ALARDET, Claudio Ludovico
Nacque probabilmente a Chambéry, da famiglia borghese, della quale almeno quattro membri ricoprirono uffici alla corte dei duchi Carlo III e Emanuele Filiberto di Savoia.
La data di nascita dell'A. è incerta: da una sua lettera a Emanuele Filiberto del 1560 si potrebbe dedurre che egli avesse allora cinquantatrè anni e quindi fosse nato nel 1507, ma in una lettera ad Erasmo dell'agosto 1527 l'A. affermava di avere soltanto diciassette anni, e quindi dovrebbe essere nato nel 1510.
Destinato alla carriera ecclesiastica, compì probabilmente gli studi a Ginevra, dove un suo zio, Pietro Alardet, era canonico del capitolo di St. Pierre. Dottore in teologia, nel 1533 ottenne il protonotariato apostolico.
Ancor giovanissimo fu, come il fratello Amblard, battagliero sostenitore delle idee di Erasmo in Savoia.
Lo dimostra la lettera che egli scrisse nell'agosto 1527 ad Erasmo da Chambéry, nella quale si professava suo fervente ammiratore e lo informava delle accuse di luteranesimo che un francescano, S. Gacy, gli muoveva in prediche pubbliche a Chambéry. Egli consigliava di scrivere direttamente al frate per mettere un energico freno alla sua loquacità molesta, o di denunciarlo al duca di Savoia ed al Senato di Chambéry affinché fosse richiamato di autorità all'ordine. Erasmo, pur dichiarandosi dubbioso dell'utilità di tali passi (lettera ai due Alardet, 18 ott. 1527), scrisse le due lettere (a Carlo III, 14 ott. 1527 ed a J. Gacy, 17 ott. 1527), in cui riaffermava vigorosamente le proprie idee di riforma religiosa ed il valore della propria opera, e le inviò ai due Alardet, lasciando a loro, che conoscevano personalmente la situazione della Savoia, il compito di decidere se inoltrarle o no.
Ordinato sacerdote, nel 1529, morto lo zio Pietro, gli succedette nel canonicato del capitolo di St. Pierre a Ginevra. Nel 1533 fu nominato da Carlo III primo precettore del secondogenito Emanuele Filiberto, destinato allora all'episcopato; l'anno seguente il duca gli concesse l'abbazia di Filly nello Chablais. Ma, nel 1535, in seguito al trionfo della riforma a Ginevra, l'A. dovette abbandonare il suo canorncato e nel 1536, quando il primogenito del duca di Savoia mori, fu sostituito nelle sue funzioni presso Emanuele Filiberto, ora erede del ducato, da Giacomo Bosio. Infine, nel 1537, dopo l'invasione dello Chablais da parte dei Bernesi, l'A., non avendo voluto accettare la riforma, fu obbligato ad abbandonare la sua abbazia.
Lasciata la Savoia, in seguito all'occupazione francese, e privo di benefici, l'A. fu però impiegato dai duchi di Savoia in alcune missioni diplomatiche e ricevette, almeno a partire dal 1541, una pensione, praticamente soltanto nominale, di 200 scudi annui sulle rendite del ducato di Milano, poi ridotta a 120 ducati, ma trasferita sulle rendite della contea d'Asti, di più facile riscossione.
Nel 1540 Carlo III chiamò l'A. presso di sé a Worms, dove si era recato a chiedere l'aiuto di Carlo V e della dieta per riconquistare i propri stati. L'A. restò in Germania, non si sa esattamente con quali funzioni, fino al 1545, anno in cui assistette ancora alle sedute della dieta che si tennero a Ratisbona. In quell'anno, con l'aiuto dell'amico J. de Boyssonné, consigliere del parlamento di Chambéry, e probabilmente dopo un atto di adesione formale alla dominazione francese, ottenne da Francesco I il decanato della cappella della Santa Sindone di Chambéry (detto anche decanato della Sainte Chapelle o decanato di Savoia), a cui già aspirava dal 1542, e poté ritornare in Savoia.
Non per questo la fedeltà dell'A. ai duchi di Savoia venne meno: al contrario, egli fu al centro di diversi complotti antifrance si, e la sua casa costituì il centro di raccolta di un gruppo di ecclesiastici e di nobili fautori dei Savoia. Il 15 maggio 1551 subì insieme con altri un primo processo, che si concluse però con un non luogo a procedere. Senza interrompere la sua attività cospiratoria, l'A. lasciò poco dopo la Savoia. Il 24 sett. 1552, in seguito all'intercettazione di alcune sue lettere fu processato in contumacia, sotto accusa di lesa maestà, macchinazioni e cospirazione contro il re e lo stato. Dichiarato colpevole, fu condannato al bando perpetuo ed alla confisca dei beni, e fu privato di tutti i benefici che egli deteneva per concessione del re di Francia.
Nel 1559, Emanuele Filiberto, rientrato in possesso dei suoi stati, ricompensò la fedeltà dell'A. designandolo vescovo di Mondovì, poi, prima ancora che fosse consacrato, promuovendolo alla diocesi di Losanna (in partibus).
Alla fine del 1559 l'A. condusse per conto di Emanuele Filiberto delle trattative con la città di Ginevra, per indurla a riconoscere nuovamente la sovranità dei Savoia, fatte salve le libertà ed i privilegi della città, e ad inviare anzitutto una delegazione a felicitare Emanuele Filiberto per il suo ritorno in Piemonte. Nel dicembre 1559 l'A. ottenne un permesso di soggiorno a Ginevra, allegando ragioni di salute.
I particolari del suo soggiorno e della missione che svolse sono narrati in una relazione che egli inviò a Emanuele Filiberto una volta tornato a Chambéry il 10 genn. 1560. Per l'atmosfera fredda e sospettosa che lo circondava, l'A. non riusci a riunire ed organizzare i pochissimi fautori dei Savoia che sedevano al Gran Consiglio e dovette limitarsi ad esporre nel modo più allettante possibile le sue richieste a due delegati. Quando essi le riferirono al Gran Consiglio stesso secondo l'A., che però non era presente, Calvino chiese che egli fosse imprigionato. In realtà l'A. poté tornare liberamente in Savoia ma le sue richieste furono recisamente respinte dal Gran Consiglio.
Dalla Savoia, l'A. tentò ancora di allacciare le fila di diversi complotti ed intrighi per ricondurre Ginevra sotto la sovranità dei Savoia. Appena tornato, cercò di ottenere la complicità di uno dei sindaci di Ginevra, A. Come, che egli riteneva favorevole ai Savoia, inviandogli, con una propria lettera di accompagnamento, un biglietto che Emanuele Filiberto gli aveva affidato quando era andato a Ginevra. Ma il Come consegnò le due lettere ancora chiuse a Calvino, dimostrandosi fedele alla sua città. Pochi mesi dopo l'A. organizzò un preciso complotto per uccidere Calvino: ma, avendogli Emanuele Filiberto proibito, quando tutto era già pronto, di eseguirlo, dovette rinunciare al suo piano.
Nel 1561 Emanuele Filiberto si servì ancora dell'A. per condurre delle trattative con il conte di Challant. In seguito l'A. visse a Chambéry, dove probabilmente morì nel 1565.
Amico di uomini di lettere savoiardi e particolarmente di J. de Boyssonné, poeta e magistrato, e di M. C. de Buttet, l'A. si dilettò egli stesso di poesia, cantando tra l'altro una certa Livia da Casale, come risulta da un capitolo in versi di J. de Boyssonné, Ad Liviarn Casalensem, quod illivates Alardetus contigerit, pubblicato dal Mugnier, ma niente di suo ci è noto. Come poeta è anche celebrato negli Hilarii Dertulphi Ledii hendecasyllabi ad Alardetum Canonicum Gebennensern, pubblicati in appendice a H. C. Agrippa, Operum pars posterior, Lugduni s.d.
Fonti e Bibl.: Correspondance des réformateurs dans les pays de langue française, a cura di A. L. Herminjard, VI, Genève-Paris 1892, p. 213; Opus epistola rum Des. Erasmi Roterodami, a cura di P. S. Allen, VII, Oxonii 1928, pp. 114-116, 195-198, 204-214; J. A. Besson, Mémoires pour l'histoire ecclésiastique des diocèses de Genève, Tarantaise et Maurienne, et du décanat de Savoie, Nancy 1759, pp. 88, 177, 317 (contiene numerosi errori); J. Gaberei, Une escalade diplomatique, in Bibliothèque Universelle, LXIII (1858), pp. 562-593 (pubblica incompleta la relazione dell'A, a Emanuele Filiberto del 1560); M. Schmitt, Mémoires historiques sur le diocèse de Lausanne, II, Fribourg 1859, pp. 392-394; E. Burnier, Histoire du Sénat de Savoie, in Mém. de l'A cad. impériale de Savoie, S. 2, VI (1864), pp. 224-227; V. de Saint-Génis, Histoire de Savoie, Chambéry 1869, II, pp. 19, 72, 106; III, pp. 463-464, 481-484; I. Mercier, Le chapitre de Saint-Pierre de Genève, in Mém. et documents publiés par l'Acad. Salésienne, XIV (1890), p. 201, 377-381; F. Mugnier, Marc-Claude de Buttet, poète savoisien, Paris 1896, pp. 171-179; Id., La vie et les poésies de Yean de Boyssonné, in Mém. et documents publiés par la Société savoisienne d'hist. et d'archéol., XXXVI (1897), pp. 15, 78, 162-166, 479-480; G. F. Gonthier, Liste des abbés des monastères de chanoines réguliers de Saint-Augustin du diocèse de Genève, in Mém. et docum. publiés par l'Acad. Salésienne, XXIII (1900), pp. 229-230; L. Cramer, Projet d'assassinat sur la personne de Calvin, in Journal de Genève, 29 juin 1909; Id., La Seigneurie de Genève et la Maison de Savoie de 1559 à 1603, Genève-Paris 1912, I, pp. 44-46; II, pp. 15-30 (contiene solo documenti); G. Eubel, Hierarchia catholica..., III, Monasterii 1910, p. 237; P. Egidi, C.L.A. e Giacomo Bosio, maestri di Emanuele Filiberto di Savoia, in Riv. d'Italia, VI (1928), pp. 534-540.