CLEANTE (Κλεάνϑης, Cleanthes)
Filosofo stoico, nato ad Asso nella Troade nel 331-30 a. C., morto, pare, intorno al 232-31 (si vuole, di fine volontaria per fame) dopo esser succeduto nello scolarcato al fondatore della scuola, Zenone di Cizio. Prima pugile, fu poi costretto a guadagnarsi la vita di notte, con pesanti lavori manuali, per potere di giorno ascoltare Zenone. Delle opere conosciamo pochi frammenti e una cinquantina di titoli, riferentisi nella maggior parte a scritti di morale. Scarsi dovettero essere i motivi di divergenza del suo pensiero da quello del suo maestro Zenone. Nella gnoseologia, pare che egli accentuasse il carattere realistico del concetto della rappresentazione (ϕαντασία) come "impressione, stampa" (τύπωσις) dell'oggetto nell'anima: cosi, nell'etica, la virtù era per lui essenzialmente una "forza" (ἰσχύς). Una certa tendenza antropomorfistica doveva prevalere anche nelle concezioni cosmologiche e religiose: sia, p. es., nella predilezione per il confronto tra il microcosmo e il macrocosmo, sia nell'attribuzione (quale appare p. es. nel suo bell'inno in esametri) dell'antica figura di Zeus alla ragione cosmica. Questa ragione, d'altronde, che coincideva con la "provvidenza", non era ancora per C., come poi per Crisippo, identica al "fato" concepito come causalità naturale: motivo di divergenza restava infatti la realtà del male, non riconducibile se non indirettamente al dominio della provvidenza.
Bibl.: I frammenti sono raccolti in H. von Arnim, Stoicorum veterum fragm., I, p. 103 segg. Circa le singole dottrine di C. e circa la possibilità di distinguervi gli elementi originali da quelli già proprî della tradizione stoica orienta bene lo stesso Arnim in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., XI, coll. 558-74. Per bibliografia più particolare, cfr. F. Ueberweg, Grundr. d. Gesch. d. Philos., I, 12ª ed., Berlino 1926, p. 127 dell'Appendice.