a effetti collaterali. Il metodo del F. ebbe comunque un buon successo e fu adottato in diversi istituti antirabbici del mondo ed esteso anche al trattamento profilattico degli animali. Fra le motivazioni di questa affermazione vanno considerate anzitutto le caratteristiche dell'elevato livello di efficacia, di sicurezza e di sterilità del nuovo vaccino, con conseguente riduzione dei casi di morte, paralisi o paresi postvaccinali e di quelli di ascessi, flemmoni gassosi e setticemie; la semplicità della preparazione, essendo costituito da un'emulsione al 5% di encefalo in soluzione fenica all'1%, pronto per l'uso in sole ventiquattro ore; l'economicità, in quanto per la sua preparazione era possibile utilizzare tutta la sostanza nervosa centrale e specialmente la parte più attiva, l'encefalo, e non soltanto il midollo spinale; la possibilità di essere conservato attivo per mesi, completamente asettico; la trasportabilità, analoga a quella di altri sieri e vaccini, con la conseguente possibilità di decentrare l'applicazione della cura, anche lontano quindi dagli istituti antirabbici. Al F. va indubbiamente ascritta la assoluta priorità dell'inattivazione del virus fisso mediante trattamento chimico (Über die Immumsierung gegen Wütkrankheit, in Zettschrift für Hygiene und Infekionskrankheiten, LVIII [1908], pp. 233-276). Il nuovo metodo di vaccinazione antirabbica, che lo stesso P. Remlinger suggerì di chiamare "metodo italiano" in omaggio al suo ideatore; venne sperimentato per la prima volta dal F. presso l'Istituto antirabbico di Sassari nel novembre del 1906 e usato fino al 1919. Successivamente, egli introdusse l'uso di una combinazione di vaccino e di sierovaccino, consistente quest'ultimo in una mescolanza di siero antirabbico, ricavato prevalentemente dal cavallo, dal montone o da altri animali, e di vaccino, nella proporzione di 13, sempre inattivato mediante fenolo; infine, preferì l'uso del solo sierovaccino, che somministrò per la prima volta a Sassari nel 1915, ritenuto più efficace sia del solo vaccino, per la presenza degli anticorpi serici, sia del solo siero, per la capacità del virus di indurre la formazione di anticorpi specifici. Per il suo metodo di sierovaccinazione antirabbica, che difese sempre con grande convinzione, spesso in polemica con quanti anche in Italia ritenevano maggiormente validi altri metodi, il F. ricevette una medaglia d'oro dalla giuria della Esposizione internazionale di igiene di Roma del 1911. I suoi principali lavori sull'argomento furono: La recettività dei muridi verso l'infezione ipodermica di un virus rabido, in Giorn. della R. Soc. ital. d'igiene, XXIX (1907), pp. 57-90; Sul diverso potere immunizzante di vaccini e sieri antirabbici secondo la specie dell'animale sulla quale si provano, in Studi sassaresi, VI (1908), pp. 119-124; Potere immunizzante dell'estratto etereo di sostanza nervosa normale, della lecitina, della colesterina, del tuorlo d'uovo, dell'albume, della bioplastina, e del siero di ammali immunizzati con queste sostanze; azione lissicida e battericida delle medesime, in Giorn. della R. Soc. ital. d'igiene, XXX (1908), pp. 536-556; XXXI (1909), pp. 13-28; Sulla distruzione in sito del virus rabico, ibid., XXXI (1909), pp. 203-206; L'azione della saliva sul virus rabico, ibid., pp. 245 s.; Sulla ricchezza relativa di germi rabici nei vari centri cerebro-spinali di animali rabidi, in Giorn. della R. Soc. ital. d'igiene, XXXI (1909), pp. 297-303; Sul Potere immunizzante contro la rabbia nei muridi delle varie parti del sistema nervoso di animali rabici e sani, in Arch. di farmacologia speriment., XI (1911), pp. 86-90; Recettività dei muridi verso la rabbia per ingestione secondo i vari mesi dell'anno, ibid., pp. 364-367. L'opera La rabbia, in due volumi, pubblicata a Siena nel 1950 dopo quasi mezzo secolo di sperimentazioni e di studi, fu una approfondita sintesi delle conoscenze biologiche, anatomopatologiche e cliniche sulla malattia.
Documento della eclettica cultura medica del F. è un trattato sulla patogenesi della fatica psicofisica, argomento del quale ben poco si sapeva prima delle sue esperienze (Fatica psichica e psicofisica, Roma 1941). Per conto dell'Istituto sieroterapico e vaccinogeno toscano il F. coordinò, negli anni 1942-43, un'inchiesta internazionale sulla fatica psichica, che raccolse dati tra docenti universitari di differenti discipline (Fatica psichica, Siena 1943).
Abbandonato l'insegnamento, il F. continuò a dirigere l'Istituto antirabbico di Sassari e nella città sarda rimase fino a quando, lasciata definitivamente la Sardegna nel 1935, si ritirò a Roma, dove proseguì le sue ricerche sulla malaria e sulla rabbia. Non fondò scuole né formò allievi.
Morì a Roma il 17 giugno 1952.
Fonti e Bibl.: Necrologio, in Riv. di malariologia, XXXI (1952), p. 54; V. Puntoni, C. F. In memoriam, in Nuovi Annali d'igiene e di microbiologia, III (1952), pp. 259 s.; F. M. Marras, Ricordando C. F., in Igiene e sanità pubblica, VIII (1952), pp. 798-800; Attività scientifica del prof. C. F., Sassari, 1929; Univ. degli studi di Sassari, Annuario per l'anno accademico, Sassari 1933/1934; A. Ferrannini, Medicina italica (priorità di fatti e di direttive), Milano 1935, pp. 61 s., 172; G. Sanarelli, Come l'Italia doma la malaria, in Sapere, II (1936), 3, pp. 273-276; V. Puntoni, Microbiologia medica, II, Roma 1950, p. 1023; L. Agrifoglio, Igienisti italiani negli ultimi cento anni, Milano 1954, pp. 89-91; H. J. Parish, A history of immunization, Edinburgh-London 1965, p. 57; Dizionario biografico della storia della medicina e delle scienze naturali (Liber Amicorum), a cura di R. Porter, II, Milano 1985, ad vocem; E. Tognotti, C. F. e la ricerca contro la malaria, in Università, studenti, maestri. Contributi alla storia della cultura in Sardegna, Sassari 1990, pp. 107-125; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte... [1880-1930], I, p. 396. In relazione alla lotta antianofelica e alla profilassi antirabbica, si veda A. Pazzini, Storia dell'arte sanitaria dalle origini ad oggi, II, Torino 1974, pp. 1416, 1652 ss.; Enciclopedia medica italiana, III, col. 62; XII, col. 2200, alle voci Bonifica e Rabbia.