BARONI CAVALCABÒ, Clemente
Nacque il 23 nov. 1726 a Sacco, nel Trentino, da Giovarni Battista e da Teodora Salvadori. La famiglia del B. faceva parte dell'aristocrazia locale che trovava la sua ricchezza nel porto, nel dazio e nelle concessioni dei trasporti su zattere, e vantava la propria discendenza dai Cavalcabò di Cremona; ma il legame è almeno dubbio, se il Tartarotti poteva recisamente negarlo in una sua lettera al Mazzuchelli.
I dati biografici sono estremamente ridotti e la fortuna del B. rimane affidata soprattutto alla nota biografica di G. M. Mazzuchelli, stampata nel 1758, quando il B. aveva trmtadue anni, e alle Memorie che Carlo Rosmini scrisse poco dopo la sua morte, nel 1798.
Il fratello maggiore del B., CRISTOFORO (1712-1786), aveva potuto compiere i suoi studi a Bologna e a Padova, interessandosi in particolare alle materie scientifiche e tecniche; ma s'era fatta una buona cultura storica e giuridica (il Tartarotti lo ricorda nella sua lettera sulla cronaca di Dandolo; cfr. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, XXV, col. XXVIII). Tornato in patria, si era occupato degli affari della famiglia a Sacco e a Bronzolo, come di studi e progettazioni meccaniche ed idrauliche, ma si era anche dedicato a studi di tecnica e storia sociale e commerciale. Ci rimangono almeno due suoi scritti: gli Ordini ed istruzioni per la mutazione delle misure nella pretura di Rovereto da esser aggiunti allo Statuto, Rovereto 1769, e il Ragionamento intorno ai mali effetti che l'introduzione del nuovo dazio di consumo produrrebbe nella pretura di Rovereto rispetto al suo commercio di seta, ancora nel caso che non fosse contraria ai suoi privilegi, che fu stampato anonimo dal B. nell'Idea della storia e delle consuetudini antiche della Valle Lagarina (1776). Un altro fratello, TEODORO (morto nel 1774), era entrato negli olivetani e si era anche lui occupato di studi e legato da vincoli di amicizia con il Mazzuchelli e con altri letterati.
La formazione del B. fu influenzata soprattutto dal fratello maggiore, che lo avviò agli studi, facendogli anzi personalmente da precettore, e liberandolo poi per sempre dagli affari famigliari. Ma il B. dovette presto fare da solo, se dobbiamo credere al Rosmini, e dovette soprattutto trovare nel Tartarotti, intorno agli anni 1745-1750, un amico, ed un maestro, che lo poteva avviare alla cultura razionalista .
La sua prima pubblicazione è una traduzione, dal latino, di un testo d'anonimo: Dichiarazione dell'Instituto e,scopo de' Liberi Muratori, dove si prende a confutare il Candeliere acceso de' Liberi Muratori eretto di fresco, Rovereto 1749. Il lavoro è indicativo degli interessi suoi e dell'ambiente; dei liberi muratori facevano del resto parte G. B. Graser e Gregorio Fontana, tra gli amici più cari del B., che del primo scrisse anche l'elogio al Lami. L'opera, che è la prima pubblicazione del genere nel Trentino, ebbe un certo successo se il Marchesani dovette ristamparla nel 1751. Non consta per altro, che il B. abbia mai fatto parte della setta; né che ne abbia condiviso pienamente le idee, anche per il suo atteggiamento nazionale italiano.
L'anno dopo, sempre per i tipi di Francescantonio Marchesani, usciva la sua Lettera intorno alle cirimonie e complimenti degli antichi romani, in cui raccoglieva il materiale di una esplorazione erudita intesa a dimostrare che una serie di usanze complimentose, contro il parere di Ch. Rollin, esisteva presso i Romani, anzi che da quelle in buona parte discendevano le modeme. L'operetta, che porta la data di Sacco, 20 nov. 1747, fu favorevolmente accolta, dal Lami in particolare ed anche dal Maffei. Il B. si occuperà anche più tardi di questioni relative all'antichità: lesse nell'Accademia degli Agiati alcune memorie sulle veglie presso gli antichi romani (1753), sull'uso antico dei baci (1755), su alcuni costumi romani (1760); e, insieme a Clementino Vannetti, trattò Sopra un passo di Virgilio (1772). Ma dopo la prima opera della gioventù non si occupò più con vero interesse di problemi classici: le altre sue cose sono infatti un seguito, se non un residuo, di quella prima ricerca.
Più costante e congeniale nel B. la riflessione sui fenomeni naturali e sulle dimensioni filosofiche e matematiche che questi pongono; egli giunse così ad occuparsi e a scrivere anche di matematica pura. Di questa sua attività, forse la meno nota, il B. pubblicò solo alcuni brevi articoli, ma un gruppo di note e studi lesse nelle riunioni accademiche, come rivelano le Memorie dell'Accademia degli Agiati, interrotte purtroppo al 1760.
Nel giro di pochi anni il B. intrattenne gli accademici Intorno ad un fenomeno curioso che presenta un certo suo prato, il quale in certe condizioni par provochi il cadere della pioggia (1752), su un Esame dei teoremi intorno alla superficie ed al volume della sfera e dimostrazione dell'utilità pratica della loro applicazione (1753) e nello stesso anno riferì anche Su un fenomeno di assorbimento di calore presso un sito dove è destata una vampa; nel 1754 tenne una Esposizione intorno alle ricerche fatte per iscoprire la malattia detta ruggine che incoglie il frumento;tornò qualche anno dopo (1757) sulle Virtù dei prati tagliati nell'eccitare la pioggia e s'occupò a più riprese Delle cause della straordinaria escrescenza dell'Adige (all'Accademia nel 1758 e due volte con articoli); stampò qualche anno dopo, nel Giornale d'Italia del 1767, una lettera Della maniera di conservar fresche per tutto l'anno le foglie d'albero e, pare intomo allo stesso tempo, lesse all'Accademia un suo studio Del naturale galleggiamento de' corpi umani nell'acqua;sullo stesso argomento intervenne nelle Novelle letterarie fiorentine del 1767, con una nota che ebbe una certa eco, sì da essere ristampata due volte: veniva infatti ad inserirsi nella controversia tra il Tartarotti ed il Maffei, portando un argomento scientifico contro la possibilità stessa dell'arte magica. Dal 1772 in poi tenne costantemente nota delle sue osservazioni meteorologiche, ed uno studio su questo argomento pubblicò negli Avvisi d'arme e di lettere del 1787.
Non smise dunque mai di occuparsi e di interessarsi alle scienze, e i manoscritti 16.5 e 16.7 della Biblioteca civica di Rovereto lo documentano. Del metodo scientifico non è presente in lui solo il momento dell'osservazione e registrazione dei fenomeni, sia pure ad un livello modesto e provinciale; il suo interesse è anche strettamente matematico e filosofico, come dimostra la disputa con G. Fontana svoltasi nelle conversazioni in casa Fedrigotti, a Sacco, nell'ott. 1770, e continuata per lettera (fino al giugno 1771).
Anche gli studi di storia locale, considerati entro tutta la produzione del B., assumono il carattere di fatto rilevante, ma non centrale nella sua attività. Sono, anzitutto lavori occasionali: s'era battuto, con argomenti storici, per l'italianità del Trentino in un articolo del 1779, uscito nel Giornale enciclopedico,contro il cartografa solandro Francesco Manfroni (ma altro materiale si può rintracciare nel ms. 163 della Bibl. civ. di Rovereto); e alcuni brevi saggi aveva scritto verso il 1787 per difendere i diritti degli zattieri e dei commercianti di Sacco. Anche il suo lavoro più impegnativo, l'Idea della storia e delle consuetudini antiche della Valle Lagarina ed in particolare del Roveretano, uscito anonimo e senza data, ma sicuramente suo e del 1776, fu richiesto dalla Comunità roveretana per difendere le esenzioni dai dazi nei confronti del governo di Vienna.
Il B. vi raccolse quattro saggi - cui aggiunse quello del fratello Cristoforo - rifacendosi alla storia più antica della valle e della città e dimostrando con i documenti, che ebbe cura di riprodurre in un'appendice, come Rovereto avesse diritto alle esenzioni. Si trattava di un tentativo di opporsi alle riforme centralizzatrici messe in atto da Giuseppe II; il lavoro ha significato soprattutto in questa opposizione e nelle convinzioni morali e politiche che la rappresentano, anche se costituisce un tentativo di storia locale di qualche interesse, per l'abbondanza delle fonti raccolte (il corpus è anzi l'unico prima di quelli moderni) e per il carattere unitario della loro lettura. I suoi ideali civili non sembrano concretarsi che in questa dimensione cittadina e nella coscienza nezionale che si sta orinai anche per suo merito delineando.
L'interesse più profondo del B. è rivolto alla saggistica filosofico-religiosa ed è questo a dare una certa unità alla sua produzione. La filosofia che lo interessa è la filosofia morale: il comportamento dell'uomo, la sua natura ed il suo fine la struttura stessa della ragione, la legge naturale e la società civile. Già nel 1755, in una lettera alle Novelle letterarie di Firenze, dichiarava di occuparsi del sistema di Tommaso Hobbes e di ritenerlo profondamente innovatore, e sempre nella rivista del Lami, pochi anni dopo, nel 1758, scriveva che "per ripor la morale nel credito a lei dovuto, altro mezzo non so vedere, che di far rivivere in essa l'uso del raziocinio".
Il B. non porta tuttavia il principio alle sue conseguenze filosofiche e politiche; egli rimane in un atteggiamento di rispetto nei confronti della religione, ma cerca di limitame l'oggetto, nei confronti della fìlosofia, alla spiritualità ed alla devozione; e il suo sottoporre alla critica della ragione ogni fenomeno umano non va mai oltre una misura accademica, riconducibile in definitiva alla tradizione muratoriana, senza mai impegnarsi nella via delle riforme, dove il suo intervento più noto è l'opposizione alla politica di Giuseppe II dell'accentramento fiscale. Fu certamente amico di Carlo Antonio P:llati, che si preoccuperà di difendere presso il Lami nel 1766, senza tuttavia accettarne le tesi innovatrici; e quando il fermento giansenista e giacobino si manifesterà anche a Rovereto, soprattutto per l'influenza del saccardo Pietro Poli, il nome del B., ormai vecchio, non compare mai. È proprio l'influenza sua e del Vannetti a far sì che il clima culturale di Rovereto si mantenga entro una prospettiva di moderato razionalismo; e fino alla crisi degli ultimi anni il senso del suo razionalismo è in quella distinzione di religione e filosofia. È soprattutto in tre circostanze e attorno a tre problemi che la sua partecipazione è più nota: innanzitutto nella disputa sollevata dal Tartarotti sulla stregoneria e sulla magia, più tardi nelle discussioni sulla felicità e la sua natura, e, ormai vecchio, sul valore stesso della cultura illuminista. La polemica del Tartarotti, che già rappresentava un esercizio di cultura illuminista mutuato sia pure in ritardo dalla cultura europea, vide il B. accanto al maestro; sua è la Lettera ad un giornalista ultramontano sopra il Congresso notturno delle Lammie del Signor Abate Girolamo Tartarotti, che venne da questo pubblicata in appendice all'Apologia (Venezia 1751): una rassegna di quanto s'era detto sul Congresso,decisamente a favore del Tartarotti. Più maturo, ed anche di maggiori pretese, il saggio seguito dopo due anni: L'Impotenza del demonio di trasportare a talento per l'aria da un luogo all'altro i corpi umani..., dove anche si dimostra l'impossibilità di volare con artifizio umano,in Rovereto 1753, ove si tenta di dimostrare filosoficamente l'inferiorità demoniaca rispetto alle leggi della natura e di portare così un nuovo argomento a favore del Tartarotti. Ed il rigore dell'argomentazione gli valse l'elogio di Scipione Maffei, che invitò il B. a Verona (nell'agosto 1753) e gli fu da allora amico.
Il trattato del resto suscitò non poco scalpore, fu lodato e riprovato (si veda soprattutto G. Loc,ateW, Dissertazione contro l'operetta del signor C. B...,nel primo volume della Nuova raccolta di opuscoli del Calogerà 1755), e diede al B. qualche notorietà negli ambienti intellettuali italiani; fu anzi L'Impotenza,unitamente all'ufficio di revisore dell'Accademia degli Agiati, a creare per lui una fitta rete di amici e corrispondenti. Il B. si riprometteva poi, come appare dal Mazzuchelli, di continuare la disputa con un saggio sui miracoli, ma non andò oltre qualche appunto (Rovereto, Biblìoteca civica, ms. 16.6). Solo più tardi, nel 1767, ritornerà sul problema, con lo studio intorno al "galleggiamento" dei corpi, e questa volta a favore del Maffei.
Il B. partecipò poi al dibattito sorto come risposta all'essai de philosophie morale del Maupertuis (1749), e durato dal 1754 al 1757: dibattito che documenta "una condizione spirituale... in cui le preoccupazioni apologetiche e gli interessi moderati per la nuova cultura si scontrano con il rigore etico... della prima generazione di riformatori" (Rosa). Al problema il B. aveva già accennato in una comunicazione all'Accademia degli Agiati del 1752 con un Ragionamento intorno al progredire lentamente di chi vuol giungere a perfezione,quando intervenne nella questione sorta tra Francesco Maria Zanotti e Casto Innocente Ansaldi sulla natura della felicità, con una lettera di risposta a Ludovico Barbieri. La discussione s'allargò, e vi parteciparono, oltre al B. e allo Zanotti, ancora il Barbieri, Giuseppe Maja, G. B. Chiaramonti ed altri (si vedano le Lettere diverse concernenti alla religione naturale e alla morale filosofia de' cristiani e degli stoici, Venezia 1757). La posizione del B. è più vicina a quella dell'Ansaldi, ma senza atteggiamenti apologetici; convinto anch'egli della superiorità cristiana in fatto di morale, cerca tuttavia di costruire una legge etica prescindendo dalla rivelazione. Sempre attorno alla questione affrontò un problema correlativo in una lettura all'Accademia Contro D'Alembert, che era in realtà contro il Chiaramonti.
L'Accademia degli Agiati è la sede maggiore del suo magistero locale, lo strumento che gli servì per agire sulla cultura roveretana; sorta proprio alla metà del secolo per l'iniziativa di Giuseppe Valeriano Vannetti e di pochi altri (e tra essi il B.), sulla strada aperta dal Tartarotti, l'Accademia, di cui il B. fu revisore perpetuo con il nome anagrammato di Mentore Balceni, è in fondo la sua opera migliore; fino almeno all'influenza di Clementino Vannetti, che fu suo scolaro, il B. fu al centro della vita intellettuale che l'Accademia promuoveva. Egli viene così occupando, dopo la morte del Tartarotti (1760), una posizione egemone nella vita culturale della città, il cui senso è da ricercare nella sua posizione eclettica, di apertura verso le correnti razionalistiche e quindi verso un nuovo valore morale e civile che anch'egli assegna al lavoro interettuale, e di moderazione, di intelligente e prudente accademia.
Da Sacco e da Rovereto il B. intrattenne corrispondenza con molti centri della cultura italiana, e numerosi sono coloro che si legano a lui da stima ed amicizia. Tra i conterranei ricordiamo almeno Francesco Barbacovi, Antonio Chiusole, i fratelli Felice, Gregorio e Pietro Fontana, G. B. Graser, Carlo Antonio Pilati, Laura Saibanti ed il fratello Francesco Antonio, il Tartarotti, i Vannetti ed altri, fino al giovane Carlo Rosmini. E, fuorì del Trentino, Orazio Arrighi-Landini, il Barbieri, Saverio Bettinelli, Paolo Frisi, il Lami, il Maffei, il Mazzuchelli, Ottolino Ottolini, lo Zaccaria, lo Zanotti. Per il Lami egli curava già il notiziario dal Trentino e dal Tirolo; e continuerà poi a inviare qualche recensione e qualche articolo alle Novelle Letterarie di Firenze, come a quelle di Venezia e alle Memorie per servire all'istoria letteraria.
In questi anni, dal 1760 circa al 1790, non trascurò i lavori e gli studi scientifici, come del resto quelli letterari, ma si dedicò soprattutto a quelli di filosofia, se dobbiamo giudicare dagli scritti pubblicati e dal materiale rimastoci manoscritto; tra questo un Trattatello sulle leggi morali,una dissertazione Se le leggi naturali obbligherebbero anche posta l'impossibile ipotesi che Iddio non esistesse e cura non prendesse delle cose di quaggiù,alcune lettere sulla filosofia naturale e chiarimenti sui sistemi di Tommaso Hobbes, a cui pare rifarsi spesso, di Leibniz, Grozio, l'uffendorf ed altri; altre due dissertazioni contro Samuele Cocceio, una nota Sul commercio dell'anima con il corpo,una traduzione con note di parte dell'esprit des lois del Montesquieu.
Si ha anzi l'impressione che l'interesse per la filosofia morale e politica si vada in lui accentuando, attento agli sviluppi che la cultura europea presentava. E questo interesse ha nel B. un esito che a Rovereto fece clamore. Aveva accettato di scrivere sulla Gazzetta di Rovereto, il foglio che il Marchesani allora stampava, l'articolo di fondo per il primo numero del 1794, e lo intitolò Prospetto de' correnti affari d'Europa. Gli avvenimenti francesi lo avevano profondamente turbato, così da mettere in crisi molte delle convinzioni che si era fatto. La cultura razionalistica non gli si affacciava più come la soluzione dei problemi umani, ma come semplicemente erronea; "alcuni dogmi della moderna fìlosofia..., nella loro origine innocenti, sono poi divenuti pestiferi per la piccola distanza che v'era nel passare dalla verità all'errore", aveva già scritto nel 1761 in una lettera al fratello Teodoro; ora la cultura stessa, in quanto sia negazione dell'idea e della realtà di Dio, gli appare come la causa diretta dei mali che avevano colpito e colpivano l'umanità; in altri termini, contro l'iuuminismo e la rivoluzione, si individuava nellareligione e nel cristianesimo il fondamento del vivere civile. Il suo migliore scolaro, il Vannetti, gli si pose pubblicamente contro. Ma la polemica fu breve (una risposta del B. con replica del Vannetti, due interventi, di Antonio Cesari e di un anonimo su un giornale romano, a favore del Vannetti), anche perché questi, l'anno dopo, giovane ancora, moriva. Né il B. pare abbia avuto molto desiderio di continuarla, quasi fosse pago d'una certezza acquisita.
S'era anche occupato d'altro. A Sacco, dopo la morte del fratello Cristoforo (1786), aveva accettato l'incarico di "rappresentante comunale", e scrisse allora, in difesa degli interessi saccardi; a Sacco era poi al centro di un più modesto cenacolo che si teneva in casa di Gerolamo Fedrigotti. In questa sede gli piaceva anche allestire dei drammi, esserne il regista e l'animatore, poiché aveva studiato con interesse il teatro ed aveva meditato un Trattato sulle rappresentazioni teatrali (vi lavorava tra il 1780 e il 1790) di cui ci rimane un fascicolo di appunti manoscritti (Rovereto, Biblioteca civica, ms. 16.3). Per tre anni, dal 1785 al 1787, Su invito del Marchesani, diresse la parte "letteraria" del giornale roveretano Avvisi d'armi e di lettere,pubblicandovi note di ogni genere. A problemi più strettamente letterari s'era sempre interessato: più nota una sua disputa, del 1754, con G. V. Vannetti e con il Tartarotti sulla natura dell'ecloga, meno un Trattato dei concetti e delle metafore,rimasto manoscritto; del resto le numerose recensioni e l'epistolario forniscono la prova del suo acume critico.
La sua funzione ed il suo posto nella cultura roveretana hanno significato nel perdurare dell'eredità muratoriana di una critica razionalistica e nella partecipazione alla tematica illuminista; nel continuarsi più particolannente, ma ad un livello moderato ed accademico, di una coscienza culturale quale il Tartarotti aveva proposto nel secondo quarto dei secolo. Con la morte del B. l'esperienza razionalistica si chiudeva a Rovereto, e con essa anche il momento più significativo nella storia dell'Accademia degli Agiati: e l'estremo dibattito tra il B. e il Vannetti è, in fondo, emblematico della loro cultura e dei problemi che non era riuscita a risolvere.
Il B. morì a Sacco il 22 nov. 1796.
Fonti e Bibl.: Novelle letterarie di Firenze, XII (1751), pp. IS S.; XIV (1753), pp. 811 S.XV (1754), pp. 30 ss., 669 S.; XVI (1755), pp. 585-590; XVII (1756), pp. 17, 107-112, 488; XVIII (1757), pp. 28-32, 378-382; XIX (1758) pp. 151-154, 612-617, 630-63s, 638, 808-813, XXI (1760), pp. 138-142, 151-156, 397-400, XXIII (1762), pp. 109 S.; XXIV (1763), pp. 121123; XXVIII (1767), pp. 124-126, 499-508, XXX (1769), pp. 26-29; F. A. Zaccaria, Storia letteraria d'Italia, V, Venezia 1753, p. 430; VIII, Modena 1755, pp. 72-75; XI, ibid. 1757, pp. 338 s.; G. M. Mazzucheri, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, pp. 384-386; C. Rosmini, Memorie intorno alla vita e agli scritti di C. B.C., Rovereto 1798; C. Vannetti, Opere italiane e latine,Venezia-Rovereto 1827, 11, pp. 191-293; IV, pp.241, 265; ibid. 1831, VI, pp. 9 S.; VII, p. 64; VIII, pp. 85, 113, 159, 166, 206 s., 237; J. F. De Lalande, Voyage en Italie..., VII, Genève 1790, pp. 152-157; A. Cesari, Considerazioni filosofico-religiose sopra un Prospetto de' correnti affari d'Europa per l'anno 1794, in Della fede e religione cristiana,a cura di G. Guidetti, Reggio d'Emilia 1926, pp. 311-317; A. Cesari, Vita del cav. Clementino Vannetti, in C. Vannetti, Opere italiane e latine, I, Venezia-Rovereto 1826, pp. IX, XXIII; A. Meneghelli, Del Rosmini..., Padova 1827, pp. 16-21; G. Telani, Baroni Cavalcabò, Clemente, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, II, Venezia 1835, pp. 100-106; F. Blume, Iter Italicum, IV, Halle 1836, p. 162; G. Boschetti, Notizie sui manoscritti filosofici di C. B.,in Atti d. I. R. Accadem. roveretana degli Agiati,s. 1, IX (1853), pp. 3 s.; B. T., Una questione per una carta geografica,in Arch. stor. lombardo, s. 2, XI (1884), pp. 533-547; F. Ambrosi, Scrittori e artisti trentini,Trento 1894, pp. 87 s., 131; D. Emer, Accademie e accademici nel Trentino'in Arch. trentino, XII (1895), pp. 8, 12-15, 23-26, 57, 65-82, 97 (dell'estr.); E. BroU, Il discorso sulla natura dell'ecloga del Fontenelle e Gerolamo Tartarotti,in Annuario degli studenti trentini, V (1898-99), pp. 1-14; G. de Cobelli, Materiali per una bibl. roveretana, I, Rovereto 1900, pp. 21 s., 24-27, 29-33, 44; Memorie d. L R. Accad. Di scienze ed arti degli Agiati in Rovereto,... Per ... il suo centocinquantesimo anno di vita,Rovereto 1901, pp. 8, 17, 24 s., 167-169, 172 s., 175-184, 187, 189, 191-193, 247-251, 293 S. (e cfr. anche le Aggiunte e correzioni...,Rovereto 190.5, P. I); E. Broll, Studi su Girolamo Tartarotti,Rovereto 1901, pp. 36-38, 40-43, 52, 53; F. Pasini, Clementino Vannetti. Profilo critico-biografico, Rovereto 1907, pp. 10 s., 19 s.; E. Benvenutì, I manoscritti della biblioteca civica di Rovereto descritti, II, Rovereto 1909, pp. 12, 14-17, 22 s., 28, 30 s., 34-38, 42-44, 47, 49, 52; Id., Giovanni Lami e i letterati trentini nel sec.XVIII, in Atti d. L R. Accad. roveretana degli Agiati,s. 4, 11 (1913), pp. 280, 287-291, 294; C. Coriselli, Una controversia matematica fra Gregorio Fontana e C. B. C., in Annuario d. I. R. Scuola reale sup Elisabettina in Rovereto,LIV (1913), pp. 3-70, A. Zieger, I Franchi Muratori dei Trentino,Trento 1925, pp. 4, 8, 27 n. 2, 212; L. Bonomi, Naturalisti, medici e tecnici trentini,Trento 1930, p. 7; E. Garin, La filosofia, II, Milano 1947, p. 393; F. Trentini, Duecent'anni di vita dell'Accademia degli Agiati,in Atti d. Accad. roveretana degli Agiati,s. 5, 1 (1952), pp. 7-14; B. Passamani, Gasparantonio Baroni Cavalcabò, pittore (16821759), ibid.,S. s, VII (1958), pp. 61 s., 63, 66, 69, 70, 91, 100; F. Trentini, La figura e l'opera di Girolamo Tartarotti nel bicentenario della morte, ibid *, s. 6, 11 (1960), pp. 43, 52; G. Natali, Il Settecento,Milano 1961, pp. 1197 s., 1213; M. Rosa, Ansaldi, C.I., in Diz. Biogr. d. Ital., III, Roma 1961, p. 364; M. Deambrosis, Filogiansenisti, anticuriali e giacobini nella seconda metà del Settecento nel Trentino,in Rass. storica del Risorgimento, XLVIII (1961), pp. 87-88; M. Rosa, Echi dell'erudizione muratoriana nel '700. Appunti in margine ad un libro recente su Muratori,in Studi medievali,n. s., IV (1963), pp. 836, 845.