DOLERA (De Olera, D'Olera), Clemente
Nacque a Moneglia, nella diocesi di Genova, il 20 giugno 1501 (e per questo fu detto anche Monilianus). Giovanissimo, fu domestico presso il convento dei francescani del suo paese e ancora adolescente si trasferì a Bologna dove entrò a far parte dell'Ordine dei frati minori osservanti di quella provincia.
Compì i suoi studi nel convento della Ss. Annunziata, arrivando ben presto a distinguersi per la sua preparazione, e "avanzossi talmente nelle scienze che si rendé abile d'insegnarle agli altri" (Cardella). Nel 1524 era già sacerdote (non si conosce esattamente la data della sua ordinazione) e, nel 1525, il suo nome compare citato tra quelli dei predicatori presenti al capitolo provinciale celebrato a Cento il 10 maggio di quell'anno.
Insegnò per molti anni come maestro in teologia sia negli studi dell'Ordine sia in alcune università pubbliche. L'11 maggio 1538 fu eletto ministro provinciale e mantenne questa carica per tre anni; nel 1541 dopo una parentesi di pochi giorni in cui era stato custode di provincia, durante il capitolo generale di Mantova, tenutosi il 4 giugno, venne eletto procuratore generale dell'Ordine e definitore per la famiglia cismontana.
Dopo la morte del generale Giovanni Maltei da Calvi, nel 1547, nella congregazione tenutasi ad Assisi, fu eletto alla carica di vicario generale. Egli convocò allora per lo stesso anno sempre ad Assisi il capitolo generale, dal quale però risultò eletto al massimo incarico Andrea Alvárez e il D. rientrò nel suo precedente ruolo di commissario della famiglia cismontana.
Erano intanto iniziati i lavori del concilio di Trento che il D. seguì da vicino: nelle prime sei sessioni vi partecipò come teologo, ma negli atti si riscontra soltanto che predicò ai padri conciliari il 21 marzo 1546, in occasione della seconda domenica di quaresima. Per ciò che riguarda le sessioni che si tennero a Bologna, la IX e la X, alle quali egli partecipò come procuratore generale o vicario in sostituzione dell'Alvárez, non viene riportato alcun resoconto dei suoi interventi anche se si rileva la sua presenza nelle discussioni relative agli abusi sui sacramenti dell'ordine, dell'estrema unzione e del matrimonio.
La carriera del D. all'interno dell'Ordine continuò e si consolidò negli anni successivi: nel 1550 venne eletto infatti commissario di Curia e il 22 maggio 1553 nel capitolo di Salamanca divenne ministro generale dell'Ordine.
Giulio III confermò la sua elezione con il breve Cum sicutaccepimus e gli concesse amplissimi poteri per impostare un lavoro di riforma e di ricomposizione dell'unità nell'ambito della vita dell'Ordine. Il D. con un grande lavoro raccolse le innumerevoli costituzioni precedenti e, dopo averle aggiornate, le ripropose disponendole in dodici capitoli. Con l'approvazione di Giulio III, queste costituzioni, dette anche "Monilianenses" dal nome dell'autore, vennero stampate e nei primi mesi del 1554 videro la luce unite ad una lettera del D. in cui veniva ampiamente messo in risalto il deplorevole stato in cui versava l'Ordine in quel momento.Giulio III si avvalse della grande esperienza del D. anche per incarichi di notevole rilievo al di fuori degli interessi specifici dell'Ordine. Il 12 genn. 1555 lo nominò inquisitore dell'eresia in tutte le regioni da lui visitate come ministro generale, eccettuata la Spagna. La carica tuttavia non durò a lungo: nello stesso anno, morto Giulio III, il D. si vide limitare alquanto le proprie facoltà dal successore Paolo IV, che voleva evitare ulteriori contrasti nell'ambiente già fortemente diviso degli inquisitori.
I molti impegni assunti dal D. nell'ambito della riforma della Chiesa in generale non gli consentivano di continuare a seguire da vicino i problemi più precisamente legati al governo dell'Ordine, all'interno del quale continuavano a manifestarsi contrasti e dissidi nel difficile clima controriformistico. Ripetutamente il D. avanzò domanda per potersi allontanare dalla Curia papale e visitare le province ultramontane, ma Paolo IV, anch'egli grande estimatore dell'opera del D., non volle privarsi del suo consiglio e gli impose anzi di istituire dei commissari generali e nazionali che seguissero da vicino le faccende dell'Ordine e lo esonerassero quindi da gran parte del lavoro.
Il 14 marzo 1557 il pontefice lo nominò cardinale col titolo di S. Maria in Ara Coeli. A seguito di ciò, nel giugno dello stesso anno, il D. lasciò la carica di vicario dell'Ordine che fu affidata ad Angelo Aversa.
Contemporaneamente però al raggiungimento di questi prestigiosi traguardi, cominciarono a manifestarsi nel D. i primi segni della sua malferma salute ed egli per un lungo periodo fu costretto a limitare notevolmente la sua attività. Partecipò comunque al conclave tenutosi dopo la morte (18 ag. 1559) di Paolo IV, dal quale risultò eletto Pio IV.
Il nuovo papa il 13 marzo 1560 nominò il D. vescovo di Foligno. Con motu proprio del 2 ag. 1564 il D. inoltre entrò a far parte della congregazione di otto cardinali per l'interpretazione e l'applicazione dei decreti tridentini. Egli si adoperò molto in questo senso soprattutto nella sua diocesi, costantemente attento alla riforma del clero, all'aiuto per i poveri e alla predicazione del Vangelo. Introdusse inoltre nella città di Foligno i cappuccini e i domenicani.
Negli stessi anni il D. fu eletto prefetto della suprema congregazione del S. Offizio e, a conferma del suo grande prestigio, nel conclave che si aprì subito dopo la morte di Pio IV (9 dic. 1565) e dal quale uscì eletto Pio V si era formato anche un forte schieramento favorevole alla sua elezione.
Da molti anni i pontefici insistevano perché i vescovi risiedessero nella diocesi loro assegnata, e lo stesso D. si era a lungo adoperato a questo scopo. Per tal ragione, obbedendo ai desideri di Pio V e in coerenza con le sue stesse posizioni più volte dichiarate, nel marzo del 1566 partì per recarsi nella sua diocesi. Subito dopo l'arrivo però il suo stato di salute andò peggiorando rapidamente ed ottenne il permesso dallo stesso pontefice di rientrare a Roma, dove si ritirò nel convento di S. Pietro in Montorio.
Nonostante le sue ormai precarie condizioni, continuò ancora per qualche tempo a prodigarsi per la riforma della Chiesa e si impegnò in una fitta corrispondenza col cardinal C. Borromeo sul problema della fusione delle famiglie francescane.
Non riuscì però il D. nel suo intento. La malattia si aggravò rapidamente negli ultimi mesi del 1567 e il 5 genn. 1568 egli morì in S. Pietro in Montorio, lasciando erede del suo grande patrimonio l'ospedale romano di S. Giacomo degli Incurabili. Venne sepolto nella chiesa di S. Maria in Ara Coeli, dove ancora si trova una lapide in sua memoria.
L'opera principale del D. fu il Catholicarum institutionum ad christianam theologiam compendium, stampato a Foligno nel 1562. In questa prima edizione l'opera si presentava composta da cinque trattati: "De symbolo Apostolorum"; "De sacramentiis"; "De praeceptis divinis"; "De consiliis evangelici"; "De concilio oecumenico". Successivamente, nel 1565, l'opera fu ristampata a Roma, aggiornata e arricchita da altri due trattati: "De peccati et eorum differentiis" e il "De coelibatu sacerdotum". L'opera del D., restando nell'ambito della sua finalità di compendio, si mantiene nel solco della tradizione cattolica e rappresenta un'anticipazione del catechismo ufficiale dopo il concilio di Trento.
Fonti e Bibl.: Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goenesiana, Friburgi Br. 1901-1937, I, pp. 517, 723, 728, 737, 739; II, pp. 289, 304 s., 309, 320, 328 s., 343, 347, 523, 544, 580, 581, 599, 601, 611, 915; IV, pp. 531, 563, 588, 1155; V, pp. 103, 163, 256, 819; VI, pp. 602, 604, 606, 611, 645, 648, 655, 672, 680, 686, 689, 697, 703, 707, 756; VIII, pp. 16, 33, 66, 107; X, p. 798; XI, pp. 305, 481; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della S. Romana Chiesa, IV, Roma 1793, p. 363; L. Wadding, Annales minorum, Ad Claras Aquas 1933, XVIII, pp. 5, 54, 77, 251, 291, 296, 298, 300 s.; XIX, pp. 41, 85, 95, 113, 246, 530; Addenda, p. 691; XX, pp. 22, 113, 211 s.; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum s. Francisci, Romae 1908, p. 211; A. Garuti, Dottrina ecclesiologica del card. C. D., O.F.M. (1501-1568), Roma 1969; G. v. Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica..., Monasterii 1923, pp. 36, 39, 199.