DORIA, Clemente
Nacque a Genova nel 1666 da Ambrogio fu Giorgio e da Vittoria, figlia di Clemente Della Rovere, e fu battezzato nella chiesa di S. Matteo il 28 nov. 1666, avendo per padrini Giuseppe ed Eleonora Della Rovere. Ebbe un fratello, Giorgio, nato nel 1663 e ascritto con lui alla nobiltà di Genova il A dic. 1677, e le sorelle Maria Teresa, Maddalena e Geronima. Dovette ricevere una buona educazione storica, linguistica e letteraria, oltre che giuridica, come suggerisce, accanto alla attività diplomatica ufficiale, la rete di relazioni culturali che il D. seppe mantenere nelle varie sedi diplomatiche, specie a Vienna.
Il primo incarico diplomatico documentato è del 1695 a Londra, per compiere atto d'ossequio e di riconoscimento al re Guglielmo III d'Orange Nassau.
A Londra la Repubblica aveva come proconsole dal 1669 Carlo Ottone, incaricato degli affari commerciali e di mandare "avvisi". L'Ottone aveva chiesto invano l'elevazione del grado e del titolo fin dal 1673; ora, come residente a Londra dagli anni di Carlo II, per l'età e per i legami con la precedente dinastia non doveva più apparire come la persona indicata a garantire facilità di rapporti con Londra, nel momento in cui il governo genovese cominciava a rendersi conto dell'importanza che l'Inghilterra stava assumendo nella politica europea e di quanto i suoi traffici nel Tirreno si facessero più consistenti, privilegiando la rivale Livorno. Approfittando perciò di un contrasto che aveva opposto l'Ottone all'ammiraglio inglese E. Russell, conte di Oxford, che se ne era ufficialmente lamentato con la Repubblica, questa, il 22 luglio 1695, elesse appunto il D. inviato straordinario alla corte di Londra (mentre richiamava a Genova l'Ottone), con l'incarico ufficiale di compiere atto di ossequio all'Orange e di recare le scuse del governo per l'Ottone, ma anche per cercare di attirare a Genova i commerci anglo-livornesi.
La famiglia del D., e probabilmente egli stesso, doveva essere direttamente interessata al problema, visto che il padre era legato da vincoli di parentela e di amicizia con Giovanni Maria Spinola, che era in S. Giorgio tra i più convinti sostenitori di un portofranco a Genova, per contrastare la concorrenza di quello di Livorno. Il D., dopo essersi fermato più di un mese a Bruxelles, da dove rassicurava il governo sull'adempimento degli incarichi economico-finanziari affidatigli, arrivò nella capitale inglese il 24 ottobre e presentò le credenziali in visita ufficiale il 28. A Bruxelles si era incontrato con l'Ottone proveniente da Londra: nello stesso giorno della presentazione delle credenziali, risolto il contrasto che ne aveva causato l'allontanamento, il D. poteva richiamare a Londra l'Ottone come suo assistente, per lasciarvelo poi come agente della Repubblica al momento in cui egli si congedò per ritornare a Genova, il 26 dicembre successivo.
Dopo quella londinese, la missione diplomatica - o meglio la serie di missioni - cronologicamente successiva, e certo la più importante nella carriera del D., fu quella legata all'acquisto del Finale, il cui contratto di vendita alla Repubblica da parte dell'Impero fu da lui sottoscritto il 20 ag. 1713 per la cifra di 1.800.000 pezzi genovesi. Il merito di Genova in questo clamoroso successo diplomatico, e per certi aspetti anche economico, consistette nell'aver saputo approfittare delle condizioni generali dell'Europa durante la guerra di successione spagnola, e soprattutto dell'attrito venuto a crearsi tra Vittorio Amedeo Il e l'imperatore Carlo VI. Il primo infatti vedeva con rammarico l'occupazione austriaca della Lombardia, - il secondo dove aveva sperato di espandersi. era sdegnato per l'assegnazione della Sicilia, tolta agli Spagnoli, al duca sabaudo, al quale non era disposto a rironoscere alcuna ulteriore espansione continentale o marittima. Il Finale, annesso al Milanese, ma territorialmente da esso staccato, non rivestiva per l'Austria l'interesse che aveva avuto per la Spagna, e poiché l'Erario imperiale aveva urgente bisogno di denaro, alle offerte del duca e di Genova, Vienna non poteva non preferire quest'ultima, e per non favorire il Savoia nelle sue comunicazioni col nuovo Regno di Sicilia e, probabilmente, anche per garantirsi i consistenti prestiti che i privati genovesi, singolarmente o in gruppi finanziari, erano disposti a fornire.
Comunque il D. e i suoi colleghi, specie Domenico M. Spinola e Giambattista Sorba, sotto la costante direzione dei serenissimi Collegi, furono abilissimi nel tessere dalle varie sedi diplomatiche questa pratica del Finale, riprendendo le trattative che erano già state avviate a Vienna da Costantino Balbi, all'aprirsi del conflitto nel 1701, e poi lasciate cadere. Il D. e i colleghi, approfittando dello stato d'animo dell'imperatore, riuscirono a farsi assegnare il possesso conteso anche ad un prezzo inferiore a quello offerto da Vittorio Amedeo. Nella fase conclusiva della trattativa il D. sembra onnipresente nelle sedi diplomatiche più direttamente interessate: inviato straordinario a Milano, dove era agente ordinario l'abate C.F. Pedemonte. presentava le credenziali il 13 febbr. 1710e vi rimaneva fino alla fine dell'anno successivo; tornato a Genova nel 1712, venne inviato, di nuovo come straordinario, a Torino, dove presentò le credenziali il 14 sett. 1712. Nel 1713si mosse tra Torino, Milano e Vienna: e a Vienna appunto il 20 ag. 1713firmava il contratto di acquisto del Finale. Le potenze presenti al congresso di Utrecht, tenute all'oscuro delle trattative, si adattarono a prendere atto dell'accordo raggiunto per non complicare ulteriormente i già difficili negoziati.
Dopo questo successo il D. venne di nuovo inviato come straordinario a Milano e, di lì, nel febbraio 1716, a Vienna, dove rimase fino al 12 apr. 1717, per ritornarvi, come ministro residente questa volta, nel 1719.
Questa legazione viennese, tra il settembre del 1719 e il gennaio del 1725, dovette essere particolarmente ricca di soddisfazioni per il D., che ebbe modo di tessere relazioni di amicizia e di cultura intense e stimolanti. A Vienna il D. pareva interessato a frequentare i rappresentanti delle potenze nordiche (Danimarca, Svezia, Prussia) nonché l'ambasciatore sabaudo (G.R. Solaro marchese di Breglio, conosciuto anni prima a Torino), o grandi dame come la duchessa di Nevers, ma sopra tutto il ministro imperiale marchese di Rialp, R. Perlas. Il "marchese Doria" - così il D. veniva chiamato a Vienna - ebbe modo di conoscere in questo periodo anche lo storico Pietro Giannone, che nella sua Vita sottolineerà lo zelo con cui il D. si adoperò per diffondere la conoscenza della sua contestata Istoria civile del Regno di Napoli presso gli altri diplomatici, i quali a loro volta ne chiesero molti esemplari per fornirli ai loro paesi. Il D. presentò il Giannone al marchese Perlas confidando nella sua protezione; lo mise anche in contatto con la duchessa di Nevers che gli aveva chiesto un abile giureconsulto per preparare una causa; lo stesso D. aveva impiegato il Giannone in questa veste.
Il gradimento per il D. da parte dell'ambiente della corte viennese è confermato direttamente dal fatto che, dopo la sua partenza il 22 genn. 1725, egli fu invitato a ritornarvi fin dal giugno dello stesso anno. Il D. arrivò a Vienna il 17 apr. 1726e, il giorno stesso, fu ricevuto in udienza ufficiale; ma il successivo 16 dicembre cadde gravemente malato, tanto che a Genova si ritenne opportuno nominare prontamente un inviato straordinario nella persona di Francesco Maria Grimaldi. Ma il D. si riprese e, mentre il Grimaldi otteneva di rientrare a Genova fin dall'aprile del 1727, egli fu in grado di reggere da solo la legazione fino alla regolare udienza di congedo il 22 genn. 1731. Partì da Vienna il successivo 3marzo: data dopo la quale non si hanno di lui altre notizie.
Non risulta che si fosse sposato e certo non ebbe discendenza: suoi eredi furono i quattro nipoti, Stefano, Ambrogio, Costantino e Vittoria, figli del fratello Giorgio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 531D, n. 11 Ibid., Archivio segreto 2839, n. 32; Genova, Bibl. civ. Berio, m.r. X 2, 168: L. Della Cella, Famiglie di Genova, II, c. 64; P. Giannone, Vita scritta da lui medesimo, in Opere postume, Napoli 1777, II, pp. 73 s.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1825, I, pp. 28 s.; F. M. Accinelli, Compendio delle storie di Genova, Genova 1851, p. 8; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubbl. di Genova, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, LXIII (1934), pp. 43, 64, 122, 193 (con indicazioni archivistiche); V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, I, pp. 321, 327; II, p. 149; G. Guelfi Camajani, Il Liber nobilitatis Genuensis, Firenze 1965, p. 166.