VARESE, Claudio
Critico e saggista, nato a Sassari il 23 agosto 1909. Allievo e perfezionando della Scuola Normale Superiore di Pisa, ove si era laureato con A. Momigliano, di cui fu assistente dal 1930 al 1933 (ma senza dimenticare l'insegnamento di L. Russo), ha mantenuto a lungo con quel periodo di formazione, e con i maîtres-camarades legati a quegli anni (D. Cantimori, C.L. Ragghianti, A. Capitini, C. Baglietto, W. Binni, G. Dessì), un fecondo rapporto che alimentò nel periodo della guerra e dell'immediato dopoguerra il suo impegno intellettuale e politico, esercitato soprattutto a Ferrara, città nella quale visse dal 1934 fino ai primi anni Sessanta. È stato docente di letteratura italiana presso le università di Urbino (1955-66) e Firenze (1966-79). Dotato di vivace curiosità culturale e di indubbia tensione civile (da ricordare la sua attività di fondista e di critico militante su periodici quali Nuova Antologia, Il Punto, L'Espresso), appassionato contemporaneista (ha seguito da vicino il nascere stesso dell'opera di scrittori-amici quali G. Dessì e G. Bassani), è stato tra i primi a studiare e valorizzare nel cinema la fusione di elementi culturali, artistici e figurativi (i suoi interventi su Cinema, Bianco e nero, Cinema nuovo furono poi raccolti nel volume Cinema arte e cultura, 1963), e a interessarsi delle implicazioni scenografiche, registiche della parola scritta, da dirsi nel rispetto totale della sua originaria semanticità.
I suoi studi abbracciano l'intero arco della storia letteraria italiana, da Dante al Quattrocento, da Tasso al Seicento, da Metastasio e il teatro del Settecento a Foscolo, Manzoni, Pascoli, ai contemporanei (soprattutto U. Saba, E. Montale, A. Zanzotto; G. Bassani, G. Dessì, I. Calvino, P. Volponi), rivelando la sua predilezione, oltre che per l'analisi letteraria, per la riflessione filosofica e metodologica (nei nomi soprattutto di L. Spitzer e G. Poulet) e un'attenzione specifica per tutto quanto negli autori e nei testi rivela l'inquietudine, la complessità, l'impegno (significativo lo stesso titolo del suo ultimo libro, Sfide del Novecento, 1992) per tutto ciò che poté e può costituire nei libri una presa di coscienza culturale e storica, una difesa dinanzi all'irrazionalismo e all'intolleranza. Su un terreno suscettibile di stilkritic, di analisi della dimensione temporale, di acuta moralità alla Montaigne, non stupisce il costante ritorno di V. ai classici, proiettati ogni volta in quel paradigma di unitario e molteplice che garantisce agli autori una lettura secondo se stessi, nella tensione continua di un'immagine letteraria insieme chiusa e mobile, storica e contemporanea, definitiva e problematica. Tre in particolare gli autori sui quali il suo discorso critico si è fatto sempre più stringente e innovativo: T. Tasso, studiato nel rapporto tra vita e maschera, verità e finzione, nella riscoperta poi del valore teatrale dell'Aminta (Torquato Tasso. Epos, parola e scena, 1976); U. Foscolo, di cui ha indagato la biografia intellettuale e artistica insistendo sulla complessità e molteplicità dei volti Ortis/Didimo (Vita interiore di Ugo Foscolo, 1941; Autobiografia dalle lettere, 1979; Foscolo: sternismo tempo e persona, 1982) e A. Manzoni, scrittore che ha visto teso alla ricerca di un'opera non idillica, capace di non confondere informazioni e fantasia, originale e ritratto (Fermo e Lucia. Un'esperienza manzoniana interrotta, 1964; L'originale e il ritratto. Manzoni secondo Manzoni, 1975; Manzoni uno e molteplice, 1992).
Bibl.: Bibliografia degli scritti di Claudio Varese, a cura di G. Arbizzoni, M. Ariani, A. Dolfi, Urbino [1986]; A. Dolfi, Claudio Varese lettore di classici, in In libertà di lettura. Note e riflessioni novecentesche, Roma 1990, pp. 321-28; Id., Varese e le sfide della letteratura, in Esperienze letterarie, 1 (1994), pp. 45-55.