GUTH, Claus
Regista di opera lirica tedesco, nato a Francoforte il 3 febbraio 1964. Esponente del cosiddetto Regietheater, concepisce la messa in scena di un’opera lirica subordinandola a un’idea centrale per lo più estranea alle prescrizioni di tempo e luogo del libretto. Terreno d’elezione della sua indagine e della sua resa teatrale è la psicologia dei personaggi, al punto che molto spesso la scena viene concepita come un luogo della mente.
Dopo aver studiato filosofia, letteratura tedesca e teatro alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera si è diplomato in regia lirica all’Accademia di musica nella stessa città. A partire dal 1990 ha iniziato la sua attività in Germania, specialmente nel teatro contemporaneo (tra l’altro Die weisse Schlange di Julian Yu, Das Gastspiel e Kain di Jan Müller-Wieland, KeplersTraum di Giorgio Battistelli, Morels Erfindung di Reinhard Febel, Macht Masse Mensch di Sandeep Bhagwati,Der Mulatte di Jan Meyerowitz, The mother of black-winged dreams di Hanna Kulenty, El Cimarron di Hans Werner Henze, Celan di Peter Ruzicka, Schwarzerde di Klaus Huber, Das Beben di Avet Terterjan, Berenice di Johannes Maria Staud, Unsichtbar Land e SehnSuchtMeer di Helmut Oehring), imponendosi all’attenzione internazionale nel 1999 con la prima assoluta dell’opera di Luciano Berio, Cronaca del luogo, al Festival di Salisburgo, dove l’anno successivo è tornato per Iphigénie en Tauride di Christoph Willibald Gluck.
Richard Wagner (di cui ha messo in scena anche l’intero Des Ring des Nibelungen ad Amburgo, 2008-10, e Parsifal a Barcellona e Zurigo, 2011), con il suo teatro potentemente metaforico (fuga dalla realtà ottocentesca nel mito; bisogno di una redenzione da colpe riferibili alla vita quotidiana con le sue pulsioni), è stato autore ideale per G. e gli ha permesso di eliminarne i tratti più stereotipati (il Medioevo romantico dal Tannhäuser, a Vienna, 2010; il cigno dal Lohengrin, alla Scala di Milano, 2012; la ‘morte per amore’ da Tristano e Isotta, a Zurigo, 2008, raccontata come metafora della vita di Wagner all’epoca della sua relazione con Matilde Wesendonck) e di metterne in evidenza i ben più essenziali tratti psicologici. In Der fliegende Holländer (al Festival di Bayreuth, 2003) la figura centrale diventa Senta, affetta dal ‘complesso di Elettra’, e la vicenda svolge la teoria del ‘doppio’: l’attrazione per il padre, provata fin da bambina, raccoglie i condizionamenti del mondo reale mettendo in moto l’inconscio, che proietta l’oggetto impossibile in una figura eroica, l’Olandese, il quale per tutta l’opera è presente quale ‘doppio’ del padre.
Wolfgang Amadeus Mozart in G. perde invece la sua immediatezza espressiva, ma acquista sul terreno dell’ambiguità, che del teatro mozartiano è componente essenziale. La trilogia di Lorenzo Da Ponte messa in scena a Salisburgo (Le nozze di Figaro nel 2006, Don Giovanni nel 2008 e Così fan tutte nel 2009) è trattata come un’unica storia in tre puntate, centrata sul concetto dell’inconscio quale luogo oscuro della mente che sotto la spinta dell’eros sale in superficie distruggendo ogni fittizia costrizione morale e/o sociale. Nel Don Giovanni una foresta oscura costituisce il luogo primario di tutta l’azione; nelle Nozze, foglie secche e uccelli morti compaiono nel mondo ordinato (ma anch’esso a specchio, segnalando conflitti irrisolti) del palazzo; nel Così fan tutte il mondo contemporaneo, elegante e asettico, viene progressivamente sconvolto dall’irrompere nel salotto hi-tech della foresta primordiale dove è perito Don Giovanni.
Interessato anche all’opera barocca (King Arthur di Henry Purcell, Radamisto di Georg Friedrich Händel, Orfeo e Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi) e romantica (Fierrabras di Franz Schubert, Der Freischütz di Carl Maria von Weber), si è cimentato più occasionalmente nell’opera italiana (le verdiane Ballo in maschera, Simon Boccanegra e Luisa Miller e il pucciniano Trittico), realizzando i suoi spettacoli più riusciti nell’ambito del teatro novecentesco (Der gewaltige Hahnrei di Berthold Gold - schmidt, Ariane et Barbe-Bleue di Paul Dukas, Pelléas et Mélisande di Claude Debussy, The turn of the screw di Benjamin Britten) e di quello straussiano (Ariadne auf Naxos, Daphne): in particolare Die Frau ohne Schatten (alla Scala di Milano, 2012) diviene un viaggio psicoanalitico all’interno delle nevrosi che costruiscono l’intera storia, risolta con il colpo di scena dell’imperatrice che rifiuta di guarire e decide di restare in un mondo tutto suo in cui la follia è più appagante della realtà.
Tra gli spettacoli del 2015 si ricordano Der Rosenkavalier di Richard Strauss a Francoforte e Fidelio di Ludwig van Beethoven al Festival di Salisburgo.